SELF-HELP E PSICOLOGIA

Le tecniche doula per l’accompagnamento al fine vita

Le tecniche doula per l’accompagnamento al fine vita

Esiste un nuovo approccio alla morte che dona una pace sublime durante gli ultimi giorni di vita. Leggi l'anteprima del libro di Henry Fersko-Weiss.

Due modi di morire

«Non è che ho paura di morire, è solo che non voglio esserci quando accadrà». Questa divertente e sagace battuta di Woody Allen, tratta dal suo libro Senza piume, riassume il sentire di molte altre persone: la morte in sé non è terrificante, è piuttosto il processo del morire a spaventare davvero; e per dei buoni motivi. Nella società occidentale siamo riusciti a prolungare la fase terminale della vita, ma non in modo da concederci più tempo di qualità, bensì secondo una modalità che fa aumentare le nostre sofferenze e sminuisce la nostra dignità. E normale perciò che “non vogliamo esserci” quando moriremo; dietro quella battuta di Woody Alien si nasconde l’amara verità del dolore e della sofferenza.

Le cose, però, non devono per forza andare così. Le due storie seguenti illustrano esperienze di morte molto diverse fra loro. La prima racconta la triste storia di Sam e riflette il tipico modo di morire vissuto ancora oggi da troppe persone. La seconda riguarda la moglie di Sam, Gloria, deceduta solo sei anni dopo, ma in modo molto diverso. La sua morte illustra un nuovo approccio che eleva l’esperienza, approfondendone il significato e offrendo una pace sublime durante gli ultimi giorni di vita.

La storia di Sam

A Sam era stato diagnosticato un tumore poco dopo il suo settantesimo compleanno. Aveva avvertito la presenza di qualcosa a lato della lingua che somigliava a una scaglia di legno o a un herpes. Ma il problema non spariva e peggiorava sempre più. Alla fine andò dal medico e a una biopsia seguì rapidamente la diagnosi.

Lottò contro la malattia per più di dodici anni. Subì la chemioterapia e la radioterapia prima di ricorrere a metodi alternativi, recandosi molte volte in Germania. I trattamenti rallentarono per un po’ la malattia, che tuttavia finì per acuirsi rendendo impossibile contrastarla.

Verso la fine Sam si fece convincere dal medico e da sua moglie a sottoporsi a una tracheotomia a causa della diffusione del tumore. Dopo l’operazione Sam riusciva a parlare con molta fatica e disagio; spesso la gente non capiva ciò che diceva e lui riusciva a nutrirsi solo tramite un sondino addominale che richiedeva un lungo processo di notte e complicate sessioni durante il giorno. La vita di Sam si ridusse alle attività basilari della sopravvivenza, sottraendo alla sua esistenza qualsiasi traccia di significato e di gioia.

Una mattina sul tardi, quando un’operatrice sanitaria si recò a lavare e vestire Sam, lo trovò catatonico. La donna mise in allarme la moglie, che telefonò al 118. Arrivò l’ambulanza che portò l’uomo al pronto soccorso più vicino, ma non a quello in cui era stato ricoverato in precedenza. Il personale ospedaliero lo sottopose a numerosi esami, nonostante stesse scivolando sempre più nel coma. A tarda sera il dottore ebbe un rapido colloquio con la moglie di Sam. Le disse che l’unica opzione a quel punto era un rischioso intervento, che forse avrebbe potuto fermare l’emorragia interna causata dal male. Dopo essere rimasta per quasi dodici ore in quel pronto soccorso superaffollato e scomodo, la moglie di Sam, incoraggiata dalle infermiere, decise di andare a casa a riposare un po’: le suggerirono di tornare il mattino dopo, quando era previsto l’intervento chirurgico.

