IL GIARDINO DEL BENE   |   Tempo di Lettura: 7 min

La battaglia che ci attende

Il Giardino del Bene

Il Giardino del Bene - Cronache Gentili dal Mondo

 

«살려고 하면 죽을 것이고 [生卽必死] 죽을려고 하면 반드시 살것이다... [生卽必死]» - «Colui che cerca la morte vivrà, e colui che cerca la vita morirà»

Queste sono le parole che l’ammiraglio YI Sun-si pronunciò ai suoi uomini e ai sottoufficiali alla vigilia della battaglia di Myeongnyang. E ancora: "Non lasciate che la paura freni la vostra azione. Se vi aggrapperete alla vita senza l’onore di lottare per essa ciò equivarrà a morire. Combattete fino alla morte e vivrete!". Seppur siano passati oltre quattro secoli da allora, l'eco di quelle parole e del sentimento che le anima, risuona forte ancora oggi e ridesta emozioni profonde. 

Benvenuti in questa terza puntata della rubrica "Il Giardino del Bene", buona lettura

La battaglia che ci attende

Tempo di lettura: 7 minuti

Luogo: Noryang (Corea del Sud)
Parole: dolce, perdita, coraggio, fede

Ispirazione: Ammiraglio YI Sun
Visione consigliata: "L'impero e la gloria"

Ma ora ripartiamo dall’inizio, e torniamo a Myeongnyang, scenario dell’ultimo atto della campagna di invasioni giapponesi della Corea, che mise di fronte la flotta giapponese e le flotte alleate di Cina e Joseon (Corea). La battaglia ebbe luogo il 16 dicembre 1598 e si protrasse fino all'alba del giorno successivo. Lo scontro finale tra la potente armata giapponese e quella coreana guidata dall’ammiraglio Yi Sun-si si svolge nello stretto di Myeongnyang.

La flotta giapponese è superiore di numero: 333 navi contro le sole 12 coreane. 

La differenza di forze alimenta un sentimento di apprensione e sconforto nelle file coreane. 

Molti degli uomini non vogliono combattere, sono in preda a paure, incertezze, temono di perdere tutto ciò che hanno: le loro case, le famiglie, la propria vita. Il terrore li paralizza, e rifiutano di mettersi in mare. L’ammiraglio Yi sa che un simile stato d’animo eroderebbe le già flebili possibilità di vittoria, favorendo l’invasione del nemico, ed è conscio che rifiutare lo scontro non salverebbe lui e i suoi uomini. 

Ed è così che compie un gesto imprevedibile.

Fa bruciare tutte le case del villaggio e davanti al comprensibile stupore dei suoi uomini, pronuncia un memorabile discorso che ha il suo epilogo in questo passaggio:

“Non lasciate che la paura freni la vostra azione. Credete che evitando di combattere riuscirete a sopravvivere, pensate di essere al sicuro sulla terra ferma? Ora non avete più niente, ho bruciato le vostre case affinché affrontiate il mare. Non c’è nessun posto dove fuggire e nascondersi. Se vi aggrapperete alla vita senza l’onore di lottare per essa ciò equivarrà a morire. Combattete fino alla morte e vivrete!”

Queste parole mutano qualcosa nell’animo dei propri uomini. La paura si trasforma in coraggio. E la battaglia, contro ogni pronostico, cambia corso: l’ammiraglio Yi attira la flotta delle navi giapponesi in una trappola mortale dove oltre 300 di queste affonderanno, e le restanti batteranno in ritirata. La battaglia si risolve a favore dei coreani. 

Quelle parole vecchie di secoli, pronunciate dall’ammiraglio Yi, ci riguardano più di quanto possiamo immaginare. 

 

“Credete che evitando di combattere riuscirete a sopravvivere, pensate di essere al sicuro sulla terra ferma?”.

