SALUTE E BENESSERE

L'indissolubile legame tra cervello e intestino

Cervello intestino - Stefano Manera - Speciale

Il corpo è una macchina perfetta in cui ogni sistema interno è collegato agli altri. Impara in che modo, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Stefano Manera.

L'indissolubile legame tra cervello e intestino

L'uomo in rete: Connessione tra cibo e malattia nella visione ippocratica

La vita è cooperazione e la cooperazione è vita. Questo semplice e basilare concetto che si pone alla base della vita di tutti gli organismi viventi, dai più piccoli ai più grandi, è stato ben espresso dal professor Fritjof Capra, fisico e saggista austriaco, nel suo saggio "La rete della vita".

Noi esseri umani, ovviamente, non siamo esenti da questa chiara regola di sopravvivenza, anche se spesso non ci rendiamo conto di quanto sia indispensabile creare una rete della vita per poter sopravvivere e creare un futuro degno di essere vissuto pienamente.

La cooperazione e una riuscita integrazione con la natura e con il pianeta Terra, di cui siamo solo ospiti, hanno rappresentato la formula vincente nel corso di milioni di anni di evoluzione e di adattamento. La vita non è altro che la comunità, l'interazione tra gli esseri viventi e l’organizzazione dei micro e macro-organismi, come ben rappresentato dalla profonda e indispensabile interazione tra l’essere umano e il suo microbiota.

L'uomo non può più pensare di essere entità separata, isolata, ben distinta da ciò che lo circonda, ma, al contrario, deve tornare a creare dei sistemi di cooperazione dove ognuno è parte di una rete profonda, che deve essere rinnovata e confermata giorno dopo giorno, curata con costanza e mai abbandonata.

Non siamo soli, ma siamo il frutto dei rapporti che riusciamo a creare con le altre persone e anche di quello che instauriamo con l'ambiente che ci circonda, con il pianeta che viviamo e che dobbiamo rispettare per poter sperare di sopravvivere ancora a lungo. Gli eccessivi squilibri apportati alla natura dall'uomo possono essere la causa della comparsa e della diffusione di nuove malattie. Uno dei risultati più devastanti della frammentazione ambientale è stato lo spillover, il salto sempre più frequente dei virus dalle specie animali, con cui vivevano in simbiosi, all'uomo.

Deforestazione, allevamenti intensivi e sovrappopolazione sono le sue cause: gli ambienti naturali sono sempre stati i limiti di ostacolo alla diffusione di epidemie che, grazie a essi, restavano confinate entro territori definiti. Gli studiosi e gli ambientalisti già da decenni ci hanno messo in guardia rispetto alle devastanti conseguenze dei nostri sistemi di sviluppo non-sostenibili in tutti gli ambiti, come quelli che hanno portato a situazioni di sovraffollamento catastrofiche.

 

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Le reti

Il mondo materiale è una rete inseparabile di relazioni e il pianeta nel suo complesso è un sistema vivente che si autoregola. La rete è lo schema di organizzazione principale di tutti i sistemi viventi, è uno schema comune a tutta la vita. La sua caratteristica principale è quella di generare continuamente se stessa. Albert-Laszlo Barabdsi (fisico ungherese, scienziato di fama internazionale padre della cosiddetta “scienza delle reti”), in un famoso editoriale pubblicato sul "New England Journal of Medicine", coniò a proposito il termine network medicine.

In questo scritto, Barabdsi sottolinea come le reti pervadano ogni aspetto della salute umana fino — e soprattutto — a livello cellulare.

"Poiché la maggior parte delle componenti cellulari sono connesse una all’altra attraverso intricate relazioni a livello regolatorio, metabolico e proteina-proteina, l’analisi delle rete è destinata a giocare un ruolo chiave a livello cellulare. [...] A causa di questi legami funzionali, i difetti di vari geni si diffondono attraverso una rete intercellulare, influenzando l’attività di altri geni che di loro non porterebbero difetti".

