Anteprima del libro "Summa Symbolica - Parte Seconda" di Giovanni Francesco Carpeoro
Dall'ankh egizio, al tau ebraico, alla croce cristiana
L'antichità della croce come simbolo rafforza l'opinione che ci troviamo di fronte innanzitutto a un archetipo. Già dall'epoca precristiana a essa vennero associati vari significati di vita e di morte, spesso connessi a un'utilizzazione come strumento per le esecuzioni capitali, premessa logica, temporale nonché escatologica del suo ruolo nella morte del Cristo. Il termine croce trova etimologicamente origine dal sanscrito krugga che significa «bastone»; i Greci la chiamarono stauròs, «palo»; gli Ebrei es, «albero». I ricorrenti significati evocati dalla croce sono l'unione dei contrari (sopra-sotto, destra-sinistra) e il q uattro, che la contiene nel segno, numero simbolico della natura: 4 le stagioni, 4 i punti cardinali, 4 gli elementi (aria, acqua, fuoco, terra), 4 i venti principali per i naviganti. Troviamo le croci più antiche in Mesopotamia, dove essa rappresentava dapprima il pianeta-dio Nibiru nella cosmogonia sumera, successivamente il dio Tammuz (Dumuzi in sumero) degli abitanti di Tiro, rappresentante fondamentalmente l'organo genitale maschile (infatti Tammuz non era altro che il dio della fertilità). Successivamente possiamo rinvenire Yankh degli Egizi, che parimenti era una croce seppure con la sua particolarità. Tale simbolo, conosciuto anche come chiave della vita o croce ansata, ricorre frequentemente nelle raffigurazioni tra le mani degli dèi o portato al gomito, oppure sul petto.
Traslato nella mistica ebraica in forma di tau, il simbolo approda nella cultura cristiana quale simbolo dell'amore di Dio per gli uomini, rappresentato dal sacrificio di suo Figlio. Lo schema mitico della croce cristiana è straordinariamente suggestivo: l'albero dal quale fu ricavato il legno della croce nacque da uno dei tre semi (cedro, cipresso, pino) posto nella bocca di Adamo alla sua morte. Secondo un'altra versione del mito, nella bocca di Adamo alla sua morte fu posto un ramoscello dell'Albero della Vita donato al figlio Set dall'Arcangelo Michele, che poi crebbe dando vita a un nuovo albero.
L'interpretazione del simbolo cristiano della croce
L'interpretazione del simbolo cristiano della croce più eloquente è quella contenuta nella Imitazione di Cristo, testo di Tommaso da Kempis scritto intorno al 1400. L'importanza del testo in oggetto è consolidata, tale che nel basso Medioevo fu utilizzato, come previsto dallo stesso autore, per l'educazione pastorale del clero, ed ebbe come estimatori la mistica carmelitana santa Teresa di Lisieux e, addirittura, Voltaire, che nonostante fosse notoriamente ateo, espresse il suo riconoscimento del valore assoluto dell'opera, tale, infine, da essere ancora oggi considerata come un capolavoro di meditazione e ascesi cristiana.
Il libro ha inizio in questo modo: «...quando verrà per noi il giorno del Giudizio, non ci sarà domandato che cosa avremo letto, ma che cosa avremo fatto, né con quanta dottrina ed eleganza avremo parlato, ma quanto santamente avremo vissuto». Sulla croce specificamente tratta nel Libro II, capitoli 11 e 12:
Gesù ha, in questo mondo, molti che amano il Suo Regno celeste, ma pochi pronti a portare la Sua Croce.
Ha insomma molti amanti della Sua Consolazione, ma pochi della Sua Tribolazione [...]
Non c'è speranza della vita eterna per la nostra anima, senza la Croce. Prendi la tua croce, dunque e segui Gesù: entrerai nella vita eterna. Vedi dunque tutto sta nella Croce [...]
Non c'è altra via che questa [...] per arrivare alla vita e alla vera pace dell'anima.
