Impara l'antico sapere tradizionale dell’Ayurveda per riequilibrare corpo, mente e spirito, leggendo il nuovo libro di Antonio Morandi e Carmen Tosto.
Cosa non è l'Ayurveda?
Non è Benessere
Se affermiamo subito che l’Ayurveda non è benessere, proprio sulla base di quanto comunemente si pensa, questa affermazione può risultare sconcertante.
L’Ayurveda, il più delle volte nel comune parlato, viene considerata quasi un sinonimo di benessere, ma le cose non stanno proprio così. Oggi il mondo è purtroppo caratterizzato da una progressiva perdita di ricchezza di linguaggio e spesso le parole vengono usate senza averne una precisa e reale comprensione di significato; utilizzate in modo generalizzato e superficiale con attribuzioni arbitrarie di significati e opinioni personali.
Le parole vengono impiegate per ciò che in quel determinato momento si crede sia reale o che magari fa più comodo. In questo modo, però, le parole perdono il loro importante spessore comunicativo e concettuale per divenire, alla fine, meri segnali indicatori di idee generali ed emozioni.
Così, il termine “Benessere” è divenuto nel tempo un generico attributo per tutte quelle situazioni o attività che inducono una sensazione piacevole, il più delle volte però illusoria e temporanea.
In un mondo divenuto una giungla di stimolazioni sensoriali sempre più aggressive, fatto di competizioni e frustrazioni più o meno latenti, il termine “Benessere” ha acquisito un senso preciso, diventando quasi un indicatore relativo a pausa e relax.
La soddisfazione e il compiacimento dei sensi divengono così l’obiettivo principale da perseguire in questi momenti di tregua che però, purtroppo, si dissolvono rapidamente alla ripresa delle attività consuete, lasciando così, alla fine, una sensazione di dipendenza nostalgica, spesso associata a una velata frustrazione.
L'inseguimento del “Benessere” diviene così una costante, una meta da raggiungere nel fine settimana o in alcune precise ore del giorno, e la vita viene vissuta da molte persone in modo parziale in quanto frustrazione continua, punteggiata da sporadici episodi di piacere e pace sensoriale, erroneamente definiti momenti di “Benessere”.
L'attenzione delle persone viene così concentrata sul raggiungimento di questi momenti effimeri ed è qui che viene indirizzato il desiderio e l’organizzazione del tempo a disposizione per sé.
Il consumistico mondo moderno è sempre subito pronto e abile nell’identificare le potenzialità commerciali per le necessità umane e, questo bisogno di “pausa e benessere”, viene quindi prontamente assecondato dal proliferare di varie attività tese a soddisfare da un lato il bisogno, e dall’altro a sviluppare nell’utente una dipendenza che si articola in molte sfaccettature per lo più illusorie.
Nascono quindi attività di diverso tipo che utilizzano in modo superficiale i termini ed i modi di antichi saperi offrendo un facile raggiungimento del piacere sensoriale e del relax fine a se stesso.
In questo modo però si perde di vista il vero obiettivo, ovvero ciò che davvero ci permette di “star bene” realmente e di godere pienamente della vita e delle possibilità che ci offre in ogni istante.
Quindi, esiste il vero Benessere? E che cos'è?
Il termine “Benessere” ha in effetti un significato diverso da quanto comunemente attribuito. “Benessere” vuol dire “stare bene” o “esistere bene” ed è la risultante di uno stato di “salute” ovvero di un equilibrio dinamico fra una ottimale condizione fisica, psicologica e sociale, tutti fattori che ci permettono un pieno adattamento armonico alle variazioni ambientali.
Indica innanzitutto uno stato dinamico ma tuttavia duraturo, non episodico e non rinnovabile con un abbonamento, come generalmente si tende a pensare: è uno stato naturale che emerge da una condizione ottimale di salute.
Quindi “Benessere” è una condizione continua e consapevole di vita che dipende dallo stato di salute psicofisica individuale, non è indotto da un singolo trattamento, nutriente, attività o comportamento. È la condizione naturale e la diretta conseguenza di uno stile di vita che privilegia e rispetta la qualità della vita stessa espressa in tutti i suoi aspetti: fisici, mentali, emotivi, energetici e spirituali.
