Scopri come capire le emozioni e i loro messaggi per migliorare il tuo equilibrio emotivo leggendo l'anteprima del libro di Piercarlo Romeo.

Molto si dice e molto si è scritto sulle emozioni

Idee bellissime, teorie affascinanti e strumenti suggestivi, ma poi, molto spesso, quando si provano, ciò che è stato detto resta detto, ciò che è stato scritto resta scritto, e in pratica si reagisce come non si vorrebbe.

Sapere quale area del cervello si attiva quando proviamo imbarazzo, o quale ormone viene prodotto quando proviamo gioia, ci aiuta a capire come funzioniamo, ma non ci aiuta a gestire noi stessi al meglio durante il momento emotivo. Conoscere le microespressioni ci permette di riconoscere le emozioni negli altri, ma difficilmente ci è utile nel momento in cui noi proviamo noi una forte emozione. Conoscere le varie teorie ci consente di parlare di emozioni mentre non siamo emozionati, ma non sempre ci aiuta a emozionarci in modo funzionale o vivere al meglio le nostre emozioni.

Così, in un meccanismo che viene definito tentata soluzione, continuiamo la nostra ricerca: studiamo nuove teorie, cerchiamo altri strumenti, nuove tecniche; ma spesso, quando proviamo, quando sentiamo, quando siamo immersi nell'emozione, ciò che abbiamo letto, studiato e ascoltato si rivela inefficace e inapplicabile o serve solo parzialmente.

Così, incapaci di migliorare il nostro equilibrio emotivo, sperimentiamo un'altra emozione: la frustrazione. Maggiore la conoscenza, maggiore la formazione personale, e maggiore sarà la distanza tra quanto sappiamo e come, purtroppo, reagiamo, o ci scopriamo a reagire.

Aumentano le aspettative, ma le reazioni restano le stesse.

Aggiungere conoscenze non ci fa raggiungere l'equilibrio emotivo.

Perché nelle emozioni non bastano le teorie e le conoscenze. Serve un nuovo modo di sentirle e di ascoltarle, per poi sviluppare «consapevolezza operativa»: un sapere che ci aiuta ad agire diversamente e utile nel momento in cui si prova l'emozione.

Per questo, la via dell'equilibrio emotivo è la via dell'esperienza e della semplificazione: meno e meglio. Come diceva il maestro di arti marziali Bruce Lee: «Ogni giorno una tecnica in meno». Questo vuol dire lavorare non solo sugli strumenti, ma soprattutto su di sé, su chi prova l'emozione. Non possiamo lavorare sulla nostra emotività, ma solo su noi stessi.

Spesso pensiamo alle emozioni come qualcosa di esterno che all'improvviso appare e ci inonda, ma in realtà le emozioni non esistono: siamo noi che ci emozioniamo.

In questo libro scopriremo che dobbiamo lavorare su noi stessi prima di provarle e dopo averle provate, per poter poi diventare abili nel momento in cui le proviamo. Si lavora sul «prima» e sul «dopo» per poi imparare a lavorarci nel «mentre».

Nei miei viaggi all'estero mi capita spesso di incontrare italiani che nel cercare di parlare con qualcuno, continuano a parlare in italiano, usando due strategie disfunzionali: rallentando il parlato o alzando la voce. Sforzi inutili.

Dire «acqua» lentamente o urlare «ACQUA» non ci rende più comprensibili. Sarebbe più strategico usare un traduttore e usare la lingua del posto.

Pochi sanno che le emozioni sono una vera e propria lingua: un linguaggio, in parte preinstallato nella nostra biologia e in parte appreso (dall'ambiente e per esperienza personale). Un linguaggio utilissimo che ci serve per sopravvivere, per migliorare la nostra vita e per evolverci, come individui e come membri della società.

Ma se vogliamo imparare a comunicare con qualcuno che parla una lingua diversa dalla nostra, è consigliabile usare la sua stessa lingua.

La stessa cosa vale per le emozioni: inutile approfondire e innalzare sempre di più il nostro livello intellettuale e la nostra conoscenza tecnica.

Forse ci conviene imparare (anche) il linguaggio delle emozioni

Un linguaggio velocissimo, primordiale, non ragionato, istintivo, fatto di sensazioni e di reazioni, apparentemente meno evoluto dei pensieri razionali e del linguaggio parlato, ma estremamente efficace per far arrivare i messaggi che deve recapitarci.

