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Il manifesto dei quarantenni in cerca di riscatto

Il manifesto dei quarantenni in cerca di riscatto

Un messaggio per quelli che giunti alla soglia dei quaranta, al giro di boa, vogliono dare un senso alla loro vita; leggi l'anteprima del libro di Nicolò Corrente.

Quello che stai per leggere è un appello

Il mio appello va a tutti i nati dal 1971 al 1984. Lo so che questo libro vuol parlare ai quarantenni ma nel titolo non avrei potuto essere più preciso per ovvi motivi, e quindi lo faccio qui.

Tutti coloro che oggi hanno fra i trentasei e i cinquantanni, possono capirmi molto meglio di tutti gli altri.

“Quindi Nicolò vuoi dire che per me che ho trentacinque o cinquantacinque anni e mi ritrovo il tuo libro fra le mani, non c’è speranza?”.

Ma certo che sì, io sono più che convinto che chi, come te, oggi è in cerca di trasformazione e cambiamento, possa trovare grandissimi benefìci da quello che leggerà nei prossimi capitoli, tuttavia per motivi storici e sociali, la mia generazione, quella che ha vissuto l’adolescenza e la maturità negli anni Ottanta fino ai primi degli anni Novanta del secolo scorso, ha indubbiamente ricevuto un’educazione che ha influito anche sulle proprie scelte future, molto più di tutti gli altri.

Ecco perché io mi rivolgo a loro. Un cinquantacinquenne, così come un trentenne non hanno lo stesso imprinting di un quarantenne, proprio per il particolare periodo che i suoi genitori hanno vissuto e per il contesto in cui lui stesso è cresciuto, e nelle prossime righe capirai perché.

Cenni storici

Per farti capire meglio questo concetto devo necessariamente fare un breve ricorso storico.

Voglio però prima ribadire questo concetto. Nella stesura di un libro, in cui si vuol abbracciare una fascia d’età e un periodo storico particolare, è necessaria la generalizzazione.

Ogni persona è unica, questo è chiaro, tuttavia come dico spesso...

Dimmi con chi sei cresciuto, chi hai frequentato, il contesto in cui hai vissuto e saprò delineare in breve i tuoi segni caratteriali, il tuo modo di approcciare alla vita, come prendi decisioni e come ti relazioni con gli altri.

Visto che questo argomento sarà oggetto di tutto il primo capitolo, pertanto in questo manifesto, faccio un forte appello a chi è nato in quel preciso arco temporale, figlio di chi, a sua volta, ha vissuto certe vicende.

Una persona che oggi ha cinquantatré/cinquantacinque anni (mentre scrivo siamo agli inizi del 2020), è nato tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta.

I suoi genitori, quindi, sono nati tra il 1940 e il 1950, nel pieno della Seconda guerra mondiale.

Gli anni della grande guerra funestati dalla distruzione, dalla fame, dall’incertezza, nati mentre gli Stati Uniti d’America, il 6 e il 9 agosto 1945 sganciavano due bombe atomiche sulle cittadine giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, portando così il Giappone ad arrendersi 2 settembre 1945, sancendo la fine del conflitto. Gli anni che seguirono furono durissimi per tutta l’Europa, in particolare per il nostro Paese, distrutto dai bombardamenti che avevano fortemente danneggiato la maggior parte delle città italiane e con loro, il sistema ferroviario e le vie di grande comunicazione (alcuni studiosi parlano di oltre 3200 miliardi di lire di danni).

Erano gli anni dell’Assemblea costituente del 1946, dell’Italia che scelse la repubblica e non la monarchia, e dell’entrata in vigore (il 1° gennaio 1948) della nostra costituzione.

