IL GIARDINO DEL BENE   |   Tempo di Lettura: 8 min

La miracolosa forza del perdono

La miracolosa forza del perdono

Il Giardino del bene - Cronache gentili dal mondo

 

Il perdono è uno dei territori del bene più difficile da esplorare e comprendere. Ma è anche una dei territori più potenti, dove chi trova forza di inoltrarsi ne viene completamente trasformato. Oggi vi presento alcune persone che vi sono riuscite… Benvenuti in questa settima puntata della rubrica "Il Giardino del Bene", buona lettura

La forza del perdono

Tempo di lettura: 8 minuti

Luoghi: Rwuanda - Texas
Parole: perdono, amore

Ispirazione: Yolande Mukagasana - Brandt Jean
Letture consigliate: "La morte non mi ha voluta"

La pratica del perdono fa parte di una nuova educazione alla consapevolezza e permette di sviluppare capacità fondamentali nella sfera personale, relazionale e sociale (come trasformare i problemi in risorse, gestire i conflitti, e sviluppare l’empatia). Fondamentale, però, quando si parla di perdono, è che si tratti di autentico perdono, conseguenza cioè di una profonda e sincera elaborazione interiore, di un processo sentimentale, non mentale, che parta dal cuore e al cuore ritorni. Questo mi rende spesso un poco diffidente sull’uso - e talvolta abuso - di cui oggi si fa di questo termine, quando cioè viene trasformato a una pratica schematica o semplicemente usato a scopo elusivo, con la speranza di attenuare una delusione, una sofferenza. Il perdono richiede invece tempo, forza, coraggio, sacrificio, totale abbandono di ogni razionalità e tanto amore, solo così produce effetti miracolosi.

Il significato del perdono va ampliato a un senso più profondo e organico della nostra esistenza, quello che comprende le connessioni tra noi e gli altri, e la “non casualità” di ogni cosa che ci accade. In questo senso può aiutare molto nel processo di perdono l’immane sforzo di riuscire a scorgere negli altri - in chi pensiamo ci abbia fatto un torto, nel “nemico” - tracce della nostra stessa umanità, della nostra stessa fragilità, e del nostro stesso dolore. Sforzarsi di vedere che dietro a un adulto che umilia un bambino c’è quasi sempre un bambino che è stato a sua volta umiliato, che dietro a una persona che con il suo comportamento arreca sofferenza c’è quasi sempre una persona che a sua volta ha sofferto. C’è una dimensione umana che va oltre al comportamento manifesto, un comportamento sbagliato non rivela l’uomo, ma ciò che lo ha allontanato dall’essere uomo, o meglio dall’essere se stesso. Ma queste sono parole e il perdono è un sentimento che non può essere vissuto a parole, si può arrivare a comprendere solo per esperienza. Quando certe situazioni ci toccano, ogni parola che riguarda il perdono suona inconcepibile, anzi suona perfino irritante il solo pensiero di concepirla. 

Eppure ci sono persone che ci mostrano che si può andare oltre…

L’ho compreso meglio anni fa, quando ho conosciuto Yolande Mukagasana, una donna con alle spalle una storia personale molto toccante. L’abbiamo avuta con noi per un paio di giorni a Bergamo, a un convegno dove uno dei temi era proprio il perdono. La sua storia ne è un esempio eclatante.

Lei, originaria del Rwanda, è miracolosamente sopravvissuta al genocidio dei 100 giorni, nascosta per tre mesi in casa di una donna Hutu, indossando gli abiti tolti a un cadavere. Ma prima che riuscisse a mettersi in salvo ha dovuto piangere la sua intera famiglia, massacrata dagli assalitori. I tre figli Christian 15 anni, Sandrine, 14, Nadine, 13, il marito Joseph, i genitori, i suoi fratelli. La violenza e l’odio hanno cancellato le loro vite. Ma in quel fondo torbido di dolore Yolande ha saputo trovare la luce per ridare senso alla sua di vita, fino ad arrivare a perdonare gli assassini dei propri cari e da lì avviare una parabola luminosa che ha portato quel messaggio di perdono e di vita, di cui lei è ambasciatrice, a tutto il mondo e per il quale è stata anche candidata al Premio Nobel per la Pace. 

“Non provo più odio per chi ha ucciso la mia famiglia, voglio portare la vita a chi mi ascolta e chiedo a chi mi ascolta di fare altrettanto ogni giorno perché solo così si rende davvero giustizia a chi è morto senza alcuna colpa”. 

Yolande è oggi madre di 21 orfani, adottati in seguito a quel genocidio, è autrice di alcuni testi che raccontano della sua vicenda (vi consiglio il suo libro “La morte non mi ha voluta”) e di quella di altre vittime, ma anche degli assassini: “Intervistando i carnefici mi stupisco di come essi siano anzitutto vittime del loro stesso odio”.