Alla fine del secolo scorso, il progetto genoma umano portò l'umanità a credere che la semplice conoscenza riduzionista della variazione genomica potesse fornire tutte le informazioni necessarie sulla suscettibilità a una malattia portando a trattamenti personalizzati.

A oggi, solo il 10% circa dei geni umani presenta un'associazione gene-malattia conosciuta. La sola conoscenza di questa lista di geni si è dimostrata insufficiente a spiegare la connessione tra la natura complessa della maggior parte delle malattie e dei loro determinanti genetici e ambientali, la loro progressione e le differenze individuali tra i singoli pazienti.

Sempre Barabési già nel 2007 sosteneva che: 

"Per capire i vari meccanismi delle malattie non è sufficiente conoscere la lista precisa dei geni della malattia. Dobbiamo invece cercare di capire le interconnessioni tra i vari componenti cellulari che sono influenzati da questi geni e dai prodotti di questi geni."

Raramente una malattia è la conseguenza di un difetto di un solo gene, ma il più delle volte è l’effetto delle perturbazioni della rete in cui il gene si esprime. Questo nuovo approccio alla malattia e alla cura è stato chiamato, come si diceva, network medicine (medicina delle reti) e un altro dei suoi pionieri è il professor Joseph Loscalzo, direttore del Dipartimento di medicina e chief doctor al Brigham and Women's Hospital, nonché titolare della cattedra presso la Harvard Medical School.

Loscalzo, durante una conferenza nel 2019, affermò che senza la conoscenza del più ampio contesto del network della malattia e dei farmaci non è possibile sviluppare approcci significativi per affrontare percorsi di malattia complessi, come ad esempio in oncologia.

 

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Diventa fondamentale invece guardare alle malattie concentrandosi sui sistemi di reti e sulle relazioni sistemiche presenti in correlazione con l'organismo e non solo con l’ambiente esterno. Non concentrarsi più solo sui singoli componenti o sulle singole interazioni biochimiche permette di trattare le malattie come sistemi complessi quali esse sono.

Una visione quindi diametralmente opposta a quella dell’approccio riduzionistico, che comunque ha svolto un ruolo importantissimo nel progresso della biologia e della medicina moderna. L'approccio riduzionistico semplifica la capacità di diagnosi delle malattie, ma elimina le sfumature fondamentali che portano a terapie più precise e limita l'approccio personalizzato delle cure che negli ultimi anni si è dimostrato sempre più una scelta vincente nel trattamento di tantissime patologie.

Un aspetto essenziale della “nuova Medicina” è proprio quello di essere personalizzata, esattamente come fosse un abito sartoriale (in inglese tailored), cucito addosso al singolo paziente. Prevenzione e precisione sono le parole chiave della nuova buona medicina attuale. Se ad essere “precisa” è la prevenzione, i due concetti diventano allora un binomio virtuoso su cui costituire la scienza medica del futuro.

Non è una novità, almeno fra i medici che già praticano la cosiddetta medicina funzionale e ancor prima tra gli omeopati e i medici ippocratici, che la buona medicina non sia uguale per tutti. Ogni paziente è unico per età, genere e condizioni di salute, ma anche per caratteristiche genetiche, per l’ambiente in cui vive, per le sue abitudini, le preferenze e le emozioni che prova.

Proprio su queste variabili devono essere ritagliate la prevenzione e le terapie. Ma cosa intendiamo realmente con il termine “precisione” in questo ambito? Senza dubbio la considerazione della complessità di fattori da cui dipende lo stato di salute di ogni individuo, la predisposizione di quest'ultimo a contrarre determinate patologie e la sua capacità di risposta alle diverse cure.

