SALUTE E BENESSERE

Cosmetici Naturali per Viso, Corpo e Capelli - Anteprima del libro di Anna Simone e Glorianna Vaschetto

Come leggere l'etichetta

Come leggere l'etichetta

Impariamo a leggere l’etichetta! Nell’infinità delle sigle, dei numeri e dei simboli riportati sulle confezioni dei prodotti cosmetici a volte si diventa pigri, magari trincerandosi dietro il semplice: “Tanto non capisco”. È un atteggiamento che va a nostro discapito perché sulle etichette ci sono una serie di informazioni molto utili, ed è proprio su queste che deve basarsi chi vuole fare delle scelte di consumo consapevole.

Al netto delle decine di pubblicità viste o sentite su ombretti, lozioni, rimmel, detergenti e così via, prima di acquistarli chiediamoci: “cosa c’è dentro?”. Ciò che andremo a spalmare sulla pelle dipende da questo momento.

La normativa di riferimento (Regolamento 1223/2009) stabilisce che sul contenitore del cosmetico e sull’imballaggio esterno (se le dimensioni ridotte non lo consentono, saranno scritte su un cartellino o su un foglietto aU’interno della confezione) c’è l’obbligo di riportare alcuni dati, quali l’elenco degli ingredienti utilizzati, la presenza di sostanze potenzialmente allergizzanti, la data di scadenza, la durata a partire dall’apertura, il Paese di origine per i prodotti fabbricati in Stati non membri dell’Unione Europea e via di seguito.

Elenco degli ingredienti

Gli ingredienti contenuti in un determinato cosmetico devono essere elencati in ordine decrescente di concentrazione, quindi i primi della lista saranno presenti in percentuali maggiori rispetto agli ultimi citati.

Le denominazioni delle sostanze sono riportate usando un codice intemazionale, detto INCI (International nomenclature for cosmetic ingredient), unico per tutta l’Unione Europea, cui fanno ricorso anche altri Paesi tra cui Usa, Russia, Brasile, Canada e Sudafrica. La nomenclatura contiene alcuni termini in latino (i nomi botanici e quelli di ingredienti presenti nella farmacopea) e altri in inglese. Nel caso dei coloranti si utilizzano le numerazioni secondo l’indice intemazionale dei coloranti (CI seguito da un numero a cinque cifre, ad esempio CI 45430), mentre le miscele profumate e le loro materie prime non sono indicate singolarmente ma con il termine “parfum”. Stesso discorso per gli aromatizzanti e le loro materie prime, indicati con il termine “aroma”.

Durata

La normativa stabilisce che quando la data di durata minima del prodotto cosmetico è inferiore ai trenta mesi dev’essere scritto sull’etichetta. Questo periodo è indicato con la dicitura “Usare preferibilmente entro” seguita dal mese e dall’anno. Si tratta della data entro cui il prodotto, conservato in modo opportuno, continua a soddisfare la funzione iniziale e rimane sicuro. Se il prodotto ha una durata superiore ai trenta mesi, invece, non è obbligatoria l’indicazione della data di durata.

PAO

Quante volte apriamo un nuovo cosmetico spinti dalla curiosità di provarlo per poi abbandonarlo vari mesi e riprenderlo dopo molto tempo? È un modo di fare dannoso, considerando che i prodotti hanno una scadenza ben precisa.

La legge prevede di indicare in etichetta il periodo di tempo in cui il cosmetico, una volta aperto, può essere utilizzato in sicurezza dal consumatore: si chiama PAO, “period after opening” o periodo dopo l’apertura. Nei Paesi dell’Unione Europea è rappresentato da un vasetto aperto su cui è riportata, in cifre, la durata in mesi del prodotto dopo l’apertura seguita dalla lettera “M”. Il simbolo è presente sia sul contenitore del cosmetico sia, se c’è, sull’imballaggio esterno.

Sono esentati dall’indicazione del PAO i prodotti monodose, quelli confezionati in modo da non venire a contatto con l’ambiente esterno (gli spray) e quelli che, per le loro caratteristiche di formulazione (alcune colorazioni per capelli, i profumi e le creme depilatorie), possono durare a lungo senza rischi di deterioramento nel tempo.

Dove lo butto

Le informazioni su come riciclare in modo corretto i contenitori dei vari prodotti cosmetici sono indicate sull’etichetta, purché si legga.

