SALUTE E BENESSERE

Dalla cura dell'Uno all'Amputazione del Corpo Umano

Corpus Humanum - Luigi De Benedittis - Speciale

Come “puoi” vivere meglio la tua vita? Qual è il tuo “potere”? Apriti ai nuovi stati della coscienza, leggendo l'anteprima del libro di Luigi De Benedittis.

Dalla cura dell'Uno all'Amputazione del Corpo Umano

Come precedentemente detto, era intrinseco in ogni antica medicina il concetto di UNO, quell’unico corpo ammalato era unico nella sua malattia, unico nella sua natura, unico nel suo ambiente, unico nella sua società intesa come famiglia, tribù o comunità, ragion per cui ogni ammalato, per guarire, doveva ritrovare il suo stato di coscienza disperso nella sua malattia attraverso l’inconscio o nella stessa slatentizzazione dello stesso.

L'obiettivo di ogni antica medicina era riportare nel corpo, e attraverso di esso, l’equilibrio psichico e spirituale perché è il corpo in carne ed ossa, e nello specifico il sistema immunitario (come vedremo in seguito), il protagonista assoluto di tutti i processi biochimici e psicochimici.

Il raggiungimento di questo poteva passare solo immergendo come nuovo battesimo il corpo nella sua natura e in tutta la natura che gli appartiene; credo che questa sia la definizione più bella della Naturopatia (“pathos con la natura”) e del concetto di Olismo (“tutto, intero, totale”, “in una parte c’è tutto”).

Questo spingeva il terapeuta alla ricerca del rimedio che contenesse “il film della vita che l’ammalato stava girando in quel momento”, facendolo vivere da attore protagonista, andando a ricercare l'archetipo, “il modello” che tutto aveva generato.

La parola “archetipo” deriva dal greco antico archétipos, che significa “immagine” (arché modello originale, tipos marchio esemplare).

Ciò che è all’inizio e che funge da “modello”.

L’archetipo ha in sé tutte le qualità disponibili per la realizzazione simbolica. Possiamo trovare:

  1. qualità primaria, che diviene per l’osservatore la forma visibile, tangibile, inserita nella dimensione temporo-spaziale. Nella qualità primaria esistono degli attributi, delle valenze che sono valide per tutti;
  2. qualità secondaria, legata al mezzo di percezione fisico-emozionale.

 

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In questo caso, l’uomo vive l’archetipo, lo percepisce come un vissuto e lo colora con le sue aspettative o connotazioni psico-emozionali. La qualità secondaria appartiene al soggetto percepente, o meglio ancora, appartiene all’archetipo in quanto capace di far emergere delle qualità nel soggetto che lo osserva.

Possiamo dire che l’uomo ha sempre vissuto con gli archetipi fin dalla Genesi, nella quale Dio pone di fronte all'uomo la sua creazione e chiede ad Adamo di assegnare un nome alle sue creature.

Il significato originario della parola “simbolo” è “mettere insieme”, in riferimento al senso che aveva assunto nell’antica Grecia, dove il simbolo era un mezzo di riconoscimento che si otteneva spezzando irregolarmente due parti di un oggetto — il più delle volte un anello o una tessera di terracotta — in modo che il possessore di una delle due parti potesse farsi riconoscere facendole combaciare, mettendole insieme.

Adamo nomina gli archetipi e li rende “simboli”, li rende fermi (effettivi) nella loro potenzialità d’essere. Nell’estetica o nella neuroestetica, potremmo dire che, attraverso la sua presenza nell’arte, nella religione, nei riti, ecc., l’archetipo ha influenzato e modellato la mente umana, determinandone una trasformazione di pensiero-percezione.

Questa nuova forma percettiva ha avuto un'influenza successiva sull’arte, sulla manifestazione archetipale, potenziandone le qualità primarie e secondarie. Questo determina una spirale evolutiva per l’uomo, laddove l’archetipo e le arti determinano ogni volta un quid informativo diverso che genera un salto nella forma espressiva.

Fino ad oggi, nessuno ha dimostrato che la mente coincide con il cervello, ma si estende ben oltre la nostra corporeità — vedi la mente “estesa”. Per cui l’influsso dell’arte e dell’archetipo generano una modificazione, divengono performanti per l’uomo stesso, portandolo a esprimere delle potenzialità prima nascoste, non conosciute.

 

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Se i simboli o gli archetipi sono visibili in strutture anatomiche come l’iride, il viso, ecc., significa che il corpo stesso diviene un ricettacolo archetipale e, anzi, nell’uomo potrebbero coesistere infinite dimensioni archetipali che, una volta percepite, esperite, creano le premesse per una modificazione della mente e dell’espressività.

A questo punto, anche la percezione umana si vedrà modificata, il che condurrà a un nuovo rapporto espressivo-percettivo nell'arte e nell’individualizzazione degli archetipi.

Diviene una spirale in continua evoluzione espressivo-percettiva dove spazio-tempo e gravità-levità determinano le basi stabili per l’espressività.

