ALIMENTAZIONE

L'Equilibrio Acido-Base - Anteprima del libro di Cristopher Vasey

Dieta Acido Base

Un approccio completo per riacquistare salute e vitalità. Con indicazioni per una dieta rigenerante e alcalinizzante

La Dieta Acido-base si basa sul riequilibrio del nostro ph (acidità) per poter dimagrire, rimanere in forma, contrastare i problemi di salute come emicranie, dolori articolari e disturbi cardiovascolari e ottenere anche una pelle più bella e luminosa, attraverso la conoscenza dell'acidità (ph) degli alimenti che andiamo ad assumere. Importante in questa dieta è, quindi, capire quali sono i cibi acidi e quali sono quelli basici e, partendo da questo, riequilibrare la nostra alimentazione.

Che cos'è l'equilibrio acido-base?

Le sostanze utilizzate per la costruzione e il funzionamento del nostro organismo sono numerosissime: una ventina di aminoacidi, varie decine di zuccheri e acidi grassi, una quarantina di vitamine e un centinaio di minerali e oligoelementi. Ciascuna di queste sostanze svolge uno o più ruoli precisi nell’organismo.

Nonostante la loro estrema diversità, è possibile classificarle in due grandi gruppi: sostanze basiche (chiamate anche alcaline) e sostanze acide.

Questi due generi di sostanze presentano caratteristiche opposte ma che si completano. Pertanto, per essere in buona salute il nostro organismo ha bisogno sia delle une sia delle altre. Allorché sono presenti in quantità uguali, l’equilibrio che si crea tra acidi e basi prende il nome di equilibrio acido-base.

L’equilibrio acido-base non è l’unico equilibrio organico necessario alla nostra salute. Al contrario, ne esistono molti altri. Per esempio, l’equilibrio tra l’attività e il riposo, lo stato di veglia e di sonno, l'inspirazione e l’espirazione, il sangue venoso e il sangue arterioso, gli apporti e i consumi energetici, la produzione e l’eliminazione delle tossine ecc. Proprio come è per noi dannoso alterare uno di questi equilibri (per esempio mangiare più di quanto richiedano i bisogni del corpo o non riposarsi a sufficienza per compensare l’attività quotidiana), l’eccessiva presenza di sostanze acide o basiche nuoce alla nostra salute.

Che cos'è un acido?

Per aver assaporato un limone o del rabarbaro, tutti hanno familiarità con una delle caratteristiche più immediate degli acidi: il sapore. Tuttavia, il fatto di salivare abbondantemente per difenderci dagli acidi di questi alimenti diluendoli può anche farci prendere coscienza di un’altra proprietà degli acidi: la loro natura aggressiva o addirittura corrosiva.

Quest’ultima proprietà d’altro canto viene utilizzata in vari modi nella nostra quotidianità: usiamo l’aceto per sciogliere i depositi di calcare in vasca da bagno e nelle pentole; inoltre, molti attuali prodotti per la pulizia devono in parte le loro qualità detergenti agli acidi che contengono. Il carattere corrosivo degli acidi viene evidenziato dall’assai noto esperimento di un pezzetto di carne o di una moneta immersi in una bibita a base di cola. Nel giro di qualche giorno la carne si è dissolta e non è più visibile, mentre la moneta è corrosa in superficie.

Chimicamente, gli acidi vengono definiti come sostanze che liberano ioni idrogeno (H) se posti in soluzione nell’acqua. Questo rilascio di ioni non è identico né uniforme in tutti gli acidi: alcuni ne liberano più di altri. Esistono quindi tassi di acidità variabili. Per esempio, il rabarbaro o il limone sono molto più acidi delle fragole e dei pomodori, anch’essi alimenti acidi.

Il sapore non è però un metodo infallibile per determinare la natura acida di un alimento, perché gli acidi contenuti in quest’ultimo possono essere in parte neutralizzati e il sapore annullato dalla presenza di altre sostanze. La carne e i cereali non hanno un sapore acido, eppure sono alimenti molto acidificanti.

