SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO

Magia, immaginazione ed evoluzione della coscienza

Magia, immaginazione ed evoluzione della coscienza

Scopri la magia come mezzo per sprigionare i poteri dell’immaginazione a beneficio della vita leggendo l'anteprima del libro di Gareth Knight.

Perché la magia continua ad avere una cattiva reputazione?

La parola magia suscita una certa fascinazione. Evoca ricordi quasi dimenticati di racconti dell’infanzia e notti arabe di mistero e splendore: tappeti che trasportano i loro proprietari verso avventure in terre esotiche, anelli che esaudiscono i desideri, bottiglie contenenti geni e strani alberi su cui crescono frutti prodigiosi, imprese alla ricerca di tesori e draghi, poteri del settimo figlio di un settimo figlio, incantesimi e belle principesse di cui conquistare la mano.

Il mondo della magia implica un elevato grado di immaginazione. Gli etimologi fanno risalire l’origine del termine ai Magi persiani, che descrivono senza giri di parole come “adoratori del fuoco", ma ha delle ovvie connessioni con la parola immaginazione e certamente riguarda le immagini che ne costituiscono la sostanza.

La capacità di operare creativamente con le immagini è il dono degli artisti creativi. È il segno distintivo dello scienziato creativo e anche del tecnologo, poiché accanto all'apprendimento scrupoloso, all’osservazione e agli esperimenti, è il volo dell’immaginazione che conduce a nuove intuizioni, nuovi esperimenti e nuovi traguardi. Nel senso più autentico, la magia di per sé è un’arte e una scienza elevata, che dovrebbe sprigionare i poteri dell’immaginazione a beneficio della vita. Proprio come la matematica costituisce uno strumento universale dell’intelletto, la magia dovrebbe essere il mezzo universale dell’immaginazione. Sia la matematica che la magia hanno un’ampia applicazione e danno origine alla descrizione di tutti i fenomeni. Si è affermato che Dio è un grande matematico. Si potrebbe dire anche che Egli è un grande mago.

Allora perché la magia continua ad avere una cattiva reputazione? La mentalità scientifica la classifica come superstizione, la religione la considera un ambito sinistro dominato da forze oscure e motivazioni ambigue. Eppure, appare quantomai significativo che la visione della magia da parte di scienza e religione sia molto simile all’opinione distorta e caricaturale che esse stesse in passato propugnavano l’una dell’altra! Nel XIX secolo ferveva un dibattito aspro e logorante tra scienza e religione, che in alcuni ambiti poco illuminati continua a covare rabbiosamente, anche se adesso è la magia a costituire il capro espiatorio di entrambe. E qualcosa che ci si poteva aspettare, una volta appurato che la magia è la terra di mezzo sia della scienza che della religione, e costituisce un ambito tanto comune e affine a esse da ricadere nella zona grigia di entrambe.

Si tratta forse di una parte della religione che, essendo così simile alla scienza, sembra minacciare l’autorità scientifica? O è piuttosto un ambito della scienza che, essendo affine alla religione, rischia di sconfinare nella religiosità?

Questo dilemma ha già interessato la matematica, che a suo tempo è stata derisa sia dal punto di vista “razionale” che da quello “religioso”. La matematica alessandrina delle sezioni coniche di Apollonio di Perga era ritenuta superflua, fino a quando Keplero, novecento anni dopo, scoprì che si applicava all’orbita dei pianeti. Il Lord Protettore Edward Seymour, i Duca di ‘Somerset, diede ordine di bruciare i libri di matematica della biblioteca dell'Università di Oxford a causa dei loro «diagrammi magici e papisti». Quello che avvenne in passato con la matematica è ciò che accade oggi con la magia?

Innanzitutto, distinguiamo tra la magia nello specifico e il suo retroterra, l’occulto. Oggi la magia è una branca particolarmente specializzata di una vasta gamma di conoscenze e di speculazioni appunto note come “occulto”.

Come la magia, l’occulto rientra in un ambito a metà tra scienza e religione. Costituisce una sorta di enorme deposito di scarti frammentari di argomenti scientifici e religiosi scomodi. Alcuni di essi, forse la maggior parte, sono stati liquidati per ottime ragioni. Tuttavia, altri sono caduti nell'oblio perché in un certo periodo storico sono passati di moda e ignorati dalle generazioni successive. La moda e il costume dettano legge perfino negli ambiti più disciplinati del pensiero, dalla scienza sperimentale alla teologia. Pertanto, un itinerario di indagine storica sembra utile per vedere se qualche tesoro molto apprezzato dai nostri predecessori è finito nel dimenticatoio per motivi infondati.