Talvolta viviamo aggrappati alla “terra ferma”, ciò che conosciamo ci fa sentire sicuri, una opprimente inerzia ci fa ruotare perennemente intorno al nostro asse, tenendoci lontani da ogni cambiamento; paralizzati di fronte alle infinite possibilità che ogni istante spalanca dinnanzi a noi. Rifiutiamo il nuovo per restare ancorati al vecchio, non avanziamo oltre i confini già noti, oltre all’ordinario. Così facendo stiamo di fatto abdicando al “vivere” in favore del “sopravvivere”. La vita invece è fatta di movimento, crescita, espansione, evoluzione rinnovamento. 

 

“Ora non avete più niente, ho bruciato le vostre case affinché affrontiate il mare”.

L’ammiraglio si comporta con i suoi uomini come l’universo a volte si comporta con noi quando rifiutiamo di crescere, evolvere: ci pone innanzi situazioni estreme - come estrema per alcuni di noi può apparire questa fase storica - per tirarci fuori dal guscio, dall’immobilità; ci costringe a guardare in faccia paure, debolezze, e a trasmutarle; dietro le sembianze di un gesto crudele vi è un fine amorevole, che mira al “bene superiore”, anche se talvolta è dura comprenderlo, lo so.

Il rimanere senza niente è una situazione estrema che obbliga a una reazione estrema, a trovare in se nuove risorse, forze; quando si perde ogni sicurezza, ogni appoggio, si crea quel vuoto fecondo dove è possibile rigenerarsi, modificare strutture, dove aprirsi a un nuovo stato di coscienza. Tantissime persone che compiono imprese memorabili sono persone ripartite da zero, reduci da potenti traumi e shock emotivi. Senza quegli scossoni ciò che giaceva nelle loro profondità non sarebbe emerso in superficie e il loro potenziale non si sarebbe potuto manifestare in pienezza.

Il rimanere senza niente, senza un posto dove nascondersi o privati da ogni via di fuga, ci costringe ad affrontare il mare, fino a trovare, finalmente, la nostra vera rotta.

Non c’è tempo più propizio di questo per farlo. 

 

L'esercizio

La metafora del mare mi richiama alla memoria una poesia di Edgar Lee Master (si intitola “George Gray”) che è una conclusione perfetta per questa puntata:

Molte volte ho studiato

la lapide che mi hanno scolpito:

una barca con vele ammainate, in un porto.

In realtà questa non è la mia destinazione

ma la mia vita.

Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;

il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;

l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.

Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.

E adesso so che bisogna alzare le vele

e prendere i venti del destino,

dovunque spingano la barca.

Dare un senso alla vita può condurre a follia,

ma una vita senza senso è la tortura

dell’inquietudine e del vano desiderio.

È una barca che anela al mare eppure lo teme.

---

Questa è la nostra ora per rimetterci in mare.

Prendiamo la poesia appena letta come ispirazione per uscire da una nostra zona di immobilismo.

In tanti ci sentiamo spesso come quella nave, io molto volte, fermi da tempo in porti da cui desideriamo salpare.

Proviamo a chiudere gli occhi e immaginiamo i mari che vorremmo attraversare e quali rotte nuove percorrere, così come i porti nuovi dove desideriamo approdare (e sentiamo le piacevoli sensazioni che queste immagini rilasciano).

Poi scegliamo quali di questi “viaggi” sentiamo più urgenti in questa fase per noi, per il nostro benessere, per la nostra evoluzione. Magari partendo dai più piccoli (può essere qualcosa che rimandiamo da tempo o delle azioni che abbiamo paura di fare o semplicemente delle parole che vorremmo dire a qualcuno). E questa settimana costringiamoci a “salpare” verso almeno una di queste destinazioni.

Prima di salutarvi vi ricordo l'indirizzo dove potete raccontarmi come è andato l'esercizio o inviarmi una vostra storia sul "bene" o semplicemente un saluto: riccardo@lospiritoinfantile.it

Grazie per aver fatto visita a "Il Giardino del Bene", vi aspetto giovedì prossimo con una nuova puntata.

Riccardo Geminiani

 

Approfitto per segnalarvi che da oggi trovate in tutte le librerie la nuova edizione del libro  Il Codice del Cuore (libro scritto insieme a Salvatore Brizzi e con la collaborazione di Gregg Braden).

 

Data di Pubblicazione: 24 marzo 2021

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