Scopri come distinguere autonomamente ciò che fa bene da ciò che fa male al tuo organismo leggendo l'anteprima del libro di Michele Riefoli.
Perché il nome VegAnic?
“Veg” è la parte iniziale della parola “vegetale” ed è riferita quindi a un’alimentazione che utilizzi prevalentemente o totalmente cibi vegetali.
“Anic” è l’acronimo di Alimentazione Naturale Integrale Consapevole. Si tratta di un metodo educativo di nutrizione a base vegetale per promuovere, migliorare o conservare un ottimale stato di salute e di benessere psico-fìsico. E anche un sistema alimentare capace di favorire lucidità mentale, buon umore, energia fìsica e sviluppo percettivo. Il sistema VegAnic ha un approccio scientifico-educativo ed è finalizzato alla realizzazione di una solida consapevolezza alimentare attraverso il ripristino dell’istinto naturale e della capacità di riconoscere autonomamente ciò che fa bene e ciò che fa male al proprio organismo.
Le ragioni della scelta
In questo libro, si approfondiscono i principi di un’alimentazione sana e rispettosa della nostra natura umana che appare essere sempre più chiaramente, come vedremo, quella di un individuo strutturato, anatomicamente, fisiologicamente e persino mentalmente, per alimentarsi di cibi vegetali, integrali e biologici.
Le ragioni salutistiche, etiche ed economico-ambientali della scelta VegAnic sono supportate da dati di anatomia comparata, da conoscenze di fisiologia applicata alla nutrizione, da elementi di economia domestica e da una nuova coscienza ecologica. A sostegno di queste motivazioni vi sono una visione etica che pone tutta la vita (visione biocentrica) e non solo l’uomo (visione antropocentrica) al centro delle nostre attenzioni, e soprattutto vi è la possibilità di esercitare la capacità innata nell’individuo di osservare e percepire. Tanto è importante questo ultimo punto che nel libro viene descritta, per la prima volta, una tecnica infallibile per recuperare il proprio istinto animale andato in parte perduto: la tecnica dell’osservazione e dell’ascolto dei campanelli d'allarme. Grazie all’istinto è possibile riconoscere autonomamente il cibo che ci fa bene e quello che ci danneggia, imparando a districarsi fra teorie, consigli dietetici, articoli di giornali e programmi tv.
In queste pagine è possibile trovare, inoltre, le informazioni necessarie a sfatare diversi miti sull’alimentazione: il mito delle proteine nobili della carne, il mito del latte come alimento più completo, dei formaggi ricchi di calcio che aiutano a prevenire l’osteoporosi, dello zucchero che dà energia, del vino che fa buon sangue, del sale che dà gusto ai cibi e serve a mantenere buona la pressione sanguigna, e tanti altri equivoci che bisogna avere non tanto il coraggio, quanto il dovere di chiarire.
Nel sistema VegAnic troviamo un modello completo di nutrizione naturale a base vegetale ben bilanciata, capace di soddisfare le esigenze del corpo e della mente e di porre al riparo da rischi di carenze nutrizionali. E un sistema alimentare adatto sia alle persone sane e desiderose di rimanere tali, sia alle persone che, per una ragione o per l’altra, hanno bisogno di porre maggiore attenzione alla propria alimentazione per motivi di salute. La dieta VegAnic è in grado di farsi apprezzare da molti, perché propone cibi buoni, nutrienti, consoni alla natura umana, lontani dalle diete-sacrifìcio, ricchi di colori e di sapori della nostra terra, e quindi un regime alimentare costruito con cibi che appartengono prevalentemente alla tradizione italiana, sud-europea e mediterranea e perciò più vicina alle nostre esigenze culturali e nutrizionali.
La storia di VegAnic
La storia cominciò nel 1984 quando venni a conoscenza dell’esistenza di un particolare sistema nutrizionale. Allora frequentavo ancora l’ultimo anno dell’Istituto superiore di educazione fisica della Lombardia a Milano, quando il professor Lucio Ongaro, pioniere dell’igienismo in Italia, docente universitario e a sua volta allievo del dott. Andrée Michel Ballias, un medico ayurvedico di origine francese formatosi in India durante e dopo la seconda guerra mondiale, mi introdusse nella sua Scuola di rieducazionefunzionale dell’organismo. Lì appresi i segreti di una nutrizione a base vegetale dai risvolti assolutamente rivoluzionari per quei tempi. La scuola aveva sede centrale ad Aix en Provence, nel sud della Francia, mentre sedi italiane furono aperte in Sardegna, Lombardia e Trentino Alto Adige.
