SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO

Meditazione Camminata - Passo dopo Passo - Anteprima del libro di Volker Winkler

Camminare nell'essere, essere nel camminare - Guida pratica

Inizio e fine, tempo e durata">

Inizio e fine, tempo e durata

La meditazione dovrebbe acquietare la nostra mente e permettergli di trovare la concentrazione. Una mente quieta e in pieno raccoglimento può compiere un passo ulteriore e quindi giungere a un’intuizione della vera natura delle cose: non un’intuizione puramente mentale, bensì una visione profonda della natura delle cose che si realizza attraverso un’unione con le cose stesse e il superamento dell’illusione di una separazione fra soggetto e mondo circostante. Questa forma di quiete, raccoglimento e intuizione all’inizio è inusuale per la nostra mente. Quindi è necessario allenarla amorevolmente, proprio come un muscolo che ha subito poche sollecitazioni e dal quale ci aspettiamo di più per conseguire l’obiettivo che ci siamo prefissi.

Questo training richiede una certa dose di disciplina, quindi la nostra meditazione camminata dovrebbe avere, se possibile, un inizio e una fine ben definiti. Non esigete troppo da voi stessi, ma mantenetevi fedeli a quanto disposto. Possono essere cinque o anche tre minuti, nei quali camminate lentamente su e giù nel vostro appartamento, nel vostro giardino, in un parco o in un qualsiasi altro luogo concentrandovi sui passi e sul semplice atto di camminare. Potete estendere la durata della meditazione a vostro piacimento. Personalmente ho avuto esperienze positive con una durata che va dai venti ai trenta minuti, un lasso di tempo usuale anche nei centri in cui è previsto questo tipo di meditazione. Una durata maggiore potrebbe rappresentare uno sforzo per una mente non allenata, e troppa fatica non si accorda con il nostro proposito di scoprire con gioia e piacere la bellezza del momento presente.

Di norma molti di noi si muovono con un cellulare in tasca o nella borsa, la cui funzione sveglia può essere di aiuto a fissare un tempo stabilito e a rispettarlo senza dover guardare l’orologio.

È utile attenersi con una certa disciplina a questo tempo prestabilito perché in tal modo ci diamo la possibilità di trarre vantaggio da un aspetto centrale della meditazione: l’osservazione della nostra mente in situazioni di riluttanza o di svogliatezza. Se per esempio intendiamo camminare per venti minuti in piena consapevolezza e attiviamo la sveglia del nostro cellulare sulla base di questo tempo può accadere che dopo cinque minuti inizi a piovere. Nulla dovrebbe trattenerci dal tirarci su il cappuccio o dall’aprire l’ombrello, perché inutili inconvenienti non ci sono di aiuto, visto che la vita ci presenta già sufficienti imprevisti inevitabili. Tuttavia non è detto che si abbia a disposizione un ombrello, oppure lo abbiamo ma perdiamo il piacere del nostro camminare consapevole e quindi sentiamo il desiderio di interromperlo. Si tratta di una reazione normale: un’esperienza poco piacevole - e fine! Tendiamo a eliminare la causa di questa sensazione! Vogliamo liberarci di ciò che ci risulta spiacevole per raggiungere una felicità che la nostra mente colloca e ipotizza in una condizione priva di inconvenienti. Il Buddha ha riconosciuto la portata profondamente negativa di una tale disposizione mentale e ci ha insegnato: non soffrite mai a causa della pioggia, soffrite sempre e solo per via della vostra reazione alla pioggia.

Quindi concedetevi la chance di guardare alla vostra reazione interiore alla pioggia con atteggiamento amorevole e paziente, senza esprimere giudizi. Il maestro Marcel Geisser suggerisce di prendere coscienza del fatto che la pioggia è “solo” spiacevole. Non rappresenta una minaccia, non è realmente problematica, non ha effetti negativi durevoli, non distrugge nulla. È “solo” spiacevole, niente di più. Dove “solo” è una parolina da non sottovalutare. Che può essere di per sé la chiave della libertà. Quante persone accumulano amarezza e rigidità interiore perché per anni non sono in grado di aggiungere questo “solo” alle difficoltà e agli ostacoli della vita quotidiana? Ma le difficoltà e gli ostacoli sono tanti e inesauribili. Non ce ne libereremo mai, neanche con una vincita al lotto o vivendo ai Caraibi sotto una palma, perché anche lì soffriremo occasionalmente di diarrea. La soluzione non può consistere nel rimuovere o aggirare le situazioni spiacevoli. La chiave della libertà risiede nella nostra mente, nella nostra reazione alle avversità della vita.

