SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 7 min

Dialogo con due Angeli Maestri immaginari

Dialogo con due Angeli Maestri immaginari

Scopri l'utilizzo dell'immaginazione per attingere all'intelligenza che incomincia dove la mente finisce leggendo l'estratto del libro di Igor Sibaldi.

Due Maestri

I due Maestri di cui narro in questo libro, e che mi hanno aiutato a scriverlo, sono un prodotto della mia immaginazione.

Non che li abbia inventati. L'immaginazione e l'invenzione sono due attività diverse: ci si può inventare qualsiasi cosa; immaginare, invece, è dare forme provvisorie a qualcosa che percepiamo ma che la nostra mente razionale non riesce ancora a spiegare.

Forse i miei due Maestri sono forme che do a quella nostra intelligenza che incomincia dove la mente finisce, e da cui ci vengono le buone idee. Tutti sanno che quell'intelligenza esiste (chi non ha mai avuto un'ispirazione?), ma nessuno è ancora riuscito a capire dove sia. È in noi, nel nostro cervello? O è intorno a noi, da qualche parte, magari in un'altra dimensione? Secondo me si trova nel nostro futuro, sa ciò che sapremo tra molto tempo, e possiamo riceverne informazioni attraverso un qualche varco spazio-temporale che ancora non capiamo; ma non posso dimostrarlo, e quindi ammetto volentieri che anche questa mia ipotesi sia soltanto immaginaria, proprio come i miei Maestri.

Quello che conta è il risultato: in genere, l'intelligenza extramentale non si può contattare a proprio piacimento, e può facilmente succedere che le buone idee non ci arrivino quando ne avremmo bisogno ma quando meno ce le aspetteremmo; invece i Miei (li chiamo così, i Maestri) sono sempre disponibili. Tanti altri autori, da millenni, sostengono di aver avuto conversazioni simili a quelle che descrivo nelle prossime pagine, e a tutti risulta lo stesso che a me: ai Maestri immaginari basta chiedere, fiduciosamente, come bambini, e le risposte arrivano subito, chiare, profonde, e sempre diverse da quelle che uno si aspetterebbe. Bisogna solo essere svelti ad annotarsele, perché in pochi istanti svaniscono, come il ricordo dei sogni. È una bella emozione imparare qualcosa a questo modo, quasi nell'atto stesso di scriverlo.

Immagino le obiezioni di chi non abbia mai sentito parlare di tale metodo di scoperta: di chi, cioè, non si sia accorto che Virgilio e Beatrice sono due Maestri con cui Dante conversa in tutta la Divina Commedia, e che Mosè ed Elia sono i Maestri di Gesù nell'episodio della Trasfigurazione ("Ecco, due uomini venivano a parlare con lui: erano Mosè ed Elia", Luca 9,30) e via dicendo. L'obiezione principale sarebbe la seguente: "Chi mi garantisce che quelli che io potrei immaginare siano veramente Maestri con la maiuscola, e non qualcos'altro?". Risposta: nessuno. Qualsiasi risposta ottenuta con l'immaginazione va poi valutata. Se è chiara, profonda e sorprendente, la si prenda in considerazione. Altrimenti no. È il criterio che ho seguito anche in questo libro.

Di certo non è un metodo che possano approvare gli esperti degli argomenti a cui questo libro è dedicato: la psicologia delle religioni, la cosmologia antica, la Qabbalah ebraica e cristiana vengono studiate oggi in modo rigorosamente razionale, come se si trattasse di storia, filosofia o matematica. Ma Dio e gli Angeli sono stati scoperti grazie a ciò che qui chiamo immaginazione, e sono convinto che solo immaginando si possa scoprirne qualcosa di più, qualcosa che fino a poco fa non saremmo riusciti a pensare - o, almeno, non ci sarei riuscito io, con la mia mente soltanto e con ciò che ho imparato da maestri realmente esistiti.

Dialogo

Ma Dio com'è incominciato?, chiedo ai Miei, e scrivo quello che mi dicono.

«Hai idea del perché vuoi saperlo?» mi chiede il più giovane dei due, che sembra un intagliatore al lavoro.

No. È solo una curiosità che ho da tanto tempo.

«Ah, bene. Quando sai perché ci chiedi qualcosa, vuol dire che non stai facendo la domanda giusta.» E mi immagino l'Intagliatore che soffia via qualche truciolo.

