SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 9 min

L'Effetto Isaia - Vivere i Giorni della Profezia

L'Effetto Isaia - Gregg Braden - Speciale

Che cos'è l'Effetto Isaia? Scopri i segreti della scienza perduta che ti consente di trascendere profezie, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Gregg Braden.

L'Effetto Isaia - Vivere i Giorni della Profezia

La Storia indica il Presente

Per qualche motivo, un uomo aveva attratto la mia attenzione mentre percorrevo il corridoio, dopo aver oltrepassato i servizi e le cabine telefoniche.

Forse era a causa dei lavori artistici che aveva appeso alla parete, o della bigiotteria che stava discretamente in mostra in una scatola foderata di feltro e fatta a mano, ma era più probabile che fosse a causa dei tre bambini che gli stavano accanto.

Poiché non ho figli, col tempo sono diventato sempre più bravo a indovinare l'età di quelli degli altri. Il più grande poteva avere otto anni e gli altri due forse sei e quattro.

"Che meravigliosi bambini", pensai mentre oltrepassavo la loro bancarella, situata all'ingresso del ristorante.

Avevo appena finito di cenare con degli amici che non vedevo da tempo, nei pressi di una cittadina di mare a nord di San Francisco. Mi stavo preparando a tenere un seminario di tre giorni e sapevo di essere stato un po' distante durante la cena.

Dalla mia postazione a capo tavola, mi era sembrato che la conversazione avesse luogo intorno a me; mi sentivo un po' come un osservatore esterno mentre i componenti del gruppo si raccontavano carriere, amori e progetti per il futuro.

Ricordo di essermi chiesto se avevo scelto apposta di occupare quel posto, forse per evitare di partecipare direttamente pur godendo dell’intimità di una conversazione fra amici. Mi ero sorpreso più di una volta a osservare le onde che si alzavano sotto il molo, al di là della vetrata.

La mia mente era puntata sull'intervento che avrei svolto la sera successiva. Quali parole avrei scelto per cominciare? Come avrei fatto a coinvolgere un pubblico con retroterra e convinzioni diversificati, e a portarlo sul terreno di un antico messaggio di vita e di speranza per la nostra epoca?

 

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"Salve, come va?", mi disse l’uomo dei bambini e della chincaglieria mentre andavo verso di lui. Il saluto inatteso di un estraneo mi riportò nel presente. Sorrisi e mossi il capo, accennando anch'io un saluto.

"Bene, grazie", replicai quasi senza pensare. "Sembra proprio che lei abbia dei bravi assistenti", dissi indicando i tre bambini.

L’uomo rise e appena mi fermai iniziammo una conversazione sui gioielli che lui creava, sui lavori artistici di sua moglie e sui loro quattro figli.

"Li ho fatti nascere tutti io", mi disse. "I primi occhi che hanno visto quando sono venuti al mondo sono stati i miei. Le mie mani sono state le prime che li hanno toccati". Gli brillava lo sguardo mentre mi parlava di come era aumentata la sua famiglia.

Pochi minuti dopo, quell'uomo che non avevo mai visto prima mi stava descrivendo il miracolo della nascita, che lui e sua moglie avevano condiviso per ben quattro volte. La sua fiducia in me mi fece molto effetto, e anche la voce sincera con cui raccontava i dettagli intimi di ciascuna nascita.

"È facile far venire al mondo un bambino", disse.

"Sarà facile a dirsi per lui", pensai io, "ma che direbbe sua moglie se le chiedessi un parere sul parto?". Proprio mentre avevo questo pensiero una donna comparve in fondo al corridoio. Capii subito che lei e quell'uomo stavano insieme.

Era una di quelle coppie che basta guardarle per capire il forte legame che le unisce. La donna si avvicinò e sorrise con calore prendendo a braccetto il marito. Se non mi fossi fermato a discorrere con quell’uomo non avrei certo notato i lavori artistici di sua moglie, disposti un po’ più avanti lungo il corridoio.

Parlai io per primo. Conoscevo già la risposta quando le chiesi: "È lei la madre di questi bellissimi bambini?".

L'orgoglio che traspariva dai suoi occhi era già una risposta, prima ancora che lei aprisse bocca. "Sì, sono io", rispose la donna. "Sono la madre di tutti e cinque", disse col sorriso di chi si può permettere di scherzare con qualcuno perché ha il privilegio di averci convissuto per molti anni.

 

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Immediatamente capii l’accenno: si riferiva al marito come al quinto figlio. La donna teneva in braccio il figlio più piccolo, che aveva circa due anni. Quando il bambino diede segno di voler scendere, lei lo depose in piedi sul pavimento di piastrelle davanti all'ingresso del ristorante.

Il piccolo si mosse verso il padre, che lo prese agilmente in braccio, e per il resto della conversazione rimase eretto in modo da guardare suo padre negli occhi. Ovviamente quella era una postura abituale per loro.

"Allora, è facile avere un bambino?" dissi, continuando la conversazione interrottasi all'arrivo della moglie.

"Di solito sì", rispose lui. "Quando sono pronti, non c'è niente che riesca a trattenerli, vengono fuori come razzi!". Sempre tenendo in braccio il piccolo, l’uomo fece il gesto di un atleta quando cerca di acchiappare una palla.

Scoppiammo tutti a ridere mentre lui e la moglie si scambiavano uno sguardo. Poi ci fu un attimo d’immobilità intorno alla coppia e ai loro figli. Di tanto in tanto, la strada di qualcuno si incrocia con la nostra proprio al momento giusto, con le precise parole che servono a scuotere i nostri ricordi e a risvegliare possibilità sopite in noi.