A parte il sistema di misura del grado di acidità, ossia il pH di cui parleremo in seguito, è possibile determinare se qualcosa è acido o no analizzandone il tenore di minerali. Anche i minerali infatti si possono suddividere in due grandi gruppi: minerali acidi e minerali basici. I principali minerali acidi sono lo zolfo, il cloro, il fosforo, il fluoro, lo iodio e la silice.

Quando un corpo contiene più minerali acidi che basici, si definisce acido. Pertanto, le acque minerali, che contengono ambedue i gruppi di minerali, verranno dette alcaline se predominano i minerali basici come calcio e magnesio o acide se primeggiano zolfo, cloro o anidride carbonica. Altro esempio: un alimento ricco di fosforo, come le nocciole, è più acido di un altro che ne contiene meno, come le mandorle.

Che cos'è una base?

Contrariamente alle sostanze acide, le basi liberano pochissimo idrogeno o non ne liberano affatto. Insomma, meno ioni H rilasciano, meno sono acide o, in altre parole, più sono basiche.

Inoltre, contrariamente agli acidi, le basi non hanno proprietà aggressive. Sono sostanze “dolci”. Il succo di limone che entra in una ferita produce un forte senso di bruciore, mentre il latte no. Le sostanze alcaline d’altro canto vengono impiegate per contrastare i danni provocati dagli acidi. Di conseguenza, il succo di patata lenisce i dolori causati dall’iperacidità gastrica e il latte, se ingerito in grandi quantità, costituisce un metodo efficace per neutralizzare l’aggressività dei veleni acidi inghiottiti per errore.

Al gusto gli alimenti basici sono caratterizzati da un sapore acido debolissimo. In quelli più basici, come le banane, le mandorle e il latte fresco, non si rileva la minima sfumatura acidula.

I minerali basici sono il calcio, il potassio, il magnesio, il sodio, il ferro, il manganese, il cobalto e il rame. Tra questi, il calcio è il minerale più presente nel nostro organismo: oltre un chilo, per la maggior parte nello scheletro.

Come per gli acidi, il sapore non costituisce un criterio che permette di individuare la natura basica di un alimento. Alcuni alimenti, per esempio il pane e lo zucchero bianco, non hanno nessun sapore acidulo, ma al tempo stesso non sono basici. Gli acidi che questi alimenti contengono vengono liberati durante la loro digestione e l’utilizzazione da parte dell’organismo.

Qual è il sistema di misura dell’acidità?

Poiché la differenza tra un acido e una base sta nella loro maggiore o minore capacità di liberare ioni idrogeno, l’unità di misura del grado di acidità o di alcalinità è il pH, cioè la potenza o il potenziale (p) di liberare ioni idrogeno (H).

La scala di misura del pH va da 0 a 14. La cifra 7 indica l’equilibrio tra acidi e basi, ossia un pH neutro. Più il potenziale di liberazione degli ioni H è grande, più la cifra del pH si riduce, da 6 a 0, dove 0 è l’acidità assoluta. Al contrario, più il pH è basico, più la cifra è alta, da 8 a 14, dove 14 rappresenta l’alcalinità assoluta (cioè un rilascio di ioni H pari a zero).

La scala di misura del pH si presenta dunque in maniera inversa a ciò che potremmo aspettarci, giacché più il grado di acidità è alto, più la cifra del pH cala.

Occorre altresì sottolineare che il passaggio da una cifra all’altra sulla scala di misura non è aritmetico, bensì logaritmico, cioè i valori che separano un’unità dall’altra non sono gli stessi nell’arco della scala, ma aumentano man mano che si allontanano dalla posizione di equilibrio. I valori vengono moltiplicati per 10 a ogni unità. In altre parole, se la concentrazione di ioni H è pari a 10 a pH 6, diventa 100 a pH 5, 1000 a pH 4 e 10.000 a pH 3. Lo scarto tra il pH 6 e 3 da una parte e il pH 5 e 4 dall’altra non è uguale, poiché nel primo caso è di 90 e nel secondo di 900.

In concreto, ciò significa che il livello di acidità è molto più grande di quanto potremmo credere osservando la progressione delle cifre. Quando il pH urinario passa da 6 a 5, per esempio, l’acidificazione è molto maggiore rispetto al passaggio da 7 a 6.

