Scopri l'esperienza del vivere lo stato meditativo nella gioia e nell'estasi leggendo l'anteprima del libro di Dawson Church.
Che cosa si prova in stato d’illuminazione?
Stamattina, mentre sono seduto a meditare, cercherò di descriverlo, come un viaggiatore che racconta la sua esperienza agli amici da un Paese lontano.
Innanzitutto chiudo gli occhi e seguo i sette passi dell’ecomeditazione. Picchietto sui punti di agopressione per liberare il mio corpo dallo stress e da qualsiasi ostacolo mentale ed emotivo al raggiungimento della pace interiore. Rilasso la lingua sul fondo della bocca, respiro attraverso il cuore e rallento la respirazione ad atti di sei secondi. Immagino la mia spiaggia preferita e le persone che più mi sono care che vi giocano, poi invio un raggio d’energia del cuore a quella scena. Dietro agli occhi dipingo un grande spazio vuoto.
Percepisco il mio corpo e sono vagamente conscio di ciò che mi circonda, ma la mia coscienza è quasi tutta concentrata sull’esperienza che sto vivendo a livello di pure sensazioni.
Il mio cervello e il mio corpo sono sommersi da ondate di grande gioia. Di tanto in tanto, tremo o ondeggio lievemente perché sono colpito da un’altra ondata d’estasi. Mi concentro profondamente sullo spazio al centro del mio essere. La fronte e la scatola cranica mi formicolano nel punto in mezzo alle sopracciglia in cui la connessione con questo stato elevato di consapevolezza si ancora più fortemente al mio corpo fìsico.
È facile scivolare fuori da questo spazio: basta uno solo pensiero che si collega a un altro e che in un baleno distoglie la coscienza dallo stato d’illuminazione. Mi accorgo che sto mentalmente formulando una lunga email al mio responsabile del marketing. “So che vorresti una pagina per consentire l’accesso al sito, ma ritengo che prima ci voglia un’intera pagina commerciale per illustrare meglio il nostro programma.” Poi mi viene in mente una diatriba etica con un collega: “Consigliare la sostituzione dell’anca a un paziente così anziano è stato veramente eccessivo.”
La mia mente è attraversata da scene del film che ho guardato ieri sera: “Ma era corretto l’accento scozzese dell’attore che interpretava re Roberto di Scozia?”. Frammenti di sogni bizzarri (indosso solo un perizoma di piume; friggo delle uova per Tony Robbins all’aeroporto di San Francisco) e idee su come presentare i dati nel rapporto scientifico che sto scrivendo (“Mi conviene usare un test t o un’analisi della varianza?”) mi si affacciano alla coscienza. E poi l’attacco d’artrite di qualche giorno fa (“Non è che un giorno mi toccherà farmi operare al ginocchio?”). Poi mi rendo conto che non ho ancora scritto il discorso programmatico che avrei già dovuto consegnare (“L’organizzatore del convegno mi manderà un’ulteriore email stizzita?”). E un milione di altre distrazioni.
Ogni volta che succede, rifocalizzo l’attenzione. E come sintonizzarsi su una stazione radiofonica di cui si perde facilmente il segnale e si cerca di ritrovarlo girando la manopola su una stazione diversa, che però è carica d’ansia e di stress.
Ma io conosco bene la stazione della gioia. So che musica trasmette e che cosa prova il mio corpo quando sono completamente assorto. Avendo vissuto quest’esperienza molte volte, di solito riesco a trovare quella stazione nel giro di pochi minuti dopo aver chiuso gli occhi.
Mi risintonizzo e provo immediatamente un ampliamento della coscienza, un senso di connessione con tutto l’universo. Mi sento accolto come se fossi tornato a casa. In questo stato di coscienza l’unica realtà è il benessere totale.
Quando mi riconcentro, il mio cervello, la mia mente e il mio corpo sono sommersi da un’altra ondata di gioia profonda. Sento che la mia coscienza si eleva dallo stato normale, come un palloncino che si solleva nel vento, per congiungersi e fondersi con una coscienza così vasta ed estesa che non ha confini.