Questa ricerca ci fa risalire alla più remota antichità, fino alle credenze e alle pratiche dell’uomo primitivo che si possono studiare anche nell’antropologia delle società tribali contemporanee. Ci riporta anche alle grandi religioni misteriche del mondo antico, dagli Egizi delle piramidi alla Grecia postcristiana e ad Alessandria d’Egitto. Il nostro filo conduttore arriva quindi all’Islam e all’Europa medievale, e da lì all’Italia del Rinascimento, alle società segrete del XVII e XVIII secolo e infine sfocia nella peculiare corrente sotterranea che attraversa il XIX secolo fino ai giorni nostri.

Il nostro studio deve anche includere l’“alchimia”, la magia che utilizzava la terminologia della scienza. Gli alchimisti affermavano che la loro prima materia si poteva trovare ovunque, scartata dall’uomo comune ma capace di essere distillata e trasformata in oro purissimo. Lo stesso vale per l’immaginazione. È utilizzabile liberamente da chiunque, eppure pochi si rendono conto del suo vero potenziale o cercano di ricavarne la preziosa quintessenza. Gli alchimisti spirituali non erano dei chimici primitivi in cerca dell’oro metallico. L’oro che cercavano era un principio totalmente superiore, capace di trasformare la materia comune, ringiovanire gli organismi e promettere la vita eterna.

La teoria dell’immaginazione di Coleridge

Innanzitutto, sarà necessario definire la natura dell’argomento della nostra indagine: la prima materia dell’immaginazione umana. Per questo possiamo rivolgerci a Samuel Taylor Coleridge, il quale formulò una teoria dell’immaginazione e per giunta, attraverso la propria poesia e quella dell’amico William Wordsworth, mostrò che poteva funzionare. Egli stesso, sebbene fosse più un pensatore che un poeta, come risultato di tale teoria scrisse alcune delle opere poetiche più evocative e simboliche della letteratura inglese.

La teoria dell’immaginazione di Coleridge, che produsse un'ampia ricchezza di risultati letterari, classificava l’immaginazione in base a tre funzioni: immaginazione primaria, immaginazione secondaria e fantasia.

L'immaginazione primaria è quasi completamente automatica: interessa la parte della mente che seleziona e interpreta la brulicante produzione di impressioni sensoriali ricevute, conferendole ordine e significato. La visione del mondo esterno al microscopio ci restituisce l’immagine di un sistema ridotto di forze elettromagnetiche e di calcoli di probabilità, in cui minuscole cariche di energia esistono in un enorme vuoto. È il mondo di atomi, molecole, quanti, elettroni, nuclei, quark, neutroni, neutrini, positroni e così via. Attraverso organismi fatti dello stesso materiale di base, noi, da esseri coscienti, percepiamo questo campo di forza elettromagnetica attenuato come il mondo che ci circonda, fatto di visuali, suoni, colori, forme, persone amate, opere d’arte, sedie, tavoli, telefoni, cani, zanzare, chioschi che vendono hamburger, ecc. Questo complesso e variopinto mondo di visuali, suoni e sensazioni in cui viviamo, ci muoviamo e conduciamo la nostra esistenza, è un costrutto della nostra immaginazione primaria, che utilizziamo per tutta la vita senza rendercene conto, proprio come il Borghese gentiluomo di Molière aveva sempre parlato in prosa senza saperlo.

Forse, possiamo renderci conto dell’esistenza di ciò che tanto facilmente diamo per scontato solo se ci ritroviamo nella rara eventualità di recuperare l’uso della vista dopo un periodo di cecità. Gli occhi non tornano immediatamente a registrare il mondo comune che conosciamo, e il cervello impiega del tempo per interpretare le immagini in modo sensato. Pertanto, possiamo verificare che il mondo effettivamente prende forma attraverso gli occhi dell’osservatore.

Coleridge si spinse fino al punto di equiparare questa facoltà della mente alla parola creativa con cui Dio formulò l'universo. Gli occhi e gli altri organi sensoriali spaziano nel mare elettromagnetico come lo Spirito di Dio, nella Genesi, viene poeticamente descritto mentre aleggia sulle acque. Comunque, utilizziamo la facoltà immaginativa anche in un altro modo, più cosciente, che produce immagini soggettive e idee alle quali nel linguaggio comune ci riferiamo definendole “immaginazioni”. Coleridge suddivide questa dinamica mentale in due procedimenti diversi: fantasia e immaginazione secondaria.

