SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 8 min

L'esperienza di vita di uno sciamano yanomami: Davi Kopenawa

L'esperienza di vita di uno sciamano yanomami: Davi Kopenawa

Scopri come nasce il libro di Bruce Albert: l’itinerario personale e le riflessioni sui Bianchi di uno sciamano e portavoce yanomami contemporaneo.

L'incontro

Ho incontrato per la prima volta Davi Kopenawa nel 1978, in circostanze singolari e insieme piacevoli. Avevamo entrambi una ventina d’anni. Era appena iniziato il mio secondo periodo di “lavoro etnografico sul campo” presso gli Yanomami (avevo già passato un anno sull’alto rio Catrimani, tra il 1975 e il 1976). Davi Kopenawa lavorava come interprete per gli avamposti aperti dalla FUNAI sulla strada Perimetral Norte, la cui costruzione era stata appena interrotta.

Alcuni anni dopo, nel 1981, ho soggiornato diversi mesi nella sua regione natale, sul rio Toototobi, e questa è stata l’occasione per un nuovo incontro. Lì ho avuto l’opportunità di conoscere direttamente i luoghi e i personaggi decisivi della sua infanzia e adolescenza. Dal 1985, il suo attuale villaggio, Watoriki, è diventato una delle destinazioni privilegiate delle mie visite in territorio yanomami. Ho conosciuto inoltre suo suocero nonché mentore sciamanico, cosi come gli altri abitanti della comunità in cui ha preso moglie, in occasione del mio primo viaggio nel 1975 sull’alto rio Catrimani, regione di cui sono entrambi originari.

A partire dal 1985, i miei rapporti di amicizia con Davi Kopenawa sono diventati sempre più stretti, sia per i lunghi soggiorni che ho effettuato nella sua casa di Watoriki, ma soprattutto grazie alla complicità nata da un impegno comune contro la corsa all’oro che all’epoca iniziava a devastare il territorio yanomami.

Il progetto di questo libro, che Davi Kopenawa mi ha chiesto di scrivere per divulgare le sue parole, è stato possibile grazie a questa fiducia e a questa complicità, e trova immediata origine nello spirito di rivolta e nell’angoscia di Davi Kopenawa di fronte allo sterminio del suo popolo da parte dei cercatori d’oro che si stava consumando alla fine degli anni ’80. Le registrazioni che sono servite come base per le successive versioni del manoscritto sono iniziate nel dicembre del 1989 seguendo il ritmo dei soggiorni nella foresta o degli eventi militanti in città, fino all’inizio del XXI secolo.

Si tratta dunque di un insieme di discorsi, racconti e conversazioni registrati in yanomami, spesso a ruota libera e nel corso di oltre dieci anni, che riguardano la sua vita, la sua cultura e la sua esperienza del mondo dei Bianchi. Come ormai si sarà intuito, ricomporre questo proliferante arcipelago di parole in un testo destinato alla pubblicazione in lingua francese non ha rappresentato un’impresa delle più semplici: le insidie di questa redazione verranno analizzate dettagliatamente nel Post scriptum alla fine del volume.

Il libro

La testimonianza di Davi Kopenawa giunge dall’Amazzonia a riecheggiare il coro delle grandi voci nord-amerindie della collana “Terre Humaine”; quelle di Don C. Talayesva, capo del clan hopi (Soleil Hopi), di White Calf, grande anziano dei Piedi Neri del Montana (Piegan), e di Tahca Ushte, sciamano sioux {De mémoire indienne). Inoltre, dà nuovamente spazio agli Yanomami all'interno di questa prestigiosa collana quarant’anni dopo la traduzione francese di Yanoama, la storia di Helena Valero pubblicata da Ettore Biocca (1965). Segno dei tempi: anche se i due libri trattano di esperienze situate in epoche successive (Helena Valero sfugge alla prigionia nel 1956, anno in cui nasce Davi Kopenawa) e in luoghi differenti, una in Venezuela, l’altra in Brasile, l’identità e la traiettoria dei narratori si rovesciano.

Yanoama raccontava le tribolazioni di una fanciulla brasiliana di tredici anni rapita dagli Indios nel 1932, in un’epoca in cui i guerrieri yanomami della zona compresa tra l’alto rio Negro e il canale di Casiquiare cercavano di respingere i raccoglitori di prodotti della foresta che penetravano nelle loro terre. La narrazione di Davi Kopenawa, invece, racconta l’itinerario personale e le riflessioni sui Bianchi di uno sciamano e portavoce yanomami contemporaneo. Copre un periodo che parte dalla sua primissima infanzia, prima che i missionari si stabilissero nella sua regione natale nel 1963, per giungere alla sua singolare odissea verso il mondo dei Bianchi iniziata negli anni ’70.

