SELF-HELP E PSICOLOGIA

L'importanza della psicologia nello sport

L'importanza della psicologia nello sport

Scopri come raggiungere l’equilibrio psicofisico grazie alla tecnica del biofeedback e della respirazione leggendo l'anteprima del libro di Stefano Testi.

Psicologia del benessere

«Fitter, happier, more productive [“più in forma, più felice, più produttivo”, NdT]».
(Radiohead, Ok Computer)

Lo psicologo sportivo si serve di tecniche e strumenti che forniscono all’atleta professionista e amatoriale la capacità di gestire in modo produttivo le proprie abilità nel periodo pre-gara, durante e nella fase successiva alla competizione. Ma le aree di intervento sulle quali si lavora con lo sportivo hanno un valore e un’influenza anche nella vita di tutti i giorni.

La gestione dello stress in vista di un esame, la capacità di parlare in pubblico, i riflessi sul piano fisico di un blocco a livello emozionale o, semplicemente, la necessità di trovare un modo per entrare in contatto con il proprio corpo, attraverso fasi di rilassamento e consapevolezza corporea, sono alcuni aspetti su cui lo psicologo sportivo può intervenire in modo professionale ed efficace anche se si tratta di fattori non sportivi ma legati all’espressione della propria personalità.

Questo approccio si occupa della salute dell’individuo attraverso la valorizzazione delle proprie risorse e trova il suo sviluppo non solo a livello sportivo ma anche aziendale, scolastico e quotidiano proponendo tecniche semplici e concrete che sfruttano le capacità e le abilità di cambiamento del cervello.

Lo psicologo sportivo che si occupa di benessere interviene su questioni disfunzionali che minano la salute dell’individuo, favorisce un adeguato stile di vita e la capacità di gestione dei propri pensieri, necessaria per raggiungere l’equilibrio psicofisico anche attraverso esercizi di training anti-stress. Lo psicologo sostiene l’atleta in ambito sportivo, ma lo aiuta anche a lavorare sull’attenzione e la motivazione che hanno positive ricadute nella sfera personale. Va sottolineato che l’approccio non è di tipo clinico o psicoterapeutico e s’interviene sul passato della persona solo in maniera generale o inerente a questioni specifiche, ma fortemente legate al quotidiano.

Le tecniche di intervento individuale proposte, delle quali parlerò ampiamente nei prossimi capitoli, sono quelle utilizzate nell’ambito della psicologia dello sport come il rilassamento e la visualizzazione, la tecnica del biofeedback e le strategie di training motivazionale orientate agli aspetti della vita quotidiana e riguardanti l’attività lavorativa o situazioni ansiogene come colloqui di lavoro, esami scolastici o universitari che necessitano di una corretta gestione delle emozioni e una mentalità positiva.

Corri, uomo, corri! Porsi nella giusta prospettiva

Quando si parla di mens sana in corpore sano e dunque di benessere in termini di attività fisica, l’icona di riferimento è senza dubbio la corsa, che rappresenta una delle basi di ogni allenamento atletico e disciplina sportiva. Pensateci, quando qualcuno desidera rimettersi in forma, di solito, cosa fa? Va a correre.

Così, muniti di scarpe da corsa adatte allo scopo, si affronta quello che nell’immaginario è un percorso dalla distanza più o meno indefinita, anche a livello metaforico. Per molte persone le motivazioni all’inizio sono vivissime, ma spesso, anche dopo soli dieci minuti, ci si ritrova con il fiato corto, le gambe pesanti e la testa piena di pensieri, distratti dal tempo che sembra non passare mai e meditando di fermarsi.

Perché correre pesa così tanto? Certamente la preparazione fisico-atletica, specialmente per coloro che (ri)partono da zero ha un suo peso ma, anche in questa circostanza, è la mente quella che pesa davvero.

Spesso chi si avvicina alla corsa abbandona presto i buoni propositi dicendo di non avere la passione necessaria, di stancarsi troppo in fretta o trovando nelle condizioni atmosferiche una buona scusa per rinunciare. Eppure per tutti, professionisti o amatori della corsa, si tratta di una “questione di testa”.

Indipendentemente dal livello, ognuno porta se stesso e la propria personalità nella disciplina che svolge. Se lo sport e la vita sono realtà paragonabili e a volte sovrapponibili, la carenza di tenacia, forza, volontà, concentrazione, voglia di spostare in avanti i propri limiti sono fattori che non si palesano solo nella competizione sportiva o durante un match, ma in maniera più o meno evidente anche nell’ambito quotidiano. Per questo motivo progredire nello sport è un percorso di conquista che riguarda la propria personalità e la influenza positivamente, rafforzandola in armonia ed equilibrio con il corpo. Per superare la mente che zavorra e che frena serve un atto di consapevolezza e volontà da parte dell’atleta, che deve voler affrontare e superare i propri limiti.

