Instant Influence - Anteprima del libro di Michael V. Pantalon

Instant Influence in azione

In quanto psicologo e ricercatore a Yale, ho passato molti anni ad investigare modi per portare le persone dalla resistenza alla motivazione. Ho cominciato lavorando con una tecnica sviluppata da William R. Miller e Stephen Rollnick, nota come colloquio motivazionale, ma ho trovato il modo di portarla oltre. Nel corso degli ultimi 15 anni ho concepito una versione innovativa in sei tappe, così veloce e così efficace che davvero produce Instant Influence.

Instant Influence è l’unico metodo scientificamente provato per motivare le persone in sette minuti o meno. Spinge le persone ad agire, incoraggiandole a trovare le proprie ragioni per fare quello che chiedete loro di fare. Facendo a una persona sei semplici domande, e basta, la si può motivare a comprendere perché è nel suo interesse agire in una determinata direzione: smettere di fumare andare al lavoro in orario, compilare i resoconti trimestrali, oppure restituirvi quei 20 dollari che vi deve. Instant Influence funziona praticamente su tutto. Potete anche usare questo metodo su voi stessi: per diventare più produttivi, rispettare la dieta, fare esercizio o raggiungere qualsiasi altro obiettivo che vi stia richiedendo sforzi. Funziona su persone che sanno di voler cambiare e non vedono l’ora di cominciare, su persone che pensano di voler cambiare ma temono di non riuscirci, e su persone che pensano di non voler cambiare. In realtà non importa chi la usa: Instant Influence funziona e basta.

I due vantaggi maggiori di Instant Influence sono poter imparare la tecnica velocemente e vedere i risultati quasi all’istante. L’ho sviluppata su richiesta di indaffarati medici del Pronto Soccorso, che tentavano di motivare i pazienti arrivati in ambulatorio per incidenti relativi all’alcool e problemi sanitari. Volevano stimolare quelle persone a richiedere assistenza per il bere, ma l’unico momento che i medici avevano a disposizione con quelle persone era mentre si occupavano di loro al Pronto Soccorso. In altre parole, i dottori avevano più o meno sette minuti per influenzare pazienti semi-ubriachi che non si rendevano necessariamente conto di avere bisogno di aiuto. Sette minuti, pazienti con atteggiamento di resistenza e un Pronto Soccorso in febbrile attività. Cosa poteva mai spingere le persone a cambiare la propria vita in circostanze simili? La risposta è semplice: le loro ragioni personali. Generalmente le persone agiscono per i propri motivi, non per i motivi degli altri. Se modificano un comportamento per qualcosa che ha detto qualcun altro, nella maggior parte dei casi quel cambiamento non sarà stabile. Il segreto di Instant Influence è che aiuta la gente a scoprire i propri motivi per fare una cosa, persino cose che credeva di non voler fare.

6 Tappe

Non è tanto dicendo loro perché dovrebbero cambiare che si aiutano le persone, quanto chiedendo loro perché potrebbero desiderare un cambiamento. Ecco le sei tappe che vi permetteranno di ottenere Instant Influence:

Prima tappa: Perché potresti cambiare? (Oppure, per influenzare voi stessi: Perché potrei cambiare?)

Seconda tappa: In che misura sei disposto a cambiare, in una scala da 1 a 10 in cui 1 significa “non sono affatto disposto” e 10 significa “sono del tutto disposto”?

Terza tappa: Perché non hai scelto un numero più basso? (Oppure, se l’influenzato ha scelto 1, rifare di nuovo la seconda domanda, stavolta a proposito di un passo più piccolo verso il cambiamento, o chiedere: Cosa potrebbe fare in modo che quelli si trasformi in un 2?)

Quarta tappa: Immagina di essere cambiato. Quali sarebbero i risultati positivi?

Quinta tappa: Perché questi risultati sono importanti, per te?

Sesta tappa: Qual è il passo successivo, se ce ne uno?

I medici del Pronto Soccorso hanno avuto un successo tale, usando la mia strategia, che sono riusciti ad ottenere una riduzione nel bere quasi del 50% fra i loro pazienti “coinvolti nell’alcool” - e tutto questo solo con conversazioni di sette minuti. Come risultato di ciò, Instant Influence è oggi una parte consueta del trattamento di Pronto Soccorso e delle più grandi unità di Traumatologia degli Stati Uniti, e ai medici specializzandi viene richiesto di impararla a livello nazionale.

Dopo avere sviluppato questa tecnica, ho continuato ad applicarla in molti altri contesti. Ho presentato Instant Influence a professionisti di ogni livello, da quadri e rappresentanti di commercio agli specialisti di Risorse Umane, fino agli Amministratori Delegati. Ho formato e fatto coaching a figure chiave e dirigenti in società come Bayer, Bristol-Myers Squibb e General Electric, e in centri di formazione quali l’American Management Association e l'Addiction Technology Transfer Center’. Ho lavorato con università dell'Ivy League", incluse Yale, Harvard e Brown; grandi agenzie federali come gli Istituti Nazionali di Sanità e il Dipartimento di Sanità e Servizi Umani; eminenti centri medici quali gli ospedali di Yale-New Haven, il McLean di Harvard ed il Langone Medicai Center di New York, numerosi organi statali di potere giudiziario e Dipartimenti di libertà vigilata e condizionale. Ho formato personale di grandi centri di riabilitazione dalla droga e dall’alcool, inclusi Hazelden, Betty Ford e Crossroads ad Antigua. Ho insegnato Instant Influence a fornitori di prestazioni sanitarie, assistenti sociali, psicologi, psichiatri, responsabili di gestione per i senzatetto, così come ad insegnanti e genitori.

