SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 10 min

Il Risveglio della Kundalini - Capitolo 5

Il Risveglio della Kundalini - Capitolo 5

Introduzione alla pratica

Capitolo 5
Introduzione alla pratica

Quando pratichiamo il Kundalini Yoga è molto importante seguire le particolareggiate e dettagliate istruzioni degli esercizi nel modo più preciso possibile. Dobbiamo attenerci esattamente alla durata prevista per l’esercizio, alla modalità dell’esecuzione, alle indicazioni date per il respiro e alla sequenza dei singoli movimenti. Inoltre è importante indossare abiti comodi, che non stringano e scegliere il luogo adatto alla pratica. Dovremmo cercare di evitare ogni fattore di disturbo, come rumori o interruzioni da parte di altre persone.

Per trasformare il nostro stato di coscienza, tutta una serie di sistemi fisiologici ed energetici devono essere stimolati e coordinati tra di loro. Soltanto allora è possibile conseguire un successo sistematico e duraturo.

Gli esercizi e le meditazioni riassunti negli yogakriya comprendono tutte le tecniche necessarie, ben armonizzate tra loro, grazie alle quali possiamo esercitare un influsso sottile sulle diverse energie del corpo materiale e del corpo energetico. Dovremmo perciò sforzarci di eseguire bene e in modo preciso ogni esercizio, per quanto ci è possibile.

Il nostro cuore e la nostra anima devono partecipare alla pratica fisica. Non bisogna in alcun caso tralasciare o cambiare delle parti di esercizi, o tralasciare le pause di rilassamento. Questo non soltanto pregiudicherebbe il successo desiderato ma, nella maggior parte dei casi, impedirebbe completamente il suo conseguimento.

PER INIZIARE: IL RICHIAMO DELL’ENERGIA DIVINA NEL SÉ

Ogni sequenza di esercizi inizierà con il canto del mantra: «Ong namo, guru dev namo». La parola “ong” è una variazione della sillaba sacra Om o Aum, che sta per Shiva, il polo non manifesto, immobile o “maschile” di Brahman. Il polo opposto, dinamico, “femminile”, Shakti, l’energia primordiale divina, viene definito dalla sillaba “ong”, qui utilizzata. “Namo” ha la stessa radice della parola indiana “namaste”. “Namaste” è una forma di saluto riverente, usata normalmente. Riassumendo, “ong namo” significa: “Saluto l’energia creatrice divina che abita in me!”.

Il concetto di “guru dev” sta per Brahman, nella sua qualità di guida e di maestro divino, che deve condurci al nostro vero Sé. Con il “namo” conclusivo si saluta anche questa componente dell’energia cosmica. In questo modo si crea un collegamento con l’autentico nucleo divino interiore e l’energia cosmica che abita in noi sarà libera di dirigere la nostra azione nel modo giusto.

Cantare il mantra all’inizio della pratica è un atto meditativo, di raccoglimento interiore, che ci aiuta a dimenticare per un momento ciò che è accaduto durante la giornata, a distaccarci da quegli avvenimenti, e ci introduce al lavoro tranquillo, concentrato, sul corpo e sulla mente. Meglio ancora se lasciamo trascorrere alcuni minuti di silenzio prima del canto del

mantra, una pausa dedicata al raccoglimento interiore e al riposo del corpo, per poi entrare nello spirito della pratica successiva attraverso le “parole sacre”.

La postura adatta, da assumere nella fase del raccoglimento e per il canto, è la posizione seduta a gambe incrociate (vedere da p. 66 per ulteriori istruzioni).

Posizione del Loto

Come lo recitiamo Siamo seduti molto comodamente a gambe incrociate e con la colonna vertebrale eretta. Le mani sono giunte davanti al petto. I palmi delle mani sono distesi e uniti (vedi il mudra della preghiera p. 70), e i polsi vengono premuti contro lo sterno all’altezza del cuore. Gli occhi sono chiusi, li concentriamo sul sesto chakra, il punto tra le sopracciglia. In questa posizione possiamo cantare il mantra iniziale in due modalità:

  1. In due respiri. Inspiriamo profondamente dal naso e lungo tutta l’espirazione cantiamo «Ong namó», finché abbiamo esaurito il fiato inspirato. La pronuncia sarà quindi molto allungata e corrisponderà all’incirca a questa rappresentazione grafica: «OOOOnnnnng namóooo». Dopo una breve inspirazione cantiamo la parte restante del mantra: «Guru dev namó». Anche qui il canto si prolunga lungo tutta l’espirazione, allungando le parole nel modo seguente: «Guru deeeeev namóoooo». Manteniamo l’ultima nota il più a lungo possibile. Fino alla parola “dev”, che si canta su una nota leggermente più alta, utilizziamo per tutto il mantra la stessa nota, un tono che ci sia congeniale. 
  2. In un respiro. Inspiriamo profondamente dal naso e lungo tutta l’espirarzione cantiamo «Ong namo guru dev namo». La pronuncia sarà circa «Oonnng namó guru devvv namó». Durante il canto e mentre manteniamo le note lunghe, l’aria che stiamo espirando deve vibrare leggermente a livello del palato e del seno paranasale frontale, in modo che ne risulti una leggera risonanza e una pressione corrispondente nella zona del sesto chakra. Ripetiamo il mantra per tre volte, come saluto alle energie divine universali che abitano in noi, e iniziamo poi, dopo una breve pausa di raccoglimento, con gli esercizi di volta in volta prescelti.