Attraverso questa sua conoscenza e individualizzazione, la Naturopatia ha permesso agli archetipi e ai simboli di entrare nuovamente nella genesi evolutiva dell’uomo, consentendo all’archetipo di risvegliare, di preformare la mente umana e la sua facoltà di percepire, di integrare probabilmente non solo attraverso i sensi e le loro facoltà.

La Naturopatia diviene una realtà evolutiva, un carburante necessario al razzo evolutivo per compiere un ulteriore progresso nel cosmo, per giungere in un altro pianeta non ancora esplorato. Il viaggio cosmico evolutivo, senza mete preordinate o programmate, nella libertà di accogliere ciò che ognuno di noi desidera ricevere e sviluppare.

La vera conoscenza può essere data solo da una visione simultanea di tre occhi: due che vedono fuori e uno che vede dentro, verso l’invisibile. Vedere l'invisibile significa “avere fede e amare”. Solo dall'unione di conoscenza, fede e amore procede la conoscenza vera.

 

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Medicina Spagirica

A testimonianza di questa verità tra le antiche medicine troviamo la Medicina spagirica greca, dove nell’etimologia del termine stesso, spao (“separare” o “estrarre, tirar fuori”) e agherio (“unire”) si trova la separazione e poi l'unione che può manifestarsi solo in un processo di purificazione energetica chiamata “Dio”, “Buddha”, “Maometto”, “sole”, “luna” o qualsiasi altra forma in cui lo stato di amore può compiersi, dove la raccolta dei vari fiori o foglie dagli alberi seguiva il momento astrologico.

Medicina Celtica

Allo stesso modo i popoli celtici, al di là delle diversità in relazione alle differenti provenienze ed etnie, erano caratterizzati da una percezione magica del Mondo, per cui ogni realtà fisica veniva percepita come una manifestazione dello Spirito.

Quella dei Celti era pertanto un'affermazione radicale dell’immanenza della Divinità nella Natura, e la loro Medicina rifletteva una tale percezione spirituale della realtà. Non sarebbe pertanto possibile comprendere la Medicina celtica se separata dalla filosofia dei Celti, vale a dire separata dalla loro percezione e concezione del Mondo di tipo magico, tale quindi da rifiutare qualunque opposizione al Cielo e alla Terra, e quindi ogni antitesi fra mondo spirituale e mondo materiale.

La sacralità della natura costituiva pertanto la principale caratteristica della sapienza celtica. Tutta la realtà veniva percepita come pervasa dallo Spirito e da un'unica vita cosmica, quindi in forma spiritualizzata.

Una visione affine alla Medicina degli Esseni, che vivevano in comunità sulle sponde del Mar Morto, condividendone la visione spirituale e profetica, come dimostrato dal fatto che il santo Graal, simbolo stesso dell'Amore di Cristo, fu affidato dall’esseno Giuseppe d’Arimatea ai popoli celtici della Bretagna e della Cornovaglia affinché ne custodissero il segreto, del quale è testimonianza la tradizione dei Cavalieri della Tavola Rotonda, con figure storico-mitiche quali quelle di Mago Merlino e di re Artù.

La filosofia celtica concepiva il cosmo con le sue realtà, dai boschi alle foreste, dalle fonti alle sorgenti, dalle pietre agli alberi come immerso in un fluido eterico vitale, in virtù del quale le infinite forme degli Enti costituiscono una sola Vita universale.

 

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Il principale Tempio della religione dei Celti era pertanto rappresentato dalla stessa Natura quale Tempio vivente, con i suoi incantesimi e i suoi enigmatici misteri, pervaso dalle magiche Forze della Creazione, popolata a sua volta da innumerevoli entità invisibili, quali gli gnomi, le fate, le streghe e gli elfi.

Si riteneva che, in alcuni luoghi, queste Forze cosmiche e telluriche fossero particolarmente concentrate e intense, per cui erano considerati sacri e, di conseguenza, sedi privilegiate di cerimonie magiche. In particolare si riteneva che gli alberi fossero sacri, e uno dei culti principali era appunto quello dedicati agli alberi.

Altro culto importante era quello delle fonti, sulle quali i sacerdoti celtici recitavano formule magiche per aumentare il potere curativo delle loro acque. L'acqua era simbolo di rinnovamento e di trasformazione, per cui era come se le acque pure di una fonte o di una sorgente avessero il potere di trascinare via, in un flusso di energia rigenerante, ogni negatività dalla persona malata, ogni paura e in definitiva ogni ferita psichica del passato.

I sacerdoti celtici erano chiamati “Druidi”, e indossavano tuniche di lino bianco come gli Esseni. Si dividevano in tre tipologie: i Druidi propriamente detti, che avevano una funzione sacerdotale, culturale e legislativa; gli Eubachi studiosi della Natura; e i Bardi dediti alla poesia, all'arte e alla comprensione della Storia.