Inizio e fine del percorso meditativo non devono essere sempre stabiliti con l’orologio. Possiamo decidere di percorrere in consapevolezza determinati itinerari quotidiani, per esempio da casa alla fermata dell’autobus o dal parcheggio all’ingresso della ditta in cui lavoriamo. Anche questi pochi passi che ci richiedono qualche minuto o secondo di tempo sono un’opportunità meravigliosa per entrare in contatto con il peso della borsa che abbiamo in mano, il vento che ci sfiora la pelle del viso, la percezione dell’appoggio molleggiato delle suole di gomma sull’asfalto. Viene a crearsi una frattura nel flusso del pensiero, un’intercapedine che apre un varco sulla realtà.

Disposizione mentale

Nella meditazione camminata, come in altre forme di meditazione, la nostra mente subisce in primo luogo una sorta di “riduzione”, in quanto la indirizziamo verso un oggetto preciso, ma poi allo stesso tempo di “espansione”, perché non ci poniamo più in una condizione di difesa e chiusura, bensì accogliamo e osserviamo tutte le impressioni e le reazioni che ci investono. Potrà suonare complicato, tuttavia nella pratica non è difficile, è semplicemente una questione di esercizio.

Di regola la nostra mente vive uno stato di permanente ricerca stimolata dai sensi. In qualsiasi luogo arriviamo, ecco che subito giriamo la testa, ci guardiamo intorno, esaminiamo e studiamo tutto per poi confrontare le nostre impressioni con esperienze precedenti. Dove potrebbe annidarsi il pericolo o l’elemento negativo? C’è qualcosa di bello da rimediare? Questa è la tipica mente guidata dall’intelletto e determinato da tre aspetti: la ricerca del positivo, la difesa rispetto al negativo e il confronto con ciò che è passato. Questa mente è sofferenza pura. Soffre del bello perché o rimpiange di non possederlo oppure teme di perderlo, se lo possiede; soffre del negativo perché o teme di esserne investito oppure vuole liberarsene, se esiste già. Infine, il confronto con le esperienze precedenti, che rappresenta l’unica possibilità di azione conclusiva conosciuta dalla nostra mente, rende impossibile individuare soluzioni nuove e creative. Questa mente può solo ripetere ciò che è passato. Si trova in un vicolo cieco di sofferenza.

Nella meditazione la mente si comporta in maniera radicalmente diversa. Si apre nel momento in cui subisce una “riduzione”. Si espande nel momento in cui si concentra. Acquisisce libertà perché disciplina se stesso.

Non si tratta di un’utopia lontana. È questa la pratica, fin dall’inizio, anche per i primi tentativi di meditazione.

È molto semplice: camminate lenti e in maniera naturale. Indirizzate la vostra attenzione solo all’atto di camminare in sé, al contatto dei piedi e delle scarpe a terra, alle condizioni del terreno, al movimento delle gambe. Osservate tutto questo con interesse sereno. Non trascurate i moti del respiro che percepite per esempio a livello della pancia, del naso o del collo. Il respiro e il corpo, le impressioni dei vostri sensi e i sentimenti e i pensieri che vanno e vengono, dei quali non seguite le tracce, i quali non trattenete e al contrario ogni volta rimettete in libertà non appena fanno capolino: questi sono gli oggetti della vostra attenzione. Questo significa “riduzione”, la quale si trasforma subito in meravigliosa “apertura” ed “espansione” perché nulla serriamo all’esterno, nulla respingiamo, tutto ammettiamo pur senza inseguirlo.

