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Il medico di oggi visita i Grandi del Rinascimento

Auscultando il passato - Massimo Citro Della Riva - Speciale

Segui i passi di un medico moderno mentre esplora le malattie che hanno accompagnato i grandi del passato, leggendo il nuovo libro di Massimo Citro Della Riva.

Il medico di oggi visita i Grandi del Rinascimento

Accadrà nel passato

Quanto hanno pesato le malattie fisiche e mentali di certi personaggi sul corso della storia? Come sarebbero cambiati gli eventi se fossero stati curati? Se qualcuno avesse somministrato psicofarmaci a Carlo Magno per la sua psicosi maniaco-depressiva, avremmo avuto il Sacro Romano Impero? Se avessimo guarito la devastante colite di Adolf Hitler, quindi l’irritabilità nervosa che ne conseguiva, avremmo evitato la guerra mondiale, l’Olocausto e quaranta milioni di morti?

Impossibile rispondere. È più facile immaginare che, se qualche medico rinascimentale avesse curato la depressione di Michelangelo, non avremmo avuto la Pietà, il David, il Mosè e tutto il resto. Lo stesso vale per Leopardi, Proust e tanti altri. Avrebbe potuto Lucrezio comporre il suo "De rerum natura", se non l'avesse tormentato una pazzia intermittente? Un testo scritto, come egli stesso ricorda, per intervalla insaniae, negli sprazzi di lucidità.

In più di trent'anni come medico, ho visitato migliaia di persone, tra cui personaggi pubblici, politici, della televisione, del cinema, del teatro, cantanti, artisti, potendo curiosare dietro le quinte del loro carattere, cogliendo il lato umano dei vip, le loro fragilità, le paure, le manie, le malattie, le contraddizioni. Potrei raccontare i loro retroscena, ma lo impedisce la riservatezza.

Allora ho pensato: se dei contemporanei non è consentito riferire, posso però immaginare incontri con personaggi storici del passato, dei quali poter parlare liberamente: malattie, carattere, passioni. Pensate alle manie di Nerone, alle intemperanze di Alessandro Magno con i suoi deliri e il suo coraggio. Alle strategie di Cesare, a quel suo trionfare sui campi di battaglia nonostante l'epilessia. La caparbietà di Demostene nel declamare di fronte al mare in tempesta con la ghiaia fra i denti per vincer la balbuzie e diventare il più grande oratore della grecità.

 

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Mi sono immaginato un gioco: viaggiare a ritroso nel tempo, con le conoscenze di oggi, a incontrare personaggi per intervistarli come storico o visitarli come medico. Come teatro del fantastico viaggio, ho scelto il periodo italiano più bello e appassionante, il Rinascimento. Nello specifico ‘400 e ‘500.

Se vorrete accompagnarmi, saremo convocati a corte, a bottega, in ville o castelli. Raccoglieremo storie, registreremo voci, sveleremo animi. Saremo chiamati per un consulto medico, ma non sarà consentito curare con medicine d'oggi.

Non possiamo modificare gli eventi, ma soltanto giocare con la macchina del tempo. Un modo semplice per rivisitare la storia che abbiamo un po’ dimenticato.

Allora mettetevi comodi, non chiudete gli occhi, poiché dovrete leggere, ma lasciatevi trasportare in un sogno vivo, come quando seguite certi programmi televisivi a carattere storico. Vi farò immaginare personaggi, li vedrete nel quotidiano, nei castelli, nelle piazze, nelle cattedrali, nelle guerre.

Spieremo gli intrighi di corte, il veleno che gocciola nel calice, il pennello che affresca, il poeta che verga al chiaro di luna, il potente in preda al terrore notturno.

Stiamo per cominciare e già è in arrivo la prima richiesta per un adolescente che soffre di gastrite e colite che gli causano apatia e depressione. Forse la più grave gastroenterite cronica della storia dopo quella di Hitler. Siamo nella seconda metà del ‘400 e ci chiamano per il duca di Milano, Gian Galeazzo Sforza. Il potente ragazzo che avrebbe potuto evitare la calata di Carlo VIII e i disastri che ne seguirono, se fosse stato bene e non avesse ceduto il governo a suo zio, Ludovico il Moro.

Ma chi era Gian Galeazzo Sforza?

Venite con me, andiamo insieme a incontrarlo.

