Effetto Biofilia - Anteprima del libro di Clemens G. Arvay

Piante e paesaggi comunicano con il nostro "subconscio"

Come piante e paesaggi comunicano con il nostro "subconscio", ribucono lo stress e e favoriscono la concentrazione

Ormai lo sappiamo: il nostro sistema immunitario è un sistema sensoriale in grado di comunicare, in continuo scambio non solo con altri sistemi corporei come quello ormonale o quello nervoso, ma anche con l'ambiente. Questo discorso vale naturalmente anche per altri organi del nostro corpo. Nel nostro cervello ci sono strutture incessantemente in contatto con il mondo esterno e al quale reagiscono. Queste strutture lavorano in totale autonomia e all’insaputa del loro “proprietario”. Di certo l’avrete già immaginato: proprio come per il sistema immunitario, anche in questo caso il nostro passeggiare in un bosco, su un prato fiorito o in un romantico frutteto non sarà privo di conseguenze.

Inoltriamoci insieme nel mondo dell’inconscio, nel regno delle funzioni cerebrali arcaiche che, dopo milioni di anni di storia evolutiva, ci connettono ancora con i rettili e gli anfibi. Accostiamoci alle nostre vere radici, al nostro legame neurobiologico con la natura da cui discendiamo. Oppure, per usare una metafora: che cosa succede quando il nostro inconscio sempre ricettivo si avvicina alla propria madre, ovvero a “Madre Natura”?

Tracce neuronali della storia del genere umano

Ho fatto un sogno a occhi aperti, talmente reale che mi ricordo ancora ogni dettaglio. Prima di allora non mi era mai capitato di fare un’esperienza così reale del mio mondo immaginario. Stavo vagando senza meta in un paesaggio montuoso e giunsi su un vasto altopiano. Fra due alture c’era un grande prato verde, con alcune conifere isolate, circondato a destra e a sinistra da boschi che si estendevano a perdita d’occhio su dolci colline, per poi finire ai lati dell’altopiano. Si era all’imbrunire e potevo già scorgere le prime stelle in cielo. Tuttavia, una luce illuminava il prato, creando un contrasto surreale con il crepuscolo. Arrivai a un punto in cui gli alberi formavano un semicerchio aperto verso di me. Era come se quel posto mi stesse aspettando. Dopo aver posato a terra lo zaino, guardai in lontananza oltre i boschi di conifere. All’improvviso la luce divenne più intensa e si concentrò nell’area in cui mi trovavo. Insieme alla luce, fra gli alberi apparve una figura che sembrava creata dalla natura stessa. Era un vecchio dai lunghi capelli grigi. Sul suo volto potevo distinguere ognuna delle rughe che si univano intorno alla bocca a formare un’espressione mite e benevola. L’uomo mi guardava in silenzio, colmo di bontà e comprensione. Se dovessi tradurre in parole le sensazioni che mi suscitava, il messaggio sarebbe: «Sei accettato così come sei. Qui sei a casa. Questa è la natura della tua anima, il paesaggio da cui hai avuto origine».

L’uomo dai lunghi capelli e dallo sguardo piacevole mi mise in mano un piccolo scrigno di legno, in cui erano intagliati dei segni. L’aprii e ne estrassi un nodoso pezzo di radica. Per me si trattava di un dono molto importante: esprimeva così con grande semplicità il mio legame con la natura da cui provenivo. Così come gli alberi, sono radicato in questa terra. Mentre toccavo la radica, sentii un moto provenire dal profondo delle viscere. Era un pulsare sordo e possente, che poi si propagò in un’onda che si muoveva ritmicamente verso l’alto nel mio corpo. Sentii crescere dentro di me questa forza e mi sembrava che dalle spalle mi spuntassero rami che si allungavano verso l’alto, oscillando avanti e indietro come antenne sensibili. La possente pulsazione proveniente dal mio addome proseguiva in essi e io sentivo come quelle antenne organiche mi collegavano agli alberi lì attorno. Il vecchio mi prese la mano, guardandomi di nuovo negli occhi. La sensazione di essere a casa, di essere accettato così come sono, mi colse di nuovo nel momento in cui mi accorsi delle lacrime che mi stavano scendendo sulle guance. E non solo nel sogno. Ero sdraiato per terra, su un materassino morbido, completamente rilassato, e avevo lasciato libero corso alle lacrime, tanto reale era l’esperienza che stavo vivendo. Intorno a me, gli altri partecipanti non si erano accorti di nulla. Mi trovavo in una stanza con una decina di persone e la terapeuta che ci aveva guidati in quello stato di trance stava preparando il nostro ritorno con la sua voce soave. Era un normalissimo giovedì sera e come ogni giovedì stavo partecipando alla sessione di tirocinio prevista dalla mia formazione in psicoterapia.

