Leggi un estratto del libro di Mark e Rene Yarnell e scopri perché è meglio rafforzare l'autosufficienza...
Evitare la trappola della gestione
Rafforza l'autosufficienza più che la dipendenza!
Il Network Marketing si basa più sulla filosofia del team-building che del controllo. Forse la causa più frequente di fallimento nel network marketing è pensare erroneamente di dover tener d’occhio la propria downline di distributori.
È piuttosto tipico il fatto che, dopo aver passato il loro primo mese o due a reclutare dieci o quindici amici, i nuovi associati finiscano per dedicare il resto del loro tempo a tentare di trasformare quelle poche persone in networker di successo - e questo è ciò che chiamiamo la Trappola della Gestione.
Precisiamo brevemente che c’è una differenza sostanziale tra gestire e sostenere un’organizzazione di downline.
I nuovi networker che si mettono a fare i controllori delle loro organizzazioni finiranno per dedicare una quantità spropositata di tempo a uno o più rami specifici della loro downline tralasciando tutti o tutto il resto. Si crea una falsa codipendenza, facendo le cose per gli altri piuttosto che insegnare loro e incoraggiarli a fare da soli.
La Trappola della Gestione comporta due problemi gravi per un creatore di business. Primo, produce distributori deboli e pigri, dato che qualcun altro fa le cose al posto loro. Secondo, i networker impegnati a gestire gli altri perdono tempo prezioso che potrebbe essere utilizzato meglio per reclutare e formare nuovi distributori.
E ricorda: “L’energia nuova è la linfa vitale di qualsiasi organizzazione”. Continuare a sponsorizzare nuovi soci ridona vitalità a un intero business. Se smetterai di reclutare prima di aver guadagnato abbastanza per vivere bene, perderai terreno prezioso. E, peggio ancora, poiché il nostro è un business che si basa sul dare il buon esempio, i tuoi leader ti emuleranno e in questo modo ti ritroverai con tutti a occuparsi della gestione e nessuno a occuparsi del prospecting o del reclutamento.
D’altra parte, sostenere un’organizzazione fa parte dell’approccio al lavoro di squadra tipico del network marketing. Consiste nell’essere pronti a risolvere ogni legittimo dubbio possa essere sottoposto da qualsiasi socio per chiudere un’importante trattativa o a incoraggiarlo nel momento in cui si sentirà abbattuto.
In questo capitolo, vogliamo descrivere la differenza tra creare dipendenza nella propria organizzazione e rinforzare l’autosufficienza. È fondamentale che i networker alle prime armi riconoscano la differenza tra attività produttiva e procedure inconcludenti, che comportano una perdita di tempo.
Sponsorizzare i famigliari e lavorare per loro
Quando reclutò suo padre, Mark sperimentò nel modo peggiore le insidie nel coinvolgere la famiglia. Come racconta: “Mi ha molto ferito quando mio padre ha detto: ‘Figliolo, stai mettendo in imbarazzo me e il nome della nostra famiglia in tutto il Missouri da quando vendi olio di serpente con una di quelle maledette truffe piramidali!’
Mi ha ferito perché avevo sempre amato e rispettato mio padre. Quando eravamo piccoli non ha mai fatto tanti soldi, ma è riuscito a tirare su la sua agenzia di pubblicità e pubbliche relazioni. Ha anche scritto due romanzi, e uno di questi, Mantrap, è stato un bestseller nel 1948. Papà era un uomo orgoglioso che mi ripeteva sempre che l’integrità è più importante della ricchezza e di non fare mai affari con qualcuno di cui non ti puoi fidare solo dal modo in cui ti stringe la mano.
“Avevo sedici anni e frequentavo il Glendale High School di Springfield, in Missouri, quando papà lasciò il campo della narrativa e del giornalismo per dedicarsi a un’agenzia pubblicitaria. Mi sentii così fiero quando mi affidò il compito di procacciare della clientela. Mi diceva che se avessi convinto un cliente a rivolgersi alla nostra agenzia, mi avrebbe dato l’occasione di scrivere i testi della pubblicità.
