SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO

Gli animali: nostri compagni nel viaggio della vita

Gli animali: nostri compagni nel viaggio della vita

Cosa hanno in comune la mente degli animali e la nostra? Scoprilo leggendo l'anteprima del libro di David Michie.

Compagni nel viaggio della vita

Cosa hanno in comune la mente degli animali e la nostra? Gli animali da compagnia hanno altri scopi oltre a quello di intrattenerci, darci la possibilità di postare foto carine sui social e, a volte, costringerci a fare attività fisica con maggior costanza? Cosa accade alla coscienza degli animali quando muoiono? Sopravvive? E, se sì, come e dove?

Per chi ama gli animali queste sono domande importanti, perché per molti di noi essi sono parte della famiglia. Presenze costanti nelle nostre case, gli animali domestici sono un perno fondamentale attorno al quale organizziamo la routine quotidiana, vivaci coprotagonisti nella storia della nostra vita e testimoni silenziosi dei nostri momenti di maggiore intimità e vulnerabilità. Con essi condividiamo il nostro prezioso tempo libero, i mobili, le cose. Molti di noi addirittura il letto, a costo di dormire in posizioni che farebbero invidia a un contorsionista!

Per intenderci con i nostri compagni animali abbiamo sviluppato un efficace sistema di comunicazione non verbale che non riguarda solo le regole e i rituali domestici ma si spinge ben oltre, arrivando a comprendere una vasta gamma di sentimenti come l’allegria, la paura, la rabbia e l’amore. Nel tempo, molti di noi creano con i propri animali un legame profondo e si rendono conto che la comprensione reciproca e la forte connessione che condividono con essi si situano su un livello che va oltre le parole. Un legame che è difficile instaurare con altri esseri viventi.

Quello che accade ai nostri animali ci importa davvero. E sono sempre di più le persone alle quali importa addirittura più di ciò che accade ad altri esseri umani.

Uno dei trend demografici più pronunciati dell’ultimo quarto di secolo è l’aumento dei nuclei familiari a un solo componente, che attualmente, nei paesi industrializzati, ha raggiunto la cifra sorprendente del 30%. Mancano, nei dati del censimento, effettuato da una prospettiva antropocentrica, le cifre sugli animali domestici. Se avessimo a disposizione studi statistici su questo punto, probabilmente scopriremmo che gran parte di questo 30%, lungi dal vivere da solo, condivide la propria casa con cani, gatti, uccelli, conigli, pesci e altri esseri che, di fatto, costituiscono la sua famiglia. Esseri con i quali s’instaura un legame affettivo, e che hanno bisogno di essere accuditi e assistiti - in vecchiaia, in malattia e al momento della morte - da esseri umani che, seppur con più lentezza, sono in procinto di percorrere le medesime tappe.

Un grande dono

Per questo, e per molte altre importanti ragioni, vivere con un animale è tra i doni più grandi che ci possa capitare di ricevere. Perché le domande che ci poniamo su di loro ci spingono a cercare risposte che riguardano il nostro stesso futuro, e quando ci diamo da fare per scoprire tutte le pratiche che possono essere utili al loro benessere, tra i primi a trarne vantaggio ci siamo proprio noi. Questo libro parla della vita interiore degli animali dalla prospettiva del buddhismo tibetano. E in virtù di questo punto di vista, unico e straordinario, parla anche della nostra vita interiore. Perché, anche noi, proprio come i nostri animali, siamo esseri pensanti e senzienti, dotati della capacità di trascendere.

Tra i miei primi ricordi c’è il muso di Pandy, la gatta siamese regalata dai miei genitori a mio fratello in occasione della mia nascita, per attenuare eventuali sentimenti di gelosia nei confronti del nuovo arrivato. Per tutta la mia infanzia e fino alla laurea, Pandy è stata una compagna amatissima, vissuta fino alla veneranda età di ventun anni. Oltre che per i gatti, i miei genitori nutrivano una grande passione per i cani di razza corgi, motivo per cui, negli anni della scuola, tra i miei vivaci compagni di gioco c’erano anche due di loro.

