SAGGI E RACCONTI   |   Tempo di Lettura: 8 min

L'Essenza del Simbolo

Summa Symbolica - Parte Prima: Origine e Dinamica dei Simboli - Anteprima del libro di Giovanni Francesco Carpeoro

L'origine eloquente del termine «simbolo»

Chi si occupa di ricerca esoterica e simbolica ha sentito ripetere mille volte l'interpretazione lessicale ed etimologica del termine simbolo, il richiamo al termine greco, alla leggenda della tessera spezzata che deve combaciare, ma è su un altro aspetto che noi vorremmo fondare questa esplorazione.

Vorremmo infatti occuparci inizialmente dell'aspetto del simbolo quale anello di congiunzione (o ricongiungimento?) tra due branche della filosofia dell uomo che da tempo agiscono (o si illudono di poter agire?) su direzioni separate: la ricerca scientifica e la ricerca spirituale o esoterica che dir si voglia; quindi, contestualmente, il simbolo come strumento di scienza ed esoterismo.

Dopo Guénon, che avviò la restituzione degli studi simbolici e tradizionali a metodi scientifici, occorre fare o tentare di fare ancora dei passi in avanti.

Il primo passo evolutivo, la prima relazione: il segno e il simbolo, o per meglio dire dal segno (che può anche prescindere da un altro significato che non sia letterale) al simbolo, la nascita, l'evocazione di un significato. D'altro canto, anche sotto tale profilo, appare eloquente l'etimologia della parola «simbolo», che denominava il ricongiungimento dei frammenti spezzati tramite il quale il messaggero segreto poteva farsi riconoscere dal destinatario del messaggio. Solo tale ricongiungimento può trasformare il segno in simbolo. Ma l'uso del termine «segno» presuppone già l'aver varcato un confine, quello della comunicazione, il quale consiste in un passaggio evolutivo importante della storia dell'essere umano, che è quello della scrittura e della sua comunicazione.

A questo punto una prima domanda si impone a chi voglia avvicinarsi costruttivamente alla nostra ricerca: esiste una vita del simbolo prima della sua comunicazione, quindi prima della tracciatura del segno?

Il simbolo prima del segno

Dobbiamo necessariamente immaginare una fase della storia dell'uomo in cui il medesimo non aveva ancora creato la scrittura in nessuna sua forma, neanche nelle prime preistoriche raffigurazioni su pietra a nostra conoscenza.

Il campo è davvero minato in quanto oltre al percorso dell'evoluzione della specie umana come disegnato dalla concezione darwinista ormai prevalente nell'opinione della scienza convenzionale (quello per intenderci che colloca il periodo della non esistenza della scrittura in qualcuna delle innumerevoli specie di passaggio dall'essere scimmiesco all'homo sapiens) non si può non tener conto di tutta la ricerca di confine che ha dispiegato la nascita dell'homo sapiens in modi multiformi. Tali modi vanno da una provenienza da esperimenti e combinazioni, genetiche e non, costruite da altre civiltà più evolute, forse non terrestri, a una provenienza divina come teologicamente proposta dalle religioni fondate sulla rivelazione, come quella cristiana, o a ogni altra possibile mutazione della vita, non necessariamente fondata e mossa da una spinta meramente evolutiva della specie. Ma proprio questa prospettiva ci deve spingere a considerare l'universo come una specie di palcoscenico teatrale dove tutto si svolge e si ripete secondo un copione fondato sulla ripetizione di eventi fondamentali dei quali esso stesso diviene prova storica, perché mai gli eventi potrebbero essere rappresentati e ripetuti nel tempo se non fossero in precedenza già accaduti.

Quindi il simbolo è innanzitutto la rappresentazione di un evento, che sia un fatto storico o un passaggio spirituale o metastorico, e questa valutazione ci conduce a prescindere da ogni diatriba tra evoluzionismo e creazionismo, di qualsiasi natura entrambi considerati, diatriba che induce conseguenze diverse solo in relazione alla collocazione storica e temporale di possibili fasi evolutive o creazionistiche.

Tali considerazioni quindi non ci impediscono di immaginare un momento storico in cui l'uomo non utilizzava la scrittura, come gli stessi antichi testi religiosi testimoniano, identificando sempre un momento o un soggetto vocato alla sua introduzione nella comunità umana, magari attribuendo in precedenza all'uomo, non ancora scrivente, altre forme di comunicazione. D'altro canto molte specie animali adoperano forme di comunicazione alternative alla scrittura che pur sempre hanno (e devono necessariamente avere) una struttura simbolica, perché parlano di fatti ed eventi che devono essere rappresentati e in tale rappresentazione consiste il simbolo.

