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Diritti, disobbedienza civile e anarchia
Ogni individuo all’interno della società possiede diritti costituzionali inviolabili; l'articolo 2 della nostra Costituzione infatti sancisce che:
"La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale".
Dunque nessuno può calpestare i nostri diritti, senza eccezioni. Comprendere questo concetto è di fondamentale importanza, perché è ciò che garantisce pari dignità a ogni persona. Se a operare le scelte fossero alcuni benpensanti che credono di avere la soluzione facile per ogni cosa, la società si trasformerebbe rapidamente in un luogo di odio e soprusi. La Costituzione invece garantisce che anche l’ultimo degli ultimi, colui che tutti credono meriti la morte, abbia il diritto di essere trattato come un essere umano.
Purtroppo però non sempre la società si rivela equa e moralmente corretta, pertanto talune persone scelgono di lottare per modificare le regole e renderle più "umane". Questa lotta viene comunemente definita "anarchia".
Se fino a oggi eravamo convinti che essere anarchici significasse fare ciò che vogliamo, magari bruciando cassonetti e tirando sassi alle forze dell’ordine, allora siamo ben lontani da quello che si è sempre inteso con questo termine: anarchia è una parola greca il cui significa profondo è “rifiuto del potere”.
La prima reazione che questo concetto suscita nelle persone è quella di perplessità: la domanda (se non l’affermazione) più banale e scontata è sempre la stessa: "Senza regole sarebbe il caos". Ovvio, naturalmente, ma questa considerazione è solo frutto dell'ignoranza. Anarchia non è l’assenza di regole, è la capacità di darsi regole migliori di quelle che ci vuole imporre il Sistema. Se fino a oggi ne ignoravamo la vera definizione è perché il Sistema è stato bravo, forte nel deviare il messaggio e far passare l’idea che l'anarchia sia il caos totale, uno stato che metterebbe a repentaglio la pace e la tranquillità di tutti. Così le persone preferiscono accettare le assurde regole neoliberiste fondate sul profitto e l’oppressione dell’individuo.
L’anarchia invece è tutt'altro: non implica l'annullamento dell’organizzazione sociale, bensì un’evoluzione. Questa evoluzione è, nello specifico, la creazione di una realtà che non sia più gerarchica, ma egualitaria, dove tutte le persone abbiano pari diritti e dignità. Questo, inoltre, non significa che non vi debbano essere ruoli, ma una profonda rivisitazione degli stessi.
Qui entra in gioco il concetto di "disobbedienza civile", ovvero uno degli strumenti che permettono all’uomo di realizzare l'anarchia. Se qualcosa è profondamente sbagliato e rappresenta un'evidente ingiustizia, anche se è la legge ad imporlo, si può scegliere di ribellarsi.
È importante ricordare che ogni cittadino è libero di agire come meglio crede se i suoi intenti sono nobili e il suo operato non limita la libertà altrui. La storia del mondo, anche contemporanea, è costellata di esempi dove le leggi o l'operato dei Governi hanno dimostrato scarsa attenzione nei confronti del popolo. Pensiamo per esempio a quel terribile momento storico in cui gli Ebrei venivano mandati a morire nei campi di sterminio; era perfettamente legale, mentre era illegale aiutarli e liberarli. Chiunque si fosse opposto alla follia dello sterminio di massa avrebbe compiuto nobili azioni, nessuno può dire il contrario, ma sarebbe andato contro la legge.
Questo è un chiaro esempio di disobbedienza civile, ma ve ne sono molti altri: la lotta per i diritti degli afroamericani guidata da Martin Luther King, il ripudio del dominio inglese da parte del Mahatma Gandhi o l’apartheid sconfitto grazie alla guerra armata promossa da Nelson Mandela. Oggi, per concludere questa breve carrellata, una delle forme di disobbedienza civile più importanti riguarda l’eutanasia, cioè il sacrosanto diritto di chi soffre a una morte volontaria, serena e indolore.
A fianco di queste grandi cause vi sono ingiustizie minori che non riempiono le pagine dei giornali, ma che invadono la nostra quotidianità e rappresentano comunque gravi forme di oppressione e di sopruso nei confronti delle persone. In seguito avremo modo di capire come il Sistema ci abbia ormai da tempo abituati a vere e proprie ingiustizie legalizzate, che tutti accettiamo senza protestare. Si tratta di violazioni subdole dei nostri diritti che non si manifestano alla luce del sole, ma passano attraverso il potere politico, legislativo e persino il sistema contributivo.
