SALUTE E BENESSERE

Mangiare consapevole per perdere peso

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Cambia il tuo stile di vita in modo naturale e piacevole per perdere peso in modo consapevole, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Alessandra Obbili.

Mangiare consapevole per perdere peso

Perché

"L'unica costante nella vita è il cambiamento."

Buddha

Tutto nasce da una domanda:

"Perché seguire un programma nutrizionale non è sempre facile e spesso si finisce per tornare al punto di partenza, talvolta peggiorando la situazione?".

Le vostre risposte:

  • Non ho il tempo per acquistare e preparare il cibo indicato quel giorno.
  • Sono fuori tutto il giorno e quando arrivo a casa non ho voglia di mettermi ai fornelli per troppo tempo.
  • Ho avuto problemi familiari per cui non sono sempre stata a casa e quindi non ho potuto seguire.
  • Ci sono state cene, compleanni, feste a cui non ho potuto rinunciare e perciò ho mangiato cibo certamente non dietetico.
  • Ho avuto un brutto momento e sono ricascato nel cibo come consolazione, e allora ho lasciato perdere il tutto, tanto non sono in grado di raggiungere i miei obiettivi.
  • Il programma è ripetitivo, mangiare sempre verdura è noioso e richiede tempo per la preparazione.
  • La mia famiglia mangia cibi che io non posso consumare, proprio davanti a me, ed io non riesco a resistere.
  • Devo cucinare pietanze differenti per me e il resto della famiglia e non ne ho il tempo.

La mia risposta: per poter perdere peso occorre modificare profondamente il rapporto che si ha con il cibo e questo vuol dire mettersi in gioco e riuscire a cambiare determinate abitudini.

Il problema è proprio il cambiamento, spesso questa parola fa paura e non tutti hanno il coraggio di lasciare la loro zona di comfort, che tra l’altro non ha portato ad alcun risultato, per avventurarsi in qualcosa di nuovo, che richiede costanza ogni giorno, voglia di scoprire nuovi gusti e cibi e abbandonare convinzioni non utili a raggiungere il proprio obiettivo e limitanti alla propria crescita.

 

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Tutte le risposte date in precedenza sono soltanto delle scuse a cui il cervello si aggrappa per rimanere nella zona sicura che conosciamo bene, convincendoci che non si può fare altrimenti, che è inutile provare tanto non cambierà nulla (in fondo avete provato tante volte, è andata bene per un po’ e poi siete ricascati nelle vecchie abitudini peggio di prima); in questo modo spesso non si raggiunge il risultato proprio perché si immagina di non farcela ancor prima di iniziare, e si continueranno a ripetere i soliti atteggiamenti, rimanendo sempre nello stesso punto.

Per poter perdere peso e soprattutto mantenerlo occorre cambiare atteggiamento: bisogna lasciare andare le vecchie convinzioni limitanti che vi hanno portato dove siete, non permettendovi di progredire e migliorare, sostituendole con convinzioni potenzianti che vi permetteranno di riavere fiducia in voi stessi e di riconoscere le potenzialità e risorse sempre presenti in noi, ma che spesso sono seppellite da pigrizia e scuse.

Per perdere peso in maniera sana e duratura occorre un'educazione alimentare consapevole.

Una corretta educazione alimentare deve essere a 360 gradi e deve comprendere non solo un elenco di cosa deve essere consumato ad ogni pasto, ma anche quando e soprattutto come.

Un percorso alimentare trova i suoi maggiori ostacoli sotto forma di abitudini e convinzioni, che bloccano la persona dall’aprirsi a nuove scelte e la portano a ripetere all'infinito i suoi comportamenti.

Un altro aspetto importante da non sottovalutare è l’emozione che determina i comportamenti alimentari; spesso, il cibo è un mezzo per colmare alcuni vuoti o stati emozionali e, molto spesso, è una strategia per combattere lo stress.

Infine, manca la consapevolezza che determinate abitudini alimentari influenzano lo stato di salute, che a sua volta è influenzato dallo stato mentale, che a sua volta influenza le abitudini alimentari; è un circolo vizioso e va in qualche modo interrotto.