Ero così felice che la prima settimana trovai effettivamente un cliente. Si chiamava Jerry Vaughn, e si stava preparando a lanciare un nuovo negozio di animali in un piccolo centro commerciale vicino casa nostra. In qualche modo, mosso da un’entusiasta spavalderia, lo convinsi a darmi una possibilità.
“Non stavo più nella pelle quando tornai in ufficio da papà e gli diedi la buona notizia. Non ricordo di aver mai visto papà troppo euforico per uno dei miei obiettivi raggiunti, ma potrei dire che era contento. Per molti anni, elaborai le pubblicità e i relativi testi per i clienti che riuscivo ad accaparrarmi di volta in volta. Alcune mie campagne pubblicitarie ebbero una buona accoglienza, altre un po’ meno. Ma in tutti quegli anni, papà mi aveva sostenuto e incoraggiato. Questo fino a sei mesi prima della mia laurea.
“Allora non me ne ero reso conto, ma papà era molto stressato. A quanto pare, nella mia ignoranza, non avevo realizzato quello che sperava io facessi dopo la laurea - un evento, tra l’altro, che non si è mai verificato - diventando socio dell’agenzia pubblicitaria, per poi, forse, un giorno rilevarla completamente.
Io avevo altri piani. A posteriori credo che ci rimase molto male quando nel 1971 dichiarai che avevo intenzione di entrare in seminario con l’obiettivo di diventare pastore. Più in là mia madre mi rivelò che papà vide la cosa come uno schiaffo in faccia dopo tutti gli anni che avevamo passato a lavorare insieme. Ma così è la vita. Sarei diventato pastore diversi anni più tardi, dopo una serie di lavori come venditore.
“Proprio quando mio padre stava finalmente accettando la mia decisione di intraprendere la carriera ecclesiastica e stava cominciando a raccontare con orgoglio ai suoi amici che la mia chiesa stava crescendo, gli dissi qualcosa che lo portò a non parlarmi per quasi un anno. Al telefono gli comunicai che ero diventato un distributore di una nuova società nel campo del network marketing.
Non dimenticherò mai il terribile silenzio di due minuti che ci fu quando gli chiesi: 'Papà, posso spedirti uno shampoo e un balsamo? Sono sicuro che ti piaceranno tantissimo’. Silenzio.
“Dopo un paio di minuti - minuti che sembravano ore - interruppi quella calma assordante per chiedergli a quale indirizzo avrebbe voluto gli spedissi lo shampoo. Ed è qui che si scatenò la tempesta.
‘“Ma che diavolo, Mark. Hai fatto il seminario, sei diventato pastore, e ora stai mollando tutto ancora. Sei uno che molla sempre. E ora hai intenzione di disonorare il nome della famiglia andando a far parte di una piramide?’ Mi sbattè il telefono in faccia.
“Naturalmente, sono stato molto male per quel rifiuto. Ma tutto cambiò quando un anno più tardi ricevetti una chiamata di scuse. Papà aveva sentito da mia sorella che avevo messo su una notevole downline e che ogni mese guadagnavo più di quanto lui guadagnasse in un anno.
Mi chiamò e si congratulò per il mio successo. Poi mi parlò della sua salute. Lo stress gli stava causando problemi al cuore e in aggiunta alle scuse per avermi giudicato così duramente, mi lasciò intendere che forse avrei potuto aiutarlo a uscire da quella corsa del topo che erano le pubbliche relazioni.
Il controllo di un membro della downline
“Non avevo bisogno d’altro. La settimana dopo ero su un aereo per il Missouri. Volevo coinvolgere mio padre e tirarlo fuori dal business tradizionale. Ero davvero entusiasta all’idea di aiutare mio padre a cambiare la sua vita. E la ragione per cui ti ho spiegato il nostro trascorso nel dettaglio è per aiutarti a capire il motivo per cui volessi disperatamente aiutarlo.
Vedi, questa è stata la mia prima esperienza con la famigerata Trappola della Gestione, cioè il controllo di un membro della downline. Prima di indicare i miei errori, voglio che chi legge capisca bene la situazione. E voglio fare tutto il possibile per aiutarti ad evitare questa trappola devastante, perché è particolarmente controproducente e molto spesso porta al fallimento.
