Un trust di cervelli dentro al corpo
Un trust di cervelli dentro al corpo
Nei primi anni Settanta Candace Pert, neuroscienziata e psicofarmacologa, ha scoperto che i neurotrasmettitori (i mediatori chimici prodotti dalle cellule cerebrali) e gli ormoni (le secrezioni delle ghiandole) fanno parte di una macrocategoria nota con il nome di neuropeptidi.
Questi «messaggeri», prodotti da tutte le cellule del corpo, presentano dei punti di attracco, detti recettori, in diverse zone della membrana cellulare esterna.
La studiosa ha infatti rilevato sulla superfìcie delle cellule la presenza di recettori degli oppiacei (le endorfine, Pomologo endogeno della morfina); successivamente molti altri ricercatori hanno indagato queste sostanze e i loro «agganci» nell’intero corpo, scoprendo che i neuropeptidi circolano in tutti i fluidi corporei: nel sangue, nel sistema linfatico, negli spazi extracellulari e nel liquido cerebrospinale.
Da tempo si sapeva che i neurotrasmettitori interagiscono con gli ormoni (una classe di neuropeptidi piuttosto grande), oggi siamo a conoscenza anche che il sistema immunitario possiede dei canali di ingresso per i neuropeptidi e che invia di rimando un feedback al cervello attraverso l’emissione di citochine (proteine che provocano l’infiammazione).
Tutti i tessuti del corpo sono impregnati di neuropeptidi: li captano e li rilasciano.
È il caso, per esempio, del grasso corporeo: fino a una ventina di anni fa si riteneva che la sua funzione fosse esclusivamente quella di garantire un «magazzino» per lo stoccaggio di riserve energetiche e di fornire al corpo una sorta di «coperta scaldasonno».
Nuovi studi hanno sovvertito questa convinzione, mettendo in risalto come la ciccia sia un vero e proprio organo che contribuisce attivamente ai processi metabolici dell’organismo; inoltre, produce numerosi peptidi, come la leptina, che informano il cervello sulle scorte di energia.
Il tessuto adiposo, poi, è sensibile allo stress: quando l’individuo è sotto pressione, il cervello secerne una maggior quantità di neuropeptide Y, che ha degli specifici recettori proprio nel grasso. Lo sblocco del meccanismo di autoregolazione provoca un aumento di dimensione delle cellule adipose e della loro quantità: detto altrimenti, fa inciccionire.
Un processo analogo avviene con il cortisolo: quando è in eccesso a causa dello stress, induce il cervello a pensare di trovarsi in un periodo di «vacche magre»; il grasso viene così liberato da fianchi e natiche e accumulato nell’addome, dove funge da scorta (come la gobba per i cammelli). Inoltre, la presenza di questo ormone stimola un enzima che induce il cortisone inattivo nei «rotolini» della pancia a trasformarsi in cortisolo, il quale, a sua volta, stimola un’ulteriore produzione di grasso. Questo processo non è affatto innocuo, anzi, fa aumentare il rischio di disturbi cardiocircolatori, di infarto e la possibilità di sviluppare il diabete.
Si è scoperto che il fegato possiede dei recettori e rilascia il neuropeptide CRH (ormone di rilascio della corticotropina), lo stesso che, generato dall’ipofisi, innesca il processo che porta alla secrezione di cortisolo e adrenalina, gli ormoni dello stress.
Anche il pancreas secerne il neuropeptide Y che modifica la motilità intestinale. L’esercizio fisico induce la secrezione nei muscoli di un enzima che consente la sintesi di anandamide, un equivalente endogeno della marijuana.
La rivoluzionaria scoperta dei neuropeptidi
La sua molecola è sufficientemente piccola da passare la barriera ematoencefalica (il filtro che impedisce a molte sostanze di entrare nel cervello) e i suoi effetti comprendono l’innalzamento della soglia del dolore, la riduzione dell’ansia e una generale sensazione di benessere e quiete.
La pelle, il cuore e l’intestino possiedono un vero e proprio «arsenale» di neuropeptidi.
Il traffico di questi messaggeri è intenso e non si attiva solo in condizioni di stress, ma anche quando proviamo emozioni positive.
I medici americani Michael Miller e William Fry hanno scoperto, per esempio, che le endorfine rilasciate dal cervello in risposta alle risate provocano la produzione di ossido nitrico, che attiva una serie di reazioni a cascata come la vasodilatazione delle arterie e la riduzione dell’aggregazione delle piastrine nel sangue, abbassando così i potenziali rischi cardiovascolari.
È stato inoltre dimostrato che l’allegria produce effetti positivi anche sul sistema immunitario. Lee Berk, presidente del Berklee College of Music, assieme ad altri studiosi, ha rilevato che ridere permette di migliorare l’efficienza di diversi anticorpi critici e delle cellule naturai killer (NK) che difendono l’organismo dalle malattie.
Anche un contatto fisico amorevole ha un potente effetto sulla salute: ricevere un abbraccio dal proprio partner aumenta i livelli di ossitocina, nota come «l’ormone dell’amore», procurando effetti positivi sulla pressione e calmanti sul sistema nervoso.
