SALUTE E BENESSERE   |   Tempo di Lettura: 10 min

Corpo e mente durante il digiuno

Corpo e mente durante il digiuno

Cosa «sentono» il nostro corpo e la nostra mente durante l’astinenza da cibo? Scprilo leggendo l'anteprima del libro di Stefano Erzegovesi.

La forza guaritrice della natura

Corpo e mente durante il digiuno

Parlando di storia del digiuno abbiamo già incontrato Luigi Luciani, medico, fisiologo oltre che Senatore del Regno d’Italia, che nel 1889 pubblicò un testo fondamentale, Fisiologia del digiuno, resoconto di uno studio, per quei tempi accurato e analitico, condotto per 30 giorni su Giovanni Succi, un leggendario personaggio, riportato negli archivi della sua città, Cesenatico, come «Benefattore e famoso digiunatore» e ispiratore del racconto di Kafka «Un Digiunatore» (o meglio, letteralmente, «l’artista della fame»).

Anche i digiunatori professionisti, drammaticamente esposti in gabbie durante le sagre cittadine dei primi del ’900, dimostrano come l’astinenza dal cibo sia un processo ordinato e finemente controllato dai centri che regolano le funzioni fisiologiche fondamentali: come abbiamo visto nel capitolo precedente descrivendo i quattro stadi del digiuno (post-assorbimento, digiuno breve, digiuno di media durata, digiuno prolungato), dapprima vengono consumate le riserve, poi si attinge ai tessuti, con ordine inverso alla loro importanza nell’economia generale dell’organismo e, solo all’inizio dell’inanizione patologica, vengono intaccati gli organi vitali (cuore e cervello per ultimi), con conseguenze dannose, gravi e perfino mortali.

Gli effetti sul corpo

Veniamo alla perdita di peso. È stato calcolato che un individuo sano possa perdere durante il digiuno anche più del 40% del suo peso iniziale. Questo comporta la possibilità di astenersi dal cibo per periodi molto lunghi: basti pensare che nell’esperimento del professor Luciani il soggetto dello studio aveva perso, in 30 giorni di digiuno, appena il 19% del suo peso iniziale.

Durante i digiuni terapeutici (da fare, mi raccomando, sempre con la supervisione di un medico!) della durata di circa una settimana, si perde in genere più peso nei primi giorni (circa 1 kg al giorno). Teniamo conto che, in generale, quando si perde peso in fretta, la maggior parte del peso perso è rappresentata da acqua (quindi non entusiasmiamoci quando perdiamo peso in fretta con una dieta iperproteica; anzi, meglio ancora, la dieta iperproteica non iniziamola neanche!).

La temperatura del corpo resta in genere normale per tutta la durata del digiuno, pur diminuendo il metabolismo e quindi la produzione di calore. Questo è reso possibile dal risparmio nella dispersione calorica.

Anche il ritmo respiratorio si mantiene di solito invariato.

Il polso tende a mantenere a riposo la frequenza entro limiti strettamente fisiologici. È frequente invece, nei primi giorni, un battito un po’ accelerato (tachicardia), al quale può associarsi una tendenza allaritmia, per la presenza di extrasistoli sporadiche. Al contrario, quando il digiuno si fa prolungato (pensiamo ai lunghi digiunatori o alle ragazze anoressiche), il cuore rallenta il ritmo (la cosiddetta bradicardia). In pratica, il cuore ci dice «c’è poco da mangiare, quindi cerco di risparmiare andando piano».

Durante il digiuno il tubo digerente (stomaco e intestino) subisce profonde modifiche fisiologiche, conseguenza del fatto che, in assenza di cibo, si azzerano i processi digestivi e assimilativi, mentre sussistono quelli di eliminazione. Infatti, nella cavità del tratto digerente si riversano varie secrezioni che smaltiscono materiali di scarto come muco, cellule di sfaldamento, sangue e bile che veicolano vari prodotti di scarto del metabolismo (cataboliti) e sostanze tossiche di origine esterna.

Venendo a mancare i residui alimentari, l’evacuazione è nettamente ridotta. Durante un digiuno prolungato non solo si riducono le secrezioni digestive e i movimenti peristaltici, ma l’apparato digerente diminuisce di volume, le sue pareti si assottigliano e l’intestino diventa più pigro. Queste profonde trasformazioni spiegano la necessità di una ripresa alimentare lenta e progressiva dopo il digiuno.

Le modificazioni della forza muscolare a digiuno variano molto da individuo a individuo. Di solito la debolezza si avverte maggiormente nei primi 2-3 giorni, poi la sensazione di energia aumenta e ci si può sentire anche più vigorosi di prima. Questa condizione si protrae anche per molti giorni. Tuttavia, quando le perdite a carico del tessuto muscolare si fanno consistenti (di solito dopo almeno 20 giorni di digiuno), si manifesta costantemente una stanchezza (astenia) progressiva. Alcuni avvertono la stanchezza ininterrottamente dall’inizio alla fine del digiuno, altri affermano di non essersi mai sentiti così forti, anche dopo due settimane dall’inizio del digiuno; molto dipende da come risponde il cervello.

Per quanto riguarda la funzione renale, la quantità di urina eliminata durante il digiuno è generalmente inferiore alla norma ma varia entro limiti abbastanza ampi. Dipende naturalmente dalla quantità di acqua bevuta, ma questa e l’urina emessa in un giorno non seguono un rapporto stretto e costante. Può infatti capitare che, proprio nel giorno in cui si è bevuta più acqua, si elimini una quantità inferiore di urina. Questo fenomeno è dovuto in genere a ritenzione idrica: l’acqua trattenuta nei tessuti sarà in genere eliminata nei giorni successivi.