Come molti sapranno, l’ayurveda (letteralmente “scienza della vita”), è la più antica medicina tradizionale di cui si abbia traccia. Sviluppatasi in India più di 6.000 anni fa, essa ha sempre avuto legami molto stretti con lo yoga. Il dott. Ballias introdusse in Europa una serie di antichi insegnamenti yogici e ayurvedici tramandati verbalmente da maestro ad allievo, che riguardavano in generale lo stile di vita: alimentazione, igiene personale, esercizio fisico e altre pratiche.
La cosa sorprendente fu il constatare come negli insegnamenti antichi di questi maestri vi fossero racchiuse conoscenze che stanno venendo scoperte o convalidate solo oggi dai moderni scienziati.
Solo a scopo esemplificativo, ricordo che già negli anni ’80 del Novecento il dott. Ballias pur prescrivendo ai suoi allievi l’utilizzo alimentare di cereali e legumi germogliati per le loro straordinarie proprietà nutrizionali, vietava il consumo di alcuni legumi germogliati (quindi crudi) come per esempio i fagioli, mentre al tempo stesso consigliava quello di altri, come i ceci, le lenticchie o la soia verde e rossa.
Oggi, la scienza sa che nei fagioli crudi vi è la presenza di emoagglutinina, una sostanza antinutrizionale capace di disorganizzare i villi intestinali di alcuni soggetti e di provocare stati di malessere, vomito, dolori addominali, emorragie. Fu solo verso la fine degli anni ’90 che i medici cominciarono a osservare che diverse persone in trattamento antiobesità si ammalavano più o meno gravemente o addirittura morivano improvvisamente. Al di là delle considerazioni che si potrebbero fare sulle cause dell’obesità e sull’opportunità di curarla con pillole dimagranti, resta interessante il fatto che il dott. Ballias conoscesse la problematica decenni prima della “scienza ufficiale”, e cioè che i fagioli crudi, compresi i fagiolini verdi (cornetti) erano pericolosi per la salute, a tal punto da vietarli ai propri allievi.
Come faceva a sapere che i ceci germogliati andavano bene e i fagioli germogliati no, non avendo a disposizione mezzi tecnologici per spiegare taluni fenomeni biomolecolari? Ma ancor più, come facevano i medici ayurvedici suoi maestri, indiani o tibetani che fossero, da cui egli stesso ha appreso certe conoscenze, a sapere queste nozioni da centinaia o da migliaia di anni?
Possiamo solo immaginarlo e pensare che probabilmente essi abbiano usato la conoscenza che derivava dall’osservazione e dall’esperienza, che poi si sono tramandati verbalmente.
Questa vicenda dei fagioli crudi tossici ricorda una storia analoga. La storia di Pitagora, il matematico e filosofo greco di cui tutti abbiamo sentito parlare, il quale già 2.500 anni fa vietava ai suoi adepti e allievi persino di avvicinarsi a un campo di fave. Per questa sua “strana fissazione” veniva spesso deriso dai suoi colleghi scienziati del tempo, i quali avrebbero avuto ben poco da scherzare e da prendere in giro il Maestro se solo avessero saputo che le fave e persino il polline dei fiori di fava erano un veleno mortale per i portatori di un deficit enzimatico trasmesso geneticamente, affetti da una malattia endemica nel bacino del mediterraneo ancora ai giorni nostri e conosciuta col nome di favismo. Pitagora agiva consapevolmente per il bene del prossimo, ma come spesso accade, da sempre, chi è più avanti ne paga le conseguenze quando a comandare ci sono gli invidiosi o gli ignoranti.
Comunque, oltre agli aspetti nutrizionali, nella Scuola di rieducazione funzionale dell’organismo, appresi anche alcuni esercizi fisici posturali e respiratori, semplici e incredibilmente efficaci, capaci di riequilibrare il sistema corpo-mente preservando salute e benessere. Tutto ciò andò a compendiare la mia formazione accademica di educatore fisico (scolastico, sportivo, rieducativo e riabilitativo) e a stimolare positivamente la mia attività d’insegnante di educazione fisica allargando notevolmente i miei orizzonti conoscitivi di allora.