 

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De le viscere malate di Gian Galeazzo Sforza

Quando Gian Galeazzo nasce il 20 giugno del 1469, suo nonno Francesco Sforza è morto da tre anni e la nonna Bianca Maria Visconti da uno. I suoi genitori si sono sposati l’anno prima: sono Galeazzo Maria Sforza e Bona di Savoia, cognata del re di Francia Luigi XI.

Immaginate quel suo nonno condottiero da giovane, signore di Cremona: alto, bello, possente, coraggioso. Un gran "figo". In battaglia si getta impavido alla testa dei suoi, mangia con loro e dorme per terra come un soldato. Faceva così anche Giulio Cesare.

Ha sposato l’ultima dei Visconti, ha conquistato il ducato di Milano e si è fatto incoronare da papa Niccolò V nell’Anno Santo 1450. Francesco Sforza governa Milano per sedici anni con magnificenza e dispendio, protegge l'arte, le lettere, le scienze, proibisce l’esodo della manodopera locale e la fuga all’estero dei cervelli. Proprio come nell'Italia di oggi, direte voi...

Ma un ganzo così non ti va a morire a 65 anni per quella che allora si chiamava idropisia? Vale a dire un aumento dei liquidi in corpo per insufficienza renale, per quei reumatismi di cui soffriva fin da ragazzo? Alla povera moglie va anche peggio: Bianca Maria Visconti se ne va per un'infezione a soli 43 anni e a pronunciarne l’orazione funebre è l’erudito Francesco Filelfo da Tolentino, già professore all’Università di Firenze e precettore in casa Visconti e Sforza.

Qualcuno dice che a ucciderla sia stato il veleno propinato dal figlio Galeazzo Maria. Comunque sia, tocca a questo figlio reggere adesso le sorti del ducato, e lo farà nel peggiore dei modi. Non è un tipo facile, Galeazzo Maria. Prima rompe il fidanzamento con la marchesa di Mantova Susanna Gonzaga, quando scopre che ha la gobba.

Passi sposarsi per procura senza nemmeno vedere la sposa, ma una moglie gobba... anche no. Molte donne dei Gonzaga soffrono di questa malformazione genetica trasmessa loro dai Malatesta. Quindi si fidanza con sua sorella Dorotea, ma a patto che non diventi gobba anche lei. Nemmeno ne ha tempo la poveretta, poiché muore subito dopo.

Affascinato dai racconti sulla bellezza di Bona di Savoia, nipote del re di Francia, e non esistendo fotografie, Galeazzo invia allora a quella corte una delegazione con un pittore incaricato di ritrarla. Mai nome fu più appropriato: Bona è giovane, bella, ha lunghi capelli biondi e il seno prorompente. Tanta sensualità fa impazzire lo Sforza, che la sposa seduta stante.

 

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Immaginate adesso il duomo di Milano appena costruito, gremito di gente e di vip dell'epoca. C'è tutta la società bene: Ludovico il Moro, fratello dello sposo, la cognata Beatrice d'Este figlia di Niccolò III di Ferrara, l’altra cognata Antonia Dal Verme, Gian Giacomo Trivulzio con la moglie Margherita Colleoni, Margherita Busti (madre di quella Cecilia Gallerani che diverrà l'amante del Moro e sarà ritratta da Leonardo), Elisabetta Visconti col marito Cicco Simonetta, primo ministro del ducato di Milano.

L’anno successivo nasce il nostro Gian Galeazzo. Gli danno lo stesso nome del nonno di sua nonna, quel Gian Galeazzo Visconti che nel ‘300 era riuscito a diventare il primo duca di Milano, per editto dell’imperatore.

Gian Galeazzo Sforza (non confondete: Galeazzo Maria è il padre, Gian Galeazzo il figlio) ha per padrino di battesimo niente meno che l'allora ventenne Lorenzo il Magnifico, al quale da lì a poche settimane toccherà governare Firenze.

Ha soltanto tre anni quando suo padre lo fidanza con Isabella d'Aragona, figlia del duca di Calabria e nipote del re di Napoli Ferrante, che di anni invece ne ha soltanto due. Perché fidanzarli da bambini? Perché dopo quella con la Francia, Galeazzo Maria ritiene importante l'amicizia col Regno di Napoli, ovvero con l’intera Italia meridionale.

