Anteprima del libro "Il Mio Gemello Mai Nato" di Caterina Civallero e Maria Luisa Rossi
La “Sindrome del Gemello che Resta”
«Non hai veramente capito qualcosa finché non sei in grado di spiegarlo a tua nonna».
Albert Einstein
Un numero sempre più crescente di persone sa che la straordinarietà e rarità delle gravidanze gemellari è tutt altro che rara.
Se chiedi a una donna, lei sa. Lo sente. Ci sono cose che si sentono, altre che si tramandano. Il sapere popolare nutre la nostra conoscenza più di qualunque strumento di comunicazione. Attualmente si ipotizza che la quasi totalità delle gravidanze inizi con la fecondazione di due o più ovuli; essa dà origine a due o più embrioni e normalmente termina portando allo sviluppo completo un solo feto. Come a dire che per la natura il parto gemellare resta una sorta di anomalia.
Le odierne ecografìe realizzate, su richiesta, con apparecchi ecografìa modernissimi in 3D identificano gli embrioni tre settimane dopo la fecondazione.
Con queste apparecchiature si osserva che l’incidenza di più embrioni all’interno dell’utero è tutt’altro che rara. Monitorando la gravidanza, statisticamente, si rileva che la gran parte dei gemelli muore entro i primi tre mesi. Attualmente la prassi ginecologica colloca la prima ecografìa tradizionale fra la quinta e l’ottava settimana di gestazione e non permette di giungere allo stesso risultato (ricordiamo che fino a qualche anno fa non si facevano ecografìe durante la gravidanza). Molti ecografìsti non sempre informano dell’esistenza di altri embrioni, allo stesso modo si comportano le ostetriche intervistate per la stesura di questo libro. Esse, al termine del parto, rilevano spesso la presenza di bottoni embrionali nella placenta di cui non danno informazione; questo atteggiamento è rivolto alla vita. Agire diversamente, informando della presenza di bimbi non nati, distoglierebbe una Madre dalla gioia di stringere suo figlio fra le braccia e la porterebbe a concentrarsi sulla perdita del figlio non nato.
Poi ci sono quelle che vengono definite “minacce di aborto”, ovvero tracce di sangue che spesse volte sono espulsioni di piccoli embrioni. All'allarme della donna in gravidanza segue l’esame ecografia di controllo che di solito rileva uno stato di normalità; l’ecografista, durante l’esame, vede l’embrione rimasto e la gravidanza continua con normalità.
Pertanto la possibilità che la gravidanza parta con un potenziale parto gemellare che poi si risolve con un parto singolo, è altissima, ed è un fatto normale. È la natura. E la natura non sbaglia mai.
Il fenomeno dei gemelli evanescenti
Il Dr. Boklage, negli anni ’80 evidenziò che il fenomeno dei gemelli evanescenti è un fatto fisiologico della razza umana: quando veniamo concepiti non siamo soli, è presente nell’utero materno, con noi, nostro fratello o nostra sorella. Cresciamo insieme e con lui/lei abbiamo un rapporto intimo e tattile fin da subito; la pelle (che è il primo organo a formarsi, ancor prima del cervello) percepisce per prima la presenza del fratello. Il contatto con lui/lei ci struttura, ci orienta, ci delinea e ci definisce. Il fratello concepito insieme a noi, che vive in utero con noi, è il nostro primo specchio, la prima struttura di risonanza.
Fino alla metà del Novecento si riteneva che l’embrione fosse un’entità totalmente incapace di provare emozioni. Oggi sappiamo che feti ed embrioni percepiscono ed interagiscono attivamente agli stimoli (tentano infatti di “scappare” anche agli aghi e agli strumenti artificiali che vengono utilizzati per l’aborto artificiale; si assiste a una immobilizzazione del feto come in stato di shock). Le implicazioni psicologiche della “Sindrome del Gemello che Resta” sono innumerevoli. A oggi sempre più esperti si impegnano in tale direzione per meglio comprendere, e poi supportare, i sintomi e le dinamiche di un rapporto così importante come quello con il proprio gemello, che si risolve, nella maggioranza dei casi, con un distacco inesorabile.
E anche se questo argomento genera molto stupore quando lo si apprende, soprattutto per la prima volta, occorre ricordare e tenere ben presente che si tratta sempre e comunque di un fenomeno naturale. È una modalità biologica ben precisa prevista da “madre natura”, un movimento necessario per la formazione della struttura e dell’organizzazione psichica dell’individuo.
Gli embrioni hanno una memoria? Esiste una sensibilità pre-natale?
Psicologi e ricercatori come Elisabeth Noble, Stanislav Grof, William R. Emerson Ph. D., Claude Imbert, hanno ipotizzato l’esistenza della memoria del feto a partire dal concepimento. Claude Imbert, in particolare, dottoressa francese specialista in psicologia pre-natale, nel suo libro L’avvenire si decide prima della nascita dimostra che molti problemi psicologici, affettivi e somatici hanno origine nella vita pre-natale.
Altri studi (Beretta, Boghi & Testa, 2003; Valente Torre, 1999) hanno dimostrato che, fin dagli stadi più precoci della vita intrauterina, i gemelli mostrano specifici comportamenti di coppia che si confermano nella vita post-natale.
Una delle esperienze più importanti che può incontrare un feto, è quella della perdita di un gemello. E poiché la comunicazione tra gemelli inizia a livello fetale, con reciproche sollecitazioni e risposte che proseguono per il resto della vita, essi sono in continua interazione tra di loro e si condizionano sia a livello psichico che fìsico. Si parla di complementarietà marcata, di legami simbiotici e di fusione d’identità (Piera Brustria Rollé, Pogliano, De Pascale, 2007).
