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In Libreria con Barbara - 3 domande a Matteo Ficara

Leggi l'intervista di Barbara a Matteo Ficara, autore del libro "Andata e Ritorno".

Leggi l'intervista di Barbara a Matteo Ficara, autore del libro "Andata e Ritorno".

"Andata e Ritorno" di Matteo Ficara

Un libro particolare, "grande" come un passaporto e proprio come questo,  permette di viaggiare aiutandoci ad elaborare il "pensiero immaginativo". 

Passo dopo passo, seguendo le semplici e chiare indicazioni dell'autore del testo (filosofo, scrittore ed ideatore del metodo), riusciamo a raggiungere il luogo di pensiero dove c’è quello che cerchiamo, quel luogo nascosto in cui vedere il possibile, anche quello che

normalmente non riusciamo a vedere e trovare finalmente quelle "proposte" già presentate dall'Universo ma che sembrava semplicemente non esistessero.

3 domande all'autore:

Barbara
Il libro insegna come fare un "viaggio immaginale". Seguendo le indicazioni e impegnandosi si può davvero riuscire a partire. Conviene a tutti imparare a "partire e tornare”?

Matteo Ficara
Anzitutto sono felice della tua osservazione sul fatto che il libro dà tutto l’occorrente per fare viaggi di “Andata e Ritorno”.

Mi fa felice perché significa che il lavoro fatto in concerto con i ragazzi delle Edizioni Spazio Interiore, nel creare questo “manualetto” con la mappa dei territori del pensiero e le istruzioni per il viaggio immaginale, ha avuto esito positivo.

Ora… non amo le generalizzazioni, quindi eviterei il “tutti”.    

E allora viene da chiedersi: “a chi conviene imparare?”. Diciamo che il beneficio più grande che si può avere dall’uso consapevole della facoltà immaginativa è, secondo me, quello di poter fare scoperte.

Scoprire è bellissimo: significa togliere un velo, illuminare zone che prima erano annebbiate, ampliare la conoscenza e la propria consapevolezza. Significa riuscire a pensare oltre alle idee che abbiamo, allargare orizzonti e prospettive.

È un atto rivoluzionario. Soprattutto in un momento culturale come il nostro, dove si va sempre più ragionando in modo duale (si è a favore o contro qualcosa), con l’effetto negativo di chiudere sempre più il pensiero in uno spazio stretto (nel libro parlo di un “monolocale 3x3”, spazio della ragione) da cui non solo non si vedono orizzonti e prospettive, ma entro il quale non c’è libertà.

Direi, quindi, che il viaggio di Andata e Ritorno è uno strumento per chi ha curiosità, per chi ha coraggio e desiderio di andare oltre quel che già sa, ponendo in dubbio le proprie idee e giocando a prospettarne altre.

È sicuramente uno strumento filosofico che permette esperienze come gli “Eureka!” greci.

Barbara
Pagina dopo pagina emerge che se si porta con sé una domanda si può ottenere una risposta che, da soli, non riuscivamo a trovare. 
Può accadere che non si riesce a capire il messaggio che ci è stato lasciato durante il viaggio una volta rientrati?

Matteo Ficara
“Risposta” è un termine che ho volutamente sostituito con “proposta”. Nel libro e nel mio stesso modo di pensare. Ho scelto questo per un semplice motivo: spesso ci si approccia a tecniche meditative, di spiritualità (termine che non amo e che preferisco sostituire con “consapevolezza”) o di pensiero – come le immaginazioni – con l’idea che quel che se ne trae sia “la verità”.

La credo una cosa poco concreta e realistica, dato che siamo in un “multiverso”, ed anche possibilmente dannosa per sé o per altri. Immagina di trovare “idee” (questo il termine corretto), ovvero immagini, che ti parlano di te come di una persona molto capace.

Magari per alcuni è una spinta ideale verso cui muoversi, agendo e lavorando su di sé nel mondo di ogni giorno (approccio sano, critico, di impegno), al fine di migliorarsi; mentre magari per altri è il momento in cui l’ego si gonfia, credendo che quell’immagine possa essere, da sola, un qualche tipo di segnale o di “potere”.

È un potere, certo, nel senso che è un possibile.

Un possibile, non una verità. Ecco: il pensiero immaginativo ti aiuta a vedere il possibile, anche quello che normalmente non riesci a vedere.

Quindi: le immagini, visioni ed idee, gli orizzonti e le prospettive che scopriamo ci dicono qualcosa che è possibile e che, come tale, deve essere prima verificato e poi reso concreto con l’impegno.Parliamo ora dell’importanza di avere un obiettivo (domanda, bisogno, intento).

“Se non c’è problema, non c’è meditazione”, riportava uno dei maestri di Selene Calloni Williams. È una frase che mi ha dato gioia, perché era un’osservazione che avevo fatto anch’io, tempo fa e sentirla da altri mi ha fatto sentire a casa.

Per le esperienze di Andata e Ritorno vale lo stesso: se hai una domanda chiara, una ricerca verso cui aspira il tuo cuore o un bisogno, allora il lavoro funziona meglio.

