EDUCAZIONE E FAMIGLIA

Guida per Diventare un Genitore Consapevole - Anteprima del libro di Shefali Tsabary

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Una persona vera come me

Guida per Diventare un Genitore Consapevole

Una persona vera come me

Un mattino mia figlia mi svegliò bruscamente, in preda a una grande eccitazione: “La fatina ti ha lasciato un regalo fantastico!” mi sussurrò. “Guarda cosa ti ha lasciato la fatina dei denti!”.

Misi la mano sotto il cuscino e trovai una banconota da un dollaro, strappata esattamente a metà. Mia figlia disse: “La fatina ha lasciato mezzo dollaro per te e l’altra metà è sotto il cuscino di papà”.

Rimasi senza parole.

Allo stesso tempo, mi ritrovai nel bel mezzo di un dilemma. Tutti quei messaggi del tipo “Il denaro non cresce sugli alberi” e su quanto fosse importante per mia figlia imparare il valore dei soldi mi affollavano la mente. Dovevo servirmi di quell’opportunità per insegnarle a non sprecare il denaro, spiegandole che una banconota da un dollaro strappata a metà non vale niente?

Mi resi conto che si trattava di un frangente in cui la mia risposta avrebbe potuto rafforzare o ferire lo spirito di mia figlia. Fortunatamente decisi di accantonare la lezione e di dirle quanto fossi orgogliosa della sua disponibilità a donare tanto generosamente il suo unico dollaro. Mentre ringraziavo la farina per la sua magnanimità e per il suo acuto senso di giustizia nel dare in parti uguali sia a me che al papà, lo sguardo di mia figlia scintillava tanto da illuminare tutta la stanza.

State allevando uno spirito che vibra alla propria frequenza personale

Essere genitori ci fa vivere molte occasioni in cui dentro di noi infuria una battaglia tra la mente e il cuore che rende l’educazione di un figlio molto simile al camminare in bilico su una corda. Una singola risposta mal concepita può fare a brandelli lo spirito di un bambino, mentre il giusto commento può incoraggiarlo a spiccare il volo. In qualunque momento possiamo scegliere di rafforzare o indebolire, di sostenere o raggelare nostro figlio.

Quando i nostri bambini sono semplicemente se stessi, non si preoccupano delle cose che ossessionano tanto noi genitori. Ciò che possono pensare gli altri, il successo o il fatto di primeggiare sono tutte problematiche che preoccupano gli adulti, ma nessuna riveste importanza per i bambini. Anziché affrontare il mondo in uno stato mentale ansioso, i bambini si buttano a capofitto nelle esperienze della vita, disposti a rischiare il tutto per tutto.

Il mattino in cui ricevetti la visita della fatina mentre ero a letto, mia figlia non pensava né al valore dei soldi né all’egoistica possibilità che sarei rimasta colpita dal fatto che avesse condiviso con noi il suo dollaro. Né tantomeno era preoccupata di svegliarmi troppo presto. Stava solo esprimendo il suo sé meraviglioso e creativo, dimostrando la sua gioiosa generosità e deliziandosi alla vista dei suoi genitori che scopri vanno come la fatina fosse tornata ancora una volta.

Come genitore mi ritrovo spesso nella situazione di rispondere a mia figlia considerandola una persona come me, con tutta la gamma di emozioni che provo io: desiderio, speranza, eccitazione, immaginazione, ingenuità, senso di stupore e capacità di provare gioia. Tuttavia, come molti genitori, spesso tendo a farmi intrappolare dalle mie priorità fino a perdere le opportunità che quelle situazioni rappresentano per me. Mi scopro talmente condizionata a fare prediche e orientata a insegnare, da essere spesso insensibile alle fantastiche modalità di cui mia figlia si serve per rivelare la propria unicità, dimostrandoci di essere una persona diversa da qualunque altra abbia mai posto piede sulla Terra.