Il modo in cui si consuma il cibo determina il nostro benessere perché condiziona la digestione e lo stato di salute in generale. Perciò il punto di partenza per intraprendere un percorso di educazione alimentare è recuperare la piena consapevolezza dell'esperienza del pasto.

 

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Programmati per risparmiare

"Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi."

Marcel Proust

Vi siete ma chiesti perché alcune azioni riusciamo a farle automaticamente senza pensarci una volta imparate? Ad esempio mangiare, camminare, guidare, andare in bicicletta, nuotare, anche a distanza di mesi di inattività, quando riprendiamo, lo sappiamo fare.

Il nostro cervello è il centro nevralgico di tutto ciò, suddiviso in diverse aree, ognuna delle quali ha un compito ben preciso. Quando compiamo una determinata sequenza di movimenti, sempre uguale, per un determinato periodo di tempo, essa viene immagazzinata, memorizzata e tradotta successivamente in una routine automatica.

Questo processo è alla base della formazione delle abitudini; secondo gli scienziati le abitudini si formano perché il cervello deve risparmiare energia, è come se partisse un pilota automatico che ci permette nello stesso momento di dedicarci a più azioni, anche solo pensare.

Fortunatamente questo processo non è continuo, se imparate ad osservare le sequenze ripetitive vengono attivate da segnali specifici: vedere il cibo, prendere le chiavi della macchina, salire in bicicletta, entrare in acqua, oppure possono essere segnali emozionali come la rabbia, la paura, la tristezza o ancora un luogo, una persona, un momento della giornata.

Infine, perché la sequenza venga memorizzata deve necessariamente essere fonte di gratificazione. È la presenza di una gratificazione finale che permette al cervello di decidere se vale la pena memorizzare una certa routine.

Alla base di tutto c'è il bisogno ancestrale dell’uomo di soddisfate tre precise necessità, regolate da parti diverse del nostro cervello:

  1. Sopravvivenza (presente nella parte più arcaica del nostro cervello);
  2. Gratificazioni per soddisfare i nostri bisogni (parte del cervello che si è formata con la comparsa dei mammiferi);
  3. Socialità (la parte più giovane del cervello).

 

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Se analizziamo, alcune delle nostre abitudini rispondono esattamente a questi tre bisogni (mangiare, camminare, bere, per alcuni guidare). Quando il cervello entra in modalità abitudine esso non partecipa più al processo decisionale e talvolta ci permettere di svolgere contemporaneamente altre attività.

Il problema è che il cervello non è in grado di distinguere se un'abitudine è sana o no perché l’importante è che l’effetto finale sia una gratificazione (senso di soddisfazione, felicità, tranquillità, divertimento, soddisfazione dei sensi).

Le abitudini insorgono senza chiederci il permesso, ma alla base ricordatevi che c'è sempre un bisogno e la sua conseguente soddisfazione (gratificazione).

Ora pensiamo al cibo.

Se vi chiedessi di pensare ad un cibo che per voi è gratificante, che mangiate con gusto e soddisfazione, a cosa pensereste?

Provo ad indovinare: dolci, pasta, pane, pizza, cibi molto conditi (di solito facenti parte della categoria carboidrati). Raramente, molto raramente, sento dire che quando si ha una voglia questa viene soddisfatta mangiando una bistecca oppure un bel piatto di verdure, giusto?

C'è una ragione biochimica a tutto ciò, infatti i cibi contenenti zuccheri (sia semplici, come i dolci, sia complessi, come pasta e pizza) liberano sostanze che raggiungono i centri del piacere del cervello, il quale risponde liberando dopamina: questo ormone dirige la nostra attenzione alla ricerca del piacere, con il risultato che la nostra mente è ossessionata dall’ottenere ciò che vuole, ripetendo lo stesso comportamento innescato occasionalmente da un medesimo stimolo.