Insomma qui non si lotta in piazza armati di fucili, ma attraverso la conoscenza, ed è per questo che il libro che avete tra le mani è un manuale ricco di tecnicismi, perché sono queste le armi che dobbiamo impugnare per difenderci.
Questo concetto è ben sintetizzato da una famosa massima di Tenzin Gyatso, il XIV Dalai Lama, che ho avuto il piacere di incontrare nel febbraio 2015 durante la sua permanenza in Trentino: "Dobbiamo imparare bene le regole, in modo da infrangerle nel modo giusto".
Chi conosce la storia dell’invasione cinese in Tibet e della violenta repressione della resistenza sa bene che la filosofia della lotta non violenta altro non è che l'applicazione della disobbedienza civile. Se si conoscono le regole si hanno più possibilità di difendersi agendo nella legalità, ma anche scegliendo di disobbedire, consapevoli delle conseguenze.
Ecco perché, durante la lettura di questo testo, quando vi sembrerà di camminare su un filo molto sottile, sarà responsabilità del singolo decidere da quale parte cadere.
Storie di ordinaria follia
Per comprendere nel dettaglio di quali orrori si può essere vittima quando il Sistema ci prende di mira, racconterò alcune storie realmente accadute. Alcune di queste hanno avuto epiloghi drammatici a causa degli intricati meccanismi che governano la nostra società, ma anche per colpa di una giustizia spesso vittima di se stessa: mentre le scartoffie rimangono a prendere polvere sulle scrivanie, la vita delle persone affonda inesorabilmente.
Nel 1993 la procura di Milano indagò il commercialista Mario Caizzone in quanto apparentemente sindaco della fallita società Salvit S.p.A., facente parte del gruppo Imprenori. In realtà Caizzone non ricoprì mai tale carica, come facilmente dimostrabile attraverso una banale visura della Camera di Commercio. L'equivoco scaturì da un errore presente sui verbali della Guardia di Finanza, con cui Caizzone interloquì in quanto incaricato dalla Imprenori di seguire l’indagine di accertamento. È proprio perché il commercialista Caizzone non ricopriva nessuna carica, né nell’Imprenori né nella Salvit, che gli venne richiesto di seguire l’iter di accertamento fiscale!
Nei primi giorni dell’attività di controllo Caizzone affermò che la Guardia di Finanza si presentò con una richiesta di denaro per, a loro dire, "addomesticare la verifica". Caizzone presentò formale denuncia nei confronti dei militari, ma questa venne archiviata e Caizzone perseguito d’ufficio per calunnia e successivamente rinviato a giudizio.
Ci vollero circa sette anni perché Caizzone venisse assolto dalle accuse di calunnia, ma nel frattempo sia Salvit che Imprenori fallirono. Alcune persone vennero arrestate e Caizzone nuovamente indagato e messo agli arresti domiciliari. Nel 2005 venne condannato in primo grado a tre anni di carcere e tutto perché continuava a risultare sindaco della Salvit nonostante, lo ricordo, non ricoprisse quel ruolo.
Caizzone provò a più riprese a far acquisire alla procura gli atti che dimostravano come all’epoca dei fatti non ricoprisse la carica che gli veniva attribuita, ma il tribunale li respinse sempre. Finalmente nel marzo 2014, dopo ventun anni e l'ennesimo ricorso, Caizzone riuscì a dimostrarsi completamente estraneo alla vicenda. Per tutto quel tempo però la sua fedina penale rimase sporca, dettaglio che gli distrusse completamente la carriera di commercialista. Oggi ha fondato l'associazione AIVM, che aiuta gratuitamente le vittime di malagiustizia. Caizzone si sarebbe potuto difendere in modo efficace ed evitare l’epopea vissuta se avesse conosciuto l’iter legale corretto da seguire in questi casi.
La seconda storia che voglio raccontarvi è quella dell’imprenditore Mauro Furlan, proprietario, assieme al fratello, di tre locali in provincia di Padova. Nel 2013 alcuni funzionari dell’Agenzia delle Entrate si presentarono a sorpresa, chiesero di visionare i prodotti, prelevare campioni e interrogare i dipendenti. Dai numeri relativi all'acquisto e consumo di farina dedussero che ogni giorno il ristoratore avrebbe dovuto produrre cento pizze in più rispetto al dichiarato. Presunsero insomma (e in seguito capiremo cosa si intende con questo preciso termine) che l’imprenditore non emettesse sempre lo scontrino e per questo gli presentarono una cartella esattoriale di circa mezzo milione di euro.