Nel 1947 era stato istituito il Piano Marshall con l’invio di 160 milioni di dollari per la ricostruzione, al presidente del Consiglio dell’epoca Alcide de Gasperi, pertanto chi visse quel periodo, aveva dentro di sé la voglia di rialzarsi, di combattere, di libertà e i bambini nati in quel periodo erano figli di anni diffìcili, ma di famiglie con radici forti, insomma, come dico io, Italiani con la “I” maiuscola. Crescere un figlio in quel decennio, fino all’inizio degli anni Sessanta, non fu di certo un gioco da ragazzi.

La nostra economia era pressoché agricola e i figli andavano a lavorare nei campi, ad aiutare i genitori a tirare la carriola, insomma, gente cresciuta a forza di scapaccioni e sassi da spaccare.

I figli di queste persone (gli ultracinquantenni appunto) hanno ricevuto un’educazione patriarcale, contadina, legata alla famiglia, ai valori, e hanno imparato fin da piccoli a rimboccarsi le maniche, guardando alla fatica come qualcosa di necessario per raggiungere un obiettivo.

Dieci anni che cambiano tutto

Ma veniamo all’immediato dopoguerra.

L’Italia nella seconda parte del ventesimo secolo, in particolare dal secondo dopoguerra in poi, ha subito cambiamenti epocali, dal punto di vista economico, sociale, culturale e questo ha indubbiamente fatto ricadere sui modelli educativi di quell’epoca condizionamenti molto rilevanti.

Siamo passati dall’era agricola all’era industriale, dallo spopolamento delle campagne al popolamento delle grandi città, dove, in particolare, grazie all'IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) erano nati i primi grandi poli industriali.

In vent’anni la nostra scuola è passata dal formare, ed educare, i futuri braccianti per le campagne, ai futuri operai per le grandi fabbriche (purtroppo parte del sistema scolastico è ancora così, ma questa è un’altra storia N.d.A.), e i nostri genitori sono cresciuti proprio dentro questa metamorfosi sociale.

I figli del benessere

Dalla metà degli anni Cinquanta agli anni Settanta del Novecento, l’Italia visse il cosiddetto “miracolo italiano” (in particolare il decennio che va dal 1960 al 1970).

Dalla fine del Piano Marshall (1951) e con l’aggravarsi della guerra di Corea, aumentò vertiginosamente la richiesta di materiali nella siderurgia, e l’industria manifatturiera italiana visse un periodo di enorme espansione e crescita.

In quel periodo il volto dell’Italia cambiò totalmente, e con esso la cultura del lavoro, l’educazione scolastica e quindi anche il contesto sociale in cui le famiglie crescevano i loro figli.

I nati in quel periodo, (mia madre è nata nel 1953 e mio padre nel 1948, per capirci) hanno vissuto la loro giovinezza nella piena rinascita economica, in un contesto positivo, di grande spinta socio-economica e di grande fiducia nel futuro.

Ecco, noi siamo fiori nati da quel seme. Chi è nato in quell’epoca, ha fatto figli dagli inizi del 1970 in poi, l’epoca migliore.

Figli del benessere, di famiglie numerose, con i nonni contadini, i genitori nelle Forze dell’Ordine, oppure operai nelle grandi fabbriche del Nord, figli del boom economico, cresciuti in un contesto allegro e festoso da “commedia all’italiana” dove tutto sembrava essere possibile.

Tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta vi fu un incremento dell’accesso al credito bancario che favorì la movimentazione dei capitali (tutti compravano casa, macchina e tv nuova). C’era anche un enorme facilità di accesso ai prestiti bancari per l’apertura di nuove attività commerciali.

Si viveva in casa con i nonni che spesso elargivano pensioni e contribuivano all’economia familiare.

Insomma, figli del poco sacrificio, del tutto concesso, dal walkman al Ciao della Piaggio, dal Commodore 64, fino alla Fiat 128 e alle sfavillanti Alfa.

A parte rare eccezioni, di chi magari è nato con la “camicia” e ha trovato il piatto pronto, con il papi che gli ha dato il posto nella fabbrichetta, raccogliendo un’eredità pesante e già avviata, tutto il resto dei nati negli anni d’oro, è cresciuto così.