«Rimettetevi lo zaino in spalla e preparatevi per il viaggio di ritorno», disse la terapeuta. «Ma potete anche lasciare qui parte del vostro bagaglio». Decisi di abbandonare i miei dubbi interiori, tutta l’autocritica che non smetteva mai di tormentarmi e mi impediva di sviluppare la mia essenza. Se il vecchio incontrato in quel luogo era stato in grado di accettarmi senza pregiudizi così com’ero, con tutte le mie imperfezioni e i miei difetti, perché non avrei potuto farlo anch’io? L’uomo saggio annuì in modo comprensivo. Afferrai la sua mano e non volevo lasciarlo. Egli chiuse gli occhi e sorrise con dolcezza, poi alzò gli occhi verso il pendio: dovevo tornare indietro. Qualcosa dentro di me si rifiutò con veemenza di lasciare quel luogo e la presenza del buon vecchio. Mi fu quasi impossibile vincere la mia riluttanza ad andarmene, ma poi lessi nello sguardo dell’uomo che lui stesso e anche quel luogo erano comunque parte di me e che non avrei potuto perderli. Solo dopo che mi era stata trasmessa questa informazione rassicurante riuscii a staccarmi e a prendere la via del ritorno.

«Adesso potete stiracchiarvi, inspirare a fondo e poi aprire lentamente gli occhi». Fui l’ultimo a farlo. Quando mi misi seduto e mi asciugai di nascosto le lacrime dalle guance, tutti gli altri erano già ritornati alla realtà da un pezzo, mentre io mi sentivo ancora stregato dall’incontro con il vecchio in quel paradisiaco paesaggio naturale. Per poter concludere la giornata di formazione dovetti assolutamente uscire a prendere un po’ di aria fresca e mi sentii attratto da un boschetto. Quando vidi gli alberi con la loro vecchia corteccia ruvida, chiesi dove fosse il vecchio, e la risposta fu che era ancora lì, nelle piante, nel ruscello limitrofo e dentro di me.

A questo punto siamo arrivati molto vicini al fenomeno “biofilia”, l’attrazione umana per la natura e la profonda nostalgia nei suoi confronti. Quel viaggio in trance è stato l’espressione del mio legame speciale con la natura, insito in me in quanto Homo sapiens e figlio della natura stessa. Serberò per sempre il ricordo di queste immagini del mio inconscio. Talvolta, perlopiù di sera, richiamo alla memoria quel luogo magico immerso nella natura e il vecchio che vi dimora, e allora riesco a provare ancora un po’ di quella commozione. Ma cos’è che mi ha toccato così profondamente durante quel viaggio nel mondo dei miei circuiti neuronali? Per quanto mi riguarda, in questa esperienza entrano in gioco due componenti importanti.

Prima di tutto, per me quel luogo immerso nella natura aveva qualcosa di paradisiaco. Il mio paesaggio immaginario era colmo di stimoli rassicuranti: vasti prati morbidi, alberi protettivi, boschi capaci di dispensare nutrimento e il cinguettio degli uccelli, tutti elementi che costituiscono l’effetto biofilia. Fra poco vedremo quali sono gli stimoli della natura verso cui tendiamo inconsciamente e che possono procurarci la guarigione psichica nella vita reale. Lo splendido romanticismo della natura rifletteva la mia nostalgia di un habitat a misura d’uomo. L'Homo sapiens si è evoluto nel corso di milioni di anni dalla natura, nella natura e con la natura. Da un punto di vista evoluzionistico, è chiaro che siamo intimamente più legati agli habitat naturali che a quelli urbani, tecnologici e ultramoderni. Misurate su scale temporali dell’evoluzione, è giusto appena da un paio di millisecondi che gli esseri umani vivono nelle città moderne e dispongono di tecnologie industriali. Non avrei mai provato quelle toccanti sensazioni se il mio viaggio immaginario mi avesse condotto in un canyon urbano o in un capannone industriale. La biofilia è un prodotto della filogenesi umana. Roger Ulrich, professore di architettura e scienze sanitarie presso il Politecnico Chalmers in Svezia, ha scritto: «Come residuo dell’evoluzione gli esseri umani potrebbero avere la tendenza innata a manifestare reazioni positive alla natura, mentre non evidenziano queste stesse reazioni di fronte all’ambiente urbano moderno»3. Anche questa è una descrizione calzante dell’effetto biofilia.