La conoscenza sacerdotale druidica era tenuta segreta al popolo e veniva trasmessa solo all’interno di un lungo cammino iniziatico-spirituale. I Druidi si tramandavano in particolare una tradizione mitologica secondo la quale il Mondo sarebbe nato da due uova di serpente deposte sotto una pinta di salice.

La Medicina era vissuta dai Druidi come un atto magico-sacerdotale ed era per questo esercitata dagli stessi sacerdoti druidici. A livello immaginario collettivo, si riteneva che gli esseri umani avessero origine dagli alberi ma, in realtà, la vera Sapienza celtica, quella degli Iniziati e non quella della gente comune, si limitava a ritenere che vi fosse una relazione analogica fra la struttura vivente bio-energetica di una pianta e quella di un essere umano.

 

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Pertanto l’analogia fra le piante e gli esseri umani, tipica della tradizione dei Celti, non va intesa in senso fisicistico in termini di derivazione genetica diretta dell’essere umano dalle piante, bensì in senso spirituale-archetipico, con la pianta che rappresenta l'archetipo delle energie vitali quale essenza strutturante la vita stessa di ogni individuo, in quanto sintesi viventi delle energie universali presenti in ogni dato momento del Ciclo cosmico annuale.

Ogni singolo organo o apparato o funzionalità metabolica è in relazione a una determinata pianta; la pratica si fondava quindi su una concezione unitaria dell’essere umano immerso in una concezione unitaria della Natura, secondo una modalità assolutamente olistica:

  • Fito-Terapia: consiste nella cura con piante ed erbe provviste di attività terapeutico-medicamentosa;
  • Silvo-Terapia: consiste nel porre in relazione la vita dell’ammalato con il magnetismo bio-enegetico dei boschi e delle foreste, con particolare riferimento alle piante sacre presenti in essi, con tredici di esse essenziali per la cura delle malattie: Betulla, Sorbo Rosso, Frassino, Ontano, Salice, Biancospino, Quercia, Agrifoglio, Nocciolo, Vite, Edera, Canna di Provenza (Canna palustre), Sambuco.

Allo stesso tempo, nella Medicina celtica è ben evidente anche il ruolo attribuito alle sette ghiandole endocrine, che tutte le medicine di origine magico-spirituale pongono in relazione ai sette centri di energia maggiori disposti lungo la colonna vertebrale, i cosiddetti chakra della tradizione indiana. A sua volta, ognuna delle sette endocrine ha un suo albero che ne sintetizza i caratteri, secondo le seguenti correlazioni:

  1. Pineale: Agrifoglio
  2. Ipofisi: Edera
  3. Tiroide — Paratiroidi: Biancospino
  4. Timo — Attività endocrina cardiaca: Vite
  5. Sistema endocrino gastro-entero-pancreatico (GEP): Nocciolo
  6. Gonadi: Agrifoglio (genitali maschili) ed Edera (genitali femminili)
  7. Surrene: Betulla.
  • Cristallo-Terapia: consiste nell'uso delle pietre preziose a scopo terapeutico, sulla base delle loro proprietà elettro-magnetiche;
  • Cromo-Terapia: è la cura mediante i colori, avendo ogni colore un determinato effetto psico-spirituale;
  • Idro-Terapia: venivano utilizzate le acque di fonti o sorgenti selezionate;
  • Musico-Terapia: consiste nell'impiego della musica a scopo terapeutico;
  • Meditazione sulla Natura: il contatto con la dimensione spirituale della Natura era considerato un momento fondamentale nel processo di guarigione.

 

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Medicina Essena

Una concezione unitaria dell'essere umano immerso nella concezione unitaria della natura costituisce le fondamenta anche nella pratica della Medicina degli Esseni, dove il rituale di guarigione si manifestava attraverso l’unione dell’uomo nella sua naturalità.

Il rito della saliva unita alla terra per fare del fango a riprodurre simbolicamente la creazione divina dell'Essere Umano, l’utilizzo di piante sacre della tradizione essenica quali l’aloe arborescens, la mirra, la boswelia e la curcuma; a testimonianza di ciò, anche Gesù Cristo nelle sue guarigioni ungeva i malati con oli estratti da piante quale archetipo del significato originario del suo nome “Messia” dall’ebraico masiah, “re unto”.

In nessun caso di guarigione di Gesù viene menzionato il ricorso ad erbe medicinali, ma questo forse solo perché la conoscenza delle erbe terapeutiche era ben nota alla Tradizione degli Esseni, da cui provenivano il Battista e Gesù stesso, considerati da tutti gli studiosi di allora, fra cui Plinio il Vecchio, come le persone più sante e più esperte al Mondo di erbe medicinali, per cui non era necessario menzionare l’uso di piante terapeutiche.

Né viene citato l’impiego terapeutico di acque dal potere magnetico curativo, forse per mostrare come tutto poteva essere conseguito già con il suo solo medesimo Amore.

 

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Data di Pubblicazione: 22 agosto 2022

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