Tutti i segnali di pericolo, ad esempio, si fondano su tale presupposto: i versi degli animali cacciati rispetto alla percezione della presenza dell'animale predatore sono rievocativi di quelli emessi dalla vittima mentre soccombe al cacciatore e, nella loro rappresentazione scenica di ciò che è accaduto e potrebbe ancora accadere, diventano il «simbolo pericolo» (o «paura») e ne comunicano la portata. Quindi il simbolo è sempre preesistente, come evento che è divenuto patrimonio conoscitivo della specie, alle sue possibili forme di comunicazione, nate con la funzione della conservazione e della trasmissione, perché è fondato su qualcosa che è già accaduto. Si potrebbe a tal punto obiettare che tale definizione abbia un'ispirazione prettamente materialistica che esclude tutta quella codificazione di simboli universali, i cosiddetti «archetipi», di cui avremo in seguito occasione di occuparci, ma ciò non risponde al vero. Che si immagini un mondo della Natura o un mondo di Dio è scelta individuale e libera di ogni essere umano ma, indipendentemente da tale scelta, ogni essere umano, ma anche animale diremmo, codifica una storia di ciò che è a sua conoscenza e che è costituita dagli accadimenti, anche squisitamente spirituali, di cui, in forme più o meno avanzate, è cosciente e consapevole e, in qualche modo, questa storia conserva e comunica tramite una rappresentazione di questi eventi. E tutte queste rappresentazioni sono i simboli.

Sotto questo profilo diventa altrettanto irrilevante considerare questo palcoscenico limitato alla vita dell'essere rappresentante: nessuno di noi può considerare un dogma ritenere che la vita non possa essere qualcosa di più ampio e pervasivo che travalichi, anche in termini di memoria e parziale (o meglio graduata) consapevolezza, la forma, quasi platonica, della nostra identità individuale. Eventi, accadimenti, quindi, sul piano spirituale o materiale considerati, e la distinzione potrebbe anche essere meramente illusoria; coerentemente, dopo la fase del linguaggio, li abbiamo collegati alla parola «accadere», che significa, nell'etimo, cadere dall'alto. Il termine «cadere», post scripturam natum, è esso stesso un simbolo matrice di ulteriori mutazioni, anch'esse squisitamente simboliche. Nato per la constatazione tutta terrestre della forza di gravità, per la quale tutto ciò che arriva sulla terra è una caduta, o per quella tutta fideistica, non solo di matrice cristiana o ebraica, di una caduta dell'essere umano medesimo da uno stato edenico superiore, tale termine ha consentito di disegnare i multiformi percorsi degli eventi. «Incedere», «succedere», «procedere», «accadere».

«decadere», sono tante direzioni possibili con un'unica origine: «cadere». Come, per l'appunto, se fosse l'unica dinamica per noi possibile...

Il simbolo Universo e il simbolo Linguaggio

Il mondo storico e metastorico, nel quale le memorie degli accadimenti materiali o spirituali si sono accatastati come in una sorta di biblioteca mnemonica universale, non potrebbe avere alcuna forma di comunicazione con la nostra dimensione spazio-temporale se i simboli che lo sintetizzano non formassero un ulteriore mondo, una sorta di iperspazio di comunicazione, un ponte tra le sponde. Questo iperspazio svolge in realtà una doppia funzione: da un lato, in base all'attuazione della potenziale decodificazione del significato, di strumento di condivisione della conoscenza universale, dall'altro, quando tale decodificazione non avviene, di conservare asetticamente quell'archivio in attesa di future e più proficue riutilizzazioni. Perché un ulteriore effetto dell'utilizzazione di un linguaggio simbolico più o meno complesso è quello della selezione dell'accesso alla conoscenza universale, selezione che consente di tenere determinati contenuti al riparo da corruzioni o pessime utilizzazioni nel concreto.

Quindi esiste un mondo universale di conoscenza simbolica, tradotto nel nostro presente da un ulteriore mondo costituito dal linguaggio con cui tale conoscenza può essere a noi trasmessa. Ma la funzione del simbolo è anche quella di ricongiungere nel nostro cervello la funzione cognitiva decodificante della percezione della realtà, situata nell'emisfero sinistro, con la funzione emozionale, fondata sul riconoscimento intuitivo del contenuto tramite la memoria ancestrale, somma di tutte le micromemorie individuali dei nostri atomi, tipica dell'emisfero destro del nostro cervello.

I due frammenti della realtà combaciano, le parti divise si ricompongono, il simbolo Universo, tramite il simbolo Linguaggio entra nella nostra realtà.

Questo testo è estratto dal libro "Summa Symbolica".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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