SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 10 min

La realtà è un'illusione: "Universo" e "Assoluto"

La realtà è un'illusione

Scopri la differenza tra la realtà costruita dalla mente e quella sottostante (la matrice spirituale del tutto) leggendo l'anteprima del libro di Giancarlo Rosati.

Le sovrapposizioni

L'uno si ritrova nei molti, e i molti sono infinite sfaccettature dell’uno.
F. Schelling

Il mondo è uno specchio che riflette il principio eterno
Sai Baba ’78

Per quanto siano poche le verità fondamentali da conoscere nella ricerca spirituale, esse sono tuttavia della massima utilità poiché costituiscono la radice della vita, del mondo, del nostro modo di esistere e di essere.

La prima cosa da sapere è che esistono due realtà: quella costruita dalla mente e percepita dagli organi di senso (l’universo) e quella sottostante che è la matrice spirituale del tutto (l’Assoluto).

La mente è la realtà intangibile prodotta dal cervello. Possiamo essere più precisi e affermare che la mente è una struttura sottile costruita dagli stimoli ambientali che governa il corpo in rapporto alle sue necessità di sopravvivenza. È dunque costruita dall’ambiente su una matrice genetica o karmica e acquista subito la funzione di tenere sotto controllo lo stesso ambiente dal quale si è originata.

In definitiva, la mente ha la facoltà di creare la separazione delle cose, di creare lo spazio, il tempo e il mondo che percepiamo con i sensi. Per tale motivo il mondo che percepiamo deve essere considerato concettuale e illusorio, cioè un’idea generata dalla mente. Al contrario, la matrice sottostante (l’Assoluto), è riconosciuta come l’unica realtà, la Verità Ultima.

La realtà non vera che noi percepiamo normalmente con i sensi è il frutto di una proiezione (upadhi) che, essendo una proiezione, deve essere connotata come un miraggio (vedi Metafisica a colazione). Sai Baba precisa:

“La mente ha avuto origine dall’Assoluto Brahman e la materia ne è il frutto. Mente e corpo sono soltanto strumenti e dovrebbero essere tenuti sotto controllo, governati e dominati”.

Per Ramana Maharishi, il santo indiano di Arunachala, la coscienza è la sorgente dalla quale sono scaturite le apparizioni o le sovrapposizioni. Nella filosofia sanscrita potremmo identificare queste sovrapposizioni (upadhi) con i campi quantistici della fisica. Anche secondo il filosofo tedesco del 1800, Fitche, esiste solo il soggetto e l’universo è solo una sua enorme proiezione cosciente, un gioco cosmico. La sua visione era stata considerata la più audace e fantastica che fosse mai stata concepita (Coppola) ma non si era pensato che le scritture indiane dei Veda avevano già proposto l’idea diecimila anni fa e che tutti i mistici di ogni latitudine l’avevano non solo sposata, ma confermata mediante esperienze trascendentali personali.

Il termine sanscrito upadhi usato nella filosofia himalayana indica un’immagine identica a una vicina sorgente ma che non ha consistenza reale, come se fosse il risultato di una proiezione o un seducente miraggio destinato a spegnersi come si estingue il sogno al risveglio.

Mi soffermo volentieri sul concetto, perché per molti è difficile accogliere l’idea che ciò che percepiamo come materiale sia solo un’idea generata dalla nostra mente e costruita al suo interno. Ma invito i lettori a non abbandonare questo concetto poiché è della massima importanza per chi vuole conoscere la Verità. Ovviamente, il miraggio esiste perché c’è una realtà materiale poco distante, ma nello stesso tempo non è reale. Quando vivevo in Africa non era difficile vedere una città araba galleggiare sulla superficie del mar Rosso. Ma quella città poteva essere attraversata facilmente da un’imbarcazione poiché era solo il riflesso di una cittadina che sorgeva a cento chilometri di distanza.

Il mondo viene creato con l’osservazione

Il fisico quantistico spiega che l’universo ti dà l’immagine quando guardi una determinata parte. Quando distogli lo sguardo da quella parte, l’immagine sparisce. Il mondo è quindi “creato” e annichilito continuamente. È come dire: se guardo in uno specchio, io appaio; se non ci guardo non appaio.

Il fisico paragona il nostro universo a un videogioco in cui l’operatore vede comparire la scena quando le presta attenzione. Se l’operatore volge lo sguardo a sinistra vedrà comparire la parte dell’universo che dovrebbe esserci secondo la sua logica. Se poco dopo presta la sua attenzione a destra ecco comparire un’altra parte dell’universo in quel punto. Se distoglie lo sguardo, quella parte di mondo scompare. Il mondo viene creato con l’osservazione e se non ci fosse un osservatore non esisterebbe. Il mondo ti viene incontro se lo pensi. L’osservatore è parte essenziale della creazione.

Ricordo che Sai Baba diceva: “Se pensi all’America, l’America ti viene incontro”. L’universo sembra dunque essere una simulazione, e tutto quello che vi è connesso di bello o di brutto, di santo o di empio, è simulato: esiste soltanto nella nostra mente.

Ho detto che tutto ciò che vi è connesso è solo un’idea. Anche Dio? Anche l’anima che dovrebbe essere uno degli elementi fondamentali dell’universo? Sì, ogni cosa generata dal pensiero è solo un’idea, concettuale, irreale, esistente e non esistente.