La. fantasia è una semplice associazione di idee. Pertanto, potremmo concepire il pensiero di un’aragosta azzurra con un cappello di paglia verde che guida una bicicletta gialla. Si tratta di un’immagine che deriverebbe dalla nostra esperienza delle idee di azzurro, verde, giallo, aragosta, paglia, cappelli, persone e biciclette. Non ha necessariamente nessun significato profondo che vada oltre una semplice giustapposizione, sebbene nel caso di esempi meno ridicoli di quello che vi ho suggerito troviamo lo svolgimento del pensiero razionale e dell’ideazione.

Oltre questo livello di connessioni ovvie o accidentali, Coleridge postula l’immaginazione secondaria, in cui ha luogo una trasformazione delle immagini. Esse non vengono solamente sovrapposte, bensì fuse, distillate o elaborate diversamente, in modo da produrre un significato e un’esperienza che è interamente maggiore rispetto alla somma delle sue parti. È questa la sostanza della grande poesia e della grande letteratura, e in effetti di tutte le arti. In essa risiede la differenza tra un ritornello in rima e una poesia, tra una canzone pop e una sinfonia, tra un resoconto amministrativo e una pagina di vibrante narrativa.

È evidente che esiste un livello superiore e più profondo di coscienza, dove è possibile creare a partire dalle immagini della mente e comunicare a un livello più profondo con gli altri; l’esperienza e la coscienza di costoro ne trarranno così arricchimento e approfondimento.

Comprensione e ragione

Parallelamente ai concetti di fantasia e di immaginazione primaria e secondaria, Coleridge formulò una funzione più raziocinante, suddivisa in due aspetti, che egli definì comprensione e ragione.

Il termine comprensione venne da lui utilizzato per intendere il modo in cui afferriamo intellettualmente un’idea della vita quotidiana, che si tratti del contenuto di un giornale o delle voci della lista della spesa. Invece, egli considerava la ragione come una facoltà superiore, che noi oggi potremmo chiamare intuizione, tramite la quale è possibile fare una sintesi che trascenda i passi logici della comprensione. Questo potrebbe costituire un approccio più diretto alla verità e come l’immaginazione secondaria rivelerebbe una capacità superiore della psicologia e della natura umana.

Questa concezione di ragione venne sviluppata per la prima volta in termini filosofici da Immanuel Kant nella sua Critica della ragion pura, sebbene Coleridge in qualche modo vada oltre i limiti della filosofia. Il concetto di immaginazione secondaria venne esplorato poeticamente anche da Wordsworth, e nella raccolta delle sue opere si trovano alcune poesie raggruppate sotto il titolo di Poesie della Fantasia e altre come Poesie dell’Immaginazione.

Nella loro prima opera insieme (una sorta di manifesto pubblicato nel 1798 come prefazione alla raccolta Ballate liriche), concordarono che ognuno di loro si sarebbe dedicato a un tipo particolare di poetica. Coleridge avrebbe scritto poesie in cui il sovrannaturale irrompe nella vita ordinaria per rivelare un altro livello di realtà oltre l’ovvia routine quotidiana. Wordsworth avrebbe invece scritto poesie che descrivevano il mondo quotidiano che ci circonda in modo tale che lo splendore sovrannaturale sottostante si potesse intravedere attraverso la patina di ciò che ci è eccessivamente familiare.

Wordsworth affermò che la chiave per comprendere tutta la sua poetica si trovava in una poesia dell’immaginazione che inizia così: Erravo solo come nube. Questa poesia, come gran parte dell’opera di Wordsworth, è stata trasformata in un luogo comune che rasenta la banalità dagli antologisti, i quali le hanno attribuito il titolo Narcisi.

Potrebbe sembrare che ci sia ben poca conoscenza nascosta che si possa evincere da una poesia tanto semplice sulla natura, ma consideriamola più attentamente. Wordsworth non era un poeta paesaggista da strapazzo, come pensavano molti dei suoi ammiratori vittoriani. Egli descriveva l’utilizzo di certe facoltà della mente in un modo che, in altri contesti, potrebbe validamente essere definito come “magico”. E fu questa “magia” che diede impeto all’intero movimento del Romanticismo inglese.

Data di Pubblicazione: 4 marzo 2021

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