Il Diario per Imparare l'Autodifesa Emotiva

Una specie di magia

Ebbene sì, anche chi vi scrive è stato giovane. E, miracolosamente, ora è qui a ricordare quei giorni con una punta di malinconia e con la voglia di aiutare chi, a sua volta, ha avuto giorni complicati.

Non è sempre stato facile: ci sono state le prese in giro per il peso eccessivo, la balbuzie, l'altezza o il modo di comportarsi dei genitori, ci sono state le difficoltà con gli insegnanti e la sensazione quasi costante che fosse tutto troppo difficile, abbiamo provato l’assoluta incertezza sul futuro e chi più ne ha più ne metta.

Ora le cose sono cambiate: conduciamo vite che, con i normali alti e bassi, ci piacciono e corrispondono alle nostre aspettative, abbiamo figlie e figli con le quali e con i quali cerchiamo di fare del nostro meglio, lavoriamo ogni giorno con tantissime persone e ogni giorno tocchiamo con mano i concreti cambiamenti che si possono ottenere quando si conoscono alcune regole del gioco e si sanno usare parole, cuore e cervello nel modo giusto.

Così, un bel giorno, ricordandoci delle nostre adolescenze un po’ complicate, abbiamo avuto l’idea di scrivere un libro che, in modo velato, raccontasse chi siamo e da dove veniamo e che, soprattutto, mettesse a frutto le nostre esperienze a favore di chi, così come è successo a noi, sta attraversando uno dei momenti più delicati della vita.

Questo libro è il risultato delle nostre conversazioni, l'abbiamo scritto in un modo un po’ speciale: mentre lo leggi, ti aiuta a stare meglio, a superare - se ne hai - alcune convinzioni che spesso rendono le cose più complicate di quel che sono, a trovare dentro di te le risorse per affrontare le sfide quotidiane.

È un libro magico, pensato per te, per farti divertire e star bene: tu leggilo, leggilo e basta. Al resto, ci penserà lui.

Elisa e Paolo

13 settenne

Caro diario,

oggi è stata una giornata molto impegnativa. I nuovi compagni di classe mi hanno guardato come se fossi un’aliena. Una ragazza che si chiama Carla mi ha chiesto come mai avessi addosso un maglione sfigato, perché parlassi in quel modo e fossi così strana - come se provenire da una città diversa fosse una cosa che ho scelto io al supermercato.

Ho fatto finta di niente e, secondo me, ho fatto anche un po’ la figura della pazza, perché sorridevo come un’ebete senza sapere cosa rispondere.

“Cara Carla” avrei voluto dirle, “e tu hai visto come sei vestita? E poi hai notato che anche Patrizia ha uno strano accento?”

A volte mi sento diversa, come se certe cose le vedessi solo io.

Mi mancano già così tanto i miei vecchi compagni e soprattutto la nostra prof. Daria. Lei sì che è una giusta. Il suo metodo di insegnamento era incredibile, ci faceva fare un sacco di attività pratiche, lei lo chiamava “imparare facendo”.

Mia mamma stasera mi ha detto che domani andrà meglio, ma fa presto lei a parlare: sembra essere indifferente a tutto quello che le capita. Possibile che cambiare città, scuola e gruppo di amici sia un dettaglio da niente?

Quando ieri è venuta a prendermi vestita tutta strana come a una sfilata di moda e le mamme delle altre ragazze l’hanno guardata come se fosse stata un’extraterrestre, io mi sono sentita imbarazzatissima, lei invece non se ne è nemmeno accorta.

Da un lato mi arrabbio, perché penso che potrebbe vestirsi come le altre mamme ogni tanto, ed essere meno “newyorkese”, dato che, per com'è fatta, sembra una di New York.

Lei è italiana, ma è sempre stata eccentrica e per il suo atteggiamento, lo stile e la mentalità aperta penso che il suo posto sia New York: il luogo ideale, secondo me, per essere libera di sentirsi se stessa senza venire giudicata.