Fu una straordinaria e importante esperienza formativa, grazie alla quale maturai la passione per lo studio dei principi di natura per quanto concerne l’alimentazione e l’esercizio fìsico, in un contesto di più generale interesse circa i meccanismi corporei e le loro interrelazioni con quelli mentali e della coscienza.
Dopo la chiusura della Scuola in Italia e il suo trasferimento negli USA nel 1986, continuai la ricerca e i miei studi che comprendevano anche gli aspetti mentali dell’alimentazione e, più tardi, quando constatai che per molti anni, nessuno fra gli allievi più anziani del dott. Ballias si assunse la responsabilità di promuovere e divulgare questi insegnamenti, spinto dalle continue richieste di amici e conoscenti, decisi di avviare a Milano i miei primi corsi di “Alimentazione Naturale Yogica Consapevole” (ANYC). Nei primi anni l’approccio fu piuttosto di nicchia, ma in seguito, grazie alla maggiore coscienza del bisogno di salute e benessere che è andata diffondendosi nella società, ho creduto necessario ampliare l’offerta formativa, rivolgendomi a un pubblico sempre più vasto. Oggi, grazie anche alle conferme in campo scientifico che continuano fortunatamente ad arrivare e a dare fiducia a tutti i praticanti, abbiamo un sistema nutrizionale i cui effetti benefici, ben collaudati e dimostrati dall’esperienza, si applicano a tutti e a ogni fascia di età. I principi su cui si basa questo modello, almeno per quanto riguarda il piano strettamente nutrizionale, sono di fatto sostenuti e condivisi da autorevoli organismi nazionali e internazionali di dietetica e nutrizione.
Tutto ciò mi ha indotto a rinominare l’acronimo passando da ANYC a ANIC (“integrale” al posto di “yogica”) e di conseguenza a VegAnic, intendendo con quest’ultimo termine l’attuale sistema di consapevolezza alimentare e il modello nutrizionale a base vegetale che si avvale di cibi integrali prodotti in modo naturale.
Che differenza c’è fra VegAnic e altri tipi di diete similari?
Desidero precisare per corretta informazione, che VegAnic, pur essendo anch’esso un sistema nutrizionale che promuove l’uso di cibi biologici e integrali, si differenzia dalla macrobiotica e da altre metodiche nutrizionali affini. Questo sia perché utilizza prevalentemente cibi e gusti della nostra tradizione mediterranea, sia perché dà la giusta importanza agli alimenti crudi. VegAnic, inoltre, pur promuovendo da molti anni un’alimentazione a base vegetale, non è identificabile tout court con una generica alimentazione vegetariana, e non perché non ne condivida i principi e i valori, tutt’altro, ma semplicemente perché questo sistema non si limita a informare su cosa mangiare per avere un’alimentazione ottimale sotto l’aspetto salutistico, etico, ecologico ed economico, ma ambisce innanzitutto a educare (e dove necessario rieducare) il corpo e le abitudini degli individui affinché ritornino liberi di scegliere la loro alimentazione naturale con consapevolezza.
In sostanza, il sistema VegAnic include gli aspetti educativi e formativi basati sull’esperienza concreta. Un vero training che ha come obiettivo finale la libertà dagli schemi mentali di attaccamento al cibo, il conseguimento di uno stato di salute e benessere superiori, una migliore conoscenza di se stessi e un’accresciuta sensibilità ecologica ed etica.
L’obiettivo educativo del sistema VegAnic è quello di favorire il risveglio dell’istinto naturale e della capacità di attenzione e d’ascolto attivo nei confronti del proprio organismo, andando oltre i cinque sensi principali e aprendosi alle altre molteplici percezioni. Perciò, a cominciare dal cibo possiamo trasformare il corpo e la mente. E questo non è solo un modo di dire.
Alimentazione: atto medico o educativo?
Alimentazione sana ed esercizio fisico sono i due più potenti mezzi naturali per mantenere il corpo e la mente in salute e piena efficienza. Sono i più importanti fattori dello stile di vita capaci di garantire il massimo della longevità nella migliore qualità di vita possibile per l’individuo.
Il mio approccio al tema dell’alimentazione è fondamentalmente di tipo educativo anche se su base scientifica. In altre parole, desidero sottolineare il ruolo centrale dell’educazione nella prevenzione primaria e in particolare nella questione alimentare.