Di solito sono i nostri genitori, i nostri fratelli, i nostri amici più stretti a trascinarci nella Trappola della Gestione.
“Passai quattro mesi a Springfield, in Missouri, ad aiutare mio padre a mettere su la sua organizzazione. Il problema è che tutti gli uomini di mio padre guardavano me come leader perché facevo tutto al posto suo.
Come se non bastasse, il gruppo della mia organizzazione soffriva la mia indisponibilità a rispondere alle loro richieste. I quattro mesi che ho trascorso a gestire mio padre e tutto il suo gruppo sono stati i più controproducenti della mia intera carriera nel networking.
Uscirne è stato fondamentale, perché ho provato sulla mia pelle quanto sia stato devastante per la mia downline ricoprire il ruolo di balia e ho cominciato subito a inserire questa esperienza nelle mie sessioni formative in modo da impedire ad altri di commettere lo stesso errore.
“Dopo essermene andato da Springfield, tutto quello che avevo costruito iniziò a sgretolarsi nell’arco di poco. Quelli che si trovavano sotto la frontline di mio padre mi ritenevano il loro mentore e quando non ebbi più tempo di sostenerli come facevo mentre abitavo a Springfield, molti si scoraggiarono e lasciarono nel giro di un mese.
Papà si sentiva frustrato perché non aveva la minima idea di come guidare i suoi uomini che comunque non lo riconoscevano come leader. Avevo fatto di mio padre stesso un invalido perché, per motivi puramente pratici, ero diventato il direttore di un asilo nido per adulti. Ma la vera tragedia è questa: mio padre possedeva tutte le abilità per riuscire perfettamente nel network marketing.
Era un grande comunicatore, amava lavorare con le persone e aveva tutta la competenza necessaria per avviare un’organizzazione di successo nel mondo. Ma io ho rovinato tutto. Vedi, gli volevo talmente bene e mi ero preso così a cuore il suo successo che inavvertitamente da una persona forte ne ho creata una debole.
“Mio padre ora non c’è più; è morto l’anno scorso. E a volte, quando penso a lui nella solitudine del mio studio, in cuor mio spero che arrivi un angelo e che per magia faccia apparire una piccola targa dorata sull’urna delle ceneri di mio padre con sopra scritto: ‘Qui giace un grande uomo, Duane Yarnell, che avrebbe potuto essere più grande se suo figlio non lo avesse amato troppo’. Comunque, dato che allora non sapevo quello che oggi so, non mi sento del tutto colpevole. Papà e io abbiamo avuto un rapporto fantastico fino all’ultimo.
“Poi andai a Orlando, dove mia sorella Melissa era una dirigente affermata della Tupperware Company. Con mia sorella avevo molta probabilità di cadere nella Trappola della Gestione, o così pensavo allora erroneamente, perché sentivo che aveva un personale conflitto di interessi.
Poiché Tupperware è un’azienda di vendita diretta, Melissa pensava che costruirsi un network in un’altra azienda sarebbe stato del tutto inappropriato. Ammirai la sua decisione e decisi, ancora una volta, di gestire l’intera downline di mia sorella.
Reclutai i suoi leader, li formai e li supportai perché Melissa non se la sentiva di tradire la fiducia che la Tupperware aveva riposto in lei. Senza volerlo mi ritrovai ancora una volta vittima di questo ruolo amministrativo. Nel frattempo, tutte le mie altre organizzazioni sparse per il Paese erano frustrate dalla mia difficile reperibilità perché ero totalmente concentrato a gestire i gruppi della mia famiglia.
“Per farla breve, quando tornai a casa mia ad Aspen, in Colorado, avevo brillantemente buttato otto mesi della mia vita a tirare su le downline di mia sorella e di mio padre. Nel giro di un anno, entrambi chiusero le attività e virtualmente tutti i membri delle loro organizzazioni mollarono tutto o diventarono compratori all'ingrosso di quel prodotto.
Per fortuna, papà era riuscito a reclutare un paio di miei vecchi compagni di scuola e del college, Gary Turner e Jim Grundy. Nel corso degli anni fecero un ottimo lavoro, ma alla fine entrambi optarono per intraprendere altre strade e ad oggi il nostro assiduo lavoro con i parenti non ci ha fruttato neanche un centesimo.