Sembra incredibile come persone di altissimo livello intellettuale spesso «scoppiano» in scatti d'ira e reazioni esagerate. Così come persone abitualmente molto gioiose a volte cadono nella tristezza più profonda fino a perdersi nel dolore.

Come viviamo le nostre emozioni può arricchire la nostra vita, o complicarcela.

Dipende da noi, non dall'emozione.

Questo libro poggia le proprie basi su ricerche scientifiche, studi e anni di esperienza nella formazione e nel coaching, ma non vuole essere un testo scientifico. Anzi, a tratti potrà sembrare troppo semplicistico, ma è proprio questo il suo obiettivo: semplificare per capire le emozioni e i loro messaggi per aiutare ciascuno di noi a migliorare il suo equilibrio emotivo.

Questo libro vuole essere un manuale di crescita personale, e non di crescita altrui. Vuol dire che ognuno si occupa della propria crescita e, di conseguenza, delle proprie emozioni e del proprio equilibrio emotivo.

Gli altri si occuperanno del loro.

Con questo «equiLIBRO» non voglio svelare nuove teorie, riportare nuovi studi e ricerche, inventare nuove tecniche suggestive, o elevare ancora di più il pensiero, ma voglio invitare tutti noi a «scendere» nel mondo delle nostre emozioni e delle nostre sensazioni, per poter imparare il loro linguaggio primordiale e comprendere gli importanti messaggi che vogliono darci.

Come una mamma che capisce i vocalizzi del proprio bambino di un anno: lei sa quando «pa» è «pappa», e quando «pa» è «papà». Lo sa proprio perché ha studiato il linguaggio del suo bambino e il suo modo «primordiale» (sarebbe più appropriato dire sensoriale e diretto) di esprimersi, e lo ha fatto con amore e attenzione, senza giudizi e pregiudizi.

Laddove gli esperti di linguistica non arriverebbero, una mamma che ha voglia di capire il proprio piccolo riesce a farlo, e lo fa con la naturalezza, la gioia e la curiosità di chi ama la propria creatura.

E proprio così faremo insieme con le nostre emozioni: «scenderemo» al loro livello, comprenderemo il loro «linguaggio primordiale», per poi elevarci nel nostro equilibrio emotivo, nella vita personale e professionale, per amore di noi stessi e delle persone intorno a noi.

Il mio invito è a essere curiosi e rispettosi delle emozioni, qualsiasi esse siano, sia le vostre che quelle altrui, come una mamma è curiosa dei versi del proprio piccolo, intenta a comprenderli, anziché a correggerli grammaticalmente o ad analizzarli linguisticamente.

Non possiamo pretendere correttezza grammaticale da un bambino di un anno: possiamo solo cercare di capirlo.

Ma soprattutto, a un bambino di un anno non serve chi gli dà lezioni di grammatica. Serve chi riesce, con amore, a capirlo nella sua unicità espressiva.

Proprio per questo, andremo il meno possibile nel tecnico e ci tufferemo nel senso pratico. Perché le emozioni, come vedremo, sono estremamente utili e pratiche.

Buone emozioni e buon Equilibrio Emotivo!

Cosa sono le emozioni?

Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi... emozioni...
Lucio Battisti

Potremmo usare mille definizioni, ma nessuna, neanche la più meticolosa, potrebbe descriverle in modo esauriente. Forse è proprio questa la caratteristica delle emozioni: si provano. Punto.

Come descrivereste il freddo? Difficile a parole, ma molto semplice da provare toccando un cubetto di ghiaccio. E come descrivereste il caldo? È molto complesso a parole, ma si capisce facilmente avvicinando le mani a una fonte di calore.

L'esperienza si vive, si prova e si sente.

L'esperienza non spiega, eppure capiamo.

L'esperienza non è la descrizione dell'esperienza.

Anzi, spesso la descrizione non corrisponde per nulla all'esperienza o non riesce a far arrivare tutto ciò che si sperimenta nella realtà.

Questo è il nostro obiettivo in questo libro: sperimentare e sperimentarci prima, per poi eventualmente descrivere.

Nel mondo delle emozioni non serve parlare, ma bisogna sentire e provare, fino a diventare abili a tal punto da poter decidere come confrontarci con il nostro sentire e come agire in modo funzionale.

Una definizione che ci può chiarire le idee sulle emozioni può essere la seguente:

Le emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicofisiologiche, a stimoli interni o esterni, naturali o appresi. In termini evolutivi, la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell'individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente.