Come è noto da sempre, la responsabilità dell’alimentazione, sia a livello qualitativo che quantitativo, è tutta interna alla famiglia. In essa si convogliano, integrano e trasmettono ai figli le abitudini alimentari delle famiglie d’origine dei genitori. Così è sempre stato per centinaia di migliaia di anni, almeno fino a quando non è cominciata l’era dell’industria alimentare e conserviera, della ristorazione collettiva e della pubblicità, grazie alle quali si è passati, da sistemi alimentari quantomeno genuini e della tradizione locale, a sistemi “industriali” in cui si è quasi perso ogni riferimento qualitativo e tutto si è massificato e uniformato. Poiché la questione appare essere un fenomeno squisitamente culturale (economico, politico, sociale, etico), la famiglia, la scuola e altre agenzie educative, sarebbero le uniche risorse da spendere per salvaguardare la salute di tutti fornendo maggiore consapevolezza e promuovendo più sani comportamenti alimentari. Scuola e famiglia, purtroppo, sono però in grande difficoltà e non riescono da sole ad arginare un fenomeno degenerativo che ha coinvolto tutta la società.
Il concetto è che nonostante le difficoltà incontrate, la questione alimentare resta un problema educativo perché mangiare male non è di per sé una malattia da curare e il cibarsi non costituisce un atto medico (fatte le dovute eccezioni), anche se, ovviamente, non alimentarsi correttamente costringe il medico a occuparsi poi dei problemi di salute che ne conseguono.
Molte delle attuali malattie che ci affliggono sono imputabili allo stile di vita, e siccome la malattia non è solo un fatto personale perché incide pesantemente sul bilancio economico della comunità, è evidente che i responsabili della salute pubblica, pur non potendo imporre niente a nessuno, e nel rispetto delle libertà individuali, hanno quantomeno il dovere di segnalare alla popolazione quali siano gli stili alimentari che garantiscono maggiormente salute e benessere, in base alle evidenze scientifiche di cui si è in possesso. La sanità pubblica avrebbe il compito di aiutare la famiglia stessa, e soprattutto i giovani, a orientarsi verso comportamenti alimentari salutisti, veicolando messaggi positivi capaci di contrastare mode e tendenze diseducative che certo non mancano.
Purtroppo la sanità pubblica, che su questo argomento nicchia, è costretta a registrare clamorosi fallimenti e i dietologi sono sempre più frustrati nel rilevare che i pazienti spesso non riescono a seguire le loro indicazioni; un’evidenza sotto gli occhi di tutti.
L’approccio medico, anche se supportato da potenti mezzi d’informazione, è sempre fallimentare quando non è accompagnato da quello educativo. Il fenomeno della sempre maggiore diffusione della droga ne è la testimonianza più eclatante: oggi che c’è molta più informazione di un tempo sull’argomento, si registrano i maggiori incrementi sia di persone che ne fanno uso sia di consumi in assoluto.
Appare sempre più urgente la creazione di una figura educativa capace di parlare a tutti e in particolare ai giovani, fornendo non solo informazioni corrette, ma anche valori di riferimento, sogni, speranze, modelli edificanti, emozioni positive e risultati concreti. E necessario anche riuscire a trasmettere il concetto di sacralità del cibo la cui disponibilità è dovuta alla generosità della natura e al lavoro di altre persone. Inoltre, i più giovani, molto più sensibili degli adulti alle idealità, possono diventare protagonisti di un cambiamento culturale epocale in cui si cominci a fare del bene non solo al proprio organismo, ma anche all’ambiente, agli animali e a coloro che soffrono la fame nel mondo, attraverso una scelta alimentare conseguente.
Numerosi studi scientifici ed epidemiologici, che riporto nel capitolo 30, confermano che esiste una stretta relazione fra stili di vita alimentari e stato di salute dell’uomo e del pianeta. In particolare, tutti gli studi condotti da importanti istituti universitari e di ricerca e le più grandi agenzie mondiali per la tutela della salute e dell’ambiente concordano nell’urgenza di aumentare decisamente il consumo di cibi vegetali e ridurre significativamente quello di cibi animali.