Portati dove vuoi, cerca tutto ciò che desideri: non troverai nessuna strada più alta e insieme più sicura di questa della Santa Croce. Disponi e ordina ogni tua cosa secondo la tua volontà e il tuo gusto; non troverai che da soffrire in tutti i modi, o spontaneamente tuo malgrado: e così ti troverai sempre dinanzi la Croce, perché o avrai qualche dolore fisico o ti tormenterà qualche sofferenza morale.
Talvolta subirai l'abbandono di Dio, talvolta dovrai sopportare il tuo prossimo e, peggio ancora, spesso sentirai il peso di te stesso, senza che tu possa a tutto questo trovare un rimedio o una mitigazione o una consolazione [...] La Croce, insomma è pronta [...] Dovunque tu vada, non puoi sfuggirle, perché avrai sempre te stesso con te [...] A molti riesce duro il sentirsi chiedere di rinnegare sé stessi, prendere la propria croce e seguire Gesù [...] ma, se tu porti la croce volentieri, essa porterà te e ti condurrà alla meta desiderata [...] se invece porti la croce controvoglia, ti creerai un peso superiore alle tue forze, che dovrai sostenere lo stesso. Se tu getti via una croce, subito ne troverai un'altra, forse più pesante. Speri infatti di evitare ciò che nessun mortale ha mai potuto evitare? [...] Ma, se tu tieni gli occhi sempre su te stesso, non potrai mai arrivare a capire tutto ciò [...] Fortunato chi comprende che cosa sia amare Gesù e per Lui disprezzare sé stessi [...] L'amore della creatura è ingannevole e malsicuro; l'amore di Gesù è fermo e costante. E perciò chi si fa creatura, che ha fine, avrà fine con essa; ma chi abbraccia Gesù non potrà più essere scosso per tutta la vita. Ama Lui, dunque, e tientelo sempre amico: quando tutti ti abbandoneranno, Lui solo non ti abbandonerà, e sarà lui a salvarti dalla rovina [...]
Se tu guarderai soltanto alle apparenze esteriori, proverai presto la tua delusione: potrà infatti capitarti di cercare nei tuoi simili consolazione o guadagno, e ritrarne invece un danno. Ma se in ogni cosa tu cerchi Gesù, non potrai trovare che Gesù, così come, cercando in ogni cosa te stesso, troverai sempre te stesso, con tuo grande discapito: perché, quando non cerca Gesù, l'uomo è a sé stesso più dannoso che tutto il mondo e tutti i nemici messi insieme.
Abbiamo riportato questo brano, non per scopi catechistici che non potrebbero trovare collocazione in questa trattazione, quanto per porre in evidenza come il cristianesimo abbia posto in evidenza nella croce due significati etici, oltre che archetipici, ma pur sempre simbolici: la didattica etica dell'esempio, consistente nella cristiana accettazione delle sofferenze insite nella vita, come nel supplizio a imitazione del Cristo, nonché il valore intrinseco delle sofferenze stesse, specialmente se finalizzate al bene altrui, schema su cui si fonda l'accostamento della figura di Gesù al simbolo del pellicano, come specificamente vedremo nella trattazione del simbolismo alchemico e rosicruciano. Per proseguire nella esposizione delle manifestazioni del simbolo collegate alle religioni occorrerà segnalare che anche il simbolo di Odino nella mitologia norrena era una croce in un cerchio, croce runica, e che la svastika, ma sarebbe più corretto scrivere al maschile, lo svastika, prima di divenire tragicamente simbolo del nazismo, era la nordica rappresentazione del moto rotatorio che regola tutte le cose. La croce runica (da runa, nome delle lettere dell'alfabeto arcaico delle popolazioni germaniche) sovrappone due simboli, una croce a 4 bracci uguali e un cerchio.