La maggior parte dei contenitori dei prodotti cosmetici è in plastica, dunque la via è quella del cassonetto della plastica. Dev’esserci (sulla base o sul lato) il codice di riciclaggio, cioè il simbolo di un piccolo triangolo con delle frecce che si inseguono, al cui interno si legge un numero (nel caso delle plastiche si va da i a 7). A volte può comparire anche la sigla del tipo di materiale (ad esempio, pet, hdpe, pvc, cioè polietilene tereftala-to, polietilene ad alta densità). È bene impegnarsi in una corretta raccolta differenziata, pensiamo solo che i contenitori in polietilene abbandonati nell’ambiente si stima impiegheranno dai 100 ai 1000 anni per degradarsi (non saremo più in vita, ma il flacone del nostro shampoo disperso nell’ambiente sì).

Discorso simile per quelli in vetro o in metallo.

I più hanno il simbolo dell’omino che getta il contenitore nel cestino (tradotto vuol dire che non va disperso nell’ambiente dopo l’uso), e poi c’è il simbolo del materiale, quindi ACC per l’acciaio, AL per 

alluminio (cassonetto delle plastiche e dei metalli), VE per vetro (cassonetto del vetro).

Se avete dubbi su dove conferire un materiale, contattate l’azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti nel luogo dove siete e chiedere chiarimenti. La maggior parte ha un sito web con la sezione “dove lo butto”, una sorta di guida ordine con indicazioni che valgono per le utenze domestiche.

Loghi

Oltre ai loghi del produttore, si possono trovare quelli delle certificazioni ottenute da quel determinato prodotto, come biologica, stop ai test sugli animali, energia pulita, WWF (il produttore sostiene i progetti del WWF), FSC (materiale da foreste certificate), cruelty-free e così via.

Cosmetica Eco-Bio e di sintesi chimica: cosa c'è da sapere

Che confusione”, è questa l’espressione che viene in mente quando si è di fronte agli scaffali dei prodotti cosmetici. Una competizione silenziosa giocata su centinaia di confezioni accattivanti, etichette ammalianti e slogan pubblicitari che rimandano a risultati strabilianti. Dalle creme idratanti agli shampoo, passando per i lucidalabbra e i mascara, ogni volta che vogliamo acquistare un cosmetico ci troviamo in mezzo a un mare infinito di proposte, che spaziano dai prodotti contenenti sostanze di sintesi chimica a quelli green con ingredienti più o meno naturali. A confondere le idee ai consumatori, inoltre, c’è la furbizia di alcune case cosmetiche che tinteggiano di verde il packaging dei cosmetici convenzionali, non ecologici, o che cercano di incrementare le vendite spacciando per prodotti biologici ritrovati che non lo sono. Meglio mettere “i puntini sulle i”, così da portare a casa ciò che realmente vogliamo senza maschere di alcun genere.

Cosmetici: cosa sono?

Nel Regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo si definisce cosmetico «qualsiasi sostanza o miscela destinata a essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) o sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato 0 correggere gli odori corporei».

L’olio idratante, ad esempio, è un cosmetico perché protegge la pelle evitando screpolature, disidratazione e arrossamenti dovuti ad agenti atmosferici esterni; il deodorante rientra in questa categoria perché, applicato sotto le ascelle, aiuta a profumarle e a modificare eventuali odori corporei; il dentifricio è un cosmetico perché, applicato sui denti ed entrando a contatto con le mucose della bocca, pulisce la zona orale e contribuisce a proteggerla da carie e gengiviti. E via di seguito per le creme solari, gli shampoo, le lozioni per capelli, i trucchi, le spume e i gel vari.

Cosmetici di sintesi chimica

Tutte le tipologie di cosmetico sono costituite da uno o più principi attivi mescolati ad altri componenti (i cosiddetti veicoli) che permettono di strutturare l’emulsione in modo corretto e di farla arrivare ai vari strati dell’epidermide in modo funzionale.

La sicurezza del prodotto è garantita dalle disposizioni di legge, dai test e dalle operazioni di sorveglianza. Tuttavia, alcune sostanze sarebbe meglio evitarle: è vero che sono sottoposte a dosi, a condizioni e a campi di impiego ben definiti, ma è altrettanto vero che di frequente spuntano studi scientifici che rilevano inaspettate fonti di pericolosità, sia per il mondo umano sia per l’ambiente, collegate all’utilizzo di determinate sostanze di sintesi chimica contenute nei ritrovati di bellezza.