Credo che, ad un livello non verbale, noi esseri umani collaboriamo fra noi in questo modo.

Dall’incontro con l’inatteso scaturisce un momento magico. Sapevo che questo era uno di quei momenti. L'uomo mi guardò dritto negli occhi.

L’espressione del suo viso e la sensazione che sentivo in cuore mi dicevano che qualunque cosa stesse per accadere, essa rappresentava la ragione per cui c'eravamo incontrati in quel momento.

"Di solito non ci sono problemi", proseguì l’uomo. "A volte però, qualcosa va storto".

Guardando il bambino che teneva in braccio, l’uomo lo avvicinò ancora di più a sé e gli scompigliò i capelli sulla fronte. Si guardarono negli occhi per un istante. Mi sentii onorato dalla loro capacità di scambiarsi amore senza farmi sentire un estraneo. Mi permettevano di partecipare al loro momento.

"È successo con lui", riprese. "Abbiamo avuto qualche problema con Josh". Cominciai ad ascoltarlo attentamente. "Tutto stava andando bene, proprio nel modo giusto. A mia moglie si erano rotte le acque e le doglie erano andate avanti fino al punto in cui stavamo per avere il nostro quarto parto in casa. Josh era già entrato nel canale vaginale, ma d'improvviso tutto si fermò.

Il bambino non veniva più avanti. Sapevo che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Non so per quale motivo, mi venne in mente un manuale operativo della polizia che avevo letto anni prima. C'era un capitolo sui parti d'emergenza, dedicato alle possibili complicazioni. La memoria andò subito a quella sezione. Non è buffo come le cose giuste sembrino tornarci in mente proprio al momento opportuno?".

Rise nervosamente e la moglie gli si avvicinò, ponendo un braccio attorno a lui e al figlioletto. Sentivo che l’esperienza che mi stavano raccontando aveva creato fra loro un raro legame, fatto di intimità e di mistero.

 

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"Il manuale diceva che ogni tanto, durante un parto, un neonato può rimanere bloccato dall’osso sacro della madre; talvolta può incastrarsi la testa, talaltra la spalla del bambino. Con una procedura relativamente semplice, si può raggiungere il bambino all'interno per liberarlo. Era proprio ciò che mi sembrava stesse accadendo a Josh. Inserii le dita e successe la cosa più incredibile del mondo: trovai l'osso sacro, spinsi le dita un po’ più su e sentii la scapola di Josh, incastrata contro l'osso. Proprio mentre mi apprestavo a girarlo, sentii un movimento. Mi ci volle un momento per capire cosa stava succedendo. Quella era la mano di Josh. Il bambino stava cercando di afferrare l’osso sacro di sua madre, per liberarsi! Quando il suo braccino mi sfiorò la mano, feci un'esperienza che sicuramente ben pochi padri hanno provato". A quel punto, tutti stavamo piangendo.

"La storia non è ancora finita", disse la moglie dolcemente. "Va avanti, racconta il resto", sussurrò la donna incoraggiando il marito.

"Ci sto arrivando", disse l’uomo facendo una smorfia mentre si passava la mano sugli occhi.

"Quando il braccio del bambino toccò la mia mano, Josh restò immobile, ma solo per un paio di secondi. Credo che stesse cercando di capire cosa aveva trovato. Poi lo sentii muoversi di nuovo. Questa volta non cercava di raggiungere l’osso sacro di sua madre per liberarsi, stava cercando di afferrare me! Sentii la sua manina che scorreva sopra le mie dita, dapprima con un tocco incerto, come se stesse esplorando, ma qualche attimo dopo la sua presa divenne decisa. Stavo sentendo le dita di mio figlio, che non era ancora nato, che mi cercavano e si aggrappavano con fiducia alle mie, come se lui mi conoscesse! In quel momento capii che tutto sarebbe andato per il meglio. Poi tutti e tre insieme ci siamo dati da fare per far venire al mondo Josh, ed eccolo qui".

Guardammo il bimbo fra le braccia di suo padre. Notando che tutti lo stavano osservando, Josh nascose la resta sulla spalla di suo padre.

"È ancora un po’ timido", disse l’uomo ridendo.

"Ora capisco perché è cosi attaccato a lei", dissi io. "Voi due avete in comune una storia molto speciale".

Ci guardammo attraverso un velo di lacrime che ci annebbiava gli occhi. Mi ricordo di aver provato una sensazione di riverenza e di mistero, e forse anche un po’ di sorpresa, a causa dell’intensità della storia che mi era stata raccontata. Scoppiammo tutti a ridere per minimizzare la stranezza del momento, ma senza nulla togliere alla forza di ciò che era stato detto.

Ci scambiammo ancora qualche parola e molti calorosi abbracci e ci augurammo la buonanotte.

Non rividi mai più quella famiglia. Oggi, a distanza di quasi tre anni, non so nemmeno come si chiamassero. Ciò che mi resta è la loro storia, la loro apertura e disponibilità a condividere con me un momento così intimo.

Con la loro onestà avevano toccato una parte di me molto antica e profonda. Sebbene avessimo parlato per meno di venti minuti, noi tre avevamo creato un forte ricordo, che avrei condiviso con molta gente nei mesi successivi.

Era stato uno di quei momenti che non hanno bisogno di spiegazioni.

Non ci provammo nemmeno.

Data di Pubblicazione: 13 settembre 2022

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