SALUTE E BENESSERE   |   Tempo di Lettura: 10 min

Il fascino unico del running

Il fascino unico del running

Scopri come raggiungere un cambiamento radicale del tuo stile di vita attraverso la corsa leggendo l'anteprima del libro di Giorgio Calcaterra.

La magia dell’inizio

«Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia.»
William Hutchinson Murray

Quella mattina mi svegliai euforico. Avevo dieci anni e solo qualche giorno prima mi sembrava di aver toccato il fondo, perché durante un provino di calcio avevo battuto un fallo laterale passando la palla a me stesso e non, come sarebbe stato logico, a un compagno. Erano scoppiati tutti a ridere, di me e della mia ignoranza sulle regole fondamentali dello sport. Ero tornato a casa affranto: non avrei continuato né con quella squadra né con il calcio. Papà, che conosceva bene i miei gusti e il mio carattere, in effetti era sempre stato scettico. Mi aveva anche spinto, in precedenza, verso altri sport individuali, come il nuoto o le arti marziali, ma non mi divertivo, così, dopo pochi giorni, avevo mollato.

Quella domenica mattina, però, tutto mi sembrò diverso. Mangiai tantissimo: pane, marmellata e biscotti inzuppati in un bicchierone di latte. Mi sarebbe servita molta energia per portare a termine una prova come quella, soprattutto perché era la mia prima vera gara. La sera precedente, quando mio padre era rientrato dal lavoro e mi aveva parlato della sua nuova idea, mi ero sentito subito elettrizzato. Non sapevo esattamente cosa sarebbe successo, ma intuivo che quel nuovo sport mi sarebbe piaciuto.

Uscimmo di casa prima delle otto. Lui, che forse era ancora più eccitato di me anche se non lo dava a vedere, si mise alla guida dell’auto guardando la strada con l’aria di uno che la sa lunga. Con papà avevo fatto molti viaggi e conoscevo quel sorriso abbozzato: significava che dentro di sé era consapevole che stava per regalarmi una bella esperienza, e se ne compiaceva.

Al nostro arrivo al punto di ritrovo ci stupimmo per l’enorme quantità di gente. Sembrava una grande festa. Tutti indossavano magliette colorate e impeccabili tenute sportive da podisti, come si usava chiamare all’epoca i runner e i partecipanti alle gare - alle «maratone» come, ingenuamente, io e mio padre chiamavamo ogni corsa, a prescindere dalla distanza da percorrere. Si andava a fare sport all’aria aperta, a trascorrere una giornata in libertà e spensieratezza: questo contava. Io ero in tenuta da piccolo corridore, con una maglietta bianca di cotone a maniche corte e dei pantaloncini un po’ sgambati e larghi, mentre mio padre si era vestito elegante, come per andare al lavoro. Era il segnale che non mi avrebbe accompagnato lungo il percorso: mi avrebbe lasciato libero di correre, forse anche di perdermi, in quella che voleva fosse un’esperienza importante per me.

Il Circo Massimo, dove si trovava l’arco di partenza, era gremito di gente: non solo corridori esperti, ma anche famiglie, genitori con i passeggini e ragazzi della mia età. Era una grande festa travestita da corsa podistica. Si chiamava Stracittadina e si snodava lungo un bellissimo percorso di tredici chilometri, attraversando strade e piazze del centro di Roma.

Alla partenza fui travolto dalla confusione. Seguii la corrente, come un pesce nel fiume. Le gambe giravano bene: quel movimento mi veniva naturale da sempre, tanto che spesso mi era stato detto che avevo il dono della velocità, forse perché ero piccolo e leggero. Il fiato invece non era ben allenato a percorrere tutti quei chilometri, così ogni tanto rallentavo e provavo a concentrarmi sulla respirazione per riportarla a un livello più regolare: non volevo fermarmi per mancanza di ossigeno proprio alla mia prima corsa. Così, tenendo un ritmo blando e divertendomi, arrivai al traguardo sorridente. Papà mi accolse a braccia spalancate e lì capii che il mio mondo non sarebbe stato più lo stesso.