È come dover partire per un viaggio: certo, viaggiare per viaggiare è bello, ma in noi c’è qualcosa che ha bisogno di un punto di arrivo, una meta, un motivo.

Quel motivo, in un viaggio di Andata e Ritorno, diventa il nostro “approdo”, quel luogo verso cui andiamo e da cui, poi, possiamo tornare.

Poi mi chiedi se è possibile non comprendere il messaggio. Certamente, può capitare, ma non è necessariamente qualcosa di sbagliato, anzi: a volte è l’inizio di un processo di scoperta.

Facciamo due più due, mettendo insieme le informazioni appena viste:

  1. Da una parte puoi voler scoprire qualcosa o comprendere il senso “invisibile” (che ti sfugge) di una situazione. Sai quindi cosa cerchi, ma non sai cosa contiene. Quindi potresti trovare ciò che stai cercando, ma non essere in grado di riconoscerlo. È quello che accade con ogni scoperta: la trovi, ne puoi intuire più o meno un valore, ma lo puoi sapere con esattezza solo con l’esperienza.

  2. Altra cosa che può accadere è che quello che cerchi non è veramente di tuo interesse o lo è troppo e quindi, magari, possono capitare delle “forzature” nella tua esperienza: ti forzi a vedere quello che vuoi vedere, piuttosto che scoprire quello che c’è, oppure ti sforzi a vedere qualcosa, quando non c’è niente da vedere.

Ecco, quindi può capitare che non vedi niente. Può capitare che vedi in modo sfocato e, quindi, ti forzi a dare a quell’immagine una forma piuttosto che un’altra. Può capitare che hai fretta o “pensi di avere ragione” e deformi le immagini, cogliendone solo degli aspetti (quelli che ne sai già), senza scoprire la sua ricchezza al di là di quello che sai e che pensi.

Può capitare di sbagliarsi e prendere abbagli, insomma. Per evitarlo è necessario:

  • Effettuare bene il rilassamento, per portare il tuo pensiero da una modalità logica ad una analogica;
  • Avere un bisogno o un interesse reale;
  • Fare pratica ed affinare lo strumento immaginativo nella sua funzione di scoperta, allenandosi alla pazienza e all’accoglienza: guardare continuamente quell’immagine, senza pensare di saperla, ma col desiderio di scoprirla;
  • Divertirsi, ovvero – come diceva Wayne W. Dyer nel suo “Il potere dell’Intenzione” – “non prendersi mai troppo sul serio”, per evitare di darsi/avere ragione e ingrossare una parte di sé, egoica, in modo malsano.

Fatto questo, quando torni con l’esperienza del viaggio, è bene far sedimentare, eventualmente raccogliere altre informazioni, verificare l’idea, metterla alla prova. Sempre.

Questo ti permette di scoprirne il significato: chiarezza di visione (rilassamento, apertura, osservazione), accoglienza (prendere quel che c’è per quel che è – è il concetto di “purezza”) e verifica delle idee.

Applicando questo metodo, anche se un’idea magari non è subito chiara, lo diventa dopo un po’, svelandoti la sua utilità (o eventuale inutilità).

Barbara
Tutti possono cimentarsi in questo genere di viaggi o solo chi è già pratico di una qualche forma di meditazione? Quanto tempo ci vuole per riuscire a compiere un viaggio con piena soddisfazione?

Matteo Ficara
Non serve avere pratica di altre forme meditative, per usare la propria capacità immaginativa secondo il metodo di Andata e Ritorno. Però può richiedere un po’ di pratica, come per tutte le cose.

Conosco imprenditori che, del tutto digiuni, appena letto il libro hanno applicato il metodo ottenendo dei bellissimi risultati, emozionanti a livello personale e proficui a livello professionale.

Per il tempo, dipende da cosa intendi: se intendi quanta pratica necessita affinché il metodo sia scorrevole ed ottimale, allora è diverso per ognuno (in base a storia personale, abilità ed impegno). Se intendi invece un viaggio in sé, se è chiaro l’obiettivo dell’esperienza, allora possono bastare anche 20/30 minuti.

Io, ad oggi (dopo 12 anni di pratica), posso semplicemente chiudere gli occhi ed attingere in pochi istanti ai luoghi ed alle immagini che cerco. Con meno di 2 minuti raggiungo il luogo di pensiero dove c’è quello che cerco e lo raccolgo. Ma per farlo mi ci sono voluti anni di pratica.

E, naturalmente, poi verifico sempre le idee nel mondo e, quando voglio trasformarle in realtà, allora mi impegno al fine che lo diventino.

Ecco, ci siamo. Mi auguro di aver dato risposta esauriente ad ogni domanda e, soprattutto, di aver contribuito a creare più consapevolezza sull’uso della nostra funzione immaginativa di pensiero.

Questo libro ti piacerà se...

Vuoi creare più consapevolezza sull’uso della nostra funzione immaginativa di pensiero.

Buona lettura Amici! ;)

Barbara

Data di Pubblicazione: 29 gennaio 2021

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