SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO

La Scienza può essere testimone dell'esistenza di Dio

Io e Dio. Io ed Io - Corrado Malanga - Speciale

Parti alla scoperta di Dio, sulle tracce della sua esistenza tra scienza, religione e coscienza, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Corrado Malanga.

La Scienza può essere testimone dell'esistenza di Dio

Sono centinaia, forse migliaia e comunque un numero elevatissimo, gli scritti che hanno provato a fare il punto della situazione sull'esistenza di Dio. Il tentativo — ripetuto all'infinito nella storia — di trovare una dimostrazione inconfutabile dell'esistenza di Dio ha costituito un chiodo fisso per i religiosi, gli scienziati, i filosofi e gli storici di tutto il mondo che, per giungere a tale dimostrazione, sono ricorsi ai più svariati approcci e alle metodologie più disparate.

Il religioso — sapendo che Dio esiste — commette l'errore di dare per scontato questo fatto e quindi, invece di darne dimostrazione partendo da zero, cerca di accomodarsi alcuni aspetti della Realtà oggettiva, interpretandoli come se questi dovessero per forza dimostrare l’esistenza del divino, con un uso strumentale della logica.

Lo scienziato deve invece dimostrare tutto partendo da zero e usando esclusivamente approcci rigidi e matematicamente inoppugnabili.

Il filosofo, dal suo canto, pone la questione dell'esistenza di Dio e ne analizza le problematiche intrinseche, andando a studiare cosa produrrebbe l’esistenza o la non esistenza di Dio e paragonando i modelli così creati alla Realtà circostante.

Lo storico, infine, cerca Dio nelle prove oggettive della sua esistenza, ammettendo già di per sé che Dio si sia mescolato all'uomo e abbia convissuto con lui, nel passato.

Purtroppo ognuno di questi approcci risulta incompleto, e questa incompletezza gioca sempre a favore dell’esistenza proprio di quel qualcosa che si vuole comprovare.

Infatti, la mancanza di una prova definitiva dell'esistenza di Dio produce un forte stato di incertezza perché se da un lato può farci ritenere che "se non esiste la prova finale, ciò che stiamo cercando non esiste", dall'altro, proprio la mancanza di tale prova — necessaria a concludere la ricerca — può portarci a supporre che essa, da qualche parte possa (o debba) esistere, e quindi possa essere trovata.

Sostanzialmente, ogni tipo di approccio al problema presenta delle falle.

Se per esempio prendiamo l'approccio dei filosofi e dei pensatori della Chiesa, ci accorgiamo che essi cercano di applicare alla problematica da risolvere il modello di pensiero logico che userebbe un matematico. Secondo questo ragionamento, si potrebbe quindi dire che Dio esiste perché esiste l'universo: se l'universo esiste, allora qualcuno o qualcosa deve averlo creato. E quel qualcuno è Dio!

 

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Questione di logica (sbagliata)

Ma in questo modo si fanno due errori logici. Il primo sta nel credere che “qualcuno” abbia creato “qualcosa” perché, per poterlo asserire, bisognerebbe dimostrare che quel qualcosa creato da quel qualcuno non avesse la possibilità di crearsi da solo: una tale osservazione sarebbe altamente calzante, visto che quel qualcuno — creatore di quel qualcosa — si sarebbe invece potuto creare da solo.

Per evitare questa contraddizione in termini, si giunge quindi a supporre che quel qualcuno non si sarebbe mai creato perché sempre esistito: un'affermazione che ha la caratteristica di essere indimostrabile. In parole più semplici le cose, per il religioso credente, non si possono creare da sole, ma hanno bisogno di un creatore perché se così non fosse allora tutte le cose che esistono si sarebbero auto-create, e non ci sarebbe differenza tra esse e Dio.

Avremmo quindi la presenza di tutto che è Dio, e non di un Dio distaccato dalle cose da lui stesso create. Per azzerare questa differenza bisogna ammettere che Dio non sia eguale a tutte le cose e l'unica differenza sarebbe che tutte le cose hanno avuto bisogno di essere create mentre Dio non è stato creato da nessuno ed è eterno.