So che è la stessa intelligenza che mantiene l’universo in un ordine perfetto. Sentire che è giusto così fa reagire tutte le cellule del mio organismo. Ognuna di esse sa che è tornata a casa, che è connessa alla coscienza universale nella quale è confluita la mia mente. L’ambito della realtà contingente della mia mente e del mio corpo si abbandona all’unione con la realtà non locale dell’universo.
In questa consapevolezza non c’è spazio per le preoccupazioni, i dubbi, le paure. I pensieri ansiogeni che avevano accompagnato l’inizio della seduta di meditazione ora sono lontanissimi, come il palloncino che s’innalza al di sopra del mondo della realtà ordinaria e contingente.
Il respiro rallenta, diventa più profondo e si connette con la grande coscienza universale. Ogni inspirazione fluisce da quella coscienza, mentre ogni espirazione fluisce dentro quella coscienza. Il mio corpo è inondato da una calda sensazione di benessere. Quando avevo iniziato a meditare l’aria del mattino era frizzante, ma ora il mio corpo è riscaldato dal tepore della connessione.
Ogni volta che mi riconcentro noto sopra la testa un vortice di luce di un biancore argenteo e luccicante. Mi lascio andare in alto attraverso il portale e mi ritrovo immerso in una luce uniforme. Abbasso lo sguardo verso la mia mente e la vedo inondata della stessa luce bianca. Il mio cervello è illuminato.
Tutto si dissolve in quella luce: non ci sono né il corpo, né il Sé, né la mente, né l’universo. Solo la luce, che semplicemente “è”, non ha inizio né fine, si estende all’infinito. C’è soltanto quello; non c’è nient’altro che luce in questo mondo reale di luce. Mi perdo e divento un tutt’uno con la luce.
Al centro della fronte, nel punto in cui la connessione con il tunnel di luce è più forte, sento una pressione. Una musica angelica mi riecheggia nel cervello, dando un suono alla luce. Il mio corpo oscilla spontaneamente da un lato all’altro. I muscoli si contraggono mentre l’energia li pervade a fiotti. La luce estatica dell’unione con il tutto attraversa il mio corpo spazzando via ogni sensazione. In fondo alla bocca, assaporo gocce di dolcissima ambrosia. Il mio cuore è colmo di un vasto senso di calma.
Radicato nella gioia
Apro gli occhi e poso lievemente lo sguardo sull’ambiente che ho davanti. Poi li richiudo. Una volta radicato nella gioia, non ha più importanza che io tenga gli occhi chiusi o aperti. Sono comunque in grado di conservare questo stato di coscienza ampliato. Ho intenzione di portare questa consapevolezza nella mia giornata lavorativa dopo la meditazione. Non voglio pensare o agire in nessun altro stato.
Dopo un po’ abbasso nuovamente lo sguardo sul mio corpo seduto sulla sedia. Mi rendo conto che ho fluttuato in comunione con la luce e compiacendomi dell’estasi per molto tempo. Il cuore mi si riempie di gioia e gli occhi di lacrime perché sono sopraffatto dalla gratitudine: per la mia vita esattamente così com’è; per ogni dettaglio della mia esistenza; per qualunque cosa accadrà in futuro. Rendo grazie per tutto e mi connetto con chiunque stia meditando in questo stesso momento in qualsiasi luogo del Pianeta.
Apro gli occhi e guardo la luce solare all’esterno della stanza in cui sto meditando. Sono nuovamente consapevole dello spazio e del tempo. Il caffè nella tazza che mi sono dimenticato fra le mani si è completamente raffreddato.
Lungo le guance mi scorrono lacrime di gratitudine. Osservo la scritta sulla tazza: “Affronta il viaggio con gioia.” Dopo esserci trasferiti nella casa che ha sostituito quella distrutta dal fuoco, andai a caccia di tazze con frasi motivazionali. Quelle lasciatemi in eredità dal centro accoglienza per le vittime dell’incendio con diciture come “Associazione dei rivenditori di attrezzature per l’edilizia” o “Anche il mio cagnolone beve dalla mia tazza” mal si addicevano allo stato meditativo e alla sua energia.