L'urina, ridotta come quantità, diventa più densa, carica, di odore forte, con reazione notevolmente acida a causa della presenza dei corpi chetonici (il fumo della frittura di cui abbiamo parlato sopra).

Si ha inoltre aumento di fosfati, pigmenti biliari, urea e acido urico, tutti prodotti di scarto del nostro metabolismo. Col proseguire del digiuno, man mano che gli accumuli tossici nel sangue e nei tessuti vengono smaltiti, le caratteristiche dell’urina tendono a normalizzarsi, mentre l’acidità si stabilizza su valori acidi ma, comunque, entro limiti fisiologici.

Gli effetti sulla mente

Sulla mente, gli effetti del digiuno si manifestano sia nella sfera puramente razionale che in quella emotiva e istintuale. Se il digiuno non è troppo prolungato, la sensibilità e l’emotività si affinano, l’attenzione, la concentrazione e la memoria possono migliorare notevolmente, così le capacità logiche e soprattutto quelle intuitive. Idee nuove affiorano, s’intuisce il significato di vicende rimaste oscure, si progetta il futuro. Gli effetti positivi descritti sono considerati, dalla maggior parte degli studi scientifici, come la causa dell’eliminazione delle tossine accumulate nel cervello che diventa, durante il primo periodo del digiuno, più efficiente.

Gli episodi negativi, invece, sono imputati a transitorie «crisi di astinenza», simili a quelle dei tossicodipendenti all’inizio della disintossicazione, dovute alla dipendenza fisica e psicologica dal cibo e da sostanze eccitanti come caffè, tè, tabacco, zuccheri raffinati e cioccolato. Alcune persone raccontano anche di temporanei momenti di sconforto, smarrimento e ansia.

Al di là del disagio iniziale, crisi di questo tipo, se pienamente vissute ed elaborate (non c’è bisogno di uno psicologo: basta un momento di concentrazione e raccoglimento su se stessi), possono rivelarsi favorevoli, autentiche occasioni per conoscere meglio la nostra psiche e le nostre capacità di reazione.

Anche la nostra attività sensoriale può cambiare molto: l’odorato diventa straordinariamente più sensibile, la vista può migliorare e aprirci una nuova dimensione percettiva: colori più intensi, nuove forme e nuove relazioni tra loro. Gli occhi appaiono più chiari e brillanti; l’udito e il tatto si raffinano e, con la ripresa dell’alimentazione, la sensitività gustativa migliora e si scoprono nei cibi sapori nuovi o dimenticati.

Questa è, dal mio punto di vista, la cosa più bella del digiuno: ci permette di ripulirci e raffinarci mentre digiuniamo, ma soprattutto di gustare al meglio il cibo sano in tutti gli altri giorni della settimana.

Il digiuno: un riposo fisiologico per l’organismo

Il digiuno rappresenta infine un momento in cui, grazie all’assenza di cibo, l’intero organismo e in particolare diversi organi, come quelli del tratto digestivo e ghiandolare dello stomaco, il fegato e il pancreas, sono in pausa, o meglio in uno stato di stand-by che li rende funzionanti al minimo necessario per il loro mantenimento metabolico basale.

Durante il digiuno anche il cuore e le arterie si alleggeriscono, la respirazione rallenta e il sistema nervoso lavora di meno. Di questo stato di riposo fisiologico non c’è da meravigliarsi perché, come abbiamo visto in precedenza, l’assunzione di cibo richiede l’attuazione di uno «sporco lavoro» che il nostro corpo deve svolgere per metabolizzare ed eliminare le scorie del carburante ingerito. In altre parole, fare banchetto sarà anche piacevole al momento, ma è certamente più dispendioso e logorante che riposare digiunando.

Da un certo punto di vista, possiamo dire che il digiuno è paragonabile a un «letargo invernale in piccolo»: digiunare causa la stessa condizione energetica degli animali in letargo, caratterizzata da una riduzione notevole del metabolismo, che consente di resistere alle carestie dell’inverno e di sopravvivere a periodi più o meno prolungati di assenza di risorse e risparmiando energia.

Durante il riposo fisiologico concesso dal digiuno, i nostri organi sono in grado di riparare le strutture danneggiate e recuperare l’energia necessaria per svolgere con rinnovata efficacia la loro funzione. La natura stessa «indica» il digiuno come rimedio per rigenerarsi e recuperare: basti pensare che la perdita di appetito, sintomo di una malattia in atto, è anche il modo con cui nel mondo animale ci si cura. Ricordiamo il principio per cui «La Natura è il medico delle malattie», ovvero «vis medicatrix Naturae», che significa «forza guaritrice della Natura» (Ippocrate): un concetto antico, enunciato da Ippocrate e riconfermato da Paracelso.

Ricordo il mio professore Leonardo Mosca, grande uomo e grande anatomopatologo che, facendo roteare la sua bacchetta di legno (ai tempi non c’erano i puntatori laser), tuonava: «Non riempite di farmaci i vostri poveri pazienti e affidatevi anzitutto alla vis medicatrix Naturae. E, se non lo fate, vi vengo a cercare con questa bacchetta!»

In questo capitolo abbiamo visto perché il digiuno sia da sempre usato dalla nostra (e da altre) specie per i suoi effetti positivi sul corpo e sulla mente. Ora stiamo per incontrare due ricercatori e le loro indagini pionieristiche, fondamentali per il prosieguo degli studi sull’argomento. Ma intanto, proprio all’efficacia del digiuno nell’aiutarci a rigenerare il nostro organismo e a gustare al meglio il cibo sano e semplice, dedichiamo il Motto finale di questo capitolo:

kiunus raro stomachus vulgaria temnit
(Uno stomaco raramente digiuno disprezza i cibi semplici).
Orazio

Data di Pubblicazione: 27 marzo 2019

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