Non dimenticate che molti signori rinascimentali sognano di unificare la penisola. La frammentazione in tanti Stati, pur ostacolando l’unità italiana, favorisce il Rinascimento: se l’Italia si fosse unita allora, sarebbero spariti le corti rinascimentali e il fiorire di cultura e bellezza. Corti che in buona parte corrispondono alle odierne province: noi italiani prosperiamo da sempre nelle province, per morire nelle regioni.

Ma torniamo al nostro principe, che cresce senza famiglia. Da vero incapace, suo padre alterna momenti di pessima politica estera ad altri in cui si dedica alla sua sola passione, le donne, e a come nasconderle alla moglie che in qualche modo sembra accettare quel via vai di femmine e di figli naturali.

Fra questi, figlia di Lucrezia Landriani, quella Caterina Sforza che sposerà il nipote di un papa e un principe dei Medici, tre volte vedova, assediata, catturata, umiliata dal giovane Cesare Borgia. La incontreremo poi sul nostro cammino.

A trent'anni Galeazzo Maria impazzisce per la diciannovenne Lucia Marliani, la cui madre, d’accordo col compiacente marito, la caccia di forza nel letto ducale ottenendo in cambio oro, palazzi, feudi, castelli e ville. Una vendita carnale, a condizione che Lucia non abbia alcun rapporto sessuale né col marito né con altri.

 

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Proprietà privata del duca di Milano. Ambiziosa ed egoista a sua volta, Lucia sa che il popolo odia il duca per la sua tirannia e per la relazione con lei, ma non se ne dà troppo pensiero, tutta intenta ad accumular ricchezze. La loro storia continua fino al giorno di Santo Stefano del 1476, ultimo della vita di Galeazzo Maria Sforza.

Ad attenderlo al portone della chiesa ci sono tre congiurati: Giovanni Andrea Lampugnani, Carlo Visconti e Girolamo Olgiati. Il duca muore all'istante sotto i colpi dei loro pugnali, a trentadue anni. Bloccato dalla folla e dalle guardie ducali, Lampugnani cade a sua volta sotto i colpi della sua stessa lama. I resti saranno dispersi e la mano assassina inchiodata a un muro.

Carlo Visconti è consegnato da suo padre alle guardie che lo condurranno al supplizio. Il poeta Girolamo Olgiati, che invece sua madre ha travestito da frate, è catturato in fuga, torturato e squartato per magnanimo ordine di Bona. La vedova di Galeazzo Maria si trova così a trent'anni a governare il ducato per suo figlio che ne ha sette.

Fa da reggente il ministro Cicco Simonetta, un calabrese astuto e caparbio che la spunterà nel far riconoscere duca quel bambino da tutti i principi. O meglio, quasi tutti. Lo zio Ludovico infatti si rifiuta. Ha ventiquattro anni, è superbo, assetato di potere e sta già macchinando per spodestare il nipote.

Eccoci al 1478, in duomo. Sotto lo sguardo attento della madre, un timido bambino di nove anni china il capo di fronte al vescovo che lo consacra duca di Milano. Pochi giorni più tardi, a Firenze, esplode la congiura dei Pazzi ordita dal papa e dal re di Napoli, alla quale Lorenzo il Magnifico scampa per un pelo.

A Milano, invece, istigati dal papa e dal re, i fratelli Sforza sono decisi a riconquistare il potere e con astuzia Ludovico fa credere a Bona di voler difendere il nipote da Cicco Simonetta facendo passare questi per un usurpatore. Non è poi così difficile, il Simonetta è fedele ma arrogante e Bona non lo sopporta più, soprattutto da quando è innamorata di un giovane di Ferrara, certo Antonio Tassino, e Cicco è un ostacolo alla sua felicità.

Ingenuamente la duchessa abbocca e convoca il Moro per un accordo. Si fida di quella volpe senza immaginare che sta condannando a morte il suo più fedele alleato. Che a Bona dirà: "Eccellenza, a me sarà tagliato il capo, ma voi perderete lo Stato".

Cicco viene imprigionato col fratello Giovanni nel castello di Pavia e decapitato nell'ottobre del 1480. Sopraffatta dal dolore, sua moglie morirà pazza. Il fratello invece verrà liberato e scriverà la biografia di Francesco Sforza.

 

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Data di Pubblicazione: 26 gennaio 2022

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