Quando si cresce un figlio è cruciale rendersi conto che non si sta allevando un “mini-sè,” bensì uno spirito che vibra alla propria frequenza personale. Per questo è importante separare la vostra identità da quella di ciascuno dei vostri figli. I figli non sono in alcun modo di nostra proprietà. Quando realizziamo questo nel profondo dell’anima, adattiamo la nostra pratica genitoriale ai loro bisogni, anziché modellare i figli affinché corrispondano ai nostri bisogni.

Invece di rispettare le esigenze personali dei nostri figli, tendiamo a proiettare su di loro le nostre idee e aspettative. Perfino quando siamo mossi dalle migliori intenzioni per incoraggiarli a essere fedeli a se stessi, la maggior parte di noi cade scioccamente nella trappola di imporre loro la nostra agenda. Di conseguenza, il rapporto genitore-figlio spesso mortifica lo spirito del bambino anziché ravvivarlo. Questo è uno dei motivi principali per cui esistono tanti ragazzi problematici, in molti casi affetti da disfunzionalità.

Ciascuno di noi intraprende il percorso genitoriale con varie visioni di come si svolgerà. La maggior parte di quelle visioni rappresentano una fantasia mentale. Abbiamo credenze, valori, assunti che non ci siamo mai curati di prendere in esame. Molti di noi non concepiscono neanche un motivo per mettere in dubbio le proprie idee, perché credono di essere nel giusto e di non aver nulla da riconsiderare. In base alla nostra visione a priori del mondo, stabiliamo senza saperlo rigide aspettative su come i figli dovrebbero esprimere se stessi. Non ci rendiamo conto che imponendo ai bambini i nostri modi di vedere, limitiamo il loro spirito. Per esempio, se abbiamo un grande successo in ciò che facciamo, probabilmente ci aspettiamo che anche i figli siano super-vincenti. Se abbiamo un temperamento artistico potremmo cercare di spingere anche i figli ad averlo. Se a scuola siamo insegnanti favolosi, tendiamo a spianare la strada a figli affinchè siano brillanti. Se non eravamo bravi a scuola e se di conseguenza abbiamo avuto una vita difficile, forse viviamo nella paura che i nostri figli diventino come noi, il che ci fa fare tutto ciò che è in nostro potere per allontanare quella possibilità. Vogliamo ciò che riteniamo essere il meglio per i figli, ma nel cercare di realizzare questo desiderio ci capita spesso di dimenticare che il fattore più importante è che siano loro stessi e conducano la loro vita in armonia con l’unicità del loro spirito.

I bambini vivono in un mondo dominato da “ciò che è”, non da “ciò che non è”. Arrivano qui con l’animo traboccante di potenzialità. Ogni figlio ha il suo particolare destino da vivere, il suo karma personale, se vi va di definirlo così. Poiché i bambini hanno in sé un progetto di vita, spesso sono già in contatto con la propria identità e con chi vogliono essere nel mondo. Noi veniamo scelti come loro genitori per aiutarli a realizzare questo. Il problema è che, se non facciamo attenzione, togliamo loro il diritto di vivere il destino che li attende. Finiamo per imporre loro la nostra visione del futuro, riscrivendo il loro obiettivo spirituale secondo i nostri capricci.

Non sorprende dunque che non si riesca a sintonizzarsi sull’essenza dei figli. Come possiamo ascoltarli se così tanti di noi ascoltano a malapena se stessi? Come possiamo percepire il loro spirito e udire il battito del loro cuore, se non sappiamo farlo per noi stessi? Se noi, come genitori, abbiamo perso la nostra bussola interiore, c’è forse da stupirsi che così tanti bambini crescano senza avere una direzione, scollegati e in preda allo sconforto? Perdere il contatto col nostro mondo interiore lede la nostra capacità di esercitare il ruolo di genitore a partire dal fulcro di noi stessi, come esige la genitorialità consapevole.

