Impara a tenere un diario quotidiano che ti aiuti a lavorare sull’origine dei problemi, non solo a livello di alimentazione grazie ai consigli di Lise Bourbeau.
Conosci te stesso attraverso l’alimentazione
Prendi coscienza del grado d’amore che nutri nei tuoi confronti cercando di capire se dai al tuo corpo fisico solo ciò di cui ha bisogno, nel momento in cui te lo chiede.
Prestare ascolto al corpo attraverso l’alimentazione è un mezzo rapido ed efficace per scoprire se ascolti o meno i bisogni del tuo Sé; vi è dunque una differenza tra dare ascolto al corpo e ascoltare i propri bisogni.
Ascoltare i bisogni significa passare all’azione, dare ai tre corpi quello di cui necessitano basandosi su ciò che hai scoperto prestando ascolto a quello fisico.
Il corpo fisico, essendo il riflesso tangibile degli altri due più sottili (emozionale e mentale), si rivela il mezzo per eccellenza di cui l’uomo dispone per scoprire ciò che rifiuta di vedere o ciò che è difficile individuare sul piano emozionale e mentale.
Ad esempio, quando una persona è in collera e si convince che vada tutto bene, può riuscire perfettamente ad esercitare il controllo su se stessa; tuttavia, se sapesse osservarsi nel proprio modo di mangiare, potrebbe rendersi conto da come divora o addenta gli alimenti che lo fa con collera.
Un altro può credere di non avere motivi per sentirsi in colpa in un dato momento, mentre inconsciamente beve o mangia qualcosa di collegato al senso di colpa; quando infatti ti senti in colpa per avere ingerito un alimento, dovresti far sì che questa situazione ti aiuti a capire che il vero senso di colpa va molto oltre il cibo. Riflettendo con calma su quel che è avvenuto nelle ore precedenti, scoprirai che è un altro il motivo per cui provi questa sensazione, e potrai così lavorare sull’origine del problema, non solo a livello dell’alimentazione.
Se non sei convinto del fondamento di questa teoria e del fatto che i tre corpi siano uno il riflesso dell’altro, farai più fatica a usare i mezzi suggeriti in questo libro. Generalmente una prova di tre mesi può essere sufficiente per scoprire se un metodo fa al caso nostro o meno, quindi se fai parte di quelli poco convinti perché non darti la possibilità di provare? Chi lo sa, potresti ottenere risultati eccellenti! Se i miei metodi non dovessero essere adatti a te, tutto sommato avrai dedicato solo tre mesi a scoprirlo.
Diario quotidiano
Ciò che ti propongo di fare per i prossimi tre mesi è di dedicare dai cinque ai quindici minuti alla fine di ogni giornata per tenere un diario quotidiano del cibo, di cui potrai trovare un esempio alla fine del libro e un'anteprima di come impostarlo qui sotto:
Come esercizio pratico, questo diario ti aiuterà a fare un’analisi retrospettiva di tutta la giornata, a cominciare dal momento in cui stai scrivendo, andando a ritroso fino a quando ti sei alzato. Non ti si chiede qui di stilare una lista con tutti i dettagli di un piatto, di dire di cosa fosse composta l’insalata, o di contare le calorie, ma di scoprire se nell’insieme dai al tuo corpo ciò di cui ha bisogno e cosa ti spinge a mangiare o a bere.
Per aiutarti ecco, nella tabella qui sotto, l’esempio di Rita, una donna sposata che cresce da sola i suoi due bambini piccoli e lavora a tempo pieno in un ufficio.
Dovresti annotare in seguito il numero di bicchieri d’acqua bevuti nella giornata; ricorda che il corpo ha bisogno di 2 litri, quindi l’equivalente di otto bicchieri medi da 25 cl al giorno.
Una volta completate le prime due colonne, prosegui nella colonna seguente per verificare se avevi fame o meno e cosa ti ha spinto a mangiare o a bere.
Durante questo esercizio possono presentarsi diverse situazioni:
- hai fame e mangi solo quello di cui hai veramente voglia;
- hai fame e mangi qualunque cosa, senza riflettere su ciò di cui hai bisogno;
- hai fame e mangi troppo;
- non hai veramente fame e mangi per un altro motivo (vedere di seguito).