L’unica realtà vera è una Sorgente energetica (quantistica) che ogni cultura chiama con un nome diverso: Assoluto, Brahman, Supremo, Pensiero Eterno, Uno, Signore Iddio, Spirito Santo, Mana, Logos, Tao, Allah, Mente Assoluta. La realtà vera è dunque solo la Sorgente Quantistica, mentre il resto che percepiamo con gli organi di senso è una proiezione, un miraggio (upadhi). Il sufi Rumi spiegava molto bene quello che capita all’uomo che nasce nel mondo:

“Dio ha fatto in modo che l’illusione sembri reale e il reale illusione. Ha nascosto il mare e ha reso visibile la schiuma; ha nascosto il vento e manifesta la polvere. Tu vedi la polvere turbinare, ma come potrebbe sollevarsi da sola? Tu vedi la schiuma, ma non l’oceano”.

Oggi la scienza sintetizza tutti quei nomi (Brahman, Tao, Supremo, Spirito Santo) nel concetto di Campo Quantistico Unificato, o di Campo del Punto Zero, una sorgente eterna dalla quale possiamo attingere l’energia utile per alimentare il sogno della vita. E il fisico Heinze Rudolph Pagels della Rokefeller University, scriveva convintamente che la scienza non è nemica dell’umanità ma una delle sue più profonde espressioni del desiderio dell’uomo di realizzare la conoscenza suprema.

Il Campo quantistico unificato non è stato ancora accertato, ma nel simposio del 1982 che Sai Baba ha tenuto a Bombay con la partecipazione di fisici, insegnanti, filosofi e yogi si è concordato di ritenere che l’Assoluto Brahman possa essere identificato con il Campo unificato, una forza che al momento è ancora oscura. Dello stesso parere è il fisico e psicologo Fabrizio Coppola che scrive. “Il concetto di Campo Unificato sembra identico al concetto di Brahman”, condividendo l’opinione del fisico austriaco Schrödinger che ha grandemente contribuito alla meccanica quantistica.

Il campo è un mezzo che connette due o più punti nello spazio, di solito tramite una forza, come la gravità o l’elettromagnetismo che si presenta come un’increspatura, come un’onda sulla superficie del mare (Mac Taggart).

Per semplificare le cose, in questo saggio chiameremo la sorgente eterna Brahman (l’unità cosmica da cui tutto procede) e ci chiederemo se la sua proiezione principale (la Coscienza Cosmica) sia individuale o universale. Ci chiederemo anche come funziona, che legami ha con il creato e se il tutto può essere confortato dalle indagini.

Individuale o universale?

Diffìcile definire che cosa sia la coscienza individuale. Secondo le ipotesi avanzate dai neuroscienziati Hameroff e Penrose potrebbe essere l’insieme delle informazioni quantistiche depositate nei tubuli delle proteine che ci rendono consapevoli di essere. Stando alle indicazioni delle antiche scritture indiane potremmo anche dire che la coscienza individuale è l’abilità che ha l’individuo di ricevere in modo più o meno completo informazioni dalla Coscienza Cosmica e la capacità di applicarle nella vita.

Prima che la scienza moderna cominciasse a indagare sulla Coscienza Cosmica, qualcuno aveva già ipotizzato l’esistenza di una Coscienza Collettiva.

Sul concetto di Inconscio collettivo, ideato dallo psicoanalista svizzero Carl Jung, si sono sfidati altri ricercatori; gli uni (Caringhton) immaginavano trattarsi di una mente comune che avvolge e comprende le menti individuali permettendo loro di trasmettere le stesse associazioni di idee; altri (Mac Kenzie) ipotizzavano che fosse il risultato dell’associazione di idee ed emozioni comuni a una civiltà; altri ancora (Price) formulavano l’idea che si trattasse di un campo d’azione in cui tutti gli esseri animati e inanimati interagissero. Infine, per il mistico Sai Baba, come per il premio Nobel per la fisica Erwin Schrödinger, essa sarebbe lo specchio nel quale si riflette il Principio Eterno:

“Noi abbiamo un’idea dell’universo solo come proiezione speculare. L’universo è un mondo interiore che percepiamo con i sensi, immaginando che essi siano esterni. L’universo esiste soltanto se siamo lì a osservarlo. Se non lo osserviamo, non esiste. La Natura (l’ambiente naturale) è una proiezione del Brahman ed è governata nel suo insieme dall’Anima Universale”.

Stando alle parole di Sai Baba che si attiene alla filosofia dell’Advaita Vedanta, la sorgente primaria è il Brahman (il Principio Intelligente). Il Brahman, il Dio Assoluto, pur contenendo un numero immenso di onde-particelle nucleari, non può creare in quanto le onde non hanno massa, così lo fa indirettamente attraverso una sua proiezione (upadhi) che viene detta Coscienza Cosmica o Anima Universale. Durante il percorso verso la Coscienza le onde-particelle contenute nella proiezione passano attraverso un altro campo, quello di Higgs, e acquistano la massa utile per creare le cose.

Chi si è avvicinato di più nella descrizione della Coscienza Cosmica non è stato Jung, che, sulla scia della filosofia indù, aveva pensato all’esistenza di un Inconscio Collettivo, ma il biologo britannico Sheldrake.

Sheldrake aveva avanzato l’idea che ogni specie attinge alla memoria collettiva della stessa specie e contribuisce a svilupparla nel tempo. Il biologo inglese aveva anche ipotizzato che questi campi di ricordi non fossero immagazzinati nel cervello, ma in un deposito “esterno” cui era possibile accedere.

In questa formulazione, Sheldrake faceva pensare alla Coscienza Cosmica proposta dalla filosofia vedica che, essendo nell’etere al di fuori del cervello, sopravvivrebbe alla morte biologica dell’individuo. Nella teoria di Sheldrake acquistava importanza il concetto di risonanza morfica.

Data di Pubblicazione: 23 marzo 2021

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