Molte volte le persone mi raccontano che iniziano a correre per dimagrire, per vedersi in una forma migliore, per apparire più gradevoli ai propri occhi e a quelli altrui, in poche parole per aumentare la loro autostima, concetto che si lega sempre più all’idea di un aspetto fisico migliore a qualsiasi età: correre fa bene soprattutto alla salute, fa dimagrire e mantiene la mente più lucida e attiva. La motivazione iniziale perciò è importante e determina la spinta al cambiamento, ma da sola non basta. È necessario mantenerla, anzi, alimentarla, prima di tutto ponendosi adeguati obiettivi.

Ciò che conferisce la spinta a continuare un’attività è la soddisfazione e il piacere a svolgerla. Porsi un obiettivo fuori portata è un gesto azzardato e controproducente. Gli obiettivi devono essere concreti, misurabili e raggiungibili in tempi tali da potersi nutrire della soddisfazione nell’averli raggiunti, stimolando così la mente e il corpo a completare lo step successivo nella sfida con se stessi. Bisogna prendere le misure all’avversario che è in ognuno di noi per dare continuità all’attività svolta, in questo caso la corsa.

Mano a mano le giornate di allenamento saranno un appuntamento fisso e la corsa diventerà una piacevole compagna. Con il progredire del proprio livello si presenteranno nuovi ostacoli e limiti da affrontare per sconfiggere la mente che frena, ma sarà anche l’occasione per scoprire una nuova avventura, per raccogliere una sfida, trovare la propria personale dimensione e raggiungere la performance perfetta, ognuno al proprio livello e secondo le proprie capacità.

L’importanza di una corretta respirazione

Un aspetto spesso trascurato in termini di wellness è quello relativo alla respirazione. In un percorso di mental training, ad esempio, le tecniche d’intervento hanno come presupposto la corretta respirazione dell’atleta che, come sappiamo, gioca un ruolo fondamentale nell’equilibrio psico-fisico di ogni essere vivente. L’utilizzo di opportuni esercizi rappresenta uno strumento volto ad abbassare e controllare la tensione nervosa latente e la gestione delle emozioni percepite (e spesso non espresse) con un possibile conseguente scioglimento dei blocchi emozionali; questo favorisce l’ossigenazione cerebrale e muscolo-scheletrica e influisce positivamente su quello che possiamo chiamare il flusso vitale della persona.

Spesso, nelle mie esperienze precedenti, sia a livello giovanile che con atleti in età adulta, mi sono trovato di fronte a persone che non avevano una respirazione corretta perché tendevano a respirare soprattutto a livello toracico. Per questo motivo integravo il mio lavoro con sedute settimanali sulle corrette tecniche di respirazione. La respirazione toracica non permette una completa ossigenazione delle cellule poiché l’aria inspirata raggiunge in minima parte la base dei polmoni, che è la parte più ampia, in cui avviene lo scambio gassoso. I polmoni, infatti, mescolano l’aria che respiriamo con il sangue; in tal modo l’ossigeno (02) viene trasportato a tutte le cellule ed elimina l’anidride carbonica (C02).

Pur essendo un atto automatico e involontario la respirazione è comunque coordinata da alcuni centri cerebrali (bulbo, ponte e midollo allungato) che sono stimolati dall’anidride carbonica a inviare informazioni ai muscoli coinvolti nel processo respiratorio determinando la frequenza, la profondità e il ritmo del respiro. L’apporto di ossigeno perciò è fondamentale per bruciare le sostanze nutritive e produrre energia; la sua carenza determina anche bassi livelli di vitalità, produttività e di energia mentale e fisica. Per questo è fondamentale correggere il proprio stile respiratorio in maniera consapevole, in modo da acquisire uno strumento adatto a favorire l’equilibrio mente-corpo.

Anche in ambito sportivo esiste la correlazione tra stato psico-emozionale e la respirazione. Esercitandosi con tecniche appropriate si può davvero imparare a gestire ed eliminare i sentimenti negativi, facilitare la liberazione di pensieri ed emozioni represse trattandole in maniera più consapevole, responsabile e creativa. Le tecniche più utilizzate sono la respirazione antistress e la respirazione diaframmatica che hanno come finalità la gestione consapevole della propria respirazione, il rallentamento della stessa e l’ampliamento dell’ossigenazione a livello muscoloscheletrico. Queste due tecniche sono propedeutiche alle fasi di rilassamento e visualizzazione le quali, a loro volta, sono alla base di molti interventi del percorso di mental training.

Cenni di biofeedback

Abbiamo appena visto come una corretta respirazione comporti evidenti benefici in termini di wellness sia fisico che psicologico. Pur essendo una funzione automatica, la respirazione è solo in parte al di fuori del nostro controllo, come altre funzioni del sistema nervoso autonomo.

Accanto alle già citate tecniche di respirazione, l’autoregolazione dei processi fisiologici può avvenire attraverso la tecnica del biofeedback in cui si utilizzano apparecchiature adeguate che misurano attività fisiologiche come le onde cerebrali, la funzione cardiaca, la respirazione, l’attività muscolare e la temperatura cutanea, riproposte come stimoli visivi e uditivi. Il biofeedback supporta l’intervento psicologico fornendo in maniera rapida e accurata un riscontro sugli indici fisiologici utili per strutturare un intervento.