A titolo di esempio, è recente il divieto della Commissione europea a usare nei prodotti cosmetici la miscela di conservanti chiamati Methylchlo-roisothiazolinone e Methylisothiazolinone a seguito della scoperta che questo mix può provocare sensibilizzazioni della pelle. Prima del provvedimento, invece, i due conservanti erano ammessi fino a una concentrazione massima pari allo 0,0015% sul prodotto finale.

La nostra pelle assorbe tutto ciò che vi spalmiamo, è importante riconoscere le maggiori sostanze di sintesi chimica potenzialmente pericolose contenute in alcuni tipi di cosmetici per decidere se evitarli oppure no.

  1. I petrolati: classe di composti gelatinosi derivati dai residui del petrolio che, oltre a non essere biodegradabili, figurano tra i cancerogeni di gruppo Il (cioè quelle sostanze da considerare cancerogene per l’uomo, classificazione dell’International agency for research on cancer). Di solito i petrolati vengono utilizzati per lubrificare e rendere spalmabili i prodotti, inclusi quelli per bambini. Nell’INCI compaiono con i nomi: mineral oil, paraffinum liqui-dum, petrolatum, propylene glycol, isopropyl, vaselina e cera microcristallina.
  2. I siliconi: composti a base di silicio come dimetico-ne, ciclometone, simeticone ecc. È impossibile elencarli tutti dato il loro numero elevato. Super presenti in creme e in trucchi, i siliconi non si deteriorano con il calore, rendono il prodotto più piacevole da spalmare e donano una sensazione di morbidezza al tatto, anche se l’efFetto è solo momentaneo. La pelle o i capelli ricoperti di queste sostanze è come se venissero avvolti in ima sorta di pellicola di plastica che potrebbe portare all’occlusione dell’epidermide o della cute e quindi alla desquamazione e alla disidratazione. Non sono sostanze biodegradabili nell’ambiente e si riconoscono quando nell’IN-CI compaiono nomi che terminano con i suffissi “one”, “siloxane” o “silanol” (ad esempio, Di-methicone, Cyclomethicone, Amodimethicone, Cyclopentasiloxane).
  3. I parabeni: sono delle sostanze conservanti molto utilizzate dall’industria cosmetica perle proprietà battericida e fungicida. Stanno diventando sempre più motivo di discussione scientifica perché potenziali interferenti endocrini, cioè in grado di alterare l’equilibrio ormonale, con possibili ricadute sulla salute. Tra i più comuni nelle formulazioni di cosmetici di sintesi chimica spiecano nomi quali methylparaben, ethylparaben, propylparaben, isobutylparaben, butylparaben e benzylparaben.
  4. I PEG: i polietilenglicoli (PEG) sono derivati petroliferi dai quali potrebbe scaturire la produzione di una molecola piuttosto pericolosa per la salute, il diossano (sostanza potenzialmente irritante per occhi e vie respiratorie, con sospetto di arrecare danni al sistema nervoso e ai reni). I PEG vengono utilizzati come emulsionanti nei prodotti cosmetici e si individuano neH’INCI col nome di PEG, appunto.
  5. I tensioattivi: sono sostanze (Dea, Mea, Tea) dotate di proprietà detergenti e schiumogene aggressive che potrebbero causare delle allergie e la formazione di sostanze cancerogene (nitrosamine). Sono presenti in detergenti, shampoo, bagnoschiuma e altri saponi liquidi schiumogeni. Compaiono nell’INCI con nomi quali: cocamide DEA, oleamide DEA, lauramide DEA, cocamide TEA, oleamide TEA, lauramide TEA, cocamide MEA, oleamide MEA, lauramide MEA, lino-leamide DEA, myristamide DEA, stearamide DEA, DEA-oleth-3 phosphate, TEA-lauryl sulfate thiethanoamine.
  6. I sali di alluminio: sono utilizzati come agenti an-titraspiranti in alcune tipologie di deodoranti. Al momento c’è un dibattito sulla loro capacità di penetrare nell’organismo e causare danni, ad esempio l’insorgenza di tumore al seno. Nell’INCI compaiono con il nome “aluminium”.
  7. I profumi: utilizzati nella cosmesi convenzionale, servono per dare determinati odori ai prodotti. I profumi di sintesi chimica (più del 90% derivanti dal petrolio) potrebbero causare delle reazioni allergiche a contatto con l’epidermide. NellTNCI compaiono con i nomi “parfum” o “fragrance”.
  8. Il nichel: non è un ingrediente utilizzato nei cosmetici, ma può essere presente in tracce. Per chi è allergico esistono prodotti “nickel tested” che riportano il risultato sulla confezione (<o,00001%), ciò significa che le tracce di nichel sono state analizzate e sono inferiori ai limiti; non si può escludere ima reazione allergica, ma il rischio è quasi nullo. Di conseguenza, la dicitura “nichel free” presente sulle etichette di alcuni cosmetici è senza valore, considerando che non esistono cosmetici del tutto privi di nichel.
  9. I coloranti: sono sostanze cui ricorre una parte dell’industria cosmetica per dare un aspetto più attraente ai prodotti. Una parte dei coloranti chimici potrebbe dare allergie, essere cancerogena e avere effetti negativi sul sistema riproduttivo umano. Nell’INCI sono riportati con la sigla CI seguita da un numero a cinque cifre.

