Scopri come non esistano farmaci privi di tossicità ma anche farmaci universalmente impiegabili leggendo l'anteprima del libro di Stefano Montanari.
Parliamo di paracetamolo
Il paracetamolo: un farmaco diventato di larghissimo impiego e, a quanto pare, in continua ascesa, eppure non sempre usato a proposito.
Le prime pagine di questo libro sono dedicate alla spiegazione di principi fondamentali di biologia e di farmacologia in termini semplificati al massimo ma comunque sempre rigorosi, salvo eventuali errori da parte nostra di cui non ci siamo resi conto e di cui, ci fossero stati, ci scusiamo chiedendo l’indulgenza del lettore. Non esprimerci in quel modo, con il linguaggio di tutti i giorni, sarebbe stato a pena di una comprensione incerta di quello che, poi, è il centro dell’interesse. Alcuni concetti saranno ripresi più di una volta perché applicabili ad aspetti diversi del tema. Dunque, non si tratterà di ripetizioni pure e semplici ma dell’ampliamento e del completamento di una visione.
Qualche pagina è stata riservata all’illustrazione di analisi che abbiamo eseguito con un particolare microscopio elettronico di una compressa di Tachipirina, il prodotto forse più popolare a base di paracetamolo. Ad oggi, nessuno si era mai preso cura di eseguire quell’indagine e crediamo che, almeno a titolo di curiosità, la cosa possa essere interessante.
Va da sé che qui non ci rivolgiamo agli specialisti ma alle persone comuni che ritengono di aver bisogno di capire qualcosa di più sull’uso di quel farmaco. Agli specialisti, che, peraltro, non avranno certo bisogno di noi, chiediamo scusa se il linguaggio usato non è quello delle torri d’avorio ma quello della più semplice quotidianità, e chiariamo per loro che queste pagine non sono intese come un lavoro da presentare a una rivista specializzata. Ciò che ci premeva non era di dimostrare quanto siamo bravi, sempre ammesso che lo siamo, ma che tutti capiscano.
Come è nostro costume, accetteremo più che volentieri le critiche a patto che siano costruttive, e ancor più volentieri le accetteremo se saranno corredate di dati propri come è uso in ambito scientifico e come, purtroppo, è sempre meno abituale fare.
L'omeostasi e i farmaci
Dopo aver constatato che, curiosamente, qui come in tantissime altre circostanze, i medici non hanno dato un contributo particolarmente significativo alla Medicina e basta scorrere la lista dei Nobel con accanto le loro lauree (ecco che ci siamo fatti un bello schieramento di nemici offesi e scandalizzati che, se non getteranno questo testo ora e continueranno nella lettura, capiranno il perché scriviamo questa incontestabile verità), prima di addentrarci in qualche dettaglio è bene che abbiamo idea di una capacità che accomuna tutti gli esseri viventi: l’omeostasi (una parola derivata dal greco con il significato di fissità che resta simile a se stessa). Molto semplicemente - almeno ad un’occhiata superficiale - mettendo in atto reazioni che in fondo sono di natura chimica e sono, di fatto, estremamente complesse, tutti, dai vegetali apparentemente più modesti fino al Signore dell'Universo (siamo noi uomini e siamo signori perché, con grande soddisfazione, ce lo siamo detti da noi) tendono a restare o a riportarsi in situazioni di benessere in rapporto alle condizioni esterne in cui si trovano.
Come questo avvenga è in buona parte ancora da spiegare in molti particolari, ma non dubitiamo che, passettino dopo passettino, se non alla spiegazione finale che pretenderebbe percorsi lungo cui la scienza corrente non si addentra, a saperne di più ci arriveremo. Insomma, per volere naturale, noi tendiamo a mantenere lo stato di benessere e a guarire da soli se il benessere viene turbato e, nella stragrande maggioranza dei casi, lo facciamo senza alcun intervento esterno. La saggezza antica e magari appena appena beffarda dice che d’influenza si guarisce in una settimana senza medicine e in sette giorni con le medicine.
Di fatto, le malattie che si trovano nella stessa condizione sono parecchie e, anzi, a volte la guarigione avviene più velocemente senza farmaci, soprattutto se siamo stati così saggi da allenare il nostro corpo a fare da sé e non lo abbiamo intossicato obbligandolo a sorbirsi interferenze chimiche di ogni sorta. Non è affatto raro, poi, che noi guariamo in modo naturale da malattie di cui non ci accorgiamo nemmeno di stare soffrendo. Nessuno si meravigli, ma la cosa vale anche per il cancro. È un fatto che nel corso di una vita accada più volte che qualcuna dei miliardi di miliardi di cellule che costituiscono il nostro corpo “impazzisca” (di fatto la cosa accade più volte al giorno), ma spesso la quasi miracolosa omeostasi mette tutto a posto senza disturbarci più di tanto e, più spesso ancora, lo fa lavorando del tutto in silenzio. Nella maggior parte dei casi le cellule sono capaci di riparare il DNA eventualmente danneggiato; cioè, in parole semplici, il libretto d’istruzioni secondo cui quelle si comportano, il tutto senza nemmeno informarci con dei sintomi.
Non si equivochi su quanto abbiamo scritto. Nessuno intende significare che di cancro si guarisca sempre allegramente e che le cure siano da gettare alle ortiche: ognuno deve risultare libero di essere fabbro del proprio destino come dicevano i bis-trisavoli latini, e la voluntasa egroti, vale a dire la volontà del malato, deve prevalere su qualunque decisione altrui, sotto qualunque aspetto la si guardi, compreso quello riportato all’articolo 32 della Costituzione nostrana. Insomma, nessuno può arrogarsi il diritto, a qualunque titolo lo pretenda, d’interferire con ciò che riguarda solo noi perché la cosa è illegale e immorale.
Ciò che abbiamo scritto sull’ammalarsi di cancro è, in tutta freddezza, un fatto di cui noi che stiamo scrivendo queste pagine non ci eravamo mai resi conto fino a che non ce lo disse un po’ di anni fa il professor Lorenzo Tomatis. No, non stiamo divagando. Stiamo soltanto cercando di descrivere qualche caratteristica dell’organismo vivente che pare non sia concettualmente benaccetto a tutti anche se tutti, inevitabilmente, se ne giovano.
Insomma, per chiarire, tutti, consci o a loro insaputa, si servono dell’ome-ostasi, ma a qualcuno dà fastidio che lo si sappia in giro. Se lo si sapesse, che sorte avrebbe, allora, un bel numero di medicinali?
Un altro concetto tanto fondamentale quanto di proposito trascurato è quello relativo alla natura dei farmaci. Già semplicemente considerando l’origine della parola si ricava un’indicazione importante. “Pharmakon” è una voce greca che indica sia il medicinale sia il veleno, e nulla è più correttamente descrittivo: nessun farmaco è privo di effetti velenosi.
Così, quando il medico o il “fai da te” considerano un medicinale non possono esimersi dal mettere sulla bilancia gli effetti curativi che si propongono di ottenere e, dall’altro, quelli deleteri che il prodotto, in maggiore o in minor misura a seconda delle condizioni che trova, porta inevitabilmente con sé.
Al di là di opinioni e d’interessi di vario tipo che possono anche essere quelli dell’appassionato che non può vivere senza la sua scorta di pillole e punta la sveglia per non dimenticare di prendere il sonnifero, che non esistano farmaci privi di tossicità è un fatto oggettivo e incontestabile.
Ma c’è di più: non esistono farmaci universalmente impiegabili.
Data di Pubblicazione: 18 febbraio 2019