Prima fase: fai una crocetta nella casella “fame” o “non fame”; lo stesso vale per la terza colonna intitolata “ho mangiato in base al bisogno”. Ricorda che, per sapere se hai ascoltato i tuoi bisogni, è importante esserti prima domandato se avessi voglia di qualcosa di caldo o di freddo, di duro o di morbido, di dolce o meno. Era proprio ciò che volevi in quel momento? Se ad esempio durante la giornata inizi ad avere fame e l’idea di mangiare una deliziosa minestra ti fa venire l’acquolina in bocca, quello è certamente ciò di cui il corpo ha bisogno, mentre se al momento di mangiare ti senti ancora indeciso, dovresti porti le domande suggerite precedentemente.
Ricorda inoltre che quando ti domandi se hai fame e non lo sai, o la risposta tarda ad arrivare, questo è un indice abbastanza evidente del fatto che non ne hai. È come se ti chiedessi: «Voglio proprio sposare X?» e fossi titubante; di fronte a questa esitazione, sarebbe prima di tutto opportuno chiarire con te stesso cosa provi realmente e chiederti se sei davvero pronto a sposarti.
Gli altri sei motivi per mangiare
I diversi motivi sono principio, abitudine, emozione, golosità, ricompensa o pigrizia: in totale vi sono sette ragioni (includendo la fame) per le quali si mangia.
Sei spinto dal principio quando mangi o bevi condizionato dalla tua nozione di bene/male o di paura; in questa categoria possiamo riconoscere le seguenti situazioni:
- paura di sprecare; mangiare o bere una cosa qualunque (liquida o solida) prima che vada a male o che scada; finire il proprio piatto per non buttare via gli avanzi; terminare anche il piatto degli altri; mangiare proprio tutto quello che si trova sul tavolo nei trattamenti alberghieri “tutto compreso”, ad esempio il pane, l’antipasto e il dolce, perché sono inclusi; scegliere l’alimento meno caro, al ristorante come al mercato, anche se non è quello che si desidera; privarsi di qualcosa perché il prezzo è troppo alto, pur sapendo di poterselo permettere economicamente.
- Paura di dare un dispiacere; incapacità di dire di no a qualcuno che ci offre da mangiare o da bere, anche se non ne sentivamo la necessità.
- Paura di dire che un certo alimento non ci piace dopo averlo assaggiato.
- Paura del giudizio altrui; comportarsi come gli altri, per timore di ciò che altrimenti si potrebbe pensare o dire di te.
- Paura delle conseguenze; mangiare perché ci si sente in obbligo di farlo, senza piacere, solo per nutrire il corpo.
Sei spinto dall’abitudine quando:
- Mangi sovente o spesso la stessa cosa, ad esempio due fette di pane tostato imburrate per colazione, o due croissant inzuppati nel cappuccino.
- Mangi sovente o sempre alla stessa ora.
- Ti comporti nel modo in cui ti hanno insegnato da bambino, come mangiare tre pasti al giorno, non saltare mai la colazione, e così via.
- Esiti o ti rifiuti di provare un nuovo alimento, perché non l’hai mai assaggiato.
Sei spinto dall'emozione quando:
- Sai di non avere davvero fame, ma qualcosa dentro ti spinge ugualmente a mangiare o a bere.
- Ti domandi: «Cosa potrei mangiare?», non sapendo quale alimento scegliere e sapendo che non si tratta di principio o di abitudine.
- Provi collera, frustrazione, sofferenza, solitudine e mangi, o bevi, non riuscendo a sfogarti con o su qualcosa.
Sei spinto da golosità quando sei influenzato da uno o più sensi:
- Mangi o bevi qualcosa perché “ha un buon profumo”.
- Non riesci a smettere perché “è così buono”.
- Sei attratto da un certo alimento, a cui qualche minuto prima non avevi pensato, solo dopo averlo visto.
- Non riesci a evitare di piluccare dai piatti di portata o dalle pentole su cui si posano i tuoi occhi.
- Vuoi mangiare la stessa cosa di chi ti siede accanto.
