Molte diete per diabetici sono da rivedere
Molte diete per diabetici sono da rivedere
Da quando è stata definita la patologia del diabete e si è compreso lo stretto nesso tra questo e l’alimentazione, si è logicamente cercato di suggerire ai pazienti delle diete che potessero aiutarli. Tuttavia si possono osservare storicamente notevoli differenze nell’approccio alla malattia basati su ragionamenti (apparentemente) logici, che però non hanno portato benefici ai pazienti, oppure ne hanno portati pochi: in generale, dato che lo stato del diabete progrediva, magari lentamente ma inesorabilmente, si pensava dovesse essere “controllato con farmaci, i quali contribuivano a rendere cronica la malattia, con graduali aumenti di dosaggi, sempre maggiori.
Il ragionamento più ovvio era: «Se troviamo un eccesso di glucosio nel sangue, riduciamo l’apporto delle sue fonti alimentari». Questo approccio ha comportato però diversi svantaggi. L’organismo, per procurarsi il glucosio necessario per il funzionamento di tutte le cellule, deve ricavarlo da altre fonti alimentari, con un maggiore dispendio di energia e con la produzione di scorie e tossine dannose per il metabolismo, già nell immediato e a maggior ragione nel corso del tempo.
I macronutrienti vengono comunemente suddivisi in tre categorie: proteine, carboidrati e lipidi/grassi. Se riduciamo l’apporto di una di queste categorie, automaticamente le altre due aumentano. E ciò non risolve il problema, come si potrebbe pensare, ma anzi, tende ad aggravarlo, e anche molto.
La dieta consigliata a molti diabetici prevede dunque anche oggi un notevole apporto di proteine di origine animale. Si ritiene che il corpo non ne faccia scorte e che quindi gli eccessi vengano trasformati in “combustibile”, in energia. In realtà, gli eccessi di proteine animali si depositano sulle pareti dei capillari, cioè dei vasi sanguigni. Nel tempo ciò comporta un ispessimento delle pareti il quale impedisce sempre più il trasporto, da dentro a fuori (tossine) e da fuori a dentro (nutrienti). La conseguenza è un precoce invecchiamento dei tessuti, ma anche, data la sempre maggiore difficoltà del glucosio di arrivare a destinazione, il reflusso di questo nel sangue, in altre parole iperglicemia.
Le diete iperproteiche aiutano certo a ridurre il peso corporeo, almeno in un primo momento. Però si tratta solo di perdita di acqua, per cui il peso perso si recupera in poco tempo.
Le diete con eccesso di proteine di origine animale affaticano poi i reni. I problemi renali sono considerati un effetto collaterale del diabete, ma sono piuttosto l’effetto collaterale di diete inopportune.
Le proteine animali, inoltre, sono solitamente accompagnate da grassi sempre animali. Anche i tagli di carne più magri ne contengono ancora una percentuale consistente. Tra poco avremo modo di vedere il ruolo nefasto dei grassi animali sulla salute umana, soprattutto dei diabetici.
C’è comunque anche qui una buona notizia: le proteine non sono tutte uguali, e ci sono anche delle proteine che non danneggiano la salute dei diabetici, anzi, concorrono a proteggerla (sempre se consumate in preparazioni e dosaggi corretti, s’intende).
Va infine ricordato che ci sono altre diete che prescrivono i macronutrienti in proporzione adeguata, ma senza precisare la qualità dei cibi. Per esempio, prevedere 100 g di pasta o di pane o di riso al giorno è una indicazione troppo vaga che non tiene conto delle variazioni, anche notevoli, che possono esserci nell influenza sulle variazioni glicemiche, per esempio tra un riso integrale e uno bianco. Oppure ci sono diete che parlano di proteine, senza precisarne la fonte. O ancora che non danno consigli sul come combinare nel modo migliore il pasto per ottenere una relativa calma glicemica.
Dovremmo mangiare di tutto un po’?
Certo, le persone, pazienti o no, amano sentirselo dire Così non devono prendersi alcuna responsabilità, né devono ragionare sulla lista della spesa o sul come preparare i pasti. Anzi, quando tirano fuori una bevanda gassata e un dolcetto dal distributore automatico, sono giustificati perché... anche questi fanno parte del programma “di tutto un po’”. “Un po’” è anche una definizione troppo vaga, specie se messa in relazione a qualunque età e in qualunque condizione di salute.