Dopo più di 15 anni di formazione, ricerca ed esperienza concreta di coaching sul campo, so che Instant Influence può funzionare praticamente su chiunque, daH’Amministratore Delegato più motivato all’adolescente più resistente e contrario. La tecnica funziona bene con colleghi, persone amate, persino estranei. Potete anche usare Instant Influence per aiutare voi stessi a raggiungere un qualsiasi obiettivo, dal miglioramento del rendimento lavorativo alla negoziazione di contratti, dall’incremento delle vendite al completamento di una perdita di peso e di un programma di esercizi, da smettere di fumare a risolvere problemi in ambito relazionale.

Lasciare che le persone si convincano da sole

Dal momento che le persone rispondono molto meglio quando agiscono per le loro ragioni piuttosto che per le vostre, dobbiamo aiutarle a scoprire le loro ragioni prima possibile. Ad ogni modo, se state lavorando con persone che mostrano resistenza, come me con il gruppo di General Electric, riconoscere quella resistenza, piuttosto che combatterla, è un modo sorprendentemente efficace di spingerle ad essere più aperte e meno sulla difensiva.

Naturalmente è più facile a dirsi che a farsi, soprattutto quando su di voi ci sono cinquanta paia di occhi non entusiasti che vi gelano. Ma io avevo fiducia in questa strategia, così sono andato avanti con il mio gruppo di riluttanti dirigenti General Electric.

«Ehi», ho detto, più calmo che potevo. «So che nessuno di voi ha scelto veramente di essere qui. E forse non avete voglia di ascoltare l’ennesimo metodo “fantastico” dalla voce di un Torre d’Avorio, l’ennesima testa d’uovo». Volevo riconoscere sinceramente la loro resistenza e fare una cosa nota nella ricerca motivazionale con il nome di “denigrazione del messaggero”.

Come avevo sperato, la mia autoironia produsse qualche risata, e potei vedere i manager guardarsi l’un l’altro con sorpresa. Il mio schietto riconoscimento del loro punto di vista, invece di un tentativo di vendere loro il mio, era l’ultima cosa che si aspettavano.

«Quindi», ho continuato, «perché siete qui?». La debole risposta positiva che mi ero conquistato scomparve all’istante. «Siamo qui perché dobbiamo», disse una donna, scandendo ogni parola con pazienza esagerata. «Sul serio? Quindi tutti i responsabili delle Risorse Umane sono qui presenti? Tutti dal primo all’ultimo?». Ottenni qualche risata. «Beh, Frank no», disse un uomo. «Trova sempre un modo. Qual è stavolta, un appuntamento dal dentista?».

«Bene», dissi. «Avreste potuto trovare un modo per dare buca a questa riunione, come Frank, ma non l’avete fatto. Quindi ditemi, perché siete qui?».

Avevo appena applicato la Prima tappa: Perché potresti cambiare? (O, in questo caso, Perché sei cambiato?). A denti stretti, i dirigenti cominciarono a dare risposte. «Perché ci sta a cuore questa società, e vogliamo che vada bene». «Il capo mi ha chiesto di partecipare, e io lo rispetto, immagino». «Non voglio sembrare poco collaborativo». Risposte buone, forse, ma erano ancora troppo vaghe per spingere chiunque all’azione. Se queste persone volevano cambiare, dovevano trovare risposte più personali.

«Okay», dissi. Era il momento della Seconda tappa: In che misura sei disposto a cambiare, in una scala da 1 a 10, in cui 1 significa “non sono affatto disposto” e 10 significa “sono del tutto disposto”? Come al solito, adattai il mio linguaggio in base alle persone coinvolte e in base all’ambiente, rendendolo più colloquiale. «In una scala da 1 a 10, dove 1 è “per niente disposto” e 10 è “del tutto disposto”, quanto siete pronti ad ascoltare la mia presentazione, oggi?».

I dirigenti si guardarono l’un l’altro, ruotando gli occhi. «Forse un 3», disse infine una donna. Potei sentire nella stanza mormorii di approvazione.

«Ottimo», dissi, passando alla Terza tappa: Perché non hai scelto un numero più basso? «Ha scelto il 3. Perché non ha scelto un numero più basso?». In altre parole, perché la donna non aveva descritto se stessa come ancor meno motivata? Perché non aveva scelto il 2, o persino l’I, invece del 3? Questa è la domanda che coglie tutti alla sprovvista. Si aspettano che io chieda “Perché non hai scelto un numero più alto?”. In altri termini, perché non sei più motivato? Perché non vuoi di più di quello che io penso che dovresti volere?

