Tibetan Peach Pie - Anteprima del libro di Tom Robbins
L'amore secondo me
Prima di essere dislocato in Asia, Peggy era stata l’unica donna con la quale avevo avuto rapporti sessuali. Ora mi ero rotolato sul futon con cinque ragazze coreane – Kim, Kim, Kim, Kim, e Sally – e un’incantevole giapponese di nome Reiko. Avevo “sparso il mio seme”, per usare questa vecchia frase agreste, e stavo pensando di essere ormai pronto per “sistemarmi”, per dirla con un’altra espressione da nonno, con Peggy e nostro figlio Rip (nato appena prima che mi imbarcassi per la Corea) e “farmi una vita” (piovono cliché). Inoltre, finalmente arrivato a Richmond, mi bastò uno sguardo per innamorarmi di nuovo di Peggy. Ahimè, i sentimenti non erano a atto reciproci.
La freddezza con la quale fui accolto avrebbe motivato l’eschimese più robusto a stringersi forte ai cani da slitta. Peggy doveva aver coltivato cereale selvatico per conto suo, e infatti era incinta di un altro uomo. Meritato o meno, il rifiuto attraversò il mio cuore come un apriscatole arrugginito, ferendomi così in profondità che per anni continuò a sbucare fuori nei miei sogni come un fante canzonatorio.
Vedete, in quel momento critico della mia vita non mi ero evoluto abbastanza per comprendere la natura fluida dell’amore romantico (la sua indifferenza verso l’uomo che desidera ardentemente certezza e stabilità); il suo essere selvaggio e non addomesticato (più simile a un ululato alla luna che a una dolce melodia) o, forse ancora più importante, che amare qualcuno, amarlo veramente, è un privilegio; e se è paradisiaco che lui o lei ricambi il nostro amore, è invece ingiusto pretendere o aspettarci che la cosa sia reciproca. Dovremmo considerarci fortunati, onorati e felici di possedere la capacità di provare una tenerezza così grande, ed essere grati anche quando l’amore non è ricambiato.
L’amore è l’unico gioco in cui vinciamo anche quando perdiamo.
Hmmm. Quest’ultima frase mi ricorda dei miei calcoli alla cistifellea.
Nel 2006, un’ecografia rivelò tante di quelle pietruzze nella mia cistifellea da poter pavimentare un vialetto zen. Qualche settimana dopo, i dottori rimossero l’organo pietroso. L’operazione andò bene, ma fui trattenuto in ospedale per la notte. E venni anche imbottito di roba forte. Non conosco l’identità di quel farmaco stupefacente, ma la sua presenza nelle vene spinse il mio acceleratore mentale, e rimasi allegramente sveglio tutta la notte a scrivere un intero libro di self-help nella mia testa.
Non sto né scherzando né esagerando. Ora dopo ora, paragrafo dopo paragrafo, pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo, composi un intero libro di self-help. Verso l’alba riuscii finalmente ad addormentarmi, e quando diverse ore dopo vennero a risvegliarmi l’unica parte del libro che riuscivo a ricordare era il titolo: Come perdere ogni mano e uscirne comunque vincitori.
Proprio così: Come perdere ogni mano e uscirne comunque vincitori. Se solo fossi riuscito a farmi tornare in mente l’intero testo, non c’è alcun dubbio che il libro avrebbe venduto venti milioni di copie e mi avrebbe garantito un posto accanto al mega-motivatore Tony Robbins. Forse è proprio per questo che l’ho dimenticato.
L'autore
Gigante sulle spalle dei sette nani, giocoliere della parola, alchimista della metafora e formidabile narratore di storie, ha come illustre e diretto predecessore Omero, poiché entrambi prendono un evento qualsiasi (per Omero solitamente si tratta di una guerra o di un lungo viaggio verso casa, non sappiamo se abbia tirato fuori dal cilindro altre trame, molto si è perduto) e in quell’evento si tuffano a capofitto, sviscerandolo da più angolazioni.
Tom Robbins lascia rotolare i propri personaggi dove credono. È per questa sua grandiosa attitudine libertaria che tutto va sempre a finire bene nei suoi romanzi: perché tutto danza e danzando va come deve andare, sempre a tempo con il battito cardiaco del pianeta. Persone e spiriti rotolano insieme in maniera fluida, ognuno seguendo le proprie inclinazioni, esattamente come potrebbe avvenire nella cosiddetta vita vera; guardandoli rotolare con entusiasmo, Tom Robbins scopre – e noi con lui – che i suoi personaggi cercano immancabilmente di uscire dal romanzo per passeggiare anche dalle nostre parti.
Divorando i libri di Tom Robbins ci siamo potuti nutrire di un bombarolo pel di carota che si innamora di una principessa, ma anche di un calzino sporco che scopre il mondo insieme ad una scatola di fagioli passando per un Tanuki, antico spirito giapponese in forma di animaletto che cade sulla terra e feconda una donna fino ad arrivare al Dio Pan, che troneggia e spadroneggia in Profumo di Jitterbug. Cos’hanno in comune fra di loro questi quattro? Vivono intensamente tutto quello che fanno e quello che fanno è seguire le proprie inclinazioni e il proprio daimon interiore, e il tutto in maniera piuttosto cosciente, tanto che sovente si trovano a ridere delle loro stesse aspirazioni, senza però arretrare di un passo e insistendo nel perseguire il proprio obiettivo.Fatte queste premesse, quale migliore personaggio, per un libro di Tom Robbins, di Tom Robbins stesso?
Finalmente, nel tomo che state per addentare, Tom Robbins è diventato un personaggio di un suo libro. Completamente libero, dunque, di scrivere e riscrivere, inventare e reinventare la
Questo testo è estratto dal libro "Tibetan Peach Pie".
Data di Pubblicazione: 3 ottobre 2017