Dunque, il fatto che nel nostro cervello esistano immagini inconsce di un ambiente originario dal punto di vista evoluzionistico ci stupisce poco, esattamente come il fatto che si tratti perlopiù di immagini di paesaggi naturali selvaggi e incontaminati. Non sono l’unico ad aver visto un habitat naturale durante un viaggio in stato di trance e a essersi sentito al sicuro in quel contesto. La terapeuta, che aveva effettuato il viaggio insieme a noi, mi ha in seguito raccontato che spesso i partecipanti le riferiscono “visioni” analoghe, rivelando che i luoghi immaginari caratterizzati da idilli naturali scatenano quasi sempre sensazioni profondamente emozionanti e producono processi psicologici e intuizioni salutari.

C’è poi un secondo motivo molto importante per cui quel viaggio in stato di trance mi ha toccato così nel profondo, e riguarda il vecchio benevolo in cui mi sono imbattuto. Era spuntato fuori “dalla natura”, in mezzo agli alberi, e mi era apparso come un elemento o come l’anima del paesaggio. Era intimamente connesso con la luce magica che regnava in quel luogo. Più chiaro di così si muore: il vecchio dai capelli lunghi e dall’espressione benefica rappresentava gli aspetti positivi dell’esperienza della natura. Per noi umani, essere in mezzo alla natura, distanti dalla civiltà moderna, molto lontano dai rumori della strada, dal martellamento consumistico e soprattutto a grande distanza dalle aspettative di un superiore, di una direttrice scolastica o di una società intera, significa essere accettati così come siamo. Nella natura, nei luoghi selvaggi, ognuno di noi è un essere vivente fra innumerevoli forme di vita. Siamo circondati da piante e animali, da funghi e microrganismi, e tutti hanno una cosa in comune: non ci giudicano e non hanno alcuna pretesa su come dobbiamo o non dobbiamo essere. Siamo semplicemente in mezzo a loro, interconnessi gli uni con gli altri nella rete onnicomprensiva della vita, e nessuno è a caccia di difetti da rinfacciarci. Nessuno cerca di costringerci in uno schema rigido e neppure esige da noi determinati risultati. Nella natura possiamo essere come siamo. Possiamo essere laboriosi o pigri, tristi o allegri, veloci o lenti, introversi o estroversi, eterosessuali, omosessuali, transessuali o asessuali, altamente produttivi o a terra, corrispondere fisicamente all’immagine ideale per la società o avere un corpo non conforme ai dettami sociali. La natura, gli animali e le piante non ci giudicano, ed è proprio questo che mi ha comunicato il vecchio saggio durante il mio viaggio in stato di trance. Mi ha guardato con un’espressione completamente priva di qualsiasi valutazione e aspettativa: «Vai bene così come sei. Qui puoi essere come sei».

Il principio della vita

Il principio della vita che si esprime nella natura ci fa essere incondizionatamente partecipi della forza vitale di cui anche noi stessi siamo pervasi. Perfino quest’aspetto ha trovato espressione nella mia fantasia, allorché proprio questa forza vitale naturale si è fatta sentire nel mio corpo come una forte pulsazione, compenetrandomi e facendosi proprio largo dentro di me affinché mi spuntassero antenne viventi dai rami. Questa simbologia di sviluppo personale escogitata dal mio inconscio mi è sembrata di grande intensità espressiva. Che straordinario effetto biofilia!

Solo grazie alle ricerche effettuate dopo quell’esperienza di trance ho scoperto che il “poter essere così come si è” costituisce uno dei più noti effetti terapeutici a livello psicologico della permanenza in un ambiente naturale. Ritornerò comunque più avanti su quest’aspetto, quando vedremo come la natura diventa psicoterapeuta. Per il momento desidero soffermarmi ancora sui neuroni e sulle questioni relative all’evoluzione e al cervello dell’uomo. Si tratta sempre del nostro inconscio e del suo legame con la natura che è emerso così chiaramente durante il mio viaggio in stato di trance.

Questo testo è estratto dal libro "Effetto Biofilia".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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