SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 9 min

Kriya Yoga, La scienza della realizzazione del Sé

Manuale di Kriya Yoga Integrale - Giovanni Formisano - Speciale

Cos'è il Kriya Yoga? In che modo i suoi esercizi possono regalare benessere a corpo, mente e spirito? Scoprilo, leggendo il nuovo libro di Giovanni Formisano.

Kriya Yoga, La scienza della realizzazione del Sé

Kriya yoga significa, quindi, unione (con il Divino) ottenuta attraverso una certa azione o rito; è bene specificare che in India esistono diverse forme di yoga che adottano questo nome. Come già detto, il Kriya a cui ci riferiamo è quell’antica scienza che è stata riportata alla luce nel XIX secolo grazie ai due grandi maestri di cui abbiamo parlato: Mahavatar Babaji e Lahiri Mahasaya di Benares (Varanasi). In esso l’azione, o rito, a cui ci si riferisce riguarda tutto ciò che è in grado di creare calore e purificare il sistema astrale.

Il Kriya yoga di Babaji è una delle forme più antiche degli insegnamenti indiani volti alla realizzazione del sé. Possiamo trovare citazioni più o meno velate su questa scienza (il Kriya fino al XIX secolo era tenuto segreto e insegnato solo ai rinuncianti che avessero mostrato un concreto interesse e una reale dedizione) nelle Upanishad, nella Bhagavad Gita e, in modo più chiaro ed evidente, negli Yoga Sutra di Patanjali, che vi ha dedicato un intero capitolo, il secondo, del suo trattato, il sadhana pada.

I primi due versetti di questo capitolo definiscono il Kriya yoga come segue:

  1. il Kriya yoga è composto da Tapas, Swadhyaya e Isvara Pranidhana;
  2. il suo scopo è quello di eliminare le cause di sofferenza e portare l’adepto al samadhi.

Tapas significa “austerità”, ma anche “bruciare a fuoco lento”, e sta a indicare tutte quelle pratiche che creano fuoco attraverso qualche forma di attrito e avviano il processo alchemico di trasformazione del piombo egoico nell’oro della coscienza cristica. Tapas significa anche capacità di sopportare con equilibrio ed equanimità le prove della vita.

Swadhyaya indica lo studio del sé e tutte quelle pratiche di consapevolezza e presenza che permettono di arrivare a viveka, ossia al discernimento costante tra ciò che è impermanente, mutevole e falso (l’ego e le sue sfumature) e ciò che è permanente, immutabile e vero (lo Spirito, brahman).

Isvara Pranidhana indica la resa totale e incondizionata a Dio, il riconoscere che esiste un potere molto più grande di noi a cui affidarsi per poter vivere questa vita nel modo migliore. In ultima analisi, significa divenire strumenti del Divino su questa terra, canali puri attraverso cui il brahman pensa, parla e agisce.

 

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Queste tre componenti indicano anche i tre principali tipi di yoga descritti all’inizio di questo manuale: karma marga/tapas; jnana marga/swadhyaya; bhakti marga/isvara pranidhana.

Il Kriya yoga è una vera e propria scienza alchemica che si basa principalmente su una tecnica di pranayama che prevede il controllo o padronanza (yama) del prana attraverso il respiro.

Come scritto in "Autobiografia di uno yogi", Babaji ha rivelato questa scienza a Lahiri Mahasaya dicendogli che era suo compito diffonderla poi nel mondo, proprio perché la coscienza di un numero sempre maggiore di persone si sta risvegliando e riesce a comprendere le tecniche e la verità insita nei suoi insegnamenti.

A livello pratico, Yogananda ha suddiviso l’apprendimento delle sue tecniche in diversi stadi di cui i primi tre sono a disposizione di tutti, mentre le tecniche avanzate, quelle che caratterizzano e rendono unico il Kriya, vengono insegnate, come da tradizione, attraverso una vera e propria iniziazione. Le prime tre tecniche del Kriya, che potremmo chiamare preparatorie, ma che sono poi pratiche fondamentali che accompagneranno l’adepto per tutta la vita, sono così suddivise:

  1. tecnica di meditazione hong so;
  2. esercizi yogoda o di ricarica energetica;
  3. meditazione su Aum.

Hong So e aum sono due pratiche antichissime e straordinarie per portare l’adepto a uno stato meditativo avanzato. È importante anche ricordare che le tecniche sono una preparazione alla vera meditazione.

 

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Esse creano semplicemente i presupposti affinché la meditazione possa accadere. Lahiri Mahasaya e Yogananda, infatti, dicevano spesso che dopo la pratica delle tecniche deve seguire uno stato finale di silenzio contemplativo che rappresenta lo stato di meditazione pura sul sé.

Gli esercizi yogoda sono il contributo unico che ha dato Yogananda alla scienza del Kriya, creando un sistema con il quale ha integrato i concetti della ricarica o concentrazione pranica (prana dharana) con l’alternanza deliberata di tensione e rilassamento muscolare.

Questi formidabili esercizi ossigenano l’intero sistema, danno tonicità e forza a muscoli, ossa e organi interni, migliorano la concentrazione, insegnano a sentire e veicolare il prana, equilibrano i pancha vayu. Prenderemo in considerazione e studieremo queste tecniche di base più avanti nel testo, nella sezione che riguarda le tecniche di guarigione.

Dopo aver praticato tutti i giorni per almeno sei mesi, o meglio un anno, le tecniche di base del Kriya yoga si può passare alle pratiche avanzate che consistono, così come le ha tramandate Yogananda, in quattro fasi o iniziazioni, di cui la prima è la più importante e rappresenta, normalmente, tutto quello che serve per avviare il processo di trasformazione alchemica e portarlo a termine.