Durante la notte, a causa di un’altra ondata di accessi al pronto soccorso, un infermiere sospinse Sam in un corridoio vuoto a fianco delFambulatorio. Alla fine, di primo mattino, lo trasferirono in una stanza al piano superiore, accanto a un paziente che era in preda al dolore e si lamentava ad alta voce. Alle sette, quando l’infermiera diurna entrò in servizio, esaminò il nuovo paziente e notò che i suoi segni vitali erano molto deboli. Aggiornò la cartella clinica e continuò a dedicarsi ad altri compiti.

La moglie di Sam arrivò all’ospedale intorno alle otto, poiché l’intervento era programmato alle otto e trenta, e voleva vedere Sam prima che andasse sotto i ferri. Quando scostò la tenda che separava Sam dall’uomo che occupava il letto accanto alla porta, si accorse che suo marito era morto. L’ultimo giorno di vita di Sam si era consumato in una sequela di esami inutili, curato da un medico che non conosceva né lui né sua moglie; l’avevano abbandonato per un po’ in un corridoio vuoto, poi l’avevano esposto ai lamenti di un compagno di stanza sconosciuto. Nella stanza non c’era un solo oggetto personale né una foto appartenente a Sam, che durante le sue ultime ore di vita non aveva neanche avuto la possibilità di sentire accanto l’amorevole presenza della moglie o dei figli.

Sam aveva ricevuto le cure mediche più avanzate e aveva subito la morte più solitaria e sterile che ci sia.

La storia di Gloria

Alla moglie di Sam, Gloria, fu diagnosticato un cancro alle ovaie quattro anni e mezzo dopo la scomparsa del marito - più o meno negli stessi giorni. Gloria continuò a vivere normalmente per circa un anno dopo la diagnosi, nella casa che insieme avevano acquistato quando avevano messo su famiglia. Affrontò due cicli di chemioterapia, tuttavia la malattia progrediva. Dopo aver completato il secondo ciclo, decise d’interrompere, ricordando che i continui trattamenti a cui era stato sottoposto Sam gli avevano devastato la qualità di vita.

Quando le sue energie cominciarono a scemare, Gloria si rese conto di aver bisogno di aiuto. Sua figlia richiese un anno sabbatico e si trasferì a casa della madre. Poco tempo dopo, le due donne fecero domanda di assistenza a domicilio in regime di hospice. Furono fortunate, perché il programma di hospice locale era dotato di un servizio doula per l’accompagnamento al fine vita, condotto da volontari con una formazione specifica.

Dopo aver fatto conoscenza con Gloria e sua figlia, la doula incaricata di collaborare con loro cominciò a parlare con Gloria degli eventi importanti della sua vita, delle cose che aveva imparato col tempo, dei valori in base ai quali aveva cercato di vivere. La doula le spiegò che la maggior parte delle persone che si avvicinano alla fine della propria vita cominciano spontaneamente a riflettere su come l’hanno vissuta e a passare in rassegna gli errori che potrebbero aver commesso.

Se dapprima Gloria non capì l’utilità di un lavoro finalizzato a riassumere e dare significato alla sua vita; però ammise che di tanto in tanto, quando era seduta da sola sul divano o sdraiata sul letto, la sua mente si lasciava trasportare da qualche ricordo, in genere uno di quelli importanti, che la facevano sentire bene, ma talvolta anche da altri, che la facevano rabbrividire. Improvvisamente, un odore o un colore particolare, o il volto di Sam quando guardava con amore uno dei loro figli, insieme a molti altri frammenti delle sue esperienze di vita, le tornavano in mente spontaneamente, per poi dileguarsi. La doula la incoraggiava a considerare quelle reminiscenze come un modo per cominciare a far emergere gli strati di significato più profondi della sua vita.

A un certo punto Gloria si ricordò di una scatola da scarpe dove teneva i biglietti di auguri che Sam le aveva mandato in occasione di ogni anniversario, compleanno, festa della mamma e San Valentino. Mandò la figlia a prenderli nell’armadio e li rilessero insieme, con gli auguri che Gloria a sua volta aveva scritto a Sam nelle medesime occasioni. Ci vollero dei giorni per leggere tutto. Gli scritti esercitarono un profondo effetto su Gloria e su sua figlia, al punto che la doula raccomandò di utilizzarli per farne un vero e proprio lascito.

