ALIMENTAZIONE

Dimagrire con l'Intestino - Anteprima del libro di Michaela Axt-Gadermann

I batteri intestinali fanno dimagrire

I batteri intestinali fanno dimagrire

Lo sapevate che, se volete dimagrire e poi mantenere stabile il peso raggiunto, i batteri intestinali sono i vostri migliori alleati? Non c’è da meravigliarsi che non ne abbiate mai sentito parlare, perché le ricerche in questo campo non sono cominciate che qualche anno fa e gli studiosi stanno scoprendo un po’ alla volta il potere di questi microrganismi. Sono in grado di sciogliere i rotolini di grasso, placare l’appetito e migliorare l’umore: capacità di cui si stupiscono persino gli esperti. Tutti sono concordi sul fatto che solo chi ha una flora batterica perfettamente funzionante può restare magro a lungo. Finora, nell’elaborare le diete, questa scoperta non è stata tenuta in nessun conto. Eppure una persona che, con l’alimentazione, non si limita a far sparire i depositi di grasso, ma si prende cura anche dei batteri intestinali, ha buone probabilità di rimanere magra a lungo. Nelle prossime pagine, quindi, scoprirete come attivare questi batteri e impostare il sistema digerente nella modalità “dimagrimento”.

Probabilmente il vostro primo pensiero sarà: “Batteri intestinali? Che schifo!”. In effetti non parliamo volentieri di ciò che si trova nell’intestino. E un argomento tabù e non ci piace raccontare cosa combinano le budella, nemmeno in famiglia o al nostro migliore amico: il tratto digerente non gode di buona fama, e non solo a causa del suo “prodotto finale”. Invece sarebbe bene interessarsene un po’ di più, perché l’intestino per molti versi è assai affascinante. In passato, quando si trattava di perdere peso, si sono ignorate le potenzialità che, nel vero senso della parola, sonnecchiano dentro di noi, ma grazie ai nostri suggerimenti scoprirete come sfruttarle. Siate gentili con la vostra flora intestinale: ne trarrete parecchi vantaggi.

Un ambiente confortevole: lo spazio vitale dei batteri intestinali

I batteri intestinali popolano un regno molto esteso, che va dalla bocca fino all’ano e offre loro sufficiente spazio e protezione. Molti credono che la cute sia la più ampia superfìcie di contatto con il mondo esterno. Beh, non hanno fatto i conti con l’intestino: con i suoi due metri quadrati, la pelle è grande circa come una tovaglia, ma è una bazzecola rispetto all’intestino. Il nostro organo digerente arriva a una superfìcie di cinquecento metri quadrati abbondanti e occupa quindi un’area pari a due campi da tennis. Insomma, è la porta d’accesso principale per i germi patogeni. Ed è anche una superfìcie di contatto con il mondo esterno. Si snoda dentro di noi senza avere collegamenti diretti con la parte interna del corpo. I cibi e i liquidi vengono a contatto prima di tutto con la superfìcie dell’intestino, e qualsiasi cosa l’intestino non voglia assimilare viene espulsa senza essere digerita.

Naturalmente viene da chiedersi come facciano a starci, due campi da tennis, in una donna alta un metro e sessanta. Se il sistema digerente fosse un tubo liscio, in effetti, la pancia faticherebbe a contenerne anche solo uno o due metri quadrati.

Per fornire ai nostri numerosi aiutanti, i batteri, la possibilità di espandersi, il corpo ha fatto ricorso a un trucco: l’intestino è tutto ripiegato. E un po’ come nelle gonne plissettate: in settanta centimetri di giro vita si legano insieme diversi metri di stoffa. Inoltre nelle pieghe dell’intestino si trovano milioni di villi, piccole estroflessioni della parete intestinale. Su un centimetro quadrato possono essercene fino a quattromila. Così il piccolo intestino si trasforma in una superfìcie enorme, che offre protezione e alloggio a tutti i suoi inquilini.