E le stesse valutazioni ad personam, che nella medicina di precisione si dovrebbero applicare alle scelte terapeutiche dopo la diagnosi di una determinata malattia, dovrebbero essere applicate anche nell’individuo sano o presunto tale, attraverso il lavoro attento di prevenzione. La medicina deve poter incrementare il livello di salute delle persone, non solo per poter garantire loro maggior longevità, ma soprattutto per farle vivere meglio; e ciò anche attraverso il cibo che è — in prima istanza — la nostra medicina principale (come affermava Ippocrate), oltre ad essere cifra della qualità della nostra vita.

È così che la medicina di precisione diventa nutrizione di precisione e, per analogia, stile di vita di precisione. Cibo, stile di vita ed esercizio fisico sono gli unici tre fattori in grado di modificare il nostro terreno, ovvero le nostre programmazioni, che sono già fortemente caratterizzate da una serie di eventi correlati al DNA dei genitori (le radici), ai batteri che vivono in noi (il microbiota) e all’alimentazione che abbiamo avuto fino a quel momento.

Questo è il paradigma della medicina del terreno, ovvero il modello che consente di conoscere come lavorare sul terreno per permettere una differente espressione delle nostre radici.

Resta da capire quanto le persone vogliano realmente considerare questi fattori e trasformarli in valore per la propria vita, non solo in termini di tempo, ma di qualità, modificando le scelte in grado di salvaguardare più di altre la propria salute. Come dico sempre ai miei pazienti: la salute è esclusivamente nelle vostre mani e voi ne siete gli artefici.

 

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Autoguarigione e unità corpo-mente

L'uomo è in grado di riparare se stesso: questo è un concetto forte, ma fondamentale per comprendere il percorso di guarigione. L'organismo umano è straordinario e possiede l'innata capacità di rigenerarsi e di auto-regolarsi. La guarigione è un processo spontaneo che l'organismo mette in atto in modo autonomo.

La tendenza dei sistemi biologici, uomo compreso, è infatti quella di mantenersi in equilibrio (omeostasi), ovvero in salute. Questa dunque corrisponde all’equilibrio così come, ovviamente, la malattia corrisponde al disequilibrio. Tanto più il corpo e i vari apparati sono in disequilibrio, tanto più il processo per riportare il sistema verso l’omeostasi sarà lungo e faticoso.

Il nostro corpo è tuttavia perfettamente in grado di realizzare una rigenerazione di se stesso, se messo nelle corrette condizioni. Al contrario, in presenza di stress elevato, soprattutto se operante per lunghi periodi, il nostro organismo entrerà in uno stato di sofferenza cronica.

Il processo di autoguarigione è un processo lineare che richiede consapevolezza e la necessità del superamento di eventuali dissonanze cognitive più o meno forti che bloccano il cambiamento, facendolo sembrare inutile, complesso o doloroso.

L'autoguarigione consiste nella rigenerazione del corpo ed è spesso trascurata perché è considerata una condizione che avviene normalmente, qualcosa di scontato a cui non si fa molto caso.

Per certe malattie e lesioni, infatti, si ritiene che sia normale guarire, dato che sappiamo molto bene che il nostro corpo tende sempre a salvaguardare la propria esistenza in modo autonomo. Esistono però condizioni in cui le capacità di autoriparazione del corpo possono essere compromesse dalla mente.

Depressione, attacchi di panico e stati ansiosi sono manifestazioni molto frequenti che presentano modificazioni anche da un punto di vista fisico, poiché comportano l’iper-attivazione del sistema nervoso autonomo simpatico attraverso la secrezione di ormoni come cortisolo, adrenalina e dopamina che progressivamente agiscono sul corpo.

Ad esempio, questi inibiscono il sistema immunitario, aumentano la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, riducono la capacità dell’organismo di liberarsi in modo efficace dei radicali liberi e delle tossine (capacità scavenger) che, restando in circolo più a lungo, danneggiano i tessuti attraverso meccanismi devastanti come lo stress ossidativo e l’acidosi e rendendoci allo stesso tempo più sensibili alle malattie.

 

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Data di Pubblicazione: 4 gennaio 2022

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