Questa prima fase è composta da tre tecniche di cui la più importante è il Kriya pranayama. Le altre due sono la Maha mudra e la Jyothi mudra. Ognuna delle tre lavora su un aspetto del nostro sistema energetico sottile e insieme formano uno strumento straordinario e completo per la sua purificazione.

Il Kriya pranayama è una pratica esoterica con la quale si magnetizzano la spina dorsale e i chakra principali, i cui benefici sono veramente straordinari sull’intera macchina biologica:

  • Ossigena il sangue, eliminando l’ossido di carbonio in eccesso, rendendo al contempo alcalino il sistema e riducendo la necessità stessa di respirare. Questo porta a uno stato naturale di kevala khumbaka (ritenzione del respiro che avviene spontaneamente).
  • Calmando e rallentando il respiro si vanno automaticamente a calmare la mente e il cuore per via dello stretto collegamento che c’è tra essi.
  • Migliora la capacità di concentrazione.
  • Rallenta i processi di invecchiamento, anche per la relazione che c’è tra la respirazione e la lunghezza della vita. Guardando gli animali, i sadhu hanno visto che quelli che respiravano più velocemente (ad esempio i cani, i gatti, i topi) vivevano molto meno di quelli che respiravano lentamente (ad esempio la tartaruga, l’elefante), arrivando, quindi, alla conclusione che abbiamo un numero di respiri contati da consumare nell’arco di questa vita: più lentamente respiriamo, più abbiamo la possibilità di vivere a lungo. L’individuo comune respira circa 15-18 volte al minuto. Quando si pratica il Kriya si fanno circa due respiri al minuto e col tempo questo va anche a rallentare il respiro durante la vita di tutti i giorni, abbassando notevolmente il numero dei respiri per minuto a 10-12, o anche meno.
  • A livello sottile, magnetizza la spina dorsale astrale e permette di sciogliere e lasciar andare i nodi e vritti karmici depositati lungo i vari chakra. Questo porta ad accelerare i processi karmici e a ripulirsi dalle tendenze mentali ed emotive indesiderate. Nel mondo del Kriya diciamo che un kriva pranayama fatto bene, con concentrazione, equivale a bruciare un anno di karma. Questa è la vera cerimonia del fuoco esoterica ed è l’equivalente alchemico di bruciare e purificare con l’alambicco i metalli grezzi per trasformarli in oro.
  • È una delle tecniche più potenti e al contempo sicure per risvegliare la kundalini.
  • È un pranayama dal grande potere riequilibrante.
  • Lavora su Visnu granthi (il secondo nodo dei tre principali che si forma a livello del quarto chakra, anahata o chakra del cuore, e impedisce il fluire dell’energia lungo la colonna vertebrale) ma, in combinazione con le altre tecniche del Kriya, permette, col tempo, di sciogliere tutti e tre i granthi principali.

 

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La Maha mudra viene definita dai maestri indiani come una sorta di super asana che racchiude i benefici di molte posizioni. Ci sono alcuni kriyaban che eseguono fino a un’ora al giorno di questa pratica per accelerare il risveglio della kundalini. I benefici di Maha mudra sì possono riassumere come segue:

  • permette di mantenere sana e flessibile la schiena, la colonna vertebrale e gli arti inferiori;
  • massaggia il cuore e gli organi interni del bacino e dell’addome, mantenendoli sani e funzionali;
  • decongestiona il plesso solare, calmando e riequilibrando l’intero sistema nervoso;
  • lavora su tutte le ghiandole, gonadi, surrenali, fegato, timo, tiroide, ipofisi e pineale, permettendogli di funzionare perfettamente;
  • scioglie il brahma granthi (il primo nodo dei tre principali, situato a livello del primo chakra, muladhara chakra o chakra della radice).

La Jyothi mudra va, invece, col tempo, a purificare l’occhio spirituale.

Scioglie il rudra granthi (il terzo dei tre nodi principali a livello di ajna o sesto chakra).

In alcune scuole che derivano da Lahiri Mahasaya, durante la prima iniziazione, vengono insegnate altre due tecniche:

  • Talabya kriya, una combinazione dinamica di Jiva e simha mudra, che permette di allungare e rendere elastica la lingua, mettendola in grado, col tempo, di eseguire kechari mudra. Oltre a questo, Talabya è un magnifico esercizio per stimolare tutta l’area della gola e il cervello, rendendo calma la mente e mantenendo sane e forti le prime vie aeree. Lavora anche sulle ghiandole endocrine dell’area, ossia tiroide, ipofisi e pineale.
  • Nabhi o Navi kriya, una pratica in cui si lavora su manipura chakra, ripetendo il mantra «Om» tante volte nella sua dimensione frontale e posteriore, accompagnando questo japa dalla posizione della testa, piegata in avanti e poi indietro.

Mentre questa scienza era sempre stata appannaggio di pochi eletti che avevano rinunciato al mondo delle apparenze, ritirandosi in solitudine o in un ashram per dedicarsi alla ricerca spirituale, ecco che a un certo punto, con l’incontro tra Babaji e Lahiri Mahasaya, accadde qualcosa che cambiò le carte in tavola e al quale potremmo pensare come a una serie di onde rivoluzionarie che hanno attraversato, e stanno attraversando, il nostro pianeta. Ma vediamo, ora, qual è la filosofia di base del Kriya yoga.

Data di Pubblicazione: 24 ottobre 2022

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