Alimentazione e società
L’alimentazione del futuro è l’alimentazione vegetariana. Lo prevedono le statistiche quando affermano che in Italia nel 2050 la maggioranza della popolazione sarà vegetariana, ma soprattutto lo suggerisce il buon senso. Una dieta a base vegetale ben bilanciata, non solo soddisfa pienamente le esigenze nutrizionali dell’organismo in ogni fase del ciclo vitale, ma consente di soddisfare pienamente il gusto dei palati più esigenti grazie alla grande varietà di cibi da cui è possibile attingere.
Inoltre, l’alimentazione a base vegetale consente di risparmiare sui costi di produzione, consumo e metabolizzazione del cibo, con interessanti e forti implicazioni sul piano economico e socio-sanitario.
Infine, ma non per ultimo, i milioni di persone che nel mondo occidentale sostengono l’alimentazione bio-vegetariana, promuovono di fatto con i loro comportamenti una nuova cultura ambientalista in cui si rispettano i diritti del pianeta e di tutte le forme di vita che l’animano, superando la visione strettamente antropocentrica che, in modo abbastanza miope, mira a proteggere l’ambiente solo in funzione di un ottimale sfruttamento a beneficio unicamente umano. Andiamo verso un nuovo modello di etica individuale, collettiva e ambientalista, anche se oggi forse questi discorsi fanno sorridere chi considera la vita delle specie non umane e degli ecosistemi solo come un mezzo per soddisfare le proprie abitudini (non le proprie necessità) o per dar seguito ad alcune tradizioni culturali, senza che queste vengano mai messe in discussione (pensiamo alla caccia e alla pesca sportiva, alle corride e anche a certe tradizioni gastronomiche). In un futuro non molto lontano il modello etico biocentrico si affermerà. L’Uomo è in procinto di passare a un nuovo stato di coscienza e sta per liberarsi dei vecchi paradigmi legati forse romanticamente a tradizioni culturali del passato ma scientificamente ed eticamente inadeguati ai tempi moderni.
Infatti, essere vegetariani oggi, al di là dei ben documentati benefìci sulla salute, significa anche contribuire in modo originale allo sviluppo di una maggiore sensibilità nei confronti dei più alti valori di rispetto per la vita, di etica e di giustizia verso i più deboli, e verso tutti gli esseri senzienti (compreso gli animali) che come noi sperimentano emozioni (piacere e dolore, sofferenza e gioia).
Dovremmo educarci, ed educare i nostri figli, alla pace e alla non violenza, acquisendo maggiore capacità di compassione e sensibilità per gli animali, invece di tollerare, come sempre è stato fino ad oggi, ogni abuso e sopruso a loro danno. Diciamo la verità, quanti bambini sono cresciuti dando fuoco ai formicai, tagliando code alle lucertole, maltrattando gatti, cani, uccellini o pesciolini indifesi? Chi ha soffocato delle vespe sotto un bicchiere, chi ha massacrato delle meduse sulla spiaggia, e tutto ciò di nascosto dagli adulti o con la loro complice indifferenza. Non c’è da meravigliarsi poi se crescendo con tali esperienze si viva nell’indifferenza verso le sofferenze degli animali da allevamento che fanno vite letteralmente da tortura. Da qui, il passo per restare apatici davanti alle guerre fra uomini è veramente breve, come è breve l’incuranza verso il destino di centinaia di milioni di persone che soffrono la fame.
Con l’animo indurito assistiamo alle guerre fra esseri umani che consideriamo come delle competizioni sportive in cui poter sperimentare nuove tattiche, nuove armi tecnologiche e stare a guardare, che tanto a vincere sarà sempre il migliore. Gli animi più sensibili si indigneranno per qualche istante davanti a tutto ciò, ma spenti i riflettori della cronaca mediatica tutto passa nel dimenticatoio, mentre laggiù, da qualche parte continuano ad ammazzarsi.
Sia chiaro, non condivido affatto il pensiero di coloro che antepongono l’amore verso gli animali a quello verso i propri simili, ma nemmeno accetto l’idea di un diritto alla sopravvivenza dell’uomo che possa essere interpretato come “diritto all’abuso” della sua forza esercitata su forme di vita più deboli o meno abili. Oggi va sempre più affermandosi un’etica secondo la quale non è più accettabile che l’uomo si arroghi il diritto di poter privare della vita altri esseri senzienti solo per soddisfare le proprie esigenze di svago. Questo non è degno di alcuna civiltà avanzata.
Data di Pubblicazione: 11 febbraio 2020