LA CONCENTRAZIONE DELLA CONSAPEVOLEZZA

Nei capitoli seguenti, nell’ambito degli esercizi pratici, verranno descritte esattamente tutte le posizioni del corpo, delle mani e delle dita, così come le tecniche respiratorie e le modalità di svolgimento dei movimenti. Non torneremo tuttavia in ogni singolo caso sul tema della necessaria concentrazione della nostra consapevolezza.

Qui vale una regola generale di base, da seguire sempre, a meno che non venga data un’indicazione contraria: tutti gli esercizi, nel Kundalini Yoga, devono essere eseguiti con gli occhi chiusi, concentrandosi sul sesto chakra. La concentrazione sul punto tra le due sopracciglia stimola la nostra ipofisi, che ha un ruolo straordinario nella regolazione della secrezione ormonale, e ha un significato particolare per la nostra evoluzione spirituale.

Se ruotiamo gli occhi dietro le palpebre chiuse un poco verso l’alto e verso l’interno e spostiamo la concentrazione nella zona della radice del naso, qualche centimetro all’indietro, possiamo renderci conto molto bene dell’esatta posizione della ghiandola dell’ipofisi.

Concentrare la consapevolezza sul sesto chakra non significa tuttavia che dobbiamo cacciare dalla mente tutti gli altri pensieri. Contemporaneamente dobbiamo prestare attenzione alle posizioni e ai movimenti del corpo. Soltanto il centro della nostra attenzione consapevole deve rimanere diretto su questo punto.

LE TECNICHE RESPIRATORIE

Il Kundalini Yoga lavora con tutta una serie di tecniche respiratorie specifiche, che vengono introdotte per accompagnare o per supportare gli esercizi corporei. Come abbiamo già visto altrove, il nostro respiro non serve soltanto ad assumere l’ossigeno necessario per vivere, ma anche a introdurre e suddividere l’energia pranica che costituisce la base della nostra forza vitale. Il ritmo e la profondità del respiro sono in stretta relazione con la nostra salute fisica e mentale, con le nostre emozioni e con il nostro stato di coscienza.

Dovremmo padroneggiare alcune delle tecniche respiratorie fondamentali utilizzate nel Kundalini Yoga, per poi poterle usare correttamente nell’ambito degli yoga-kriya senza doverci concentrare su di loro in modo particolare.

Il respiro lungo, profondo

Il respiro lungo e profondo è la tecnica respiratoria più semplice e più naturale utilizzata nella disciplina yoga. In effetti non è neppure corretto definirla come una tecnica particolare. Si tratta di un modo di respirare che ognuno utilizza fin dalla nascita. Possiamo osservare questo respiro nei bambini piccoli o anche negli adulti che vivono in un ambiente lontano dalla nostra civiltà, un ambiente a contatto con la natura e completamente privo di stress.

Il respiro lungo e profondo influenza la nostra salute fisica e mentale in moltissimi modi: diventiamo più calmi e più rilassati, le nostre energie mentali vengono attivate, aumentiamo il magnetismo personale, cioè la fermezza e la perseveranza e, non ultimo, conferiamo maggiore forza al nostro corpo energetico e ci difendiamo così dagli influssi negativi del nostro ambiente. Invece un respiro troppo breve e troppo superficiale, che interessa soltanto la parte alta dei polmoni, causa la carenza di ossigeno nel sangue e molti fenomeni di avvelenamento.

Grazie alla respirazione profonda il sangue viene purificato, la percentuale di ossigeno e di energia aumenta sensibilmente e, di conseguenza, riforniamo i muscoli e il cervello di energia ulteriore. La respirazione profonda si utilizza, infine, anche per la canalizzazione e per il controllo del dolore fisico, una pratica ben nota nella preparazione al parto e presso tutti i popoli primitivi. Noi uomini occidentali abbiamo completamente disimparato questo tipo di respirazione, poiché è in contraddizione con il nostro stile di vita frenetico: infatti siamo sempre con il “fiato corto”.

Esercitiamo la respirazione lunga, profonda nel modo seguente: in una posizione seduta comoda, a gambe incrociate, rilassiamo il torace e le spalle. Inspirando lentamente e continuativamente attraverso il naso, rilassiamo anche la parte inferiore del corpo e la parete addominale, e lasciamo che quest’ultima sporga un poco in fuori. Rilassando la parte inferiore del corpo, il diaframma, che divide la regione polmonare dalla cavità addominale, si abbassa, cosicchè l’aria inalata fluisce automaticamente anche nella parte inferiore dei polmoni.

Possiamo collegare il processo dell’inspirazione con l’idea e con la sensazione che i nostri polmoni si riempiano di un fluido, come un grande pallone vuoto, iniziando dal basso e poi risalendo lentamente, fino al margine superiore.

Quando espiriamo, poi, dapprima contraiamo la parete addominale che sporgeva in avanti, lasciando in questo modo che il diaframma ritorni alla posizione di partenza. La contrazione della parete addominale, con il conseguente scivolare verso l’alto del diaframma, produce una certa pressione sui polmoni, sospinge fuori l’aria che si trova al loro interno, iniziando dal basso e proseguendo verso l’alto.

Soltanto alla fine si contrae anche la regione toracica per espirare l’aria restante.

I disegni seguenti illustrano chiaramente il movimento di fuoriuscita e di rientro dell’addome durante l’inspirazione e durante l’espirazione.

Si consiglia di praticare questa tecnica respiratoria con impegno e con partecipazione assoluti, poiché essa rappresenta una delle premesse basilari per l’efficacia di molti esercizi di yoga.

Posizione Respirazione

Continua a leggere l'esrtatto del libro "Il Risveglio della Kundalini"

 

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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