Un “progetto di lascito” rappresenta un modo per cogliere ed esprimere un aspetto importante della vita di una persona. In pratica dà a quella persona l’opportunità di esplorare e apprezzare una data parte della propria vita con una profondità che può risultare molto gratificante o perfino trasformativa. Inoltre, offre ai familiari un modo per restare connessi a quella persona anche dopo la sua scomparsa, ricordando l’impronta che ha lasciato nella loro esistenza. Per le generazioni successive, rappresenta un modo per capire chi fosse il proprio antenato e quali fossero le cose a cui teneva di più.

Con l’aiuto della doula, Gloria, i figli e i nipoti più grandi crearono due enormi collage (uno per ciascuna delle famiglie dei suoi figli) che includevano immagini e parole ricavate da molti di quei bigliettini di auguri. Il risultato finale era bellissimo e i due collage custodivano per sempre le parole d’amore che Gloria e Sam si erano scambiati, da quando avevano cominciato a frequentarsi fino alla scomparsa di lui. Ma la parte migliore del progetto fu che esso diede a Gloria l’opportunità di parlare con i suoi figli dei valori importanti che in tutti quegli anni avevano dato sostegno e profondità al suo rapporto con Sam. Quei collage sarebbero serviti a ricordare i preziosi momenti che Gloria, i figli e i nipoti avevano trascorso insieme a realizzarli, oltre ai valori stessi che quei lavori esprimevano.

Uno degli effetti più importanti che scaturirono da quel progetto fu il rendersi conto che il lascito di Gloria era strettamente connesso a quello di Sam. Perciò, sebbene Sam non avesse avuto la stessa opportunità di riesaminare il suo passato, in un certo senso sua moglie e i suoi figli lo stavano facendo per lui, attraverso il progetto destinato a Gloria. Anche se erano ormai trascorsi anni dalla morte di Sam, i collage riequilibrarono alcuni dei ricordi negativi collegati alla sua esperienza di morte.

Durante le visite in cui svilupparono il progetto di lascito, la doula insegnò anche la tecnica della visualizzazione guidata che, spiegò, avrebbe potuto aiutare Gloria a provare un maggior senso di benessere o ad attenuare l’aggessività di un sintomo. La doula condusse una visualizzazione guidata basandosi sulla descrizione di una spiaggia a Martha’s Vineyard che Gloria adorava, dove lei e Sam avevano portato i figli in vacanza per molte estati. Inoltre la doula e la famiglia si accordarono su come portare una nota di sacralità nello spazio in cui Gloria se ne sarebbe andata, e su un rito che avrebbero condotto tutti insieme, non appena fosse spirata.

Sei mesi dopo il trasferimento della figlia a casa sua, il fisico di Gloria iniziò a collassare irreversibilmente. Gloria rimase a casa, come aveva richiesto, circondata dalle foto dei familiari, degli amici e dei viaggi compiuti insieme al marito. Candele profumate alla lavanda restavano accese tutta la notte e il tenue chiarore delle fiammelle colmava l’aria del suo aroma preferito. A quel punto le doule si alternavano ininterrottamente al capezzale di Gloria insieme ai suoi figli, agli amici e ai parenti. Le doule si permuravano di umettare le labbra e la bocca di Gloria, le tenevano la mano, le accarezzavano il viso e il capo; le parlavano della spiaggia di Martha’s Vineyard a cui si arrivava attraverso i boschi e misero il CD di James Taylor, che lei adorava. Di tanto in tanto una doula, un parente o un amico le leggeva un biglietto di auguri scelto a caso fra quelli dei collage o ne prendeva uno fra quelli rimasti dentro alla scatola dei ricordi accanto al suo letto.