Quando ho scoperto la mia grande empatia nei confronti degli animali ero relativamente piccolo. Ricordo ancora i miei pianti sul sedile posteriore dell’auto di famiglia il giorno in cui, durante una gita domenicale, scorgemmo dietro un recinto di filo spinato una mandria di bovini così malnutriti che sotto la pelle si vedevano spuntare le costole e la spina dorsale: come potevano esistere persone tanto insensibili, mi ero domandato allora, da permettere una cosa del genere?

Da bambino mi sono preso cura di un coniglio bianco, di un criceto siriano, di un porcellino d’india e di diversi topolini, anche se non di tutti quanti contemporaneamente. Gran parte dell’adolescenza, invece, l’ho passata con un cacatua appollaiato su una spalla, grazie al cielo quando ormai l’istinto di cacciatrice di Pandy stava cominciando a scemare. Vivevamo in Zimbabwe, per cui spesso durante le vacanze andavamo in visita nelle riserve faunistiche e una volta ho lavorato come volontario al Lion e Chetah Park, dove le mie mansioni andavano dal nutrire i cuccioli di leone a fare la doccia a un piccolo orfano di elefante.

Si può dire che per me il dottor Dolittle non sia stato un eroe d’infanzia ma un modello da imitare! Perché mai, mi chiedevo, qualcuno non avrebbe dovuto desiderare di parlare con gli animali, lanciarsi in sagge discussioni con i pachidermi o in allegre chiacchiere con uno scimpanzé, esprimendosi nella loro lingua? Divoravo qualsiasi libro scritto da Gerald Durrel e James Herriot ed ero fermamente intenzionato a diventare un veterinario. Questo fino a quando, all’età di sedici anni, dopo un breve periodo trascorso da osservatore presso la clinica veterinaria locale, mi sono reso conto che le abilità richieste a un veterinario erano molto diverse da quelle che possedevo io. È stato solo molto più tardi che ho trovato il modo di usare la mia ossessione per la scrittura per rendermi utile a chi aveva a che fare con esseri senzienti dotati di pelliccia, di piume o di pinne.

Mai, nel corso dei miei tanti incontri con una molteplicità di esseri diversi, mi è capitato di incontrarne uno con cui non avessi qualcosa in comune. Non c’è giorno in cui, noi come loro, non cerchiamo di ottenere cibo, acqua e tutte le comodità che ci vengono offerte. E tutti facciamo del nostro meglio per fuggire le difficoltà, di qualunque tipo esse siano. Desideriamo tutti dare e ricevere affetto, così come tutti abbiamo le nostre stranezze e i nostri momenti di ribellione. Nel caso di Toto, il cacatua, la ribellione consisteva nel restarsene testardamente appollaiato sul ramo più alto di un ciliegio al calar della sera e, dopo aver esaurito tutte le moine a mia disposizione, solo una palla da tennis ben assestata - ovviamente lanciata con delicatezza - riusciva nell’impresa di farlo volare giù.

Domande senza risposta

Da bambino, la morte dei miei amici animali non è stata solo causa di sofferenza ma anche di domande senza risposta. I miei genitori erano presbiteriani osservanti, così, quando ho domandato quale sorte fosse toccata alla povera Bugs, la prima ad andarsene, ho ricevuto dal nostro gentile pastore una risposta evidentemente pensata per rassicurarmi ma che certo non ha ottenuto l’effetto sperato. Quello che avrei voluto sentirmi dire era che Bugs saltellava felice in cielo in compagnia di affettuosi angeli-coniglio che si prendevano cura di lei, trafugando lattuga sminuzzata dai carrelli del paradiso - un lusso che a casa le concedevamo spesso. La vaghezza delle parole del reverendo, che mi aveva detto di aver fiducia e che Dio si sarebbe preso cura di lei come faceva con tutte le sue creature, mi aveva lasciato, invece, pieno di dubbi.

