SALUTE E BENESSERE

La malattia come processo intelligente

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Parti alla scoperta del senso bioevolutivo della malattia, processo intelligente e automatico, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Claudio Rubino.

La malattia come processo intelligente

Un senso per la malattia

Se assumiamo che in ogni organismo tutti i fenomeni vitali si svolgono in modo “intelligente e sensato”, ovvero sono organizzati e destinati all'adempimento di funzioni indispensabili alla sopravvivenza e al suo miglioramento (secondo processi biologici ed evolutivi coerenti e tendenzialmente mai accidentali, casuali o caotici), ne deve conseguire che essendo le malattie parte di questi fenomeni, anch'esse devono svolgersi in modo intelligente e sensato, dunque non casuale.

Di fatto esistono ottime ragioni e prove per asserire che esse siano l’espressione di comportamenti biologici programmati, a maggior ragione nella specie umana, dove assumono anche fondamentali significati emotivi, psichici e simbolici.

Noi umani, a qualunque etnia o cultura apparteniamo, come esseri consapevoli e razionali abbiamo la necessità di attribuire un senso o trovare un significato per qualunque circostanza, situazione, fenomeno o evento concreto o irrazionale che sia, dei quali siamo protagonisti o spettatori.

Anche ciò che ci appare bizzarro o surreale tendiamo a includerlo nella sfera della ragione, la quale desidera sempre trovare un significato, un senso e uno scopo. Di conseguenza dedichiamo molto del nostro tempo a operare scelte o prendere posizioni in base a tale significato, senso o scopo, dal valore personale o collettivo.

Ma alcune questioni ne restano apparentemente prive, soprattutto quelle inerenti gli argomenti esistenziali che generazioni di esseri umani hanno affrontato strenuamente per secoli: la ricerca del senso dell’universo, del senso della vita e della morte, del senso della vita individuale, con le sue gioie, le sue traversie, i suoi avvenimenti e le sue molteplici e variegate sfaccettature ed espressioni corporee, emotive e psichiche, fra le quali anche le malattie (per quanto di queste ultime più che trovare un reale senso ci siamo accontentati delle spiegazioni mediche correnti, limitate a un ambito chimico/fisico/biologico).

L’impossibilità di avere risposte definitive, dunque chiari significati, ci costringe però a mantenere dubbi su certe realtà e sulla casualità, sull’accidentalità o sulla stranezza di molti eventi dell’esistenza, che pochi sanno indagare e vedere.

All’opposto, alcuni di noi sono certi sino al fanatismo, del loro significato, attribuendogli spesso una valenza paranormale, sovrannaturale o addirittura divina.

In ogni caso, al di là della difficoltà o meno di scorgerli, il significato o il senso dei fenomeni e degli eventi cui assistiamo o dei quali siamo interpreti risiede soltanto nella ragione e nella consapevolezza umana, due qualità indispensabili per indagare la realtà e che qualunque altra specie animale non può vantare.

Il significato di qualcosa è sempre in relazione o in funzione di altro. Dunque è un significato mai chiuso in se stesso e che necessita di essere contestualizzato.

Ad esempio, tutte le componenti di un progetto di organizzazione biologica di un essere vivente sono funzionali allo sviluppo, al mantenimento e alla riproduzione individuale, di specie e di classe di appartenenza, quindi hanno un senso logico in rapporto ai compiti che devono assolvere e agli scopi verso i quali sembrano tendere o pare siano destinate.

 

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Compiti e scopi realizzabili entro ambienti adeguati, con i quali vi è sempre una stretta interazione e correlazione, tanto che si deve necessariamente considerare l’ambiente, o più precisamente la nicchia ecologica che ogni essere vivente occupa, come parte integrante della sua vita e della sua fisiologia.

Senza un palcoscenico ove recitare il suo ruolo e senza un pubblico col quale interagire, un attore non avrebbe senso di esistere.

Nel dominio dei fenomeni naturali tutto sembra avere un globale senso implicito, visto che la natura intera si autosostiene e si autorigenera, senza necessitare della presenza e dell’interferenza di esseri senzienti e coscienti quali noi siamo (e che si pongono il problema dell’eventuale senso).

Dato che i complicati processi che hanno portato alla comparsa e soprattutto alla diversificazione, alla specializzazione e alla perpetuazione delle forme viventi, sono apparsi molto prima della nascita della mente umana (creando le premesse affinché questa comparisse, si formasse ed evolvesse), possiamo supporre che ciò che noi intendiamo con i termini “senso” o “logica naturale”, siano stati sempre impliciti nei processi che permettono il fenomeno della vita.