Come in una vera e propria casa, anche nelle singole “camere” dell’intestino soggiornano vari ospiti temporanei oppure abitanti fìssi. Ci sono stanze molto confortevoli, altre che invitano la flora intestinale a trattenersi un po’ meno a lungo. La densità di microrganismi che colonizzano questi spazi aumenta notevolmente man mano che si procede dalla bocca (l’ingresso) fino all’ano (l’uscita). Già in bocca i batteri “buoni” fanno in modo che i germi indesiderati vengano respinti. Se diamo loro la possibilità di farlo, ci proteggono dalla carie e dalle gengiviti. Attraverso il “corridoio” dell’esofago si arriva quindi nello stomaco, che per la maggior parte dei germi è tanto inospitale quanto una soffitta piena di spifferi o una cantina umida. I succhi gastrici creano un ambiente molto acido e quindi ostile ai batteri. Particolarmente aggressivo è l’acido cloridrico, prodotto dalle cellule della mucosa gastrica; lo sa bene chi, durante le lezioni di chimica, si è trovato a fare esperimenti con questa sostanza. Ogni giorno ciascuno di noi produce circa due litri di succhi gastrici contenenti acido cloridrico. Se si volesse imbottigliare una quantità simile di acido, bisognerebbe usare occhiali protettivi, guanti di gomma e magari anche un camice da laboratorio. E se dovessimo attraversare la città con la bottiglia che racchiude il contenuto del nostro stomaco, in base alle disposizioni di legge il trasporto rientrerebbe nella categoria delle “merci pericolose” e dovrebbe essere segnalato in maniera adeguata. Lo stomaco, insomma, non è proprio il luogo ideale per i batteri. Eppure determinate specie, per esempio 1’Helicobacter pylori, ci si trovano perfettamente a loro agio, con grande rammarico di quelle persone che poi devono fare i conti con l’ulcera e il mal di stomaco. La maggior parte dei microrganismi, però, si trattiene nell’intestino. Dal piloro al sedere, i batteri intestinali hanno ancora a disposizione un’oasi di benessere lunga circa sei metri, accogliente e confortevole: una regione ospitale, che per almeno quattro o cinque metri appartiene all’intestino tenue. In questo tubo, largo circa tre centimetri, vivono molti batteri che aiutano il corpo nell’azione digestiva. Ed è qui che viene assimilata la maggior parte delle sostanze nutritive e dei liquidi.

Per i batteri, però, l’ambiente si fa davvero intimo e piacevole nell’intestino crasso, che misura circa un metro e mezzo. E l’ultima parte dell’intestino, poi i resti di quanto abbiamo mangiato abbandonano il corpo tramite l’ano. Dal punto di vista dei microrganismi, qui c’è un affollamento incredibile: quasi il novantanove per cento dei batteri intestinali alloggia in questo tratto, e non sto esagerando. Probabilmente per loro l’intestino crasso rappresenta ciò che per noi è il salotto a una festa: un luogo in cui si stabiliscono contatti utili, si fanno le chiacchierate migliori e le conversazioni più interessanti e dove inoltre c’è da mangiare e da bere a sufficienza. E qui, se vogliamo parlare di cuscinetti di grasso e chili che non ci lasciano più, succedono parecchie cose interessanti.

Grassi i topi, grasse le persone

Attualmente nel mondo un gran numero di esperti è impegnato ad analizzare la cosiddetta flora batterica intestinale, cioè l’infìnità di microscopici esseri viventi che popola il nostro intestino, e a studiare che effetto abbia sulla salute, ma soprattutto sul peso. Uno di questi è Jeffrey Gordon, direttore di un laboratorio presso la Washington University di Saint Louis. Si occupa con grande passione di un tema che certo farebbe inorridire la maggior parte di noi: ogni giorno esamina campioni di feci, centinaia e centinaia. Intanto si domanda per quale motivo certe persone possono mangiare quanto vogliono senza ingrassare, mentre ad altre basta anche solo guardare una tavoletta di cioccolato per prendere un chilo. Gordon e la sua équipe hanno fatto una scoperta entusiasmante: quando una persona finisce sovrappeso o sviluppa disturbi metabolici come il diabete, il ruolo giocato dalla comunità dei batteri che vivono nel corpo è fondamentale.

I ricercatori hanno messo a confronto il microbioma (o micro-biota, cioè il complesso dei batteri intestinali) degli intestini di persone sovrappeso e di persone magre, riscontrando evidenti differenze. Che in questo la predisposizione genetica non abbia un ruolo decisivo, lo fanno pensare le indagini svolte su gemelli omozigoti, dei quali uno aveva problemi di peso, mentre l’altro era normopeso. Gli studiosi hanno adottato un metodo insolito: hanno cioè inserito le feci dei gemelli umani in topi il cui intestino era privo di batteri (gli animali erano stati allevati in gabbie sterili). A un gruppo di topi vennero somministrati i campioni degli individui magri, all’altro i batteri intestinali dei fratelli grassi. Tutti i topi vennero poi nutriti allo stesso modo e tenuti in gabbie sterili. I topi con i batteri dei magri mantennero stabile il loro peso corporeo. I roditori che avevano ricevuto i batteri intestinali dei gemelli sovrappeso, invece, nel giro di pochissimo tempo diventarono paffuti come criceti e accumularono circa il ven ti per cento di grasso corporeo in più.