È proprio la ricerca della felicità, del piacere, a spingere il cervello ad agire in questo modo, e la dopamina è l’ormone che fa compiere l’azione per raggiungerla. Da sottolineare il fatto che la quantità di recettori per la dopamina (molecole che catturano la dopamina perché questa dia l’effetto) varia a seconda dell’individuo: ci sono persone che possiedono bassi livelli di recettori perciò necessiteranno di grandi quantità di zuccheri per avere lo stimolo, altre ne avranno meno bisogno perché possiedono più recettori.

 

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Vi ricordate il discorso precedente sul segnale del bisogno e la necessità per il nostro organismo di ritornare ad uno stato di gratificazione e appagamento? Ecco qui trovata la risposta al vostro consumo di zuccheri.

Probabilmente non vi ricordate quando è iniziato questo meccanismo, magari da bambini quando venivate premiati o consolati con un dolce o qualche altro cibo ricco di carboidrati: l’azione è stata ripetuta più volte e anche se voi non eravate coscienti di quello che succedeva, il vostro cervello lo sapeva benissimo e dopo un po’ ha associato determinati cibi come risposta ad un vostro bisogno.

Il bisogno è associato ad un'emozione che crea disagio e il cibo è stato associato al piacere, così ogni volta che avete un bisogno scatenato da qualche emozione di disagio (rabbia, tristezza, depressione, noia), il cervello trova la soluzione in determinati cibi per ritornare ad uno stato di benessere.

L'altra faccia della medaglia è che il consumo di zuccheri si può paragonare al consumo di qualsiasi droga, gli effetti a livello cerebrale sono i medesimi e ad un certo punto si può sviluppare una forma di dipendenza, in quanto i recettori cerebrali diventano insensibili allo stimolo e hanno bisogno sempre di una dose maggiore di sostanza, nel nostro caso di zuccheri.

Come sappiamo l’abuso di zuccheri, soprattutto quelli semplici, porta a problemi metabolici, infiammazione generalizzata e obesità; allo stesso tempo risulta difficile diminuirli perché, se si riesce per un po', basta il ritorno di un segnale e ricaschiamo nel tranello, oppure, se siamo arrivati alla dipendenza, nel momento in cui tentiamo di eliminarli scatta il fenomeno della crisi di astinenza: nervosismo, irritabilità, e senza renderci conto ci ritroviamo in bocca qualsiasi cosa contenga carboidrati (dipende da cosa troviamo nella dispensa e nel frigo).

Come potete immaginare talvolta passare dall’abitudine alla dipendenza non è così difficile, soprattutto quando i segnali che fanno scattare il bisogno di appagamento e gratificazione sono numerosi nell’arco della giornata.

Spesso decidere di intraprendere un percorso nutrizionale non è facile, me ne sono resa conto in questi anni. Tutti partite con le migliori intenzioni: perché siete preoccupati per la salute, oppure non vi piacete più, oppure perché siete stati minacciati dal medico o dall’ortopedico o ancora perché vi dovete sposare ed è necessario entrare in un vestito di cui vi siete innamorati.

Possiamo aggiungere altre mille motivazioni che vi fanno partire entusiasti e infatti il primo mese ottenete, quasi tutti, ottimi risultati, ma più passa il tempo e più la motivazione diventa un lontano ricordo, la forza di volontà va scemando e piano piano abbandonate il percorso.

Trovate mille giustificazioni che date a me, ma soprattutto a voi stessi, per sentirvi meno in colpa. Il problema fondamentale però è che per cambiare abitudini occorre lavorare molto in profondità, non basta seguire un programma, occorre riconoscere i segnali che fanno partire l’abitudine e a questo punto modificare l’azione.

Non si può pretendere di cambiare se si continuano a fare sempre le stesse cose per risolvere il problema (diceva qualcuno!): seguire un ennesimo programma nutrizionale, quando avete passato metà della vostra vita a combattere con il peso seguendo decine di diete, mi sembra non sia la soluzione corretta.

 

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Data di Pubblicazione: 15 marzo 2022

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