La croce uncinata o svastika
La croce uncinata o svastika, invece, unisce quattro croci gammate riportando i quattro assi della croce a un simbolo circolare, con orientamento verso sinistra (la forma antica) o verso destra (la svastica moderna). La prima, diffusa tra le popolazioni indoeuropee in India e in Persia (culto del dio Mitra) e utilizzata anche in Giappone già in epoche antiche, rappresentava il moto apparente del sole da oriente a occidente (da destra a sinistra, guardando verso nord), a conferma della natura di culto solare della religione mitraitale definizione è controversa) venne utilizzata da movimenti politici tedeschi antisemiti sin dal 1910, divenendo poi il simbolo principale e caratterizzante del Terzo Reich. Ma prima di tale utilizzazione, che rese il simbolo definitivamente inviso ai contemporanei, la svastika venne adottata addirittura da un imperatore romano... Infatti l'imperatore Aureliano (che governò su Roma dal 270 al 275 d.C.) fu il primo a utilizzare in Occidente il simbolo medesimo. All'epoca di tale imperatore infatti era pressante la necessità di preservare l'unità dell'impero dopo la crisi del III secolo, conseguente alle guerre e alle invasioni barbariche. L'impero era minacciato anche dalle nuove religione misteriche e di orientamento monoteista, come il culto del dio Mitra e lo stesso cristianesimo, che rendevano in fatto impossibile le tolleranza multireligiosa con la quale i romani avevano concepito il loro Pantheon, sempre aperto all'ospitalità degli dèi delle popolazioni assoggettate. Aureliano decise di recepire, anche al fine di sottolineare la figura divina e quindi unificante dell'imperatore, il culto del dio Mitra, già popolare tra i soldati e molto seguito tra il popolo, nel quale la svastica, simbolo solare per eccellenza, rappresentava proprio la divinità.
Per tale scelta Aureliano, che voleva così affermare di essere il rappresentante di Mitra in terra, finì per indossare vesti ornate da svastiche orientate a sinistra.
La croce runica
I simboli complessi come la croce runica furono, successivamente, e precisamente dopo l'affermazione del cristianesimo come religione di Stato, adottati anche da sette eretiche di origine orientale, legate alla credenza della circolarità della vita come eterno ritorno (sette dei monotoni o anulari). A tale riguardo occorre precisare che la credenza dell'eterno ritorno (cioè la necessità di attraversare più cicli di vite), o dellaca. La seconda, definita un antico simbolo ariano (anche se reincarnazione, è tipica delle religioni buddiste e tibetane.
Tale significato di circolarità del tempo e della vita configura un'autentica eresia tanto per la religione cristiana che, in generale, per le religioni monoteiste (islamica ed ebraica), che vedono la vita terrena come passaggio senza ritorno (se non nella catarsi del Giudizio universale, alla fine dei tempi). In effetti, le eresie incentratesi sui simboli della croce runica e della svastica hanno probabilmente innestato nella tradizione cristiana credenze preesistenti di origine pagana, orientale e nordica, legate a un più intenso rapporto di compenetrazione dell'uomo con la natura. Concludendo, per schematizzare il segno, almeno per come si è manifestato in ambito religioso, la croce può essere commissa o greca, cioè a T (lettera tau dell'alfabeto greco), immissa, o capitata, o aperta, o latina, la croce comune, croce di Lorena, altrimenti detta croce di sant'Andrea, a forma di X (lettera chi dell'alfabeto greco), gammata, a forma di T (lettera gamma dell'alfabeto greco), che alludeva a una diversa forma di esecuzione laddove il condannato venisse appeso o impiccato, uncinata, o svastika, costituita dall'unione di 4 croci gammate.
Accanto al supplizio di Cristo, la croce ha acquisito, sempre in ambito cristiano, anche altri significati religiosi e simbolici: Albero della Vita, laddove l'asse verticale indica la terra connessa con il cielo, nel senso inverso, l'asse verticale è conficcato nella terra, e quindi simboleggia le radici della vita nella terra, mentre l'asse orizzontale simboleggia la scala che consente di salire al cielo e quindi al Regno di Dio; la figura umana, laddove la croce evoca anche la figura umana a braccia aperte (ripresa anche dalla figura celeberrima di Leonardo da Vinci).
Esiste anche, come già specificato, una connessione piuttosto profonda della croce con il significato simbolico del numero 4, ma per ulteriori approfondimenti preferiamo rimandare al capitolo dedicato ai simboli della matematica.
Questo testo è estratto dal libro "Summa Symbolica - Parte Seconda".
Data di Pubblicazione: 18 maggio 2018