Quindi dovrebbe essere uno stato naturale e non indotto da particolari circostanze. L’Ayurveda non tratta quindi di “Benessere”, ma indica le condizioni che ne permettono la naturale e piena manifestazione nonché il suo mantenimento.
L’Ayurveda è la più importante Medicina Tradizionale dell’India, riconosciuta come tale anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è diffusa e praticata in tutto il mondo. Ha come scopo quello di promuovere, mantenere o recuperare la salute dell’individuo e della comunità.
Il Benessere, in quanto conseguenza diretta dello stato di salute, non può esistere indipendentemente da essa.
Nella Carakasambità, antico ma straordinariamente moderno testo ayurvedico, viene data la seguente definizione dell’Ayurveda: "È chiamato Ayurveda ciò che descrive una vita benefica e dannosa, felice e infelice, quello che è favorevole o sfavorevole per la vita, la misura della vita e la vita stessa" (C.S. Sù. I, 41).
La salute rappresenta quindi l'elemento centrale dal punto di vista ayurvedico e su di essa viene definito l’intero equilibrio di una persona.
Ma cosa si intende per salute? Cosa intende l’Ayurveda e cosa intende la Medicina Moderna?
Salute nella Medicina Moderna
Il concetto di salute nella Medicina Moderna è paradossalmente fondato sulla malattia, un organismo definito sano è un organismo libero da malattie; tutto il sistema è quindi centrato sulla continua identificazione delle malattie e sulla loro cura.
La Medicina Moderna è un sistema basato sulla malattia e non sulla salute, come tale è rivolto al riconoscimento di segni e sintomi che possono essere misurati obiettivamente. Segni e sintomi vengono quindi inquadrati in schemi nosologici precisi come le malattie o in insiemi concorrenti, le sindromi.
Agli studenti di medicina viene insegnato a riconoscere le malattie, indipendentemente dall’individuo che le manifesta, non viene mai insegnato però a riconoscere la salute indipendentemente dalla presenza della malattia.
L'approccio esclusivista della Medicina Moderna è chiaro: o c'è una malattia o non c'è, e la cura si somministra solo se c'è una malattia. Su queste basi la prevenzione viene basata principalmente sul riconoscimento precoce di uno stato di malattia e non invece su come mantenere l'originale stato di salute, perché non è chiaro alla fine che cosa questa sia.
Un simile approccio, nel tentativo di operare una prevenzione, ha indotto una progressiva e invasiva medicalizzazione della società, cosa che rende sempre più difficile distinguere un vero stato di salute autonoma.
Questa impostazione ha inoltre portato a considerare l'essere umano come un “capitale”, con alti livelli di carico sociale ed economico e nella commercializzazione stessa della Medicina. È nata così “l’industria della malattia” divenuta una delle maggiori fonti di ricchezza e di sviluppo delle nazioni.
La condizione di “paziente” è divenuta quella di “utente”, di colui cioè che fruisce, pagandoli direttamente o indirettamente, beni o servizi pur non potendoli scegliere perché erogati in regime di monopolio dall'industria della salute.
In questo scenario è difficile individuare una reale volontà di salute da parte dell'industria farmaceutica e sanitaria poiché questa porterebbe loro, un notevole danno economico. Una società in salute porterebbe a un crollo del fatturato delle attività produttive e commerciali coinvolte e del loro indotto, con conseguente perdita di ricchezza e posti di lavoro.
Al momento, quindi, una riconversione del sistema da “industria della malattia” a “industria della salute” appare una strada alquanto difficile e lontana.
Tuttavia, negli ultimi anni c'è stato un progressivo avvicinamento del sistema di pensiero moderno a quello ayurvedico riguardo proprio il concetto di salute, in modo particolare per tutto quello che riguarda la salute psicologica e mentale.
È stato soprattutto il modello bio-psico-sociale a favorire questo passaggio; infatti, esso è centrato sul paziente come persona con il suo substrato culturale ed esperienza soggettiva di salute, malattia e qualità della vita.
Attualmente è in atto un'interessante convergenza fra i sistemi di Medicina Moderna e il sistema ayurvedico; entrambi definiscono la salute come uno stato ottimale fisico, mentale e sociale che consente la possibilità di vivere pienamente la propria esistenza.
Entrambi i sistemi si rifanno alla definizione di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità delle Nazioni Unite (1948) che intende la Salute come "uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l'assenza di malattie o infermità".