Mauro cercò di spiegare che i conteggi erano errati, ma per poter far valere legalmente le sue ragioni fu costretto a fare ricorso. Per legge Mauro, solo per avviare il contenzioso, dovette comunque sborsare anticipatamente qualcosa come 150.000 euro (più avanti avremo modo di capire perché).
Questa però è una storia a lieto fine, almeno per Mauro, che decise di intraprendere, nei confronti dei tre funzionari, una causa civile per obbligarli a rispondere in prima persona dei grossolani errori di conteggio commessi durante l’accertamento. Mauro dovette anticipare il pagamento del suo avvocato, che eventualmente viene rimborsato in caso di vittoria. Attenzione, perché in questo caso è il giudice a stabilire l’entità del rimborso, quindi se l'avvocato emette una parcella salata, la differenza la paga comunque il cliente. I funzionari dell’Agenzia delle Entrate invece scelsero di avvalersi dell’avvocatura dello Stato (prevista per legge in questi casi), così da non dover sostenere alcuna spesa di tasca propria, nemmeno in caso di sconfitta.
Mauro allora fece notare che, a parer suo, si trattava di un’ingiustizia, visto che la causa civile non era nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, ma dei tre privati cittadini, che avrebbero dovuto difendersi in maniera autonoma e rispondere direttamente dei propri errori. Tali affermazioni furono sufficienti per ricevere una denuncia per calunnia, dalla quale si dovette difendere nel corso di un iter legale durato altri tre anni e per la quale in seguito venne assolto.
Nel 2015 il Tribunale di Venezia diede finalmente ragione a Mauro, sentenziando che i numeri su cui era basata la pretesa di pagamento erano matematicamente impossibili. Tutte le cartelle inviate dall’Agenzia delle Entrate furono annullate, permettendo a Mauro di chiedere un risarcimento di un milione di euro per i danni subiti, anche attraverso il pignoramento di parte dello stipendio dei tre funzionari che lo avevano costretto ad anni di battaglie legali. Dichiarò, durante un’intervista rilasciata ai microfoni di La7: "Voglio che ogni mese questi signori, quando percepiscono lo stipendio, si ricordino del signor Mauro Furlan". Mauro è potuto andare fino in fondo alla questione grazie a un ottimo (e immagino costoso) avvocato e un'ampia disponibilità economica, caratteristiche che pochi cittadini incarnano.
L’ultima storia riguarda il caso di una maestra di scuola elementare che la mattina del 29 ottobre 2009 assistette casualmente allo scontro tra la giovane Manal e una compagna, avvenuto in corridoio durante la ricreazione. La maestra intervenne tempestivamente al fine di verificare lo stato di salute della bambina e avvertire i genitori, ma il padre si presentò a scuola solo un’ora dopo. Apparentemente nessuno si accorse della gravità dell’accaduto, nemmeno il padre, che (si legge sulla cronaca locale) portò la bambina a casa e non in ospedale.
Poco dopo però le condizioni di Manal si aggravarono e, condotta al pronto soccorso, venne operata nel tentativo di arginare quella che poi si scoprì essere una grave emorragia cerebrale. Purtroppo a nulla valsero gli sforzi dei medici, tanto che la bambina morì dopo qualche giorno di coma.
La maestra finì subito sul registro degli indagati visto che, a detta dei medici, l'intervento chirurgico avrebbe potuto avere altro esito se fosse stato effettuato in tempo. In prima istanza l'insegnante venne assolta e il caso archiviato perché, si legge nella sentenza, "non vi fu alcun colpevole ritardo nei soccorsi dovuto a condotte improntate a imprudenza, negligenza o imperizia". La famiglia della bambina però decise di opporsi all’archiviazione e dopo dieci anni di battaglie legali, nell'aprile del 2020, arrivò la condanna di primo grado: maestra, scuola e Provincia furono condannati a risarcire un milione di euro per inadeguatezza del soccorso prestato e quindi intempestivo ricovero presso l'ospedale.
Ad oggi non è dato sapere l’esito conclusivo della vicenda, anche perché è stato annunciato ricorso e probabilmente passeranno ancora diversi anni, ma rimane il fatto che per colpa di un evento casuale e probabilmente non grave (l'insegnante non è un medico, non fa diagnosi), una maestra d’asilo potrebbe ritrovarsi a risarcire cifre che probabilmente non possiede e che il giudice potrebbe cercare di recuperare pignorandole i beni personali.