Ciò detto, con questo libro intendo lanciare un salvagente a quei genitori che stanno semplicemente cercando di sopravvivere, specialmente quelli che hanno figli adolescenti. Sono convinta, grazie alla mia esperienza che, se state lottando da tempo per mantenere vivo un legame con un figlio adolescente, non è troppo tardi. Naturalmente, se avete figli più piccoli, prima cominciate a costruire un legame solido meglio è.

Tutti i genitori partono dall’inconsapevolezza del loro ruolo

Uno dei compiti più difficili che ci assumiamo è quello di portare nel mondo un altro essere umano e di educare quella persona. Tuttavia la maggior parte di noi affronta il compito con un metodo a cui non ricorrerebbe mai per gestire i propri affari. Per esempio, se fossimo a capo di una società multimiliardaria, concepiremmo una missione attentamente ideata. Conosceremmo il nostro obiettivo e come raggiungerlo. Cercando di realizzare la nostra missione, - conosceremmo bene il nostro personale e sapremmo tirar fuori il suo potenziale. La strategia includerebbe l’individuazione dei nostri punti di forza e la comprensione di come sfruttarli al meglio, oltre all’identificazione delle nostre debolezze per minimizzarne l’impatto. La buona riuscita della nostra organizzazione deriverebbe dal mettere in atto una strategia finalizzata al successo.

È utile chiederci: “Qual è la mia missione di genitore, la mia filosofia genitoriale? Come la manifesto nella mia interazione quotidiana con mio figlio? Ho tracciato la mappa di una missione ponderata e consapevole, come farei se si trattasse di dirigere una grande società?”.

Indipendentemente dal fatto che siate una coppia, separati o single, sarebbe utile riflettere sul vostro approccio al ruolo di genitore alla luce delle ricerche* su ciò che funziona oppure no. Molti di noi non considerano che il nostro modo di essere genitori influisce sui figli; esserne consapevoli potrebbe indurci a modificare il nostro approccio. Il nostro metodo prevede specificamente l’ascolto spirituale dei figli? Saremmo disposti a cambiare il modo in cui interagiamo con nostro figlio, se fosse evidente che ciò che stiamo facendo non funziona?

Ciascuno di noi immagina di essere il miglior genitore possibile e la maggior parte di noi è effettivamente brava gente che adora i propri figli. Sicuramente non è certo per mancanza d’amore che imponiamo loro la nostra volontà. Piuttosto questo dipende da una mancanza di consapevolezza. In verità molti di noi non sono coscienti delle dinamiche esistenti all’interno del rapporto che abbiamo con i figli.

Nessuno di noi ama pensarsi come una persona inconsapevole, è un concetto che tendiamo a rifiutare. Molti di noi sono talmente sulla difensiva che basta una sola parola sul nostro stile genitoriale a farci perdere le staffe. Tuttavia, quando cominciamo a sviluppare la consapevolezza, riprogettiamo la dinamica che ci lega ai nostri figli.

Loro pagano a duro prezzo la nostra mancanza di consapevolezza. Viziati, sovra-medicalizzati e super etichettati, sono per lo più infelici. Questo avviene perché, venendo da una posizione di inconsapevolezza, tramandiamo loro i nostri bisogni insoddisfatti, le aspettative deluse e i sogni irrealizzati. Nonostante le migliori intenzioni, li rendiamo schiavi del bagaglio emotivo che abbiamo ricevuto dai nostri genitori, legandoli alla debilitante eredità dei nostri antenati. La natura dell’inconsapevolezza è tale che, finché non sarà metabolizzata, si trasmetterà da una generazione all’altra. Solo attraverso la consapevolezza il ciclo del dolore che scorre nelle famiglie può essere spezzato.

Per entrare in sintonia con i figli, stabilite prima di tutto un contatto con voi stessi

Finché non comprendiamo esattamente come abbiamo operato in modalità inconscia, tendiamo a rifiutare un approccio genitoriale orientato su ideali del tutto diversi da quelli a cui possiamo esserci affidati finora.