Inoltre, per dimostrare che Dio esiste bisognerebbe prima definirlo, altrimenti nessuna dimostrazione logica potrebbe essere condotta. L'approccio della religione tende invece a bypassare questo problema definendo Dio non per quello che è — e quindi con quelle determinate caratteristiche descrivibili in un universo come il nostro, fatto di spazio, tempo ed energia — ma in funzione di quello che avrebbe creato.

Insomma, sarebbe come dire che si può definire un “vasaio” semplicemente come "colui che fa i vasi". Saremmo quindi in presenza di una definizione indiretta e assolutamente inadatta a definire Dio, il quale, proprio perché non può essere definito direttamente, allora non esisterebbe?

Per la scienza moderna, infatti, qualsiasi cosa non possa essere descritta non esiste. E non vengono accettate definizioni indirette. La Chiesa bypassa questa difficoltà oggettiva sostenendo che Dio sarebbe talmente incommensurabile da non poter in alcun modo essere descritto, mentre la logica scientifica tende a rifiutare come inconsistente questo punto di vista.

E da qui non se ne esce.

 

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La natura di Dio

L'approccio scientifico parte invece proprio dalla definizione di Dio: Dio è quella cosa — che non è detto sia un essere vivente — che noi potremmo identificare indirettamente attraverso il modo in cui ha creato l'universo. Se l'universo è fatto di spazio, tempo ed energia, allora queste tre cose devono avere dentro di sé le informazioni che potrebbero descrivere Dio.

Ognuno infatti crea con le potenzialità che ha: se Dio è un vasaio, allora sa creare bene bene i vasi, ma magari non è capace di fare mattoni. Così, per la fisica moderna, se mai Dio esistesse, sarebbe da identificarsi come qualcuno che sa manovrare bene lo spazio, il tempo e l'energia; magari non saprebbe come fare altre cose che noi non conosciamo, e questo semplicemente perché abitiamo un universo incompleto, dove logicamente non esistono (e perciò noi non siamo in grado di conoscere) le cose che Dio non sa fare (o comunque non ha fatto nel nostro universo).

In questo contesto, Dio si potrebbe definire — per quanto alla leggera — come una Manifestazione dello spazio, del tempo e dell'energia.

C'è però un piccolo, sebbene non trascurabile, problema che la fisica attualmente non è in grado di risolvere.

Infatti, se le cose stessero banalmente così, la fisica moderna potrebbe, in linea puramente teorica, misurare Dio semplicemente misurando la Sua creazione. È ovvio che sarebbe una misura indiretta, ma la fisica, e più in generale la scienza moderna, ammettono questo tipo di approccio.

Voglio portare l'attenzione su questo: nessuno ha mai visto concretamente un elettrone. Tutti gli scienziati, studiosi e chi più ne ha più ne metta, hanno soltanto misurato gli effetti collaterali e indiretti che un probabile oggetto, chiamato per convenzione elettrone, potrebbe produrre se realmente esistesse.

 

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In questo approccio la scienza non solo ammette i propri limiti osservativi, ma sembra anche accettare il fatto che, per dimostrare che una cosa esiste, non sarebbe necessario vederla e isolarla, ma basterebbe studiarne gli effetti su altre cose. La presenza di effetti, prodotti da qualcosa di inosservabile, basterebbe per poter affermare che la cosa invisibile che li produce esiste.

Ora, noi non siamo in condizioni di vedere tutto l'universo e non saremmo dunque in grado di descriverlo a fondo. Mentre procede nel tentativo di chiarire com'è fatta la creazione, storicamente la scienza prende tempo per dimostrare l’esistenza di Dio, affermando che, sebbene al momento ancora non vi siano gli elementi per identificarlo, in futuro, quando la scienza avrà capito ogni cosa, allora e sempre che Dio esista, esso verrà messo a nudo.

Eppure, anche questo approccio si rivela fallace poiché esistono alcuni problemi di fisica che non possono avere soluzione, non perché la matematica che abbiamo a disposizione non sia all'altezza della situazione, ma perché è l'universo che appare fatto in un modo da evitare di mostrare se stesso.

