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Il processo base di fermentazione
Considero la fermentazione un’arte facilmente adattabile alle necessità individuali, ma essa si rivela preziosa soltanto quando la nostra comprensione del processo è completa. In sostanza, se vogliamo sfruttare tutte le potenzialità di questo strumento, è meglio prima di tutto sapere come funziona. Gli alimenti fermentati sono vecchi come il cibo stesso. Controllano semplici processi biologici per creare un alimento che, grazie alle trasformazioni che subisce, si conserva meglio e migliora le proprie qualità. In un mondo in cui la maggior parte dei processi artificiali di fatto degradano la naturale bontà di un cibo, oppure richiedono un bel po’ di strumenti artificiali per la conservazione, la fermentazione rappresenta una stimolante alternativa.
Il processo di fermentazione è semplice. I microrganismi esistono ovunque, anche sul cibo che mangiamo e nell’aria che respiriamo. Le verdure e i cereali ricevono una dose di batteri dal terreno in cui crescono. I latticini crudi contengono una miriade di organismi benefici, che possono essere controllati offrendo loro il corretto ambiente in cui prosperare. Sulla strada c’è un bivio che tutti i cibi devono prendere. Un percorso conduce verso la completa decomposizione, con cui il cibo torna alla terra. L’altra biforcazione fa una breve sosta, che consente al cibo non solo di conservarsi e di restare commestibile, ma anche di essere effettivamente valido per l’organismo umano. Questo secondo percorso è detto “fermentazione”.
Un buon esempio è offerto dalla fermentazione degli ortaggi. Un cetriolo riceve la propria composizione microbica dal terreno in cui cresce. Mettetelo in acqua salata a una temperatura compresa tra 10 e 26 °C: non passerà molto tempo che i batteri cominceranno a moltiplicarsi. Con questa proliferazione si produce una sostanza detta acido lattico. Da qui deriva il termine fermentazione lattica, che non si riferisce all’uso di latticini o siero di latte, come a volte si immagina. Piuttosto, allude al tipo di batteri che si moltiplicano e al risultante acido lattico, che conserva il cibo.
Alla fine, il vostro vasetto di cetrioli comincia a ribollire: succede perché quando i batteri banchettano con gli zuccheri semplici si produce anidride carbonica, un sottoprodotto della fermentazione che torna utile. Infatti sposta l’ossigeno in un dispositivo sigillato, mantenendo così l’ambiente anaerobico necessario per una corretta fermentazione delle verdure.
A questo punto, avete un buon numero di batteri, soprattutto quelli dell’acido lattico. Avete acidi organici, principalmente acido lattico ma anche acetico (aceto). Potreste avere anche un po’ di lievito sulla superficie della salamoia, cosa normale che, finché non prende il sopravvento, va bene.
Lo stesso processo si applica ai cereali quando si prepara il lievito acido. Mescolate acqua e farina e introducete ossigeno. All’inizio i batteri si moltiplicano e apparentemente prendono il sopravvento ma, grazie all’ossigeno e agli zuccheri semplici, i lieviti cominciano a proliferare e alla fine si ha una coltura simbiotica contenente sia batteri sia lievito. Durante il processo di fermentazione si produce anidride carbonica, che poi fa gonfiare il pane.
Simili processi avvengono quando si producono yogurt, kefir di latte, kombucha, crauti ecc. Si tratta di un processo capace di conservare verdure e latticini e di rendere il pane leggero e digeribile. Tutto ciò, predigerendo il cibo e aggiungendo enzimi, probiotici e vitamine che rendono il prodotto finale migliore per l’organismo rispetto al cibo crudo di partenza.
Ha davvero quasi del miracoloso.
I cibi fermentati nella conservazione degli alimenti
Molta della moderna retorica intorno ai cibi fermentati fa riferimento semplicemente al fatto di offrire più cibi probiotici all’organismo. È un ottimo esempio dell’uso del cibo come medicina per chiudere il ciclo tra l’uomo e la terra. Ma è solo un lato della moneta. Viviamo in un’epoca di abbondanza, con tante opzioni e ben pochi momenti davvero difficili. Quando per la sopravvivenza dipendevamo completamente dalla terra e dal lavoro delle nostre mani, il concetto di probiotico non faceva ancora parte della retorica. E se anche lo fosse stato, sarebbe stato in fondo all’elenco delle priorità di conservazione dei cibi.
Credo tuttavia che i nostri antenati sapessero istintivamente che i cibi fermentati non soltanto permettevano la conservazione, ma lo facevano anche in un modo che li aiutava a superare i mesi in cui non si trovava nulla di fresco. Dal gorgogliamento dei crauti e dall’acidulo del kefir, devono aver saputo che i cibi fermentati erano vivi.
Così, io vedo la fermentazione come una tecnica sfaccettata. E un mezzo di conservazione dei cibi. È un modo per far entrare nella mia famiglia più alimenti vivi. E allo stesso tempo una medicina, una fonte di nutrimento e di sostenibilità. In quest’ottica, a volte faccio fermentare un bel po’ di verdure dell’orto, e a volte scelgo altre forme di conservazione.