Per tradizione, il ruolo di genitore è esercitato secondo una modalità gerarchica. Il genitore dirige dall’alto verso il basso. Dopo tutto, il figlio non è forse un “minore” che sta a noi trasformare, in quanto siamo la cosiddetta parte più competente? Poiché i figli sono più piccoli di noi e non ne sanno quanto noi, presumiamo di avere il diritto di controllarli. In effetti siamo talmente abituati a un tipo di famiglia in cui è il genitore a esercitare il controllo, che forse non ci viene neanche in mente che una simile situazione potrebbe non essere favorevole né per i figli, né per noi.

Dal lato dell’equazione che riguarda il genitore, il problema dell’approccio tradizionale al ruolo genitoriale è che irrigidisce l’ego con la sua illusione di potere. Essendo così innocenti e pronti a lasciarsi influenzare da noi, i figli tendono a opporre poca resistenza quando imponiamo il nostro ego (una situazione che, potenzialmente, consente adesso di rafforzarsi).

Se volete entrare in uno stato di pura sintonia con vostro figlio, potete farlo mettendo da parte ogni forma di superiorità. Non nascondendovi dietro una immagine egoica, sarete in grado di coinvolgere vostro figlio come persona reale quanto voi.

Uso intenzionalmente la parola “immagine” in rapporto all’ego, quindi voglio chiarire esattamente cosa intendo per ego e per egoico, l’attributo ad esso associato. A quanto mi risulta, si tende a concepire l’ego in termini del proprio sé, nel senso di chi siamo in quanto persone. La parola egoico si riferirebbe dunque a un senso del sé esaltato, come quello associabile al concetto di vanità.

Per comprendere questo libro è fondamentale capire il senso completamente diverso che io attribuisco a queste due parole.

Intendo sostenere che quello che normalmente si considera come ego non è affatto il nostro vero sé. Personalmente, concepisco l’ego più come un nostro ritratto mentale di noi stessi che potrebbe essere lontano dalla nostra identità profonda. Tutti durante lo sviluppo abbiamo una simile immagine di noi stessi. Essa è autoprodotta comincia a formarsi in noi da piccoli ed è ampiamente determinata dalle nostre interazioni sociali.

L’ego, nella mia concezione personale, rappresenta un senso artificiale di noi stessi. Si tratta di un’idea che abbiamo di noi stessi, basata più che altro sulle opinioni altrui. È la persona che abbiamo imparato a credere di essere, il concetto che abbiamo di noi stessi. Questa immagine si sovrappone alla nostra reale essenza. Una volta che questa immagine si è formata durante la nostra infanzia, tendiamo a restare spasmodicamente aggrappati ad essa. Sebbene questa nostra idea di chi siamo sia ristretta e limitata, il fiderò del nostro sé, cioè il nostro essere fondamentale, la nostra essenza, è illimitato. Esiste nella più completa libertà, non ha aspettative sugli altri, né paure o sensi di colpa. Sebbene vivere in tale stato possa sembrare stranamente distaccato, in realtà ci dà il potere di entrare in sintonia con gli altri in modo realmente significativo, perché rappresenta l’essere autentico. Una volta distaccati dalla nostra aspettativa di come l’altro dovrebbe comportarsi e dopo averlo incontrato tale e quale è, l’accettazione che inevitabilmente dimostriamo nei suoi confronti induce una sintonia spontanea. Questo avviene perché l’autenticità risuona automaticamente con altra autenticità.

Poiché siamo così vicini al nostro ego, al punto da immaginare che esprima la nostra vera identità, esso risulta difficile da individuare. Infatti, a parte le manifestazioni egoiche più ovvie, quali la vanagloria e la mania di grandezza, l’ego tende a restare quasi sempre nascosto, il che gli consente di imbrogliarci, facendoci credere di essere il nostro sé genuino.