Fu quel giorno, in una splendida domenica di marzo di trentasette anni fa, che prese il via la mia lunga carriera.

Pronti, partenza... via!

Incominciare a correre è una piccola rivoluzione. All’inizio sembra solo un diversivo molto faticoso. Ma in seguito, vivendone le emozioni e beneficiando dei suoi effetti, arriviamo a comprendere in pieno ciò di cui parlano i runner esperti. Il nostro corpo, infatti, produce ben presto endorfine e ormoni della felicità, che incrementano il benessere e l’autostima. Lo stress e il nervosismo vengono lentamente soppiantati da una sensazione pervasiva di serenità.

Questo per quel che riguarda il cervello, che forse è l’organo più sollecitato dalla corsa. Ma è tutto il nostro corpo a cambiare. Se potessimo osservare con attenzione l’interno del nostro organismo, potremmo assistere a migliaia di microcambiamenti che, combinati fra loro, permettono al sistema fisiologico di ottimizzarsi. Il sangue diventa più fluido, i muscoli crescono e si rafforzano, la resistenza fisica aumenta e la respirazione migliora. E si tratta soltanto dei primi risultati.

Questi cambiamenti non avvengono nell’immediato. Serve una graduale attività fisica per innescare il processo. È come se dovessimo costruire un castello un mattone alla volta: giorno dopo giorno la struttura, per quanto grande e complessa, prende forma. Ma non può essere lasciata a se stessa troppo a lungo, altrimenti i muri che abbiamo innalzato si sgretoleranno sotto i colpi del vento e della pioggia, e dovremo ricominciare da capo. Perseveranza e continuità sono le nostre migliori alleate in questo sport naturale.

Uso il termine «naturale» proprio perché quest’attività sembra essere particolarmente conforme alla natura dell’uomo, sebbene altri animali, a un primo sguardo, appaiano più adatti alla corsa. Il cavallo, per esempio, con i suoi muscoli mastodontici e i tendini lunghissimi. Eppure ogni anno in Scozia si svolge una gara fra l’uomo e il cavallo, e regolarmente siamo noi umani a spuntarla.

La corsa, di fatto, è stata la prima tecnica di caccia dell’uomo, perché grazie agli inseguimenti su lunghe distanze i nostri antenati portavano gli animali allo stremo, trasformandoli in prede innocue e catturabili. A nulla serviva la loro maggiore velocità iniziale: sarebbero capitolati sulla distanza.

Se si osserva il corpo umano nella classica immagine che rappresenta l’evoluzione dalla scimmia alla posizione eretta, non è difficile immaginare che il passo successivo dovesse essere proprio l’uomo in corsa. Ma allora, quando ci siamo fermati? Com’è possibile che dopo aver raggiunto la posizione eretta, nel giro di qualche millennio l’uomo si sia seduto su una sedia?

Il progresso viene spesso additato come l’indiziato numero uno, il principale colpevole della nostra pigrizia, ma qualcosa non quadra. Questo cambiamento radicale non dipende dall’innovazione tecnologica. Si tratta, piuttosto, di una mutazione culturale. Chi ci ha convinto che percorrere qualche chilometro in auto sia meglio che farlo a piedi o che per salire tre piani di scale sia meglio prendere l’ascensore? Forse queste indicazioni sono scaturite dalle stesse menti che ci hanno spinto a mangiare prodotti pieni di zuccheri e grassi idrogenati per appagare il palato. Forse, verrebbe da pensare, siamo di fronte a un piano diabolico per trasformarci in animali sedentari, sovrappeso e nevrotici. Allo stesso tempo, correre è spesso diventato sinonimo di sofferenza, sacrificio e, quindi, rinuncia.