Dubbi che non mi hanno abbandonato quando, ormai più grande, ho scoperto che le diverse tradizioni cristiane non sono in accordo per quanto riguarda la vita interiore degli animali. Vi ho riscontrato, al contrario, ambiguità e contraddizioni anche su questioni basilari come il fatto che gli animali abbiano o meno un’anima - un paradosso sconcertante, dato che la parola “animale” deriva dal latino animalis, che significa, appunto, “dotato di anima” o “di respiro”.

Negli anni ribelli dell’adolescenza spesso domandavo perché, tra le infinite litanie dell’Antico Testamento che parlano di chi ha generato chi, il buon Dio non abbia ritenuto utile dedicare un paio di capitoli a spiegare le prospettive spirituali di quella che, a tutti gli effetti, è la maggioranza schiacciante delle creature che abitano la Terra.

Lasciando da parte la religione, mi sono dunque rivolto alla scienza. Cosa avevano da dire i maggiori pensatori del mondo occidentale su questo importante argomento? Non molto, ho scoperto. Per gran parte della sua storia la scienza occidentale si è concentrata sulla realtà esteriore, misurabile, e la sua ricerca si è estesa al campo della coscienza solo recentemente. Negli ultimi duecento anni l’approccio scientifico dominante è stato di tipo materialistico, basato cioè sull’idea che l’unica cosa esistente sia il mondo materiale. Per dirlo con le parole di Francis Crick, uno degli scopritori del DNA nonché vincitore del premio Nobel: «Tu, con le tue gioie e le tue tristezze, le tue memorie e le tue ambizioni, il tuo senso dell’identità personale e del libero arbitrio, di fatto non sei altro che il comportamento di un’ampia assemblea di cellule nervose e di molecole ad esse associate».

Non tutti gli scienziati sono d’accordo. Chi studia la fisica quantistica si domanda, ad esempio, se il funzionamento della mente possa essere spiegato sulla base della meccanica classica. Se anche l’energia è materia, allora qualsiasi spiegazione ignori le proprietà immateriali del corpo è, per forza di cose, incompleta.

Negli ultimi anni, il crescente interesse per uno stile di vita più sostenibile, sano e consapevole ha portato, tra le altre cose, a un aumento delle ricerche scientifiche, dei programmi televisivi e dei libri che riguardano gli animali e il nostro rapporto con loro. A veterinari, biologi e ambientalisti si sono affiancate nuove figure di esperti del mondo animale, tra le quali si annoverano comportamentisti, animai communicators e operatori di medicina complementare. Grazie al lavoro di queste nuove figure abbiamo scoperto che le diverse specie con le quali condividiamo il pianeta possiedono molte delle caratteristiche che fino a pochi anni fa erano ritenute prerogativa esclusiva dell’uomo e che alcune di esse hanno capacità che, se fossero esercitate da un essere umano, sarebbero considerate alla stregua di un superpotere. I maiali, ad esempio, hanno un quoziente d’intelligenza quasi pari a quello degli scimpanzé, vivono in comunità sociali organizzate e quando riconoscono le proprie emozioni in altri membri della loro specie dimostrano alti livelli di consapevolezza e di empatia. Gli elefanti soffrono e piangono per la morte dei membri della propria famiglia e dimostrano alti livelli di collaborazione reciproca. I delfini e altri cetacei possono vedere in 3D. I cani possono essere addestrati a individuare pericolosi cali di zuccheri nel sangue dei diabetici, a capire in anticipo se una persona sta per avere una crisi epilettica e sono persino in grado di diagnosticare il cancro alla prostata con sorprendente affidabilità. Ci sono gatti, pappagalli, cavalli e cani che hanno dimostrato di saper predire con esattezza l’orario del rientro a casa dei propri amici umani, oltre ad aver offerto altri straordinari esempi di telepatia.

Ormai ne siamo sempre più consapevoli: solo perché gli animali non comunicano come noi non significa che non siano in grado di provare le nostre stesse emozioni. Al contrario, sono esseri pensanti e senzienti, capaci di dimostrare, alla stregua di noi uomini, empatia ed egoismo, rabbia e compassione, paura e altruismo. Inoltre, in termini di capacità sensoriali, molti di loro possiedono abilità che vanno ben oltre le nostre.

Data di Pubblicazione: 10 dicembre 2020

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