- Sei attratto da un alimento dopo averlo toccato o annusato (ti piace la consistenza o l’odore), come i popcorn al cinema.
- Ti lasci influenzare da ciò che senti, ad esempio una descrizione che esalta un piatto, fatta da un cameriere al ristorante.
Sei spinto dal bisogno di ricompensa quando:
- Hai appena portato a termine un compito di cui ti senti orgoglioso e perciò mangi o bevi qualcosa pur sapendo benissimo che in quel momento non è necessario.
- Hai superato i tuoi limiti, hai lavorato senza sosta, senza concederti un momento di pausa, e credi che mangiare ti aiuterà a rilassarti.
- Ti senti frustrato perché nessuno ti fa i complimenti e quando questo succede mangi qualunque cosa (questa situazione potrebbe anche essere inserita nella colonna delle emozioni).
Sei spinto dalla pigrizia quando:
- Accetti che un altro cucini, piuttosto di dover preparare tu.
- Sei da solo e scegli un piatto che non richieda alcuna preparazione.
- Pur di non cucinare preferisci non mangiare.
- In previsione del pasto successivo compri un piatto precotto o surgelato all’uscita da lavoro.
Ricorda che tutto quello che abbiamo detto per il mangiare vale anche per il bere: nel momento in cui ti domandi «Cosa potrei bere?», è importante tenere a mente che il tuo corpo ha solo bisogno di acqua, motivo per cui ogniqualvolta berrai qualcos’altro dovrai annotarlo in una delle ultime sei colonne.
Parallelamente, è possibile che per uno stesso alimento tu debba contrassegnare più di una colonna delle ultime sei, ad esempio se mangi caramelle per emozione e per ricompensa.
Relazione tra eventi quotidiani e motivazione
Nella colonna Relazione puoi annotare se è accaduto qualcosa di particolare nelle ore o nei minuti che precedono il momento in cui hai bevuto o mangiato senza averne davvero bisogno.
Ritorniamo alla tabella citata in precedenza e che riassume una giornata tipo di Rita: probabilmente lei è convinta che i diversi caffè ingurgitati coincidano con momenti di stress vissuto al lavoro, dove peraltro quel giorno non aveva voglia di andare. A mezzogiorno ha dovuto occuparsi di un’emergenza legata alla madre e, in mancanza di tempo, si è fermata da McDonald’s; in seguito, la birra presa in compagnia di un’amica all’uscita dal lavoro l’ha aiutata a rilassarsi e a ricompensarsi, perché era in apprensione per via dello stress familiare che l’avrebbe probabilmente attesa al suo ritorno a casa. I biscotti della sera sono una coccola a cui ricorre spesso che le ricorda un momento dolce della sua infanzia: la mamma infatti le dava sempre latte e biscotti la sera, prima di andare al letto. Inoltre, da molti anni le due fette di pane tostato del mattino fanno parte della sua consueta colazione, mentre è possibile che il pasto della sera sia stato consumato perché aveva davvero fame; al contrario, è probabile che lei mangi il dolce per abitudine, se ciò avviene alla fine di ogni pasto, oppure lo consumi per golosità o ricompensa.
Dopo aver stilato il diario quotidiano, possibilmente a fine giornata, o se preferisci dopo ogni pasto (ma non diversi giorni dopo, perché rischieresti di dimenticare dati importanti), sarà interessante fare un resoconto alla fine della settimana: somma tutte le colonne per appurare quale motivazione ti ha maggiormente influenzato nella settimana e verifica inoltre quante volte hai mangiato per fame', avrai così l’occasione di scoprire fino a che punto, o in che percentuale, ascolti i tuoi veri bisogni e soprattutto se lo fai al momento giusto.
Interpretazione dei cinque motivi
Ecco come puoi interpretare il risultato così ottenuto.
Se mangi per principio o per abitudine significa che in generale ti lasci controllare o manipolare troppo dalle tue convinzioni che traggono principalmente origine dall’educazione ricevuta e da ciò che hai imparato durante infanzia e adolescenza: è dunque il passato a dirigere la tua vita; diverse paure ti impediscono di dare ascolto alla tua intuizione e ai tuoi veri bisogni; ti lasci di sicuro sfuggire diverse occasioni interessanti e molto probabilmente fai parte di coloro che sono restii ad ascoltare le idee nuove o i suggerimenti altrui.