La misurazione del pH delle varie sostanze si effettua con una speciale cartina reattiva chiamata cartina al tornasole. Posta a contatto con una diluizione della sostanza da testare, la cartina cambia più o meno colore e indica così il grado di acidità o di alcalinità.

Cosa sono gli acidi forti e deboli?

Indipendentemente dal grado di acidità che la scala del pH consente di misurare, gli acidi possono avere la caratteristica di essere forti o deboli. Questo perché raramente si presentano allo stato libero o isolati; più spesso sono legati a delle basi. Quando la base cui un acido è associato è forte (chimicamente parlando), nel legame l’acido conta poco. Viene detto debole, perché può facilmente essere rigettato. Al contrario, quando la base è debole, l’acido conta molto. È stabile, si combina difficilmente con qualcos’altro e viene detto forte.

È utile conoscere la differenza tra acidi forti e acidi deboli perché, fisiologicamente parlando, rispetto agli acidi deboli gli acidi forti sono molto più difficili da neutralizzare e da eliminare dall’organismo, a causa della loro stabilità e della difficoltà a combinarsi.

Gli acidi forti provengono principalmente dalle proteine animali. Si tratta nella fattispecie di acidi urici, solforici e fosforici. Per evacuarli è necessario un grosso lavoro di neutralizzazione da parte del fegato e un non meno corposo lavoro di eliminazione da parte dei reni. Questi ultimi d’altro canto sono in grado di eliminare soltanto una certa quantità ben definita di acidi forti al giorno, per cui l’eccesso si accumula necessariamente nei tessuti. Il consumo di proteine animali dunque va moderato di conseguenza.

Gli acidi deboli sono innanzitutto di origine vegetale (carboidrati e proteine vegetali), a parte quelli provenienti da yogurt e siero di latte, che sono di origine animale. Si tratta dell’acido citrico, ossalico, piruvico, acetacetico ecc. Gli acidi deboli sono detti anche volatili perché, una volta ossidati, vengono eliminati sotto forma di gas dai polmoni, come vapore acqueo e anidride carbonica (C02). Questa eliminazione si effettua con facilità e non è quantitativamente limitata come quella compiuta dai reni per gli acidi forti e non volatili. Se l’organismo vuole accrescere l’eliminazione degli acidi volatili, non deve fare altro che aumentare gli scambi respiratori, cioè l’ampiezza dei movimenti toracici.

Il pH e la salute

Il nostro organismo funziona al meglio quando l’ambiente interno, preso nella sua totalità, presenta un pH di 7,39, cioè leggermente alcalino. Le normali variazioni di questo pH sono davvero minime: fino a 7,36 dal lato dell’acidificazione e fino a 7,42 da quello dell’alcalinizzazione. Al di là di queste due cifre ci troviamo in acidosi (da 7,36 a 7) o in alcalosi (da 7,42 a 7,8). Superando questi limiti il corpo non è più in grado di funzionare e si ha la morte.

La zona di salute va da pH 7,36 a 7,42 e la malattia si manifesta non appena ci troviamo in acidosi o in alcalosi. Tra queste due varianti, quella di gran lunga più comune è l’acidosi (ne soffre oltre la metà della popolazione) e sarà l’argomento di questo libro.

Il pH dei vari liquidi e tessuti organici varia da una parte del corpo all’altra. Quando parliamo di pH ideale per l’organismo di 7,39, si tratta in primo luogo del pH sanguigno e in minor misura di quello del terreno, cioè l’insieme dei liquidi organici come la linfa, i sieri extracellulari (che circondano le cellule) e quelli intracellulari (dentro le cellule). Il sangue infatti è “un succo del tutto particolare” (Goethe), il cui pH deve rimanere molto stabile per conservare in vita l’organismo. Qualsiasi modificazione anche minima del pH sanguigno viene rapidamente corretta dall’organismo e ricondotta alla misura ideale di 7,39, pena la rapida comparsa di disturbi fisici e alterazioni della coscienza.

Il pH del terreno dal canto suo può subire modificazioni più grandi rispetto al sangue, benché sempre molto ridotte, in quanto affinché il corpo rimanga in buona salute non devono superare 7,36 e 7,42.