Tutto il mondo che ogni nuovo essere umano scopre e sperimenta dopo la sua nascita con i suoi sensi percettivi, preesiste con le sue logiche e con quelli che a noi appaiono come scopi contingenti.

Per quanto queste logiche siano prive di intenzione e finalità, senza di esse tutto ciò che esiste non avrebbe potuto assumere forma e tantomeno perdurare.

Ma forse, più che di significati dovremmo parlare di processi. Processi che si svolgono in funzione di strutture e strutture che mantengono i processi che le hanno generate e che a loro volta causano nuove funzioni. Dovremmo parlare anche di funzioni di funzioni.

Da questo punto di vista potremmo dire che il processo vivente ha in sé un senso immanente, dato che, una volta apparso, si muove ed evolve con modalità tendenzialmente coerenti (e in qualunque possibile direzione) perché è in grado di autosostenersi e di riconoscere l’ambiente circostante per sopravviverci entro un periodo geneticamente programmato, adattandovisi nei modi e nelle forme più congeniali, attraverso quelle che consideriamo in molti casi, stupefacenti trasformazioni somatiche, fisiologiche e comportamentali: i cosiddetti “adattamenti”.

Alcuni di questi adattamenti sono talmente elaborati da indurci a cedere alla tentazione di immaginare o peggio sostenere, alla stregua di un’ideologia creazionista, che in tale processo sia insito un progetto o un piano intenzionale di sviluppo finalizzato a uno scopo.

Scopo per il quale l’adattamento stesso e/o la trasformazione sembrano essersi evoluti e ai quali noi, in quanto esseri coscienti e curiosi, cerchiamo di dare un senso o un significato.

 

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Un senso e un significato ben diversi da quel senso immanente che la natura sembra perseguire e che si potrebbe descrivere come una logica naturale non cosciente, che possiamo scorgere all’opera grazie a una sorta di insita intelligenza automatica e istintiva. Un’intelligenza delle cellule, dei corpi e degli organi, animali o vegetali che siano. Un’intelligenza alla quale mi sono già riferito e alla quale mi riferirò spesso.

Non si tratta di un’intelligenza finalistica o finalizzata (come quella mentale che noi umani usiamo per decidere in quale direzione andare o che progetto attuare o creare), ma di un’intelligenza che costruisce la sua direzione in base agli eventuali o continui cambiamenti che è costretta ad apportare ai suoi modelli (gli organismi e le loro parti) senza mai potere o dovere valutare a priori e senza mai essere progettuale, stimolata da una combinazione più o meno complicata di innumerevoli segnali esterni (variazioni di temperatura, pressione, umidità, luminosità, sonorità) e dalla complessità degli impulsi e delle interazioni interne all’organismo stesso.

Questo modo di procedere si è affinato sino al punto da assumere alcune proprietà tipiche di ciò che intendiamo per intelligenza; ad esempio, saper rispondere a uno stimolo esterno nel modo più efficiente, più coerente, utile e vantaggioso ai fini della sopravvivenza.

È un'intelligenza intrinseca all’evoluzione del vivente, una particolare forma di intelligenza che nel suo livello essenziale si esprime attraverso le molteplici proprietà e capacità di una complicata e affascinante molecola, nota come Acido desossiribonucleico, l’ormai famoso DNA.

Un lungo doppio filamento composto da sequenze di geni che, chimicamente, fisicamente e biologicamente, oltre a mantenere le memorie generazionali del progetto di ogni organismo nelle loro rigorose strutture molecolari, guida molte delle reazioni biochimiche (microscopiche) e molte trasformazioni somatiche e comportamentali (macroscopiche) nello spazio e nel tempo.

Difficile invece è scorgere una forma di intelligenza nei semplici legami atomici e molecolari e nelle semplici o complesse reazioni chimiche e biochimiche che si svolgono nelle e fra le cellule di un organismo, ma è proprio nel rigido ordine che governa le rigorose strutture atomiche e la necessaria precisione delle reazioni chimiche, che possiamo identificare il primo gradino di quella scala che porta alla graduale complessità organica e intellettiva delle forme viventi, nelle quali, via via, le cellule si sono specializzate in funzioni sempre più evolute e sofisticate.