Per prima cosa notiamo che sono coinvolti contemporaneamente corpo e mente: quindi ci deve essere una rilevante variazione fisiologica osservabile (come un cambio di respirazione, il cambio di colorito, un urlo, un movimento, un'espressione ecc.) e una variazione psicologica (cambio di atteggiamento mentale, di focus ecc.).

In pratica, quando proviamo un'emozione, ci sono due variazioni: nel sentire del corpo (variazione fisiologica) e nello stato mentale (variazione cognitiva).

Il corpo ha una reazione a una percezione sensoriale o a una rappresentazione mentale che cambia il nostro equilibrio interiore. Così come possiamo dire che a volte accade anche che la mente ha una reazione a una forte variazione fisiologica. Questa potente combinazione è l'emozione. La definiamo potente perché si fa sentire, come uno scossone, proprio perché vuole essere percepita e ascoltata. Questa è la sua funzione: scuoterci e farsi percepire chiaramente.

Anche l'etimologia della parola emozione ci ricorda questa sua funzione: deriva dal latino e (da) e movere, smuovere, scuotere, portare fuori.

C'è anche una terza variazione, spesso legata alla variazione fisiologica: una variazione espressiva. Noi, soprattutto nel caso delle emozioni universali (comuni a tutte le razze e culture umane), comunichiamo (anche involontariamente) cosa stiamo provando.

La seconda parte della definizione ci dice che le emozioni servono a farci reagire rapidamente ed efficacemente in situazioni di necessità, laddove una riflessione e un'attività cognitiva consapevole molto probabilmente ci renderebbero lenti e ci metterebbero in pericolo.

In pratica è come se le emozioni fossero un salvavita: un meccanismo automatico che «stacca» la neocorteccia, la parte più evoluta del nostro cervello, e attiva la parte reattiva del cervello. Per questo non serve sorprendersi se durante i cosiddetti «rapimenti emotivi» siamo capaci di agire comportamenti che razionalmente non agiremmo mai. Ma non per questo bisogna accettarlo e basta. Diventa importante «tarare» il nostro salvavita al giusto livello, in modo che possa attivarsi solo quando serve e in modo funzionale.

Il dispositivo salvavita in casa deve scattare solo quando c'è un reale pericolo o un reale sovraccarico del sistema elettrico. Se scattasse ogni volta che accendiamo una piccola luce in casa, quella progettata per essere una sua funzione utile diventerebbe un fastidio, perfino una tortura se si ripetesse continuamente.

Spesso questo avviene anche con le emozioni: a volte ci allarmiamo per pericoli minimi o inesistenti, o reagiamo con rabbia e con eccessiva forza a situazioni che potrebbero essere affrontate in modo diverso.

Per questo motivo è fondamentale sviluppare il proprio equilibrio emotivo e «tarare» questo prezioso sistema salva-vita sulle proprie e personali esigenze.

Sì, è importante imparare a tarare le emozioni anche sulle proprie attività: chi lavora in un pronto soccorso, probabilmente dovrà avere reazioni e modi diversi di gestire la tristezza rispetto a chi lavora nelle forze dell'ordine.

Così come le reazioni alla paura altrui e il modo di relazionarsi con gli altri mentre provano paura, dovranno essere diversi tra una persona che insegna sport estremi e chi fa i prelievi di sangue.

Il nostro obiettivo in questo viaggio alla scoperta delle emozioni deve essere quello di diventare abili a tarare le reazioni automatiche delle nostre emozioni, in modo da avere le risposte più efficaci in tutte le situazioni, e imparare a interagire al meglio con gli altri mentre sono nei loro momenti emotivi.

Se non siamo in reale pericolo, non serve una reazione sproporzionata. Se qualcuno ci rivolge parole di offesa, non serve reagire come se ci stesse minacciando seriamente.

Così come interagire meglio con chi sta provando un'emozione può essere un'abilità utile da sviluppare.

Per questo diventa fondamentale sviluppare equilibrio, riconoscendo tutte quelle situazioni in cui non servono reazioni istintive immediate, ma avendo fiducia nel fatto che in caso di emergenza il sistema è ben progettato, correttamente programmato e interverrà in maniera funzionale e autonoma.

Riassumendo, possiamo dire tre cose sulle emozioni:

  1. si provano, nel corpo e nella mente;
  2. ci fanno reagire, servono a creare delle «scorciatoie reattive» per accelerare alcuni processi decisionali che altrimenti sarebbero lunghissimi, con il rischio di metterci in pericolo;
  3. sono utilissime;
  4. possiamo e dobbiamo tararne le reazioni in modo a noi funzionale.

Data di Pubblicazione: 22 agosto 2019

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