Scopri come madre e figlio riescono a relazionarsi, ognuno con il proprio potenziale gemellare, leggendo l'anteprima del libro di Caterina Civallero.
Il fratello non nato e il mio gemello non nato
«L’amore fraterno è il più durevole; assomiglia a una pietra preziosa che resiste ai più duri metalli e il cui valore si accresce con gli anni».
Hector Carbonneau
Una delle domande che spesso riceviamo nella casella dedicata alla corrispondenza è quale differenza ci sia tra il fratello non nato, ovvero l’aborto di nostra madre e il nostro gemello che non nasce, ovvero il gemello che condivide con noi una parte della gravidanza e che poi non vede la luce; noi lo definiamo il gemello che resta.
La differenza è abissale per alcuni versi è contemporaneamente potrebbe esistere un confine sottilissimo fra le due figure; vediamo perché analizzando la situazione del punto di vista del mononato e della madre.
Quando una madre perde un bambino (non ci soffermeremo qui ad analizzare le ragioni per cui la gravidanza non volge al termine) la madre entra comunque e sempre in uno stato fisiologico di lutto. La registrazione ormonale dell’inizio della gravidanza e l’esperienza della fine, che avviene anzitempo, lasciano un’impronta biologica potentissima capace di influire sul corpo ancor prima della reazione psichica.
Chi sostiene che una madre non soffra, questo accade soprattutto quando la madre pare non dare segni di sofferenza, non conosce le regole della fisiologia umana. Ogni esperienza di vita, dalla più insignificante alla più evidente, marca un solco organico nelle nostre membrane e viscere prima ancora di raggiungere l’intelletto.
La gettata ormonale che sconvolge il normale andamento della fase riproduttiva ha dell’incredibile. Il corpo ha memoria energetica quantica e fisica. Le modificazioni che si slegano in seguito alle prime fasi del concepimento richiedono un tempo organico di riassorbimento sia che la gravidanza proceda o che si interrompa. In seguito alla perdita di un bambino il corpo della donna ha necessità di riadeguare l’intero sistema linfatico, vascolare, digestivo ed endocrino, per riportarlo alla fase di normalità, e queste fasi obbediscono ai tempi della gestazione e del dopo parto, ovvero una gravidanza anche se interrotta prosegue fisiologicamente per i mesi restanti alla nascita che non avverrà.
Una gravidanza in atto può essere paragonata a un aereo che decolla; se in volo i motori si bloccano all’improvviso il velivolo ha ancora tutta la spinta energetica iniziale, e il potenziale dato dall’altezza raggiunta, per tentare un atterraggio: il volo non termina nel momento in cui i motori si spengono. La stessa cosa vale per la gravidanza.
Molti ginecologi suggeriscono una pausa dopo l’interruzione di gravidanza prima di tentare una nuova gestazione. Statisticamente le gravidanze che iniziano immediatamente dopo un’interruzione precedente rischiano di generare bambini con problemi di salute. Per il corpo la fase successiva alla perdita dell’embrione (o del feto) è una fase proliferativa, e per la mente i dispacci non sono differenti. Il gorgoglio animico, davanti ad una perdita prematura, benché silenzioso è capace di scardinare la coesione di una famiglia.
Un vuoto da riempire
Questo è per sommi capi il disegno emotivo che si compone quando un bambino concepito non nasce. E poiché per la madre che perde un figlio si crea un vuoto, ecco comparire dalla profondità delle proprie esperienze primigenie la figura del proprio gemello, che se integrata sarà una risorsa e se disintegrata accentuerà il vuoto. Il bambino perso assumerà ancor di più il significato di qualcosa che non c’è e deve essere recuperato. La perdita di un figlio abortito è un potente attivatore di quella che conosciamo con il nome di sindrome del gemello.
Uno dei pensieri ricorrenti di una madre che perde volontariamente o involontariamente un figlio è la datazione del bambino non nato. Ella ricorda precisamente la data in cui avrebbe dovuto nascere, ogni sindrome da anniversario, e la contabilità biologica dell’intero sistema la riporterà, consapevolmente o non, a ricordare chi non c’è.
In questo contesto la nascita di un figlio collegato all’esperienza della perdita vede la madre stessa impegnata, in parte, alla gestione del suo lutto.
I lutti di cui poco si parla o che addirittura devono essere censurati sono i più difficili da chiudere poiché mancano di elaborazione. Spesse volte ci scrivono madri che non riescono a sviluppare un corretto e sano rapporto con i figli viventi perché ancora impegnate a dimenticare il figlio non nato, e contemporaneamente ascoltiamo la storia di figli adulti che ci raccontano di madri anaffettive o che hanno fatto differenze tra i figli. Quando arriviamo a condurre il dialogo sull’ipotesi di un probabile lutto da elaborare gli occhi si sgranano, le lacrime scendono, i sospiri si allungano.