Inoltre le doule offrirono un supporto emotivo e spirituale ai figli e nipoti di Gloria. Una doula incoraggiò la figlia a sdraiarsi sul letto della madre e ad abbracciarla per un’ora o due, accarezzandole il viso e il braccio. Un’altra invitò il figlio di Gloria a raccontare i suoi aneddoti preferiti su sua madre e suo padre, e lo abbracciò quando scoppiò a piangere. Le doule ricordarono alla famiglia che l’udito era l’ultimo dei cinque sensi a spegnersi, quindi avrebbero dovuto continuare a dire a Gloria quanto la amavano, quante cose avevano imparato da lei, e ripeterle che era libera di abbandonare il corpo, quando si fosse sentita pronta a farlo.

Dopo quasi tre giorni di turni ininterrotti, la doula del turno di notte si accorse che Gloria era molto vicina alla fine. Svegliò la figlia e telefonò al figlio, affinché potesse partire in tempo per essere al capezzale della madre. Circa un’ora e mezza dopo, quando Gloria esalò i suoi ultimi affannosi respiri, tutti erano lì al suo fianco.

Come era stato deciso con mesi di anticipo durante un colloquio con la doula, la figlia di Gloria si occupò di detergere la salma della madre con acqua tiepida profumata di lavanda. Dopo averla coperta, toccò al figlio lavarle i capelli e pettinarla. La doula aiutò la figlia a vestire Gloria con l’abito che lei stessa aveva scelto. Poi tutti si radunarono intorno al suo letto e osservarono un periodo di silenzio. Gloria aveva chiesto che durante il rito conclusivo tutti i presenti esprimessero le emozioni che provavano.

La doula aprì e lesse ad alta voce un bigliettino che Gloria aveva scritto in previsione di quel momento. In quelle righe richiedeva a ciascuno dei presenti di connettersi all’amore che sentiva nel cuore, lo stesso che lei e Sam avevano donato loro incondizionatamente ogni giorno della loro vita. Ma anche quello che legava fra loro i due figli e coloro che essi avevano portato all’interno del nucleo familiare. L’amore, scriveva Gloria, era il dono più importante che chiunque potesse mai dare o ricevere: era la verità più profonda che lei avesse condiviso con tutti loro.

L’esperienza vissuta da Gloria durante il suo trapasso per molti versi rappresentò l’antitesi dell’esperienza dolorosa subita da Sam. Ciò che la rese tanto diversa da quella del marito fu l’apporto di idee che la resero più significativa e le permisero di orchestrare i molteplici aspetti della sua dipartita in base ai suoi desideri. Sebbene le doule avessero fatto da catalizzatore in quel processo, spalancando le porte a un modo diverso di avvicinarsi alla morte, fu come la famiglia accolse e seguì quell’approccio a fare tutta la differenza.

Questi due modi diversi di morire dimostrano chiaramente la differenza tra un tipo di percorso che poggia sull’intervento medico, il diniego e la paura, e su un altro tipo di percorso, che si affida a un coinvolgimento consapevole nel processo di morte e che dà valore al lascito e alla presenza amorevole. Il percorso fatto da Gloria è un’esperienza che anche voi o uno dei vostri cari potreste scegliere, facendo posto ai principi e alle tecniche doula. Si tratta solo di accogliere questo nuovo modo di lasciarsi alle spalle la vita, adattandolo creativamente alla vostra situazione personale in base alle indicazioni che troverete nelle pagine di questo libro.

Inoltre, nel caso in cui vi sentiste inclini a mettervi al servizio degli altri durante il loro viaggio verso la morte, in queste pagine troverete ciò che vi serve per intraprendere quel cammino.

una persona s’impegna a fondo in quei momenti di riflessione, riesce a compiere un processo di sintesi che può aiutarla a trarre un significato dal proprio percorso esistenziale.

Data di Pubblicazione: 21 ottobre 2019

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