Ma io non avevo chiesto questo. Avevo chiesto invece perché la sua motivazione era così alta. Perché erano disposti ad ascoltare la mia presentazione? Perché erano lì? Dovetti aspettare un pochino, ma alla fine ottenni una risposta. «Perché anche se credo davvero nel modo in cui operiamo adesso», disse un uomo, «e anche se ho contribuito io stesso ad affinare le procedure attuali - e so che funzionano... -, nonostante tutto questo, ci sono dipendenti con cui veramente non sappiamo cosa fare. Magari quest’altro metodo può funzionare, facciamo un esempio, con una persona. Ecco perché sono qui».

Ci furono cenni del capo e segni di approvazione, ma ancora non pensavo che la stanza fosse del tutto con me. Potete interrompere la procedura Instant Influence in qualsiasi momento, quando pensate che l’altra persona sia pronta a cambiare, ma è importante non fermarsi prima che sia pronta.

Quindi avanti con la Quarta tappa: Immagina di essere cambiato. Quali sarebbero i risultati positivi? Andai in cerca di un modo per riformulare la domanda per adattarla alla situazione. «Sentite», dissi alla fine. «Penso che andrà meglio per tutti se pensiamo ancora per un istante al motivo per cui voi - non io, non il vostro capo, ma voi - potreste mai voler applicare questa strategia. Io ho i miei motivi per crederci, ma i miei motivi non contano, perché non sono io che avrò a che fare con i vostri dipendenti. Voi sì. Supponete di avere già adottato i miei metodi. Immaginate solo per un istante che sia già fatta. Quale vantaggio potrebbe derivarne?».

Ci fu un lungo, ponderato silenzio. Poi, dal fondo della stanza, un uomo di mezz’età disse la propria, uno a proposito del quale gli organizzatori mi avevano avvisato che sarebbe stato difficile da convincere. «Sa», disse lentamente, «quand'ero un ragazzino, non ero esattamente uno studente modello. In realtà, quello che io avevo allora probabilmente oggi verrebbe definito una forma di sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Non riuscivo mai a stare attento in classe. Non mi importava abbastanza. C’era un'insegnante, però, che credeva in me veramente. Fece davvero di tutto per scoprire quello che invece mi interessava, e in qualche modo questo mi ha toccato. Non quello che dovevo fare. Quello che mi interessava».

Fece una pausa. «Se non fosse stato per lei, forse non sarei riuscito a finire il liceo».

Fece di nuovo una pausa. «Se questo metodo somiglia un po’ a quello, e sembra di sì, forse dovremmo fare un tentativo».

Quest’uomo era un dirigente premiato che chiaramente godeva del rispetto dei suoi superiori e dei suoi pari. Ma, al di là delle sue credenziali, potei vedere che ciò che più di tutto aveva colpito le altre persone nella stanza era il modo personale in cui aveva parlato. In qualche modo avevamo lasciato il regno del “Devo” o del “Lo vuole il mio capo”, ed eravamo entrati in un luogo più significativo, in cui le persone stavano esplorando le ragioni personali per cui ascoltare la presentazione. Come risultato, in meno di sette minuti quest’uomo era passato dall’essere estremamente scettico sulla mia strategia al pronunciare un discorso sul perché lui e i suoi colleghi dovevano ascoltare attentamente, un discorso che era più efficace di quanto avrei mai potuto architettare io.

Come spesso accade con Instant Influence, aveva fatto un vero salto in avanti e aveva completato una delle tappe prima che io avessi una minima possibilità di presentarla; in questo caso, la Quinta tappa: Perché questi risultati sono importanti, per te? L’uomo che aveva parlato stava immaginando il modo in cui avrebbe potuto entrare in contatto con dipendenti inquieti, una cosa che gli stava a cuore per la stima che aveva degli sforzi fatti per lui dalla sua insegnante quando era a scuola. Vedevo che gli altri dirigenti stavano pensando intensamente, forse a persone che li avevano aiutati nella loro vita, o forse a tutte le persone apparentemente irraggiungibili che ora avrebbero potuto aiutare. A quel punto, ne avevano davvero fatto una questione personale. Stavano pensando alle loro ragioni individuali per cambiare.

Era giunto il momento della Sesta tappa: Qual è il passo successivo, se ce ne uno? Ma, prima che potessi pronunciare le parole, lo stesso dirigente mi sconfisse ancora. «Okay, Dottor Pantalon», disse. «Perché non va avanti e non ci fa la sua presentazione. Abbiamo tutti un lavoro da compiere oggi, quindi cominciamo».

Guardai intorno nella stanza. Invece di essere impassibili e rovesciati all’indietro sulle sedie, i dirigenti erano piegati in avanti, avidi, attenti. Forse non avevano accettato del tutto l’idea del mio programma, ma almeno adesso erano disposti ad ascoltare. In meno di sette minuti, erano passati da una forte resistenza ad una volontà di fare il primo passo verso il cambiamento, ma non perché li avevo convinti io. Avevano trovato il modo di convincersi da soli.

Questo testo è estratto dal libro "Instant Influence".

Data di Pubblicazione: 24 ottobre 2017

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