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Deliri di Successo: Come l'ottimismo mina le decisioni dei dirigenti
Sopravvalutare il positivo
Nelle situazioni lavorative, l'ottimismo innato delle persone è ulteriormente amplificato da altri due tipi di bias cognitivi, l'ancoraggio e la sottovalutazione della concorrenza, nonché dalle pressioni indotte dalle politiche aziendali volte a enfatizzare il positivo e a minimizzare il negativo. Diamo un'occhiata a ciascuno di questi tre fenomeni.
Ancoraggio
Quando i dirigenti e i loro subordinati fanno previsioni in merito a un progetto, tipicamente assumono come punto di partenza un piano preliminare elaborato dalla persona o dal team che propone quell’iniziativa. Poi adeguano questo piano di partenza tenendo conto di alcune ricerche di mercato, delle analisi finanziarie oppure in base al proprio giudizio professionale, prima di deliberare se, e come, procedere.
Tuttavia, questo processo intuitivo, apparentemente ineccepibile, ci espone a gravi insidie. Poiché il piano iniziale tenderà ad accentuare gli aspetti positivi — in quanto, trattandosi di una proposta, è pensato per supportare il progetto —, esso finirà per distorcere l’analisi seguente verso un eccessivo ottimismo.
Questo fenomeno è il risultato dell’ancoraggio, uno dei bias cognitivi più rilevanti e prevalenti.
In un esperimento che ha rivelato il potere dell’ancoraggio, è stato chiesto ad alcune persone quali fossero le ultime quattro cifre del loro numero identificativo presso la previdenza sociale. Successivamente, è stato domandato loro se ritenessero che il numero di medici a Manhattan fosse maggiore o minore del numero formato da quelle quattro cifre.
Infine, è stato chiesto di stimare quale fosse, effettivamente, il numero dei medici a Manhattan. Al termine dell’esperimento è stata rilevata una correlazione diretta, statisticamente significativa, tra le ultime quattro cifre del numero della previdenza sociale e la stima relativa alla quantità di medici.
I soggetti sono “partiti” da una serie casuale di cifre ma poi hanno adattato in modo inadeguato la loro stima.
L'ancoraggio può rivelarsi particolarmente dannoso quando si tratta di prevedere il costo di grandi progetti che contemplano importanti investimenti di capitale. Quando i dirigenti stabiliscono i budget per tali iniziative, accantonano dei fondi di emergenza per fare fronte agli “sforamenti”.
Spesso, tuttavia, non riescono ad accumularne abbastanza. Tutto ciò accade perché rimangono ancorati alle stime originarie dei costi e non le rivedono adeguatamente al fine di tener conto della probabilità di ritardi e problemi, per non parlare degli ampliamenti nel campo di applicazione dei progetti.
Uno studio condotto dalla RAND Corporation? in merito a quarantaquattro impianti chimici di proprietà di grandi aziende, come, per esempio, 3M, DuPont, Texaco, ha rilevato che, in media, i costi effettivi di costruzione delle fabbriche erano più del doppio rispetto alle stime iniziali.
Inoltre, a un anno dalla messa in servizio, la produzione di circa la metà degli impianti era inferiore al 75 per cento rispetto a quanto previsto in fase di progetto, mentre un quarto degli impianti produceva addirittura meno del so per cento di quanto stimato.
Molti degli impianti hanno visto le loro aspettative di rendimento costantemente ridotte e i proprietari non hanno mai ottenuto un ritorno adeguato dai loro investimenti.
Sottovalutazione della concorrenza
Uno dei fattori chiave che influenzano l’esito di un'iniziativa imprenditoriale è il comportamento dei concorrenti. Tuttavia, quando si accingono a fare delle previsioni, i dirigenti tendono a concentrarsi sulle capacità e sui piani della propria azienda, mostrandosi quindi inclini a trascurare le potenziali abilità e le azioni dei concorrenti.