Gunter Kreutz e altri ricercatori della Cari von Ossietzky Uni-versitat Oldenburg in Germania hanno scoperto che il canto corale provoca benefici sia allo stato d’animo sia alla salute.
Dal loro studio è emerso che cantare assieme ad altre persone non solo mette di buon umore, ma aumenta i livelli di immunoglobu-lina A, un anticorpo «specializzato» nel combattere agenti patogeni estranei, come i batteri.
Attenti a quei due
In questo traffico di mediatori chimici ci sono due organi che svolgono un ruolo chiave nella conservazione dell’equilibrio e, più in generale, nel mantenimento della salute e della stabilità psicologica: l’intestino e il cuore.
Questi organi sembrano avere poco in comune tra loro e meno ancora con il cervello; invece, recenti scoperte delle neuroscienze hanno dimostrato che sono dotati di un sofisticato sistema neurale che li rende «consanguinei».
Le indagini effettuate hanno rivelato che questi visceri possiedono sorprendenti livelli di memoria e intelligenza; inoltre, un numero crescente di dati sperimentali ha confermato che questi cervelli «di serie B» sono profondamente coinvolti nel controllo e nella gestione di numerose funzioni mentali e fisiche.
Non bisogna dimenticare che l’intestino è la centrale elettrica del nostro organismo: tutta l’energia del corpo deriva dal buon funzionamento delle interiora. Il solo cervello utilizza circa il 25% dell’energia totale di cui necessita il corpo, e questa è fornita proprio dalle «tubature» compresse nel nostro addome.
Quindi è di vitale importanza mantenere un buon equilibrio intestinale per restare in salute, sia fisicamente sia mentalmente.
Come vedremo, i probiotici intestinali sono in grado di agire sul cervello, tanto da essere indicati nella cura di malattie come la depressione o l’ansia.
Questi stessi batteri si sono dimostrati capaci di influenzare la salute del cuore, modificando la massa corporea, i trigliceridi e il colesterolo in circolo.
Lo documenta un’indagine guidata da Jingyuan Fu, docente di genetica presso l’University Medicai Center di Groningen, nei Paesi Bassi. I ricercatori hanno esaminato i dati relativi a circa 900 partecipanti, maschi e femmine, di età compresa tra i 18 e gli 80 anni.
Ogni soggetto è stato pesato e a ognuno è stato fatto un prelievo di sangue per misurare i livelli di colesterolo HDL («buono») e LDL («cattivo»), di colesterolo totale e di trigliceridi.
È stata inoltre eseguita un’analisi dei loro campioni fecali per identificare i diversi ceppi di batteri e la ricchezza della colonia di microrganismi intestinali presenti in ogni individuo.
I volontari hanno compilato dei questionari relativi alla loro dieta, alle loro abitudini di vita, alla loro storia medica e ai farmaci che stavano assumendo, tutti fattori in grado di alterare la quantità e il tipo di flora intestinale.
I ricercatori hanno identificato all’interno del tratto digestivo umano 34 microrganismi che possono influenzare peso corporeo e lipidi nel sangue.
Inoltre hanno scoperto un’associazione tra batteri intestinali, livelli di trigliceridi (grassi) e di colesterolo e peso: tutti potenziali fattori di rischio per i problemi cardiocircolatori.
Frattaglie senzienti
In media, un cervello contiene circa cento miliardi di neuroni ed è la sede della nostra coscienza: un capolavoro di «ingegneria biologica»! Ma anche l’intestino, l’organo più bistrattato del nostro organismo, non scherza: le sue cellule nervose, oltre cento milioni, se venissero raggruppate raggiungerebbero la dimensione del cervello di un gatto.
Le tanto sottovalutate interiora sono in costante contatto con il cervello grazie a una comunicazione di tipo elettrico che passa per il nervo vago (una specie di cavo dell’alta tensione del nostro corpo, per la sua lunghezza e per gli organi che attraversa) e di tipo chimico, mediante la produzione di neuropeptidi: si pensi che il 95% della serotonina (il neurotrasmettitore reso maggiormente presente nel cervello grazie all’assunzione degli antidepressivi) è prodotto proprio dall’intestino. La maggior parte dei neurotrasmettitori del tratto gastrico è impegnata nel processo digestivo; tuttavia, recenti ricerche hanno rivelato che esiste una fìtta trasmissione in direzione del cervello, ben più intensa dell’inverso.
Un altro messaggero chimico, il neuropeptide S (coinvolto nella sindrome del colon irritabile), e il suo recettore sono stati rilevati nel colon e nell’intestino tenue; proprio come il neuropeptide Y che, prodotto nel «tubo digerente», una volta raggiunto il cervello riveste un importante ruolo nella regolazione dell’ansia, dell’umore e della capacità di adattamento allo stress.
La stessa flora batterica intestinale ha un peso notevole nei disturbi emotivi e psichiatrici.