Bisogna prendere coscienza di quello che ci nutre e ci fa bene e abituarci a gusti magari non ancora da noi ben conosciuti, ma che finiranno con il costituire le nostre preferenze spontanee
Di sicuro dovremmo mangiare il più possibile cibi di ottima qualità e salutari, ed evitare il più possibile il cibo spazzatura m siamo delicati di salute, e più questa regola va osservata In questo capitolo vedremo come discernere e soprattutto come organizzarci per integrare le sane abitudini nella nostra vita quotidiana, senza né fatica né scombussolamenti.
Alimenti vitali, per sentirci bene, per avere tanta energia, per guarire
Un modo molto funzionale per comprendere i nostri cibi è la divistone in alimenti “vitali” e alimenti che non lo sono.
Vitali sono le piante finché sono collegate alla terra, oppure quando il tempo trascorso dal raccolto è il minore possibile. Vi sono strumenti che misurano questa vitalità, per esempio con una luminescenza visibile su lastre o in fotografia, che è superiore tanto maggiore è la vitalità dell’alimento. Ovviamente vi sono derrate vegetali che la natura ha destinato ad auto-conservarsi per poter dare vita a una nuova pianta, cioè i semi; questi possono rimanere intatti anche per anni e tornare alla vita appena trovano le condizioni ambientali idonee.
Ma anche alcuni frutti si prestano a una conservazione abbastanza lunga; sono quelli con una buccia resistente come per esempio gli agrumi. I frutti piccoli e quasi senza buccia come i frutti di bosco sono invece destinati a un consumo molto rapido.
I vegetali a foglia vanno consumati in tempi brevi, altrimenti avvizziscono. Quelli a radice hanno una discreta resistenza, specie se la radice è grossa, tipo tubero. Ma il primato nella durata, senza perdere, o quasi, in qualità e vitalità, lo detengono i semi.
I semi di cereali e di leguminose, se conservati correttamente, possono rimanere in dispensa anche un anno e più (pensate che nelle piramidi d’Egitto sono stati trovati dei semi di cereali che dopo secoli e secoli di riposo, ovviamente in clima secco e al buio, erano ancora in grado di germinare perfettamente). Anche le leguminose, come fagioli di ogni tipo, i ceci, le lenticchie, le cicerchie, i piselli (secchi) ecc. si possono conservare a lungo, nelle condizioni idonee. I semi oleosi come quelli di girasole, zucca, lino, le mandorle e i vari tipi di noci andrebbero consumati invece entro pochi mesi dal loro raccolto, altrimenti rischiano di irrancidire.
Ebbene, tutti i vegetali sono apportatori di vitalità e di salute. A patto che si osservino alcune regole fondamentali.
Abbiamo appena parlato della freschezza, ma è importante anche considerare l’integrità. Per motivi commerciali, cioè di comodità di conservazione, l’industria alimentare ha preso l'abitudine di disintegrare i semi dei cereali, separandoli nella parte amidacea, il rìso brillaro, ecc...) (il germe, particolarmente nutriente e ricca di vitamine e sali minerali) e le fibre.
Un seme di cereale è in grado di dare vita a ima nuova pianta solo fino a quando è integro - si tratta di un’unità biologica che la saggezza della natura ha ben disposta. Il pensiero meccanicistico de nostro tempo che tende a separare tutto, a esaminare , dettagli e non l’insieme, ha portato a considerare le singole parti d, un alimento in modo separato, ignorando che e l'insieme che funziona. L'insieme è infatti molto di più che la somma delle singole parti.
Allo stesso modo la medicina specialistica di oggi “separa" ed esamina l'essere umano nelle singole e sempre più piccole parti, perdendo di vista ò'insieme.
Ebbene, un cereale di qualità è integrale, cioè completo di tutte le sue parti: germe, amido e fibre.
Crudo, il massimo della vitalità: gli enzimi
Tutti sappiamo che la cottura dei cibi ne riduce il tenore in vitamine e in sali minerali, e ciò è certamente un fattore importante da tenere presente. Ma ancora più importante è la perdita di enzimi, appena si superano i 42 °C.
Un piatto di verdure crude: comodo e veloce da preparare
Con la “quarta gamma” offerta oggi in ogni supermercato, non vi sono più scuse per non mangiare delle squisite insalatone. Trovare l’insalatina già lavata, pronta per condire, è davvero il massimo della comodità. Per arricchire basta tagliare magari un finocchio, grattugiare una carota, affettare un pomodoro o quanto offrono la stagione e la fantasia, cospargere di un po’ di semi e potete portare in tavola.
Questo testo è estratto dal libro "Guarire e Prevenire il Diabete".
Data di Pubblicazione: 30 settembre 2017