L’informazione di feedback in concomitanza con modificazioni cognitive, emotive e comportamentali favorisce nella persona i cambiamenti fisiologici desiderati che possono durare nel tempo senza ricorrere a nuove misurazioni con gli strumenti del biofeedback, ma responsabilizzando l’individuo, inducendolo ad avere un ruolo attivo nel mantenimento della salute personale e dell’integrazione mente-corpo. Alla base della tecnica del biofeedback si possono individuare alcuni presupposti:

  • ogni cambiamento psicologico influenza l’attività fisiologica e ogni cambiamento fisiologico influenza l’attività psicologica;
  • le persone possono sviluppare abilità di autoregolazione se viene loro fornito un feedback accurato. Per esempio: se posso vedere graficamente come cambia la tensione muscolare nel tempo, riuscirò a controllare volontariamente il tono muscolare, così come la frequenza cardiaca e ogni altra funzione fisiologica;
  • il biofeedback training migliora l’autoregolazione psico-fisiologica, che a sua volta ha ricadute positive sulla salute e sulla prestazione sportiva. La finalità del biofeedback è quindi la capacità di apprendere come modificare la propria fisiologia e quindi stare meglio e aumentare la propria prestazione. I cambiamenti attraverso un training di biofeedback avvengono per mezzo di un processo di apprendimento associato a mutamenti cognitivi, emotivi e comportamentali per i quali si ha un cambiamento nel funzionamento fisiologico.

L’apprendimento sviluppa la consapevolezza degli stati fisiologici, la fiducia nel poterli cambiare, la capacità di modificare lo stato psicofisiologico.

A livello di pratica sportiva il biofeedback è ancora poco conosciuto e non è ancora considerato parte integrante della preparazione fisico-mentale dell’atleta. Tuttavia è da tempo riconosciuto il grande potenziale della psicofisiologia per la comprensione e il miglioramento della prestazione atletica; si tratta infatti di una delle tecniche più efficaci per facilitare l’apprendimento in termini di autoregolazione dell’attivazione. Il biofeedback, abbinato alle principali tecniche di mental training, può essere utilizzato con successo al fine di ottenere un apprendimento sistematico del processo di psico-regolazione e permette all’atleta di affrontare attivamente diverse situazioni, considerando le caratteristiche specifiche di ogni caso.

In psicologia dello sport abbiamo diverse aree di intervento nelle quali si può utilizzare il biofeedback. Prima di tutto dobbiamo considerare come un livello di attivazione scorretto conduca quasi sempre, direttamente o indirettamente, a un calo della performance. Con un training biofeedback dei principali parametri fisiologici lo sportivo riesce a rintracciare tensioni indesiderate, scopre movimenti non economici e può influenzarli e modificarli nella direzione desiderata. Inoltre, attraverso sessioni a cadenza regolare si può ottenere un quadro del rapporto tra carico di lavoro atletico e recupero. Se il carico è eccessivo e il recupero non sufficiente avremo parametri che indicano sovrallenamento. In questi casi si potranno osservare dei livelli alterati come pulsazioni del polso alte anche a riposo, scarso assorbimento di ossigeno, tensione muscolare aumentata, modifiche nella curva del respiro, capacità di rilassamento generalmente ridotta.

In aggiunta a tali parametri ci sono aree d’intervento ancor più specifiche, come la riduzione dell’ansia percepita. Utilizzando la tecnica della “desensibilizzazione sistematica” l’atleta rivive situazioni per lui ansiogene ridimensionate successivamente attraverso le tecniche di rilassamento e il confronto con parametri quali polso, respirazione, valore di conduttanza cutanea, tensione muscolare. La riduzione dello stato ansioso determinerà un aumento della performance agonistica.

Come vedremo nei capitoli successivi gli atleti presentano un’area di funzionamento ottimale all’interno della quale il livello di attivazione permette la performance migliore. Molti atleti vivono questo stato psicologico in allenamento ma poi in gara non riescono a ritrovarlo a causa di una produzione supplementare di ormoni che produce ipertensione o iperattivazione, cui fanno seguito spesso risultati non soddisfacenti.

Le tecniche di rilassamento muscolare classiche del mental training danno notevoli benefici a livello fisico e mentale: lo sportivo impara a liberare la mente e a rilassare i muscoli più velocemente e in modo migliore. L’utilizzo combinato con il biofeedback determina un ulteriore innalzamento del livello in termini di efficacia rendendo possibile un allenamento più intenso e raggiungendo rapidamente performance migliori.

Il recupero da un infortunio rappresenta un aspetto spesso trascurato a livello mentale; una volta che l’atleta è considerato, dal punto di vista fisico, in grado di riprendere gli allenamenti e le gare, spesso viene ributtato “nella mischia” senza tener in debito conto il suo vissuto. Anche in questo caso è consigliabile un training di rilassamento. Un infortunio grave, inoltre, può portare con sé strascichi a livello mentale che si trasformano in timore di incorrere nuovamente nello stesso trauma fisico o subirne di nuovi. Attraverso il biofeedback si può agire sull’ansia e la paura generate da questi pensieri che contribuiscono a togliere serenità all’atleta e riducono il suo rendimento in gara.

Data di Pubblicazione: 24 aprile 2019

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