Al momento giusto vi racconterò altre vicende interessanti, come per esempio la storia del famoso Unabomber, ma per il momento ci fermiamo qui. Ciò che spero di aver mostrato è che su ogni cittadino pende perennemente una spada di Damocle pronta a colpirlo. Non è necessario essere dei delinquenti o agire in cattiva fede per ritrovarsi in guai seri: piccole/medie ingiustizie nei confronti dei cittadini si consumano quotidianamente, anche se non abbastanza eclatanti da meritare un posto tra le pagine dei quotidiani. Non può pertanto stupire la volontà (o il bisogno) che alcuni sentono di allontanarsi dal Sistema nel tentativo di sfuggire ai suoi lunghi tentacoli.
Com'è organizzato questo libro
Come avrete certamente intuito, questo testo si occupa di una materia che in realtà non esiste. Raccoglie infatti informazioni che mai prima d’ora sono state collegate tra loro e pubblicate in questa forma, pertanto sono consapevole che inizialmente non sarà semplice cogliere il quadro generale.
Parleremo di privacy, internet, dati, denaro, fisco, normative, leggi e diritti della persona. Tutte le conoscenze che apprenderemo saranno indispensabili per diventare invisibili ai tentacoli del Sistema, impedendogli di agire deliberatamente nei nostri confronti.
Per rendere più chiara la visione d'insieme voglio fornire fin da ora un piccolo schema di come sono strutturati i capitoli che seguiranno:
I nostri dati
Visto che chi ha accesso ai dati ci controlla, capiremo chi li detiene e quanto profondamente conosce la nostra vita privata.
Cosa possono farci
Nella seconda parte scopriremo ciò che comporta questa grande schedatura di massa, ovvero come possono usare i dati per limitare la nostra libertà, impadronirsi dei nostri beni, distruggere la nostra immagine e rovinarci la vita.
Diventare invisibili
Qui finalmente troveremo le informazioni necessarie per difenderci da tutto questo. Impareremo ad agire correttamente al fine di prevenire ogni possibile problema futuro e lo faremo in tre passaggi fondamentali:
- Sparire fisicamente, virtualmente e fiscalmente.
- Mettere al sicuro i propri averi.
- Proteggersi dalle ingiustizie legali.
Piano d'azione
Per finire, forti di tutte le informazioni apprese, tracceremo uno schema per capire quali mosse attuare per ottenere l’invisibilità fisica, fiscale e legale.
Spero che ora il significato di "diventare invisibili" sia chiaro: si tratta di realizzare una sorta di mappa dei punti deboli di ogni individuo e di come questi sono legati l'uno all’altro, fornendo precise indicazioni su dove intervenire per applicare più livelli di sicurezza alla nostra vita. Una serie di lucchetti con cui rendere inaccessibili a terzi i cassetti in cui sono custoditi quegli elementi che possono garantirci un'esistenza serena: la privacy, il denaro e la libertà.
Spazieremo dalla protezione dei nostri dati personali fino alla completa sparizione anagrafica e virtuale, perché se non esisti nessuno può trovarti. Parleremo di come rendere inviolabili i nostri beni, qualunque essi siano, dai più insignificanti fino all’auto, ai terreni e agli immobili, perché nessuno può appropriarsi di ciò che è protetto.
Capiremo come nascondere i soldi dove non possono essere trovati, oppure come lasciarli in bella vista, ma al tempo stesso preclusi a chiunque, compreso lo Stato e il fisco: possono pretendere ciò che possiedi, ma non afferrare l’invisibile. Scopriremo come difenderci da chi ci vuole attaccare legalmente, dagli abusi, la concussione dei funzionari pubblici e i soprusi delle forze dell’ordine, senza aver paura di far valere i nostri diritti e senza temere ritorsioni: non è facile perseguire legalmente chi sa cosa dire e fare in ogni contesto.
Impareremo insomma a difenderci dal Sistema utilizzando quelle stesse armi di cui esso stesso si avvale, raggiungendo un livello di conoscenza e consapevolezza che solo in pochi oggi possiedono. Lo faremo con parole semplici, esempi, tabelle e disegni che tutti sono in grado di comprendere, indipendentemente dal grado d’istruzione. Naturalmente non è necessario che tutte le informazioni qui presenti si trasformino in azioni concrete. Ognuno è libero di scegliere come agire in base alla propria condizione, proteggendosi laddove si sente maggiormente esposto e decidendo quanto in profondità intende spingersi nel percorso verso l’invisibilità.
Data di Pubblicazione: 27 ottobre 2021