Sempre più spesso si sottovaluta quanto possa essere forte l’assenza: “non c’è presenta più grande dell’assenza”.
Le fasi del lutto hanno regole precise e possono essere bypassati solo con atti simbolici analogici; ma non sempre una nuova nascita riesce a favorire il processo di elaborazione, anzi l’effetto può essere di potente detonazione di un conflitto mai risolto. Una delle più comuni situazioni che ritroviamo anche nei corsi dedicati a La modalità gemellare racconta di madri che si sentono in colpa ad abbracciare il proprio figlio, e per senso di colpa intendiamo quel senso di colpevolezza che ammanta i sistemi familiari in cui la mancanza non viene portata in scena e gestita.
Il campo energetico del gemello non nato
Quando ci troviamo di fronte a una mononascita che ha avuto in origine un concepimento gemellare (anche se non manifesto) è possibile che la sorte del rapporto madre figlio sia totalmente differente. La madre ripagata dell’attesa può godere del suo bambino, il nascituro affronterà le diverse fasi evolutive accompagnato da un alone protettivo che in seguito scoprirà essere il campo energetico del gemello non nato. La madre normalmente non percepisce il movimento fisiologico della risoluzione del gemello che non nasce, poiché, come abbiamo già analizzato esso così come non compare con evidenza non scompare del tutto. A percepire l’assenza del gemello sarà il bambino che crescendo e incontrando, per analogia, situazioni di mancanza, vuoto, perdita, abbandono, entrerà in contatto nuovamente con l’esperienza formante dell’aver vissuto i primi momenti di vita insieme al fratello gemello.
Per la nostra esperienza le nascite che non sono state precedute da perdite in famiglia generano rapporti più fluidi.
Anche la psicogenealogia è concorde nell’affermare che quando ogni membro del sistema famiglia espleta il suo ruolo siamo in una condizione di innocenza. Il sistema è in equilibrio e va tutto bene.
Quando c’è sovrapposizione di ruoli, o il ruolo viene a mancare, ecco che qualcuno dovrà farsi carico dell’ammanco, il sistema è in difetto, è colpevole, e da qui si genera il senso di colpa. Una sensazione di disequilibrio dilagherà nel gruppo famiglia e qualcuno dovrà farsi carico di appianare le pendenze.
Da qui nascono i destini dei bambini in sostituzione come insegna Maurice Porot Professore onorario di Clinica Psichiatrica e di Psicologia medica presso la Facoltà di Medicina di Clermont-Ferrand.
Ma allora cosa collega la figura del fratello non nato a quella del gemello non nato?
La risposta sta nell’eventuale proiezione che la madre farà della sua gemellarità incompiuta sulla perdita del figlio abortito, e per compensazione questo rapporto verrà vissuto dal mononato come un’esperienza a cui biologicamente è tenuto a obbedire, poiché privo dei meccanismi ormonali e psichici necessari alla valutazione della situazione e all’opposizione dell’ordine imposto.
Normalmente i figli in sostituzione (e questa dinamica si manifesta inevitabilmente alla nascita di un bambino quando nella famiglia si sta vivendo un lutto) partono con un destino più impegnativo, ma non per questo la loro vita sarà necessariamente difficile.
L’esistenza conosce vie meravigliose per regolare i meccanismi disfunzionali a patto che esista un sistema familiare in cui dipanare la matassa. Quando non è possibile far parte della propria famiglia ecco giungere in aiuto un nuovo sistema.
In natura un uomo solo è destinato a soccombere, per questo motivo nella trattazione dell’argomento gemellarità poniamo sempre il soggetto all’interno del proprio sistema di riferimento facilitando una pacificazione genealogica globale, unica possibilità per il soggetto di godere dell’energia gemellare che come un timone tiene la rotta del percorso di vita.
La figura del bambino non nato e del gemello non nato si toccano urtandosi nel punto in cui il genitore non si fa carico della propria integrazione gemellare, e cooperano quando entrambi i soggetti, madre e figlio riescono a relazionarsi, ognuno con il proprio potenziale gemellare, autonomamente in virtù della forza del sistema e del bene delle generazioni a venire.
Ancora una volta l’esercizio per comprendere, prendere coscienza e integrare resta la soluzione migliore per una vita serena.
Data di Pubblicazione: 18 febbraio 2020