Stephen Collins, ricercatore di gastroenterologia presso la McMa-ster University di Hamilton, nell’Ontano, ha rivelato, per esempio, che la presenza dei ceppi di due batteri, il lactobacillus e il bifidobacterium, riscontrati anche all’interno delle viscere umane, riduce l’irrequietezza nei topi.
Collins e Premysl Bercile hanno raccolto dei batteri intestinali provenienti da topi irrequieti e li hanno trasferiti su un gruppo di roditori «pacati». Il risultato? Anche questi ultimi sono diventati agitati.
Una ricerca condotta su pazienti umani afflitti dalla «sindrome da stanchezza cronica» (di cui parleremo più avanti) ha dimostrato che chi aveva assunto capsule contenenti probiotici (Lactobacillus casei) tre volte al giorno aveva ottenuto un significativo sollievo dall’ansia rispetto a coloro ai quali era stato somministrato un placebo.
Cuor di leone
Il muscolo cardiaco è uno degli organi più importanti del corpo umano: scandisce l’inizio e la fine della vita; un embrione si dice «vivo» quando il cuore comincia a battere, e la vita termina nel momento in cui smette di farlo.
Quest’organo ha quasi due miliardi di cellule muscolari ed è avviluppato in un’intricata «compagine» nervosa composta da oltre 40.000 neuroni e gangli (aggregazioni di cellule nervose): i neuroni del cuore sono pochi a confronto con quelli intestinali, ma questa «matassa» trasmette molteplici segnali al cervello, riuscendo perfino a condizionarne il funzionamento.
L’interazione cuore-mente avviene sia tramite impulsi elettrici (attraverso il nervo vago e il fascio nervoso che affonda le proprie terminazioni nel midollo spinale), sia per mezzo di segnali chimici.
Il cuore è anche una ghiandola endocrina: produce peptidi che regolano la modulazione della pressione arteriosa e migliorano il funzionamento dei reni; inoltre, è il più grande produttore di ossitocina.
Non basta. Il cuore genera un campo magnetico cinquemila volte più potente rispetto a quello generato dal cervello.
In linea con questo effetto, si è appurato che il potenziale elettrico misurato da un elettrocardiogramma (ECG) è circa sessanta volte più ampio di quello emesso dalle onde cerebrali registrate da un elettroencefalogramma (EEG).
Sulla base degli studi condotti dall’HeartMath Institute è stato possibile dimostrare che questo forte campo elettromagnetico può essere rilevato e misurato a diversi metri di distanza dal corpo.
Inoltre, quando le persone si toccano o sono vicine si verifica un trasferimento di energia elettromagnetica dall’una all’altra.
Anche se sono necessarie ulteriori ricerche per valutare l’effetto di un simile passaggio di energia, le implicazioni di queste indagini sono estremamente importanti.
Numerose pratiche come il tocco terapeutico, il Qigong e il reiki si basano sul presupposto che si possa produrre una guarigione proprio attraverso uno scambio di energia. Le ricerche su questi metodi hanno esaminato però il campo elettromagnetico delle mani, che è considerevolmente meno potente rispetto a quello del cuore.
I biologi Chien Chin-Hsiang e Julia Tsuei della National Yang-Ming University, insieme ad altri colleghi, hanno analizzato le variazioni della radiazione infrarossa misurata sul palmo della mano di un esperto di Qigong, la disciplina orientale che incrementa l’equilibrio e l’energia (il Qi, appunto) nell’organismo.
Da questo studio è emerso che l’imposizione delle mani del maestro su una coltura di cellule in vitro aveva prodotto una modificazione della crescita cellulare: la sintesi del DNA era aumentata del 10-15% nell’arco di ventiquattrore, e la sintesi delle proteine del 3-5% dopo due ore di esposizione al Qi «facilitante», che provoca una rigenerazione. Negli stessi intervalli di tempo, il Qi «inibente», che induce una remissione, aveva provocato invece una riduzione della sintesi del DNA del 20-23% e un decremento della sintesi delle proteine del 35-48%.
Come detto, allo stato attuale della ricerca non possiamo concludere con certezza che lo stesso avvenga con il campo magnetico del cuore, anche se sembra altamente probabile.
Quello che invece è noto è che il disagio psicologico si propaga nell’organismo attraverso la mediazione di specifici neuropeptidi e l’eccitazione delle fibre nervose, provocando l’irregolarità di un parametro noto come «variabilità del ritmo cardiaco» o HRV.
Con questa sigla si indica l’intervallo che intercorre fra un battito e l’altro: se siamo in pericolo è normale che il cuore pompi più velocemente, mentre se siamo tranquilli le pulsazioni sono più lente.
Ciò che conta, indipendentemente dalla frequenza, è che tra battito e battito si registri lo stesso lasso di tempo; quando questo si fa discontinuo e sregolato è segno che ci troviamo in una situazione di conflitto o di stress.
L’intermittenza invia dei segnali al cervello, generando uno scompenso ancora maggiore; in sostanza, siamo di fronte a un circolo vizioso che pregiudica la capacità del nostro organismo di mantenere integrità e armonia.
Questo è estratto dal libro "Il Linguaggio Segreto dei Sintomi".
Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017