Assumere il ruolo di balia al mio gruppo mi è servito solo per diminuire il mio fatturato, guastare le possibilità di successo a mio padre e mia sorella e buttarmi fuori pista per quasi un anno. La verità è che avrei dovuto dedicare non più di una settimana in ogni città a preparare papà e Melissa - dopodiché entrambi sarebbero stati pronti a costruire i loro gruppi”.
Scegliere le strade migliori
Se ti senti solo nel network marketing, senza il sostegno di nessun membro della tua famiglia, ci sono strade migliori per coinvolgerli piuttosto che obbligarli a entrare nel business e poi fare tutto al posto loro. Se vogliamo cambiare gli altri, dobbiamo prima di tutto cambiare noi stessi. Il loro cambiamento avverrà di conseguenza.
La realtà è che ciò che ci dà potere non sono tanto le nostre origini, la fortuna o le circostanze, ma la ferma convinzione che ciò in cui crediamo sia davvero possibile per noi.
Jimmy Kossert di Renton, Washington, è uno dei leggendari “magnati” del networking. Ma ha avuto bisogno di una profonda valutazione di sé, di quelle che si fanno di primo mattino, per rompere un circolo vizioso che lui e la sua famiglia si trascinavano di generazione in generazione da oltre un secolo. Ce lo spiega così:
“Ero arrivato quasi alla fine del mio primo anno nel MLM. Una mattina presto, alle 5, presi la decisione di rompere il ciclo di povertà che caratterizzava la mia famiglia da generazioni. Tutti quelli che avevo reclutato avevano lasciato... tutti quanti. Tutti quelli a cui volevo bene mi avevano detto no.
Non avevo denaro in entrata, nessuna possibilità di tornare a quella spirale autodistruttiva che era il mercato immobiliare senza alcuna prospettiva di recupero finanziario, nessuna esperienza in altri campi, nessuna formazione universitaria e nessuna intenzione di persistere. Il mio bisnonno era povero e senza istruzione, come mio nonno, mio padre e ora era il mio turno. La povertà, pensai, era proprio di famiglia.
“Mia moglie e i bambini dormivano nel silenzio, e mentre me ne stavo seduto a contemplare queste persone che amavo così tanto e il futuro incerto che ci si prospettava davanti, fui colpito da un lampo accecante. Forse tutti quelli che appartenevano al mio passato, almeno una volta nella vita, si erano lamentati della brutta situazione in cui si trovavano, ma io, a differenza loro, avevo un asso nella manica.
A differenza dei miei antenati, io avevo il privilegio di trovarmi in una grande società che procurava alla gente un reddito davvero inimmaginabile. Nessuno dei miei avi aveva mai avuto questa opportunità. Sarei stato io, Jimmy Kossert, a riscattare dalla servitù e dalla mediocrità le generazioni che prima di me non avevano mai avuto il privilegio di restituire dignità alla storia della nostra famiglia.
In punta di piedi mi avvicinai ai letti dei miei figli di uno e tre anni, e affermai con silenziosa solennità: ‘Farò per voi quello che avrebbe fatto il mio bisnonno se avesse avuto la mia stessa opportunità. Porterò questa gara fino alla fine e vincerò’.
“Da quel momento in poi, mi presi l’impegno di rompere quel ciclo di povertà. So che i miei predecessori avrebbero fatto lo stesso, se fossero stati benedetti dalla possibilità di un reddito illimitato. La mia ricchezza rappresenta ora il testamento di un bisnonno che ha perseverato in tutto quello che faceva in una generazione che non offriva alcuna possibilità di benessere e di libertà alla gente povera e senza istruzione.
Nessuno dei miei figli dovrà mai alzarsi alle 5 del mattino e sentirsi depresso per la sua povertà. Grazie al network marketing. Il ciclo si è finalmente interrotto”.
Questo testo è estratto dal libro "Il Tuo Primo Anno nel Network Marketing".
Data di Pubblicazione: 28 giugno 2018