Pertanto questo libro non costituisce un’etnobiografia di tipo classico. Non si tratta neanche, a conti fatti, di un racconto di vita sollecitato e ricostruito da un redattore fantasma a partire dal proprio progetto di documentazione, secondo la modalità dei classici nord-americani del genere dell’inizio del secolo scorso. Non è nemmeno un’autobiografia etnografica che rientra nel genere narrativo tradizionale, trascritta e tradotta da un antropologo che assume il ruolo di semplice segretario. I registri della testimonianza di Davi Kopenawa superano di gran lunga i canoni autobiografici (i nostri e quelli degli Yanomami).

I racconti degli episodi cruciali della sua vita mescolano indissolubilmente storia personale e destino collettivo. Tutto ciò viene espresso attraverso un complesso intreccio di generi: miti e racconti di sogni, visioni e profezie sciamaniche, discorsi citati ed esortazioni, autoetnografia e antropologia comparata. Del resto, questo libro nasce da un progetto di collaborazione che si situa all’intersezione, inaspettata e fragile, di due universi culturali. La sua costruzione, orale e scritta, è stata dunque costantemente attraversata dagli obiettivi discorsivi incrociati dei suoi autori, uno sciamano yanomami di fronte al mondo dei Bianchi e un etnografo dotato di una certa familiarità con il mondo dei propri ospiti.

In un momento critico della sua vita e dell’esistenza del suo popolo, Davi Kopenawa ha deciso, in funzione del mio coinvolgimento intellettuale e politico con gli Yanomami, di affidarmi le sue parole. Mi ha chiesto di metterle per iscritto affinché trovino un cammino e un pubblico lontano dalla foresta. In questo modo non ha voluto solo denunciare le minacce di cui sono oggetto gli Yanomami e l’Amazzonia, ma, in quanto sciamano, lanciare un appello contro l’ipoteca che la sfrenata attività predatoria del “Popolo della merce” fa pesare sul futuro del mondo umano e non umano. I discorsi di Davi Kopenawa formano cosi un ipertesto cosmologico ed etnopolitico basato su un inedito sforzo di auto-oggettivazione e di convinzione, proveniente da una storia e da un impegno personale che conferiscono al suo racconto una singolarità radicale, anche nell’universo yanomami.

Da parte mia, ho cercato di rendere la loro sensibilità poetica e densità concettuale attraverso una traduzione il più fedele possibile delle sue parole, ma usando, chiaramente, una forma di scrittura e di composizione che le rendesse più facilmente accessibili anche a un pubblico di non specialisti. Oltre a questa breve prefazione e a pochi altri elementi di paratesto (note, Post scriptum e appendici), posti nel modo più discreto possibile al servizio di una migliore comprensione, ho deliberatamente evitato di appesantire i discorsi e i racconti di Davi Kopenawa con una cornice interpretativa riduttiva o di spezzarli con interruzioni compiacenti che rimandassero di continuo alla mia presenza o ai miei stati d’animo. Offrendoli al lettore prima di ogni commento in tutta la singolare potenza della loro alterità, spero di aver onorato al meglio l’incarico che lui mi ha affidato, quello di fare in modo che venissero ascoltati e che avessero effetto nel nostro mondo.

Tre parti

Il libro è composto di tre parti. La prima (“Divenire altro”) narra i primi passi della vocazione sciamanica di Davi Kopenawa e la sua iniziazione sotto la guida del suocero. Descrive anche la sua concezione della cosmologia e del lavoro sciamanico yanomami basato sul sapere ottenuto grazie all’ascolto dei suoi anziani. La seconda parte (“Il fumo del metallo”) racconta l’incontro - il suo, del suo gruppo e infine del suo popolo - con i Bianchi. Si apre con le voci sciamaniche che hanno preceduto i primi contatti e si conclude con l’irruzione omicida dei cercatori d’oro (garimpeiros), passando per l’arrivo dei missionari e l’apertura della strada transamazzonica Perimetral Norie. La terza parte (“La caduta del cielo”) ripercorre, al contrario, il periplo intrapreso da Davi Kopenawa, prima in Brasile, poi in Europa e negli Stati Uniti, per denunciare lo sterminio della sua gente e la distruzione della foresta. Quest’ultimo racconto, costruito nella forma di una serie di viaggi sciamanici, è inframezzato da intuizioni comparative che nascono da un’etnografia critica di alcuni aspetti della nostra società e sfocia in una profezia cosmoecologica sulla morte degli sciamani e la fine dell’umanità.

Data di Pubblicazione: 22 febbraio 2019

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