Queste ultime parole mi riportano alla memoria quelle di una bambina, che la madre aveva sorpreso in piedi su un foglio di carta con dei cuori disegnati e quando le aveva chiesto che cosa stesse facendo lì, la piccola aveva riposto: Mando amore ai mostri per renderli gentili! Mi piace pensare che sia un po' questo quello che avviene con il perdono: si invia amore verso territori aridi e impenetrabili, e li si rende fecondi (e con loro si rende fecondi anche se stessi).

Tempo fa mi è rimasta impressa un’altra vicenda simile. Ed eccoci alla nostra seconda storia.

Quella di una donna americana, che - completamente ubriaca - investì con la sua auto un uomo e lo trascinò con il parafango per un lungo tratto di stratta, uccidendolo. Una morte atroce.  La donna fu condannata all’ergastolo. Anni dopo nel carcere ebbe una visita inaspettata. Il figlio della vittima si presentò da lei e le disse che il suo gesto le aveva portato via tutto: il padre e anche la tranquillità economica visto che senza il reddito del genitore aveva dovuto rinunciare all’Università. Per tutto ciò l’aveva odiata tanto e fino ad arrivare al punto di desiderare la sua morte. Ma poi qualcosa di miracoloso era accaduto in lui. Il ragazzo confessò alla donna che era riuscito ad elaborare quel lutto e che ora era da lei per dirle di persona che la perdonava. “Voglio che tu lo sappia e che possa servire anche a te per perdonare te stessa” le disse, guardandola negli occhi.

Ogni qualvolta si compie un gesto d’amore incondizionato questo innesca processi incredibili, l’universo si mobilita e accadono cose meravigliose. “Tutto l’universo obbedisce all’amore” cantava Franco Battiato.

E così è stato anche in quel caso. 

Nei giorni seguenti la donna, profondamente commossa dall’episodio, lo rivelò al suo vicino di cella, che a sua volta lo raccontò a un altro e si innescò un passaparola incontenibile che oltrepassò le mura di quel carcere, per portare questa storia in tutte le prigioni d’America. I condannati a morte dei carceri rimasero toccati dal perdono del ragazzo tanto che coinvolsero i propri famigliari in una colletta per pagare la retta dell’università del giovane. 

 

E un ragazzo è il protagonista anche della terza storia che vi racconto oggi.

Lui si chiama Brandt Jean.

Suo fratello Botham Jean, la sera del 6 Settembre 2018 si trova seduto sul divano, sta mangiando un gelato alla vaniglia e guardando la tv, improvvisamente nel suo appartamento fa irruzione l’agente Amber Guyger, 31 anni, veterana della Polizia di Dallas (Texas), la donna gli intima di alzarsi e sentendosi minacciata, gli spara due colpi in pieno petto. Al processo che portò alla sua condanna per omicidio, l’ex agente disse di aver sbagliato porta e invece di entrare nel proprio appartamento era entrato in quello di Botham, scambiandolo così per un ladro. La vicenda suscitò anche le proteste di tanti attivisti (la vittima era di colore) che chiedevano giustizia e pene esemplari, e il processo si svolse in un clima caldo e sotto importanti misure di sicurezza. Ma fu proprio in aula che avvenne qualcosa di impensabile e che cambiò il corso della vicenda.

Durante il processo Brandt, il fratello della vittima, chiese di intervenire e durante la sua toccante testimonianza disse di perdonare Amber, di amarla e di invitarla a far entrare Dio nella sua vita.

“Non ho intenzione di dirti che tu marcisca in carcere o di augurarti la morte, come mio fratello, ma personalmente voglio il meglio per te. E questo non lo dico a nome della mia famiglia, ma a nome mio, ma non voglio nemmeno che tu vada in prigione. […] Ancora una volta: ti amo come persona. E non desidero nulla di male per te. Voglio il tuo bene, perché so che è esattamente quello che Botham vorrebbe per te…” 

Brandt ha poi chiesto il permesso al giudice di abbracciare Guyger, che in lacrime ha chiesto perdono per quanto fatto. Vi lascio con l’immagine di questo abbraccio che più di ogni altra parola può darci una infinitesimale percezione della sostanza di un gesto di perdono estremo e di ogni gesto di bene e amore, di cui il perdono è una delle molteplici espressioni e sfumature.

L'esercizio

Riguardiamo l’immagine di questo abbraccio, chiudiamo gli occhi e sentiamo cosa ci comunica.

Rileggiamo queste storie, leggiamo sul web altre storie simili, e ascoltiamo cosa accade dentro, quali corde vibrano di fronte a queste dinamiche

Prima di salutarvi vi ricordo l'indirizzo dove potete raccontarmi come è andato l'esercizio o inviarmi una vostra storia sul "bene" o semplicemente un saluto: riccardo@lospiritoinfantile.it

Grazie per aver fatto visita a "Il Giardino del Bene", vi aspetto giovedì prossimo con una nuova puntata.

Riccardo Geminiani

 

Approfitto per segnalarvi che da Marzo trovate in tutte le librerie la nuova edizione del libro  Il Codice del Cuore (libro scritto insieme a Salvatore Brizzi e con la collaborazione di Gregg Braden).

 

Data di Pubblicazione: 29 aprile 2021

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