Tuttavia, quando sentiamo la fatica, quando dopo una corsa avvertiamo un indolenzimento alle gambe, dovremmo accogliere questi sintomi come buone notizie. Significa che siamo vivi e che stiamo riattivando la nostra macchina, che forse si era arrugginita con il tempo, ma che ora è pronta a ripartire più forte di prima. È il segnale che presto torneremo a girare al massimo delle nostre potenzialità. L’inizio è duro per tutti, ma è proprio in questa sfida che risiede la magia. Se correre fosse un’attività semplice e priva di difficoltà, perderebbe il suo fascino. Il risultato che ci interessa raggiungere è un cambiamento radicale del nostro stile di vita.

Sono tantissime le persone che comprendono e gioiscono del fascino unico del running. Se ho deciso di scrivere questo libro è perché spero che ognuno di voi possa provare, per una volta nella vita, le soddisfazioni che solo la corsa può dare. Uno sport meraviglioso senza un sistema complesso di regole e che non necessita di infrastrutture. Pensateci: non è un vantaggio da poco poterlo praticare ogni volta che se ne ha voglia, con qualunque condizione climatica e, soprattutto, in solitaria.

la maratona di New York

Negli ultimi anni, accanto alle consuete corse su pista o su strada, sono cresciute nuove attività podistiche, come l’ultramaratona o la corsa in natura (il cosiddetto «trail»). Tendenze che aprono diversi orizzonti e innescano anche un ottimo giro d’affari, dal momento che coinvolgono un numero crescente di appassionati. Sul versante del turismo, per esempio, una maratona costituisce una grande attrattiva per la città che la ospita. In questo senso, New York forse rappresenta la punta dell’iceberg di un movimento che si è ormai diffuso su tutto il pianeta. Ancora oggi è la maratona più importante del mondo, quella con il maggior numero di iscritti, quella con la più alta partecipazione di atleti stranieri (spesso il Paese più rappresentato è proprio l’Italia) e quella che produce i maggiori ricavi. Anche se la corsa è uno sport popolare e «povero», questi eventi sono un business di tutto rilievo poiché generano un grande indotto.

Nelle prime due settimane di novembre, nella Grande Mela accade qualcosa di davvero straordinario. Ogni cittadino è coinvolto nell’evento, tutti sono chiamati a un superlavoro, dagli alberghi ai ristoranti, dalla polizia fino al personale sanitario. Milioni sono gli spettatori attivi lungo il percorso. C’è chi applaude e urla, chi suona, chi si traveste, chi offre da bere o semplicemente incita i concorrenti.

Correre la Maratona di New York, se non è la più bella esperienza che un runner possa vivere, ci si avvicina molto.

Correre fa bene, sempre e comunque. Se qualcuno sostiene il contrario, ricordatevi che spesso anche a me, da ragazzo, dicevano che si trattava di uno sport usurante per il corpo. In oltre trent’anni di carriera, a chi sosteneva questa bizzarra tesi ho dimostrato che si sbagliava. Sono ancora qui, sto bene, corro e mi diverto. Un po’ di usura, con gli anni, ci può stare, ma credetemi: mi sarei «consumato» molto di più stando seduto dietro una scrivania. La mia forza è stata ignorare certe affermazioni infondate. Fatelo anche voi.

«Se qualcuno ti dice che non riuscirai a fare qualcosa, è perché lui non la sa fare», dice Will Smith al figlio nel bellissimo film di Gabriele Muccino La ricerca della felicità. Sia ben chiaro: è giusto ascoltare i consigli di chi è più esperto. Ma sulle nostre sensazioni e sulle nostre aspirazioni intime solo noi dobbiamo avere l’ultima parola.

La felicità che provo mentre corro mi tiene al riparo dai pensieri negativi, è il motore che mi accompagna ogni giorno. Perciò il segreto è non stancarsi mai di essere felici. Anni di gare e di allenamenti non mi hanno privato del piacere di calzare le scarpe da running e uscire di casa con il sorriso. Lo faccio perché mi voglio bene, e quel semplice gesto mi regala un senso di libertà e di benessere psicofisico ineguagliabili.

Data di Pubblicazione: 21 agosto 2019

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