Insomma, chi non si preoccupa neanche di chiedersi se ha davvero fame, e mangia per principio o per abitudine, è il tipo di persona che si lascia guidare dalla nozione di bene/male, devo/non devo, giusto/sbagliato, ed è dunque l’ego a controllarne lo stomaco; è il tipo di persona che fatica a farsi una coccola o a godersi i piaceri della vita, convinta che venga “prima il dovere e poi il piacere”. Può altresì credere che il suo piacere debba essere messo in secondo piano rispetto a quello degli altri, ed è inoltre di quelli che in un negozio comprano un articolo per la convenienza e non perché lo vogliano davvero.
Se mangi per emozione significa che provi, più o meno consapevolmente, molte più emozioni di quanto tu non voglia ammettere. Sei il tipo di persona che perde il contatto con il suo sentire: anche se provi collera, frustrazione, delusione, sofferenza, solitudine, e così via, cerchi di evitare il più possibile di scavare troppo in profondità e di sentire il dolore associato a quelle emozioni; questo è un mezzo che tanti usano, credendo così di soffrire meno. È importante ricordare che le emozioni implicano molte aspettative: ti aspetti che gli altri ti dimostrino amore o affetto, e questo nel modo che ti piacerebbe. Siccome però nessuno è responsabile della felicità altrui, ogni volta che le tue aspettative vengono disattese tenti di colmare quel vuoto interiore con il cibo; senza dubbio viviamo spesso delle emozioni quando facciamo confusione tra amare e piacere.
Se mangi per golosità significa che i tuoi sensi sono insoddisfatti a livello psicologico e che in generale ti lasci influenzare nella vita da ciò che vedi, senti e provi nei confronti del prossimo; perlopiù ciò è causato dal fatto che ti giudichi responsabile della felicità altrui: probabilmente ti senti spesso in obbligo di fare qualcosa per chi è in difficoltà, ma sappi che chi si ritiene responsabile della felicità o delle disgrazie altrui si sente sovente in colpa, il che si riflette proporzionalmente nel modo di alimentarsi. E inoltre molto probabile che ti sia difficile lasciare che chi ami faccia le proprie scelte, soprattutto quelle che non condividi. La tua felicità dipende da quella altrui e questo crea una carenza che tenti di colmare con il cibo invece di imparare a riempire il tuo cuore rispondendo ai tuoi veri bisogni.
Se mangi per ricompensarti significa che sei il tipo di persona che chiede molto a se stessa, spesso oltre i suoi limiti. Probabilmente sei un perfezionista e aspetti di realizzare qualcosa di straordinario prima di ricompensarti: ti aspetti spesso che gli altri te lo riconoscano, si congratulino con te o ti facciano i complimenti. Siccome nessuno su questa terra ha il mandato di garantire la felicità altrui, la maggior parte di noi prova delusione, o persino amarezza, nei confronti di aspettative disattese.
Potresti addirittura appartenere alla categoria di coloro che non riconoscono le ricompense che si concedono, spostando piuttosto l’attenzione su tutto quello che hanno ancora da fare.
Se mangi per pigrizia significa che probabilmente dipendi dagli altri più di quanto tu non creda: in presenza dei tuoi cari sei forse una persona diversa rispetto a quando sei da solo. È possibile che tu agisca in base alle loro scelte, e questo perché non ti ritieni abbastanza importante, sentimento che invece provi, erroneamente, in presenza altrui. Non credi di valere abbastanza da concederti il tempo di ascoltare i tuoi bisogni. Può anche succedere che, quando qualcuno ti prepara qualcosa di buono da mangiare, tu abbia l’impressione di ricevere una certa forma d’amore da tua madre, cosa che evoca in te quella felicità o quella carenza.
Se compilando questo diario dovessi scoprire di non aver ascoltato a sufficienza i tuoi bisogni, fai attenzione a non colpevolizzarti: l’obiettivo principale di questo esercizio è quello di conoscerti e non di aggiungere altro stress alla tua vita.
Data di Pubblicazione: 19 novembre 2018