Una definizione che, essendo radicata nel concetto di percezione e stato individuale di salute, stenta però ancora a trovare un significato realistico nella Medicina Moderna che tende invece alla standardizzazione e alla generalizzazione.
Infatti, le differenze concettuali profonde fra i due sistemi di pensiero limitano a tutt'oggi l'attuazione pratica del sistema di cura della salute e le differenze in realtà permangono in modo notevole.
Oltre alla concezione di salute oggettiva e obiettivamente misurabile, anziché come valore soggettivo e individuale, l’altra principale differenza fra i due sistemi risiede proprio nella separazione che la Medicina Moderna opera fra le categorie coinvolte nel concetto di salute, ovvero: corpo, mente e ambiente.
Il sistema di pensiero moderno e occidentale mantiene la separazione fra queste categorie e ne ha sviluppato metriche e logiche interne che non ne consentono una intercomunicazione appropriata. La salute fisica non viene legata alla salute mentale ed entrambe non sono considerate come elementi interdipendenti con l’ambiente.
AI di là della mente, anche molte ricerche della moderna Biomedicina rivelano una sempre maggiore interconnessione fra elementi dell'organismo precedentemente considerati separati, quali ad esempio sistema nervoso, muscolo-scheletrico, immunitario e gastrointestinale.
La maggiore interconnessione fra i sistemi che queste osservazioni forniscono, tracciano un quadro che apparentemente avvicina la visione Biomedica a quella dell’Ayurveda.
Nonostante queste incoraggianti considerazioni persiste tuttavia alla radice un problema fondamentale dovuto a ragioni epistemologiche e metodologiche: si continua a considerare queste associazioni come la manifestazione concomitante di singole specifiche malattie, senza avere una chiara e complessiva visione della logica di relazione causale generale.
La Medicina Moderna non si rifà a princìpi ontologici che descrivono una realtà interconnessa ma sempre unitaria, bensì a una realtà formata da parti separate e indipendenti. Al contrario del pensiero che sottende l’Ayurveda, che è relazionale e sistemico, dove non esistono singole parti che non siano in relazione con il tutto e anzi ogni singola parte ne esprime l’essenza più profonda.
"Tutto in uno e uno in tutto" è infatti l'aforisma che più di tutti esprime questo pensiero che in realtà non è solo ayurvedico ma comune a tutto il pensiero tradizionale indiano e orientale in genere.
È interessate notare come il termine “olistico”, di questi tempi così ampiamente usato e possiamo dire anche abusato, derivi dalla radice greca holos che significa “tutto intero”. Infatti, nell'antichità l’idea greca della buona salute era basata su concetti di coerenza, salutogenesi, sostenibilità e armonioso rapporto fra mente e corpo.
Concetti non dissimili da quelli dell’Ayurveda. Questo tipo di pensiero, ben presente anche in Occidente, andò purtroppo progressivamente perduto a partire dal 529 d.C. con la chiusura, da parte dell'Imperatore Giustiniano, della Scuola di Atene in Grecia fondata da Platone nel 387 a.C.; da quel momento l’idea spirituale e olistica della vita e della medicina iniziò a svanire.
Questa visione, tuttavia, sopravvisse ancora nei secoli a venire attraverso la Medicina araba, la Medicina bizantina e la Medicina monastica occidentale. Negli ultimi 200 anni, con l'emergere della cosiddetta medicina scientifica, iniziò a frammentarsi la conoscenza, a selezionare i princìpi attivi dagli elementi naturali e l’attenzione si spostò inesorabilmente solo sulla malattia e sui sintomi, a discapito delle “persone” che ne soffrivano.
Questa visione ha portato alla perdita del quadro d’insieme, tipico dell'antica medicina greca e, come ben sappiamo, di tutte le medicine tradizionali compresa ovviamente l’Ayurveda.
La Biomedicina, un po’ per i suoi innegabili successi, ma soprattutto per gli enormi interessi economici che ne sono derivati, fattori che spesso ne alterano e deviano l’attività di ricerca a favore di interessi privati, è divenuta il sistema medico di riferimento del mondo moderno, e il suo pensiero riduzionista è oggi dominante nel mondo scientifico.
Data di Pubblicazione: 17 ottobre 2022