Fermentazione e conserve a confronto
Se in precedenza avete messo via i vostri raccolti sotto forma di conserve, la fermentazione può sembrarvi un enigma. In questa pratica non serve aggiungere aceto, la bollitura è una cattiva prassi e lasciare i vasetti incustoditi per anni non è nella sua ottica. La fermentazione non si esaurisce in poche azioni, è un processo. C’è l’intenso periodo iniziale, che avviene a temperatura ambiente, ma non basta semplicemente mettere le cose in fresco e dimenticarsene. Le cose possono cambiare in quei vasetti che avete messo da parte: ecco perché i vecchi testi suggeriscono di controllare i crauti nel caso stiano accanto al cesto di mele in cantina.
Perciò trovo negativo dichiarare che la fermentazione lattica è un perfetto sostituto dell’inscatolamento. Intanto, i processi sono completamente differenti, e come tali dovrebbero essere distinti. Tuttavia, è ancora più importante il fatto che c’è posto per entrambi nell’ambito della conservazione sostenibile dei cibi.
Per esempio, qui in Texas io non faccio fermentare le verdure nei mesi estivi. Fa troppo caldo per garantire un processo sicuro, che conservi a lungo i vegetali. Scelgo invece l’essiccazione e l’inscatolamento per mettere via gli alimenti. Poi, quando arriva l’autunno, torno a far fermentare qualsiasi vegetale coltivato da noi, reperito localmente o acquistato nei negozi di alimentari, per rifornirci con una bella scorta di crauti e sottaceti per i pochi mesi invernali che sopportiamo.
A seconda della zona climatica in cui vivete, potete alternare vari metodi di conservazione per ottenere il meglio dal cibo. La fermentazione viene prima di tutto (per ragioni di salute); poi scegliete l’essiccazione, la conservazione in barattolo o il congelamento, a seconda delle circostanze. “Puntare tutto su un solo cavallo”, come dice il detto popolare, non è molto sensato.
Funziona invece individuare le priorità. Per prima cosa, se possibile, utilizzo i fermenti, che sono cibi vivi. Secondariamente essicco, perché nel nostro clima asciutto non richiede quasi risorse. Dopo aver usato queste due tecniche ricorro anche ai barattoli, e mi rimane ancora molto da conservare a lungo termine. Naturalmente, parlo principalmente di vegetali, che possono essere preservati a lungo tramite la fermentazione.
Latticini, cereali e frutta possono essere conservati per brevi periodi mediante la semplice fermentazione acido-lattica. Trasformare il latte in kefir dà prevedibilmente luogo a un latte acido che può stare nella credenza per vari giorni. Il pane con la pasta madre si conserva molto più a lungo di altri tipi di pane acquistati in negozio, grazie all’acidità del suo impasto. La frutta può essere fatta fermentare con i metodi acido-lattici, ma a lungo andare si forma alcol, perciò i migliori sistemi sono essiccazione, conservazione in barattolo e produzione di bevande alcoliche.
I cibi fermentati come medicina
L’adagio «Lascia che il cibo sia la tua medicina» è rivoluzionario, in tempi come questi. Quando oltre il 90% degli alimenti disponibili nei supermercati è più tossico che tonico, è chiaro che stiamo combattendo una difficile battaglia.
Malgrado ciò, come per molte altre cose, dobbiamo solo guardare indietro per trovare soluzioni vere e durature. «Mangia come una volta», sento dire spesso, e anche: «Mangia i cibi che la tua bisnonna avrebbe mangiato». Di quante generazioni dobbiamo tornare indietro prima di renderci conto di quanto la nostra sia rovinata?
I vecchi cibi contengono una memoria dei semi, del suolo lavorato da mani callose o del muso dell’animale che veniva accudito. I vecchi cibi hanno radici, profondamente piantate nelle tradizioni di civiltà che sopravvivevano su nulla di costoso o che durasse tutto l’anno, ma piuttosto di semplice e stagionale. I vecchi cibi e i loro metodi furono tramandati per il bisogno di sopravvivere e di nutrirsi.
I cibi fermentati sono vecchi cibi.
Usare i cibi fermentati come medicina divenne per me una realtà quando mi resi conto che siamo davvero ciò che mangiamo. Affermerei perfino che quando consumiamo prodotti animali siamo quello che la bestia mangia. La misteriosa bellezza degli alimenti fermentati sta nel fatto che davvero traggono gli stessi batteri dal terreno in cui sono coltivati e li moltiplicano per creare acido lattico, favorendo così la conservazione. L’uomo non è altro che il catalizzatore tramite cui si verifica il giusto ambiente; deve ancora creare un sistema altrettanto brillante dal punto di vista olistico e sostenibile come la fermentazione lattica.
Data di Pubblicazione: 7 febbraio 2019