La madre, durante la gravidanza, può anche non rendersi conto che un embrione è morto, ma il suo gemello, diviso solo da una sottilissima membrana, o nella stessa sacca, se ne accorge. E questa perdita viene registrata come la prima grande perdita alla quale, in sindrome, si accodano una dopo l’altra, le pesanti perdite della vita, che causando un effetto valanga, trascinano con sé un dolore profondo, permanente, senza fine, che può essere elaborato, accolto e trasformato solo se riconosciuto, nominato e modificato nel suo contenuto emotivo. La gravidanza gemellare condotta a termine, è soggetta a una elevata pressione selettiva e resta, quindi, una sorta di anomalia, di straordinarietà. La normalità biologica conduce, infatti, nella maggioranza dei casi, alla sopravvivenza di uno solo degli embrioni. Nelle prime settimane si svilupperanno tutti gli embrioni fecondati, poi solo uno di essi sopravvivrà: gli altri verranno riassorbiti o disseccati, espulsi con la loro placenta, prima (sanguinamene della madre) o durante il parto. I meccanismi di selezione naturale, ovvero queste “casualità”, sono gestiti da - madre natura — e tolgono al nascituro e alla madre ogni sorta di responsabilità in merito.
Nonostante questa apparente normalità, molti ricercatori hanno evidenziato in chi sopravvive a questa esperienza precoce di morte e separazione affettiva, che avviene in utero, la comparsa nell’arco della vita di caratteri comportamentali salienti.
La memoria prenatale
Secondo il Dott. William Emerson, conosciuto in tutto il mondo come insegnante, oratore, scrittore e, soprattutto, pioniere della psicologia pre e peri-natale, membro onorario dell’“Istituto Nazionale di Salute Mentale” degli Stati Uniti, la memoria prenatale è la più influente e formativa, specialmente nel primo trimestre intrauterino. Tutte le esperienze del nostro ciclo vitale a partire dalla nostra prima cellula sono conservate dentro di noi. Secondo le sue teorie, le persone che hanno perso un gemello in utero manifestano dinamiche comuni: prima di tutto c’è un inesprimibile e profondo senso di perdita, di disperazione e di rabbia. Questi sentimenti, anche quando non espressi, possono, in alcuni casi, essere rivolti verso altri. Oltre a questo, si struttura un cronico sentimento di paura di subire di nuovo questa perdita. Tutto ciò accompagnato da grande insicurezza. La paura della perdita viene controllata prendendo distanza dagli altri, manifestando una eccessiva timidezza e diffidenza, oppure, al contrario, instaurando relazioni simbiotiche di co-dipendenza. Si generano l’incapacità di creare legami autonomi e l’attitudine alla sottomissione frustrante, fino all’eccesso come: - Se non mi sottometto e non faccio quello che gli altri si aspettano da me morirò — che può provocare ostilità e aggressività, perché occupandosi dei bisogni dell’altro si finisce per negare i propri.
Le esperienze descritte e analizzate da Emerson, possono virare verso se stessi o verso l’altro e si manifestano sotto forma di comportamenti sadici e masochistici: il trauma della perdita del gemello si può trasformare in un bisogno di fare del male ad altri (violenza criminale) o a sé stessi (comportamenti autolesionistici).
La sofferenza è palpabile. All’anamnesi, il paziente lamenta un dolore emotivo immotivato a livello razionale, e per questo diffìcile da rintracciare ed estirpare. È una lacerazione insanabile che lascia l’anima a brandelli. Una sensazione di vuoto incolmabile e di smaniosa ricerca del completamento del sé, che risulta tanto più difficoltosa quanto più è sconosciuta.
E, nonostante la maggior parte di questi sintomi è il comune denominatore di altre patologie psichiche di media e grande importanza, quando il filtro terapeutico con cui si osserva la patologia spinge verso approfondimenti insufficienti e/o inefficaci, quando appaiono difficoltà diagnostiche, potrebbe essere interessante considerare, come fecero Galileo, i coniugi Curie e tanti altri pionieri della storia, un punto di osservazione nuovo come quello proposto in questo libro. La “Sindrome del Gemello che Resta”, potrebbe essere una nuova via terapeutica, da utilizzare o co-utilizzare, soprattutto in quei casi in cui altre strade sono già state battute senza essere giunti a risultati soddisfacenti.
Anche per questo è importante ricordare che non tutti i gemelli sopravvissuti manifestano sintomi o soffrono della sindrome; qui di seguito riportiamo alcune delle anomalie fisiche collegate alla “Sindrome del Gemello che Resta”, da noi riscontrate attraverso un’attenta ricerca; fra esse compaiono: le asimmetrie fisiche, la scoliosi, le lassità legamentose, il mancinismo, le cefalee croniche, le emicranie, lo strabismo, l’epilessia, la dislessia, la disgrafìa, la discalculia, la bulimia, l’anoressia, l’asma, l’eczema, la vitiligine, le discromie cutanee dette “voglie”, le cisti, le verruche, i tumori, i teratomi, la balbuzie, l’onicofagia, l’eterocromia iridea. Potrebbero essere indizi per ipotizzare la presenza della “Sindrome del Gemello che Resta”.
Questo testo è estratto dal libro "Il Mio Gemello Mai Nato".
Data di Pubblicazione: 2 febbraio 2018