C’è chi ha studiato Giurisprudenza, Medicina o Lettere, per poi mettersi in fila nei concorsi ingolfati e truccati degli anni Novanta, e si ritrova oggi a quaranta/quarantacinque anni, ancora precario, con un lavoro preso al volo, in qualche posto fìsso dimenticato da Dio, o peggio inscatolato in qualche scuola superiore della Provincia depressa italiana, accettando un posto a duecento chilometri da casa per non perdere la priorità acquisita in graduatoria.

Non è sempre così, è vero, anche in questo caso generalizzo per creare un contesto uniforme. C’è anche chi il posto l’ha trovato subito, vincendo quel concorso del 1994 al Ministero o alla Provincia, e ora con ventiquattro/venticinque anni di onorato servizio sulle spalle e altri quindici... sedici... diciassette anni di lavoro davanti, si pente ogni santo giorno per aver fatto quel passo, quando era troppo giovane per capire, troppo inesperto per pensare, troppo figlio del benessere per avere tempo di ragionare... lui doveva “trovarsi un posto fisso e sposarsi'.

E ora eccolo lì, quarantadue anni, incazzato cronico, depresso, pieno di mutui e presiti, con un’immancabile televisione troppo grande per casa sua, con troppi canali per avere il tempo di vederli tutti, una macchina con troppa elettronica per capirne qualcosa e troppe rate per riuscire a pagarle prima che diventi vecchia, un telefono all’ultima moda del quale utilizza solo il 2% delle funzionalità, le gocce di Xanax sul comodino, un po’ di pancetta, il calcetto o la cena con gli amici una volta a settimana e due settimane canoniche di vacanze all’anno, magari pagate pure a rate.

E se è donna, pure peggio, perché oltre ad avere tutto quanto sopra, ha sulle spalle anche una famiglia che gli toglie il 90% delle energie e del tempo a disposizione, e si è dimenticata i sogni, le aspettative della gioventù.

Ecco, tutto questo lungo e barboso discorso per arrivare al punto. Questo è lo spaccato del mio lettore medio, è ciò che io chiamo “avatar”, la persona in assoluto più interessata alla mia storia di trasformazione, colui che troverà maggiori spunti in questo libro. Tutti gli altri, chi è felice e assortamente soddisfatto della vita che fa, chi viene da una vita che non ha mai presentato il conto, probabilmente non ha comprato questo libro o se lo trovasse fra le mani, non se ne farebbe proprio nulla.

Ma se leggendo queste frasi, hai sentito come un pugno nello stomaco, quella vocina sorda che sibila “Caspita, sta parlando proprio di me e della mia storia”, allora ti consiglio, in questo preciso istante, di stringere fra le tue mani questo libro e cominciare a trattarlo come se fosse il salvagente che ti farà uscire vivo dalla tempesta che stai vivendo.

Il mio appello va a te, questo manifesto è scritto pensando ai milioni di uomini e donne che giunti alla soglia dei quaranta, al giro di boa, vogliono dare un senso alla loro vita, riscoprire stimoli che li facciano diventare vivi e cercare la felicità, quella vera, sincera schietta, fatta di pochi doveri e tanti piaceri.

È possibile farlo, io ci sono riuscito e santapeppa ti giuro che se ce l’ho fatta io, ce la puoi fare anche tu, garantito.

La fase di riscaldamento è finita, d’ora in poi si fa sul serio e ti prometto che cercherò di essere quanto più pratico possibile, per darti tutto ciò di cui hai bisogno per uscire dal tunnel e andare verso il tuo riscatto.

Questo libro ti darà tre doni:

  1. Maggiore consapevolezza delle tue capacità (il risveglio).
  2. Una strategia di fuga da ciò che oggi ti provoca malessere (la rinascita).
  3. Un piano d'azione per farlo (rivincita e riscatto).

Buon viaggio di trasformazione.

Data di Pubblicazione: 20 maggio 2021

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