Sui vari gradini di questa scala, sono comparse qualità e proprietà sempre più raffinate e sinergiche, tanto da arrivare a produrre organi incredibilmente complicati e organizzati come il cervello umano.

Qui, l'intelligenza automatica e istintiva che stiamo considerando, ha assunto varie forme e ha iniziato a esprimere potenzialità nuove e apparentemente infinite.

Ma già negli organismi più semplici unicellulari, come un batterio, scorgiamo una forma di intelligenza operativa, comportamentale ed evolutiva che si regge sulla raccolta di memorie vantaggiose o quantomeno utili alla sopravvivenza individuale e di specie.

Se tale intelligenza controlla e guida qualunque processo si attui o sia necessario attuare all’interno di un corpo vivente in funzione delle circostanze e delle “pressioni” ambientali che riceve (note in biologia evoluzionistica come “pressioni selettive”), ne consegue che questa stessa intelligenza deve guidare anche quei particolari processi che abbiamo chiamato malattie e che coinvolgono, con frequenza variabile, le cellule e gli organi di qualsiasi essere vivente.

 

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Anche le malattie devono quindi avere un significato, almeno in ambito evolutivo, là dove non riusciamo a scorgerne altri. Già intravvedere questo significato è un notevole passo concettuale, ma come sappiamo, per la nostra specie esistono altri importanti significati, quelli squisitamente psichici, simbolici e archetipici.

Trovare un significato sensato per la malattia, come il titolo di questo libro sembra pretendere, oltre che apparire complicato, può sembrare paradossale e provocatorio in tempi di estremo e dominante tecnicismo e pragmatismo scientifico, dove viene considerata, curata e combattuta come qualcosa di “insensato”, di ostile, di folle, quasi che non esista alcuna ragione valida per ammetterne l’esistenza o per meritarcela.

Eppure, quando integriamo tutti i differenti aspetti dell’essere umano, è proprio un senso che possiamo ritrovare in ogni malattia, a dispetto di qualunque opinione diversa.

Un senso che conferisce alla malattia la sembianza di fenomeno non casuale che annulla le mezze verità, le molte teorie e le troppe ipotesi che i medici avanzano sulla sua origine.

Un senso individuato grazie a peculiari e straordinarie intuizioni e scoperte biomediche e psicologiche recenti considerate al limite dell’eresia, ma grazie anche alla riscoperta di antiche conoscenze, molte delle quali purtroppo accuratamente e intenzionalmente oscurate, escluse o, peggio, ridicolizzate.

Spiegare la malattia come processo bio-evolutivo e psico-simbolico-emotivo, la pregna di un senso compiuto che le numerose branche della medicina attuale non sono ancora riuscite a dare o a trovare.

Quando ciò sarà chiaro, sì comprenderà come questa affermazione non sia dettata dalla presunzione dell’autore o di alcuni stravaganti o megalomani ricercatori solitari, ma derivi da un insieme coerente di conoscenze, osservazioni e prove oggettive verificate su migliaia di soggetti, per quanto solo in parte avvallate dalla scienza accademica e in parte non ancora ufficialmente verificate e accettate dalla mentalità dominante.

Del resto, le intuizioni, le idee e le ipotesi geniali di qualche inventore o scienziato solitario, oltre che a rappresentare ispirazione per altri colleghi e per chiunque, sono spesso divenute scoperte e verità scientificamente dimostrate. Verità che, in alcuni casi, hanno rivoluzionato la storia e la cultura dell’umanità.

Rispetto al significato che stiamo adottando e al quale stiamo alludendo, non è uno dei tanti significati comuni o settoriali dei quali ci accontenteremo e che, di prassi o d’abitudine, attribuiamo alle malattie.

Dovremmo e dovremo essere molto più esigenti.

Se diciamo che la tal malattia è provocata da uno specifico virus e si svolge secondo una serie di comprovate fasi di manifestazione, oppure è provocata dalla radioattività secondo certe modalità o, ancora, è dovuta a una carenza alimentare, oppure è curata da un tal farmaco o da un particolare intervento chirurgico, non significa averne trovato un effettivo senso o significato definitivo, ma che abbiamo colto, visto e spiegato solo una parte degli effetti e delle evidenze di un processo che in realtà è più ampio e profondo.

Un’ampiezza e una profondità che si rivela se e quando consideriamo il significato del ruolo della malattia nel passato e nel presente bioevolutivo della nostra specie.

Un ruolo completamente trascurato e che pochi hanno considerato e indagato.

Data di Pubblicazione: 8 marzo 2022

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