Dall’altro, la invidio, perché quando mi sento addosso quegli sguardi inquisitori, vorrei riuscire, almeno una volta, a fregarmene anch'io. La vita a volte sa essere davvero impegnativa, vero?

16 settembre

Caro diario,

stamattina ho avuto una notizia terribile: a fine anno ci sarà uno spettacolo... uno spettacolo di teatro in cui ognuno di noi ragazzi dovrà interpretare una parte e contribuire alla realizzazione.

Io devo trovare il modo di evitarlo.

Non lo voglio fare, ormai ho deciso.

Come se non bastassero le prese in giro e gli sguardi dei miei compagni... ci manca solo che vada su un palco davanti ai parenti di tutti i ragazzi di tutta la scuola.

Non esiste proprio. Mi vergogno, non lo posso fare.

Carla mi ha detto che potrebbero farmi fare la giraffa. Lo ha trovato divertente, visto che ha riso e poi ovviamente hanno riso tutti gli altri.

Quando l’ho raccontato alla mamma, mi ha suggerito di fregarmene. Lei dice così: "Fregatene".

Gli adulti hanno questo vizio di dirti di fregartene qualsiasi cosa accada, la fanno semplice, loro. Ma come puoi fregartene se ti prendono in giro? Io vorrei tanto far finta di niente, ma non è facile.

A volte la vita mi sembra così complicata che vorrei scappare: ho l'impressione che nessuno mi capisca davvero e che tutti ce l’abbiano con me. Non mi piaccio e ho spesso brutti pensieri. Ce la metto tutta per farmi forza e sorridere, così che nessuno veda quello che sento dentro.

Vorrei almeno un’amica o un amico per potermi sfogare e raccontargli quello che mi succede, come potevo fare con Cecilia, Anna, Stefano... Questo trasloco proprio non ci voleva! Adesso come faccio a mantenere veramente le amicizie che mi sono fatta l’anno scorso? Ci si sente per un po’ e poi, presi dal solito tran-tran quotidiano e soprattutto non potendo condividere momenti insieme, diventa tutto difficile.

Ho imparato che l'appartenenza è il sentimento che provi quando ti senti sicuro e supportato, accettato, incluso e assistito da un determinato gruppo o da una certa comunità. In questo momento, sento di non appartenere proprio a niente.

E poi, non so perché, quando mi sfogo mi sento subito un po' meglio, però alla fine non è che cambi molto. Ho letto da qualche parte, forse su una rivista di psicologia di mia madre o su un libro, che se vuoi stare meglio, devi tenere un bel diario.

Non come questo, ma un diario riferito agli “episodi emotivi” che ti turbano, con le tue riflessioni e nel quale descrivi quel che ti capita e quando, e in cui magari elenchi le tue idee riguardo a ciò che potresti fare per stare meglio e così via. Ci penserò, intanto vado avanti.

Il primo che mi dice un’altra volta di fregarmene, mi sente.

23 settembre

Caro diario,

Oggi è stato uno di quei giorni che mi fanno odiare tutto e tutti, compresi i miei genitori, che mi hanno più volte costretta a cambiare casa e città per lavoro, senza pensare che per me è sempre bruttissimo.

La prima volta sono dovuta andarmene dall’Egitto, avevo appena cinque anni. Ho vissuto uno shock talmente forte che mi sono dimenticata l’inglese e l’arabo, che parlavo correntemente insieme all’italiano. Ho dovuto impararle praticamente da capo.

Ammiro i ragazzi della mia età che conoscono più lingue di me e le parlano anche meglio. Padroneggiare le lingue è uno strumento pazzesco: puoi comunicare con persone di culture differenti e capire meglio il loro universo.

La vita, se i tuoi genitori sono separati, è già così complicata... almeno potessi starmene in un posto fisso per più di un minuto! A livello razionale lo capisco che la mamma e il papà cercano di fare quello che devono e possono, e che le loro professioni li portano in giro per il mondo, però, fa male lo stesso.