Poniamo dunque che Dio sia fatto di spazio e di tempo, oltre che di energia: ebbene, dobbiamo tenere conto del fatto che il tempo non è sempre esistito. Se infatti volessimo studiare l'attimo in cui l'universo ha avuto inizio, dovremmo andare indietro nel tempo e osservare cosa accade mentre le lancette del nostro orologio scorrono al contrario.

Arriveremmo così al punto stimato dagli scienziati in circa 10 secondi dal Big Bang. E non potremmo sapere che cosa è accaduto prima perché un “prima”, rispetto a quel momento, non esiste. Oltretutto, nel tempo “prima” di quel momento, non erano nemmeno state create le leggi della fisica e dunque nessuna misurazione potrebbe mai esservi condotta.

Possiamo dunque sostenere che siccome non c'è nessun vaso da studiare non esiste nemmeno alcun vasaio che lo ha fatto? In parole povere, non essendoci nessun vaso nei primi istanti di vita dell'universo, e sapendo che la definizione di Dio sarebbe legata alla presenza delle sue opere, in quegli istanti non vi sarebbe neanche nessun vasaio.

Ricordiamo che la logica della scienza prevede che in assenza della possibilità di definire qualcosa, quel qualcosa non dovrebbe poter esistere.

La risposta al quesito dipende dal capire se ciò che chiamiamo principio di causa-effetto (cui la fi sica di Newton fa cenno) esiste veramente o sia solo una chimera.

 

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Dio e l'Universo

Se esiste un universo, allora deve per forza esistere un suo creatore?

L'universo è stato creato per uno scopo?

E questo scopo è stato la causa per cui il suo Creatore ha compiuto l'atto di crearlo (effetto)?

Se l'universo si fosse creato da solo non esisterebbe il principio di causa-effetto. Se invece il Creatore avesse creato l'universo tramite un atto di volontà, tale atto sarebbe la prova che esiste una causa, ossia la necessità di Dio di creare un universo, il cui effetto sarebbe l'universo stesso.

L'esistenza di una causa che ha prodotto un evento è legata alla necessità che il sistema di forze messe in gioco evolva proprio nella creazione dell'evento. Se Dio ha creato l'universo è solo perché aveva necessità di farlo: altrimenti non lo avrebbe fatto.

Quindi, quando esiste una causa che produce un evento essa è sinonimo di atto di volontà più o meno consapevole di qualcuno. Da questo punto di vista, se le cose stessero davvero così, allora potremmo dedurne non solo che Dio esisterebbe, ma anche che avrebbe dei bisogni: Dio avrebbe avuto bisogno di creare l'universo. Dio avrebbe avuto bisogno della sua creazione. Dio avrebbe avuto bisogno dell'uomo.

In caso contrario, del resto, non esisterebbe il principio di azione-reazione e dovremmo dedurne che l'universo sarebbe stato creato da Dio — non per un atto voluto ma — per puro caso: da qualche parte, esisterebbe quindi un Dio del tutto sconnesso dalla sua creazione e della quale nemmeno lui potrebbe essersi reso conto.

 

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Si comincia dunque a delineare il vero nocciolo della differenziazione che corre tra l'approccio scientifico e quello religioso all'intera questione.

Secondo l'impostazione della religione, Dio avrebbe creato l'uomo per un qualche motivo, e alcuni — secondo me senza sapere bene di cosa parlano - sostengono persino che la spinta a creare l'universo in realtà sarebbe stata dettata dalla necessità di creare un luogo dove “porre” l'uomo, la quale creazione sarebbe dovuta a un atto d'amore.

Questa visione - che eufemisticamente definirei un po' naîf — delle cose mostra che la dissonanza cognitiva dell'uomo fa sì che egli creda che Dio sia un essere positivo...

Del resto, in realtà ognuno vede le cose non per come sono, ma in base alle proprie capacità cognitive.

Dio sarebbe quindi un bisogno dell'uomo, oppure l’uomo una necessità di Dio. E non mi risulta che un bisogno sia mai stato simbolo di un atto d'amore, se non per se stessi.

Data di Pubblicazione: 30 maggio 2022

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