Il destino successivo dei topi dipendeva dalla compagnia in cui si trovava no. Mettendo insieme nella stessa gabbia i topi grassi e quelli magri, i primi mangiavano gli escrementi dei loro compagni magri e quindi anche i batteri che fanno dimagrire, e il loro peso diminuiva. Non si assisteva invece al processo inverso: i topi magri restavano magri, pur vivendo insieme ai colleghi grassi.

Gli studiosi però si sono accorti anche di qualcosa che dovrebbe farci rizzare gli orecchi: ai due gruppi di topi vennero somministrati pasti che davano le stesse calorie, ma avevano una diversa composizione. Un cibo conteneva abbondanti fibre ed era povero di grassi, l’altro invece era una cosiddetta “dieta Western”, insomma una sorta di menu da fast food, ricco di grassi e con poche fibre. I batteri intestinali dei roditori magri si insediavano stabilmente nei topi sovrappeso solo se questi ricevevano un’alimentazione sana ed equilibrata. Se invece mangiavano il menu da fast food, potevano assumere quanti batteri “dimagranti” volevano, ma non c’era verso che i microrganismi “buoni” si stabilissero nel loro intestino e i topi restavano grassi. Anche noi sembriamo diventare più snelli, più sani e contenti, se nel nostro intestino alloggiano i batteri “giusti” e se li viziamo con uno specifico “cibo per batteri”.

Lilliput nell’intestino

Ma come fanno creature così piccole ad avere un’influenza tanto grande sul nostro peso e sul nostro benessere? Chiunque si sia beccato una grave infezione batterica sa che i microrganismi non sono deboli e inermi, ma possono essere molto robusti e potenti. Questi esseri microscopici sono in grado di mandare al tappeto un uomo adulto. Possono causare febbre, ascessi, infiammazioni polmonari o meningiti. Insomma, ci sono batteri capaci di scatenare tutta una serie di fenomeni nel corpo. Ma questo discorso vale anche per i batteri intestinali? Anche loro hanno così tanto potere su di noi? Qualcuno potrebbe pensare che “quello che producono là sotto è solo spazzatura”. In effetti, svolgendo il loro lavoro, i batteri un po’ di immondizie le fanno, e quanto importante sia la rimozione dei rifiuti può capirlo bene chiunque abbia avuto a che fare con uno sciopero della nettezza urbana in una grande città soffocata dall’afa estiva. La nostra flora, tuttavia, può fare molto di più che ripulire l’intestino dai rifiuti. Lasciatevi sorprendere e cominciate un viaggio nell’intestino, in un mondo lillipuziano che si nasconde dentro di noi, nel quale non si ragiona in metri o in chilometri, ma in micrometri e microgrammi - un mondo che, pur avendo dimensioni microscopiche, ha un’importanza inimmaginabile per gli esseri umani.

L'intestino: un pianeta sconosciuto come Marte?

Non si sa ancora esattamente quanto vari siano i compiti dei batteri intestinali, perché persino gli scienziati hanno ignorato per anni questi minuscoli abitanti della pancia. Stanno cominciando solo adesso a indagare l’importanza dello spazio vitale rappresentato dall’intestino e a studiare il ruolo dei suoi inquilini. Una delle ragioni di questo ritardo è che in passato molti batteri erano diffìcili da coltivare e riconoscere in laboratorio, per cui la vita nell’intestino è rimasta a lungo inesplorata, proprio come la vita su Marte. Molti organismi esotici che popolano l’universo quasi sconosciuto delle nostre viscere non hanno nemmeno un nome. Quando, nel 2005, il microbiologo statunitense David Relman cercò di realizzare un prospetto dei subinquilini presenti nel nostro intestino, osservò con stupore che di quattro microbi su cinque si ignorava l’esistenza. Solo poco tempo fa Henrik Bjorn Nielsen, uno studioso dell’Università Tecnica della Danimarca (che ha sede a Lyngby, nei pressi di Copenaghen), ha individuato cinquecento nuovi microrganismi nell’intestino umano.

Che finora si sapesse così poco su questo microcosmo è stupefacente, perché da molti punti di vista i batteri intestinali sono un fattore chiave per la nostra salute. E forse possono spiegare per quale ragione nei paesi industrializzati il problema del sovrappeso si stia aggravando sempre più. In futuro le conoscenze sul microcosmo dei batteri intestinali potranno aiutarci a controllare meglio i problemi di peso.

Questo testo è estratto dal libro "Dimagrire con l'Intestino".

Data di Pubblicazione: 1 ottobre 2017

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