Un esempio di come l’ego si maschera da vero sé emerge dal fatto che molti di noi sono inconsapevoli che tante delle nostre emozioni sono forme di ego dissimulato. Per esempio, quando diciamo “Sono arrabbiato,” immaginiamo che sia il nostro nucleo spirituale ad esserlo. La realtà invece può essere molto diversa. Infatti è del tutto possibile che in realtà, a un determinato livello, stiamo resistendo a una situazione che si è verificata, preferendo aggrapparci a come pensiamo che le cose dovrebbero essere. Se poi scarichiamo sugli altri la nostra collera, questa dà luogo a una piena esplosione egoica.

Come abbiamo appreso dall’esperienza personale, il nostro attaccamento alla rabbia o ad altre emozioni quali la gelosia, la delusione, il senso di colpa o la tristezza, finisce poi per provocare una sensazione di separatezza tra noi e gli altri. Questo avviene perché, non riconoscendo la nostra collera in quanto reazione egoica, crediamo che faccia parte della nostra essenza individuale. Mascherati da vero sé, gli attaccamenti egoici offuscano la nostra capacità di rimanere in uno stato di gioia e di unione con il tutto.

Talvolta il nostro ego è incanalato dalla nostra professione, dai nostri interessi o dalla nostra identità nazionale. Affermiamo: “Sono un giocatore di tennis”, “Sono religioso”, o “Sono americano”. Niente di tutto ciò riflette chi siamo interiormente. Piuttosto si tratta di ruoli a cui ci aggrappiamo, spesso senza nemmeno rendercene conto, tanto che finiscono per creare ben presto in noi un senso delflo. Se qualcuno mette in dubbio uno dei nostri ruoli, ci sentiamo minacciati, immaginando che qualcuno stia attaccando noi. Quando questo accade, anziché liberarci degli attaccamenti egoici al nostro senso dell’Io, tendiamo ad aggrapparci all’ego ancora di più. Questo attaccamento all’ego è alla base di molti conflitti, divorzi e guerre.

Con ciò non intendo alludere al fatto che l ego rappresenti qualcosa di negativo che non deve esistere. Al contrario, l’ego di per sé non è né buono né cattivo: esso, semplicemente, esiste. Rappresenta una fase del nostro sviluppo che ha un suo scopo, proprio come lo ha il guscio afl’interno del quale si forma il pulcino prima della schiusa. Il guscio ha un ruolo da svolgere durante la formazione del pulcino. Tuttavia, se anziché essere frantumato e scartato rimanesse intero al di là del periodo in cui funge da protezione, impedirebbe lo sviluppo del pulcino. Allo stesso modo, anche l ego ha bisogno di essere progressivamente smantellato, in favore del ritorno del nostro vero sé dalle nebbie dell’infanzia.

Anche se potremmo non liberarci mai completamente dell’ego, essere consci del ruolo di genitori ci impone di diventare sempre più consapevoli dell influsso esercitato dall’ego. La consapevolezza è trasformativa e rappresenta l’essenza del nostro divenire genitori consapevoli. Più consapevoli diventiamo, più riconosciamo tutti gli aspetti del vivere che ci hanno tenuti nella morsa dei condizionamenti nascosti da noi subiti durante il nostro sviluppo, per poi trasmetterli ai nostri figli. Nelle pagine di questo libro tratteremo svariati casi che illustrano i molti modi in cui ciò si realizza, desunti dalla vita vera di persone che vi farò conoscere.

Diventare consapevoli che l’ego non corrisponde a chi voi siete realmente e capire come vi induce a crederlo, richiede di osservare quei momenti in cui si apre un piccolo spiraglio che vi consente di cogliervi nell’atto di pensare, provare emozioni o avere comportamenti non del tutto fedeli a voi stessi. Cominciando a far caso a quei momenti, vi ritroverete spontaneamente a prendere le distanze dal vostro ego.

Questo testo è estratto dal libro "Guida per Diventare un Genitore Consapevole".

Data di Pubblicazione: 29 settembre 2017

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