Sono riconoscente per tutto: per le mani che reggono la tazza del caffè, per i piedi che mi permettono di camminare, per il respiro che dà vita a ogni mia cellula, per la connessione con l’universo, per le persone meravigliose che mi circondano.
Chiudo gli occhi e mi ritrovo immediatamente nella luce. Li apro e la luce permane.
Come in trance mi alzo per versarmi del caffè caldo.
Mia moglie si è alzata ed entra nella stanza per prendersi il caffè. Ci abbracciamo senza parlare. Io affondo il viso fra i suoi capelli e sono rapito dalla loro fragranza.
Ci guardiamo profondamente negli occhi e non diciamo nulla mentre anche lei si siede a meditare. Quando richiudo gli occhi ritorno allo stato d’illuminazione.
La mia giornata ha inizio
Mi ricordo che ho un appuntamento dopo meno di un’ora e che devo prepararmi, stabilire le priorità della giornata, fare prima le cose più importanti e poi leggere le email. Ma soprattutto portare l’energia di quella prima ora di meditazione nelle normali attività quotidiane. Il processo di comunione con l’universo ora è completo.
Dal mio stato d’illuminazione invio amore a tutte le persone e cose che incontrerò durante la giornata lavorativa: ai miei capaci collaboratori, a coloro a cui oggi telefonerò o scriverò un’email, a tutti quelli che partecipano a un progetto di ricerca o di formazione.
Entro in sintonia con tutte le persone che vedrò, che conoscerò e con cui interagirò in futuro, attraverso i miei blog, i corsi a distanza, le trasmissioni radiofoniche, i podcast, le email, i social network e i discorsi. Mi sento connesso con tutte le persone del mio futuro e del mio passato. Sento che il mio cuore emana amore per tutti.
Porto con me l’impronta indelebile del tempo trascorso in comunione con l’infinito. So che pervaderà tutta la mia giornata, innalzando la mente a un livello che sarebbe al di sopra delle mie capacità se non mi fossi centrato all’inizio del giorno.
Le intuizioni e le idee che sorgono durante e dopo la meditazione di solito sono di una genialità ben superiore a quella del mio normale stato di coscienza. Da questo punto di vista elevato opero connessioni che non sono alla portata del mio normale stato di coscienza.
So che troverò soluzioni, risolverò problemi e compirò svolte che non farei mai se le mie attività giornaliere non fossero pervase dalla saggezza, dalla creatività, dalla lucidità e dalla gioia dell’illuminazione. Questo mi permette di vivere una vita fondamentalmente diversa da quella basata sulla coscienza ordinaria.
Avevo vissuto così per molto tempo prima di scoprire l’estasi della connessione con l’infinito. Al livello della realtà ordinaria, ero convinto che le mie paure fossero reali, che i miei limiti fossero oggettivi, che il mio Io attuale fosse determinato dalle mie esperienze passate. La mia mente era intrappolata in un piccolo sottoinsieme di possibilità.
Ora, sapendo che lo stato di coscienza ampliato esiste e che con la meditazione posso raggiungerlo ogni giorno, vedo possibilità illimitate. Non sono più prigioniero della piccola mente locale che considera i problemi una realtà e i limiti come dati di fatto. Quando il mio cervello è illuminato vedo miriadi di possibilità in cui quei problemi e quei limiti smettono di esistere. Sono reali solo a quel livello limitato della mente e scompaiono quando decido consapevolmente di innalzare la coscienza al livello dell’infinita mente non locale.
Poi porto le soluzioni e le possibilità di quello stato elevato nel mio percorso di vita quotidiano e mi creo un vissuto completamente diverso da quello di un’esistenza imprigionata nella mente locale.
Medito ogni mattina - è raro che salti un giorno - quindi la meditazione è il punto di partenza della mia giornata. Quando ripenso ai tanti anni che ho alle spalle, mi sembra che l’unica cosa che conti siano le meditazioni quotidiane: il mio tempo nel mondo reale, il mio tempo nell’estasi. È la sutura che tiene insieme tutto il tessuto della mia vita. Questa sensazione di connessione ampliata è l’esperienza più importante della mia vita, la luce che illumina ogni altra.
Data di Pubblicazione: 18 maggio 2021