Anche in tale prospettiva, l’esito è una sottovalutazione del potenziale degli eventi negativi — in questo caso, la possibilità di innescare la guerra dei prezzi, oppure di determinare un eccesso in termini di capacità produttiva, o altri eventi simili.
Joe Roth, l’ex presidente dei Walt Disney Studios, ha illustrato bene il problema in un'intervista del 1996, pubblicata dal Los Angeles Times: “Se considerate solo i vostri affari, finirete per pensare: ‘Abbiamo un eccellente team di autori, disponiamo di un buon reparto marketing, proporremo questo prodotto e otterremo questo risultato.' Tuttavia, sottostimate che anche tutti gli altri fanno esattamente le vostre stesse considerazioni”.
Sottovalutare i concorrenti può rivelarsi particolarmente nefasto nei casi in cui ci si impegna per conquistare nuovi mercati. Quando un'azienda identifica un mercato in rapida crescita, che pare adatto sia alla vendita dei suoi prodotti sia alla sua capacità produttiva, spesso si affretta a conquistare in esso una testa di ponte, investendo molto sulla produzione e sul marketing.
L'impegno è spesso giustificato dalla redazione di attraenti previsioni proforma dei risultati finanziari. Tuttavia, tali previsioni raramente tengono conto del fatto che anche molti altri concorrenti entreranno in quel mercato, altrettanto convinti di avere le “carte in regola” per ottenere successo.
Poiché tutte queste aziende investiranno, l’offerta finirà per superare la domanda, rendendo rapidamente non troppo redditizio il nuovo mercato. Anche gli esperti investitori in capitali di rischio sono caduti in questa trappola durante il recente e “sfortunato” boom di Internet.
Pressioni indotte dalle politiche aziendali
Ogni azienda dispone di quantità limitate di denaro e di tempo da investire in nuovi progetti. All’interno dell'azienda stessa, la concorrenza in relazione all’acquisizione di tali risorse di tempo e di denaro è intensa, poiché i singoli individui e i reparti fanno a gara per presentare le proprie proposte come le più attraenti per gli investimenti.
Poiché le previsioni sono “armi” fondamentali in queste battaglie, quando si tratta di delineare i potenziali risultati i singoli individui e i reparti sono ampiamente incentivati a enfatizzare gli aspetti positivi. Tutto ciò ha due effetti negativi.
In primo luogo, fa sì che le previsioni utilizzate per la pianificazione siano eccessivamente ottimistiche, il che, come abbiamo indicato descrivendo l’ancoraggio, distorce ogni ulteriore analisi. In secondo luogo, aumenta le probabilità che i progetti scelti per l'investimento siano quelli con le previsioni più ottimistiche e, quindi, anche quelli associati alla più alta probabilità di esporsi a un certo tipo di delusioni.
Anche altre pratiche promosse dall’organizzazione incoraggiano l'ottimismo. Per esempio, i dirigenti senior tendono a enfatizzare l’importanza degli stretch goal per i loro reparti aziendali.
Ciò può produrre l’effetto positivo di aumentare la motivazione, ma può anche portare i responsabili dei reparti a distorcere ulteriormente le loro previsioni, nel senso di proporre risultati irrealisticamente rosei. (E quando queste previsioni diventano la base per gli obiettivi retributivi, tale pratica può indurre i dipendenti a comportarsi in modi pericolosamente rischiosi.)
Inoltre, le organizzazioni scoraggiano attivamente il pessimismo, che viene spesso interpretato come slealtà nei confronti dell’azienda. I portatori di cattive notizie tendono a diventare dei “paria”, che vengono evitati e ignorati dagli altri dipendenti.
Se le opinioni pessimistiche vengono sfavorite o represse, mentre quelle ottimistiche vengono premiate, la capacità di un’organizzazione di “pensare” in modo critico è inficiata. I bias ottimistici dei singoli dipendenti si rinforzano a vicenda, e le prospettive irrealistiche sul futuro vengono convalidate dal gruppo.
Data di Pubblicazione: 11 settembre 2023