«Gli Dei incominciano da ciò che non riuscite a risolvere» dice l'altro mio interlocutore immaginario, il Fiume. Lo chiamo così perché quando parla ho sempre l'impressione che scorra, largo, da lontano, e porti lontano. «E gli Dei sono il modo migliore di usare i vostri grandi problemi irrisolti.»

In che senso: "usare i problemi"?

«Se non riuscite a risolvere un problema è perché è più forte di voi. E gli antichi si erano accorti che la cosa giusta da fare con una forza superiore è onorarla e chiederle aiuto. Allora, più grande è, meglio è.»

E come può un problema aiutare qualcuno?

«Va trattato nel modo giusto» continua il Fiume. «Innanzitutto, bisogna accorgersi di un problema molto grande, e questa è una cosa che succede di rado: ai problemi molto grandi ci si abitua in fretta, e la gente li prende come fatti normali. Per esempio, l'aggressività. O l'innamoramento. I più sanno che capita a tutti di essere aggressivi, o di innamorarsi, e non ci trovano niente di strano. Ma a un certo punto qualcuno intuisce che sono fenomeni incomprensibili. Perché ci si innamora? Perché impulsi omicidi sconvolgono interi popoli e poi passano? Ancora oggi nessuno lo sa, vero?»

Vero.

«Una volta trovato il grande problema che nessuno sa risolvere, lo si personifica. È un'arte. Si immagina il volto del problema, la sua personalità, gli si dà un nome: l'aggressività diventa Ares, l'innamoramento diventa Afrodite. Poi lo si colloca lontano, generalmente in alto, ma non tanto da non poterlo raggiungere con la preghiera. E lo si prega: tu che sei tanto grande, dammi una mano in tutti i guai che mi causi. Per esempio: Afrodite, aiutami a far innamorare le persone di cui mi innamoro. Ares, aiutami quando mi aggrediscono o quando devo aggredire. Eccetera. E spesso funziona.»

Costruirsi un proprio Dio

Quindi ognuno potrebbe costruirsi il proprio Dio?

«Non è impossibile» risponde il Fiume «ma è raro che uno trovi grandi problemi non ancora personificati.»

Il Dio cristiano da che problema viene?

«È la personificazione del potere maschile, dato che lo si chiama: il Signore, non: la Signora. E siccome il potere maschile è stato ed è il più grande problema di alcune civiltà, queste civiltà non hanno altri Dei all'infuori di lui.»

«Tra le religioni c'è questa gara a chi trova il problema più grande» dice l'Intagliatore. «È perché il Dio-problema più grande fa sparire gli altri Dei-problemi. Li ingloba. Ogni religione non vede l'ora di prevalere sulle altre.»

E se uno non ha nessun Dio?

«Ci rimette molto» risponde il Fiume. «Avere un Dio è disporre di un sistema energetico. È come un'enorme pila: polo negativo e polo positivo; i devoti di un Dio diventano un polo, il Dio è l'altro polo, e la preghiera è il filo conduttore. Nella preghiera si innestano le richieste, come la lampadina sul filo. E quando l'energia del sistema le attraversa, le richieste si illuminano, come il tungsteno nelle lampadine. Prima erano oscure resistenze, poi si accendono e ti permettono di vedere più in là.»

Non è quello che succede anche quando parlo con voi?

«Non proprio. Siamo anche noi personificazioni costruite da te, ma non siamo Dei, perché i tuoi problemi non sono ancora abbastanza grandi, e noi te li risolviamo, e spariscono.»

Ma i grandi problemi divinizzati, non possiamo risolvere anche quelli?

«Se chiedi» risponde l'Intagliatore.

Ridono. Negli istanti in cui ridono non li vedo più, diventano come due stati d'animo: ed è allora che mi sembrano più reali, perché li sento senza doverli immaginare.

Perché ridete?

«Perché è esattamente quello che farai tra un po': risolvere Dei-problemi.»

Ma se uno li risolve, il loro sistema energetico si perde: il polo superiore sparisce e quel Dio-problema non c'è più?

«Sì» risponde l'Intagliatore. «Si raggiunge il polo superiore, come diceva il famoso serpente. Ma poi si forma un altro polo più su, e così via.»

Così vìa all'infinito?

«No. I problemi non sono infiniti. Vedrai.»

Data di Pubblicazione: 22 febbraio 2021

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