Non tutte le sostanze di sintesi chimica devono essere viste come acerrime nemiche, alcune sono innocue: è il caso degli antiossidanti naturidentici, cioè identici a quelli naturali (come la vitamina A, C o E). Pur essendo frutto di sintesi, sono principi attivi preziosi e sicuri per la salute e per l’ambiente.

Cosmetici ecologici

Possiamo rifugiarci nei cosmetici naturali per dormire sogni tranquilli? La risposta è no, occorre prudenza.

Sulle etichette dei prodotti cosmetici pullulano sigle come biologico, verde, eco e green. L’obiettivo è trasmettere al consumatore l’idea di ritrovati naturali, anche se non tutti gli ingredienti provengono da Madre Natura. Alcune aziende utilizzano sostanze discutibili, che di ecologico non hanno nulla.

Il segmento dei cosiddetti “cosmetici naturali, biologici, non tradizionali”, in cui alcuni consumatori inseriscono creme per il viso, lozioni idratanti per il corpo, oli, struccanti, tonici e simili, è in realtà una categoria priva di significato.

Cosmetici “naturali” e “bio” sono due concetti differenti. Non esiste una legge che indichi la quantità di ingredienti biologici che devono esserci sul totale affinché un cosmetico possa essere definito nell’uno o nell’altro modo. La normativa in vigore stabilisce solo quali sono gli ingredienti consentiti (naturali e non) e le quantità massime che li rendono sicuri per la salute.

In questo mare magnum navigano sia aziende affidabili sia produttori che, cogliendo al volo l’occasione ghiotta della carenza normativa, tingono di green ritrovati di bellezza contenenti sostanze di sintesi chimica. Così immettono sul mercato, ad esempio, marchi con nomi che rimandano al concetto di naturale, magari con confezioni su cui compaiono scritte in verde o immagini di piante. Il fine commerciale è attrarre il consumatore e confonderlo, mettendo sullo stesso piano prodotti naturali veri e prodotti naturali farlocchi.

Cosmetici biologici

Per questo comparto il motto dovrebbe essere: mai abbassare la guardia. In linea teorica, i prodotti cosmetici per essere definiti bio devono essere approvati da un organismo di controllo che ne certifica la qualità. Inoltre, devono essere rispettati l’elenco degli ingredienti ammessi, i metodi di lavorazione e i limiti del contenuto minimo di sostanze naturali. Paradossalmente, anche se alcune referenze contengono una percentuale bassa di ingredienti biologici, mentre altri quasi sfiorano il 100%, in entrambi i casi si può riportare la dicitura bio sull’etichetta. E ciò è legale: non esiste una normativa europea o italiana sulla biocosmesi che metta nero su bianco cos’è biologico per la cosmesi e cosa no.

Al momento, ci sono marchi e loghi di certificazione bio rilasciati da enti terzi a fronte dell’osservazione di specifici standard che, in quanto privati, possono essere più o meno restrittivi.

Nessuno ha maggior ufficialità o vale di più rispetto a un altro, quindi, se un’azienda vuole ottenere la certificazione bio per un determinato prodotto cosmetico, inserendo solo una piccola quantità di ingredienti biologici, può riceverla rivolgendosi all’ente giusto.

Sarebbe auspicabile una regolamentazione normativa sia per aiutare i consumatori sia per dare sostegno alle aziende serie, del resto, il settore non zoppica, anzi.

Questo testo è estratto dal libro "Cosmetici Naturali per Viso, Corpo e Capelli".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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