Alcuni rimarranno stupiti nel leggere che il pH può variare al massimo di mezza unità, pena il decesso, perché quando misurano il loro pH urinario hanno potuto constatare che era molto più basso, 6 o addirittura 5 e 4,5. Questa cosa è possibile senza essere gravemente malati perché il pH ideale sopra citato è quello del sangue o, in linea generale, del terreno. Esistono però numerosi liquidi organici — come burina che non rimane nel corpo, bensì viene evacuata - e organi il cui pH è molto lontano dal valore ideale, senza che la cosa sia anomala.

Per esempio, sono decisamente acidi: l’ambiente interno dell’intestino tenue (pH 6), gli strati superficiali della pelle (5,2) e l’ambiente gastrico (2). Al contrario, sono molto basici: gli strati profondi della pelle (pH 7,35), i succhi pancreatici (da 7,5 a 8,8) e l’interno del colon sigmoideo (8).

Questi diversi valori sono normali e corrispondono a precisi bisogni dell’organismo. Per esempio, l’acidità dell’ambiente gastrico è indispensabile affinché possa aver luogo la digestione delle proteine, che avviene nello stomaco, e quella della pelle le consente di distruggere i microbi che tentano di penetrare nell’organismo.

Ripristinare l’equilibrio acido-base quindi non significa correggere il pH dell’ambiente gastrico (che è di 2) per farlo risalire a 7, cosa che provocherebbe gravi problemi digestivi, bensì ripristinare il pH del terreno giacché, come abbiamo visto, il pH del sangue non varia praticamente mai. All’origine dei problemi di salute dovuti all’acidità vi è infatti l’acidificazione del terreno.

Come si difende il corpo dall’acidificazione?

Per conservare il suo equilibrio, l’organismo deve reagire a ciascuno squilibrio tra basi e acidi, sia esso a livello del terreno in generale o di un organo in particolare. Ha a disposizione due possibilità. La prima consiste nel ridurre le sostanze in eccesso spingendole verso l’esterno del corpo, la seconda nel neutralizzarne una parte formando dei sali neutri con l’aiuto di sostanze dalle proprietà opposte.

Vediamo più da vicino il primo processo.

L'eliminazione degli acidi in eccesso avviene mediante gli emuntori che se ne occupano: i polmoni e i reni.

La via più rapida per liberarsi di un brusco apporto di acidi è data dalla respirazione. Ossidando gli acidi, i polmoni non devono fare altro che espellerli a ogni espirazione sotto forma di anidride carbonica e vapore acqueo. E facile, perché basta aumentare l’ampiezza e la frequenza dei movimenti respiratori per intensificare questa eliminazione e adattarla alle necessità del momento.

Purtroppo, questo modo di procedere è possibile soltanto per gli acidi deboli. In quanto agli acidi forti, non volatili, non possono essere eliminati sotto forma di gas dai polmoni ma devono essere espulsi in forma solida dai reni. I reni quindi estraggono dal sangue l’acido urico, solforico ecc., rigettandoli fuori dal corpo diluiti nell’urina. Contrariamente ai polmoni, i reni non riescono ad adattare l’eliminazione ai bisogni organici. Anche lavorando in maniera ottimale, le quantità evacuate non superano una certa soglia quotidiana.

L’accumulo di acidi in eccesso nel terreno sarebbe pertanto inevitabile, se non esistesse un’altra via d’uscita: la pelle e più precisamente le ghiandole sudoripare. In genere questo emuntore non viene menzionato, ma è ugualmente utilissimo per eliminare gli acidi.

Presenti su tutta la superficie del corpo, le ghiandole sudoripare (oltre due milioni) sono in grado di evacuare gli acidi forti, perché lavorano come i reni ed eliminano lo stesso genere di scorie. Diluiti nel sudore, questi acidi forti possono quindi abbandonare l’organismo, quantunque in quantità minori rispetto all’urina, perché eliminiamo soltanto 0,8 litri di sudore al giorno, contro 1,5 litri di urina; inoltre, il sudore è molto meno carico di tossine rispetto alfurina.

Questo testo è estratto dal libro "L'Equilibrio Acido-Base".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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