Vedrete: senza girare la testa, senza cercare o volersi impadronire di qualcosa, sentirete il cinguettio degli uccelli come fosse la prima volta. Percepirete il vento sulla pelle come mai prima. Udirete un insetto che vi ronza intorno e vola via, osserverete il movimento dei rami e delle foglie sugli alberi, sentirete bambini gridare e vedrete il gioco di luci e ombre sul terreno - il tutto con una nuova intensità e un senso di armonia pacifica, vera e autentica. Questo è L’Adesso, questa è la realtà. Poiché non cerchiamo nulla, possiamo trovare. Poiché non respingiamo nulla, non dobbiamo temere nulla. Poiché non attingiamo soltanto a esperienze passate, bensì ci muoviamo nel momento presente, possiamo sperimentare nuovi vissuti. Che continueranno a essere e rimanere nuovi!

Quindi anche nella nostra disposizione d’animo dovremmo introdurre un minimo di disciplina: teniamo lo sguardo dritto e rivolto davanti a noi senza irrigidirci. Cerchiamo di non fare digressioni o voltarci non appena udiamo qualcosa che desta la nostra curiosità. Manteniamo la nostra velocità di cammino e l’itinerario che abbiamo scelto per tutta la durata del percorso consapevole. La libertà umana ha molto a che vedere con i limiti che noi stessi ci poniamo - sempre che lo si faccia in libertà e con gioia.

Velocità

Come vedremo nel prossimo capitolo ci sono diversi tipi di meditazione camminata abbinati a diverse velocità. Tuttavia decisivo non è il grado di lentezza in sé, bensì la mente generata da determinati movimenti.

Corpo e mente costituiscono un’unità. E impossibile conservare una mente quieta e distesa se i movimenti del corpo sono frettolosi o frenetici. Fretta e frenesia però non sono di per sé negative. Sono parte della vita anche loro. È bene riuscire a limitarle il più possibile, ma è impossibile eliminarle del tutto.

La meditazione non consiste nell’evitamento della frenesia. La lentezza della camminata non è fine a sé. Abbiamo la chance di vedere gli effetti esercitati sulla nostra mente dai movimenti del corpo - questo è l’oggetto del nostro interesse.

Se desidero riuscire a prendere un treno e mi trovo con tempi molto stretti, sarebbe semplicemente stupido costringermi a una qualsiasi forma di lentezza meditativa. Tuttavia, mentre mi affretto verso la stazione e trascino la valigia lungo il binario, niente mi costringe a scivolare in uno stato di totale oblio e incoscienza, come non devo necessariamente innervosirmi, spazientirmi o addirittura caricarmi di aggressività. Posso per esempio concentrarmi sul rumore delle ruote della valigia che sobbalzano tra una fuga e l’altra delle lastre di cemento, o sulla percezione del suo peso collegato alla mia mano, o sull’eco dei miei passi rapidi, sul calore del respiro accelerato con la consapevolezza che in quel momento agisce in me una mente frettolosa e frenetica. Ma non devo tramutarmi in quella mente; non devo pormi sotto il suo controllo. Non so se possiamo definirla ancora meditazione, ma credo che sia del tutto irrilevante.

Quando camminiamo in mezzo a un cimitero o dentro una cattedrale rallentiamo il passo. In tal modo ci adattiamo alla dignità dell’ambiente che ci circonda. Ma alla base c’è anche il desiderio - conscio o inconscio - di giungere attraverso i nostri movimenti a uno stato d’animo che ci permetta l’accesso a ciò che stiamo vivendo in quel luogo.

Poiché il corpo non è separato dalla mente, la nostra postura e i nostri movimenti generano sempre una determinata disposizione mentale, che può tornarci utile per esempio osservando quali effetti produce sulla mente stessa una certa velocità di camminata. Quindi non dobbiamo necessariamente essere lenti, possiamo camminare con un ritmo normale o addirittura rapido. Essenziale è che rimaniamo in contatto con le nostre percezioni sensoriali e con ciò che ci circonda. Così non ci perderemo nel buio dell’incoscienza.

Coordinazione con il respiro

Il respiro è il mio migliore amico. Perché? Perché un vero amico c’è sempre quando ne ho bisogno. Il migliore amico non fa molte domande, non valuta e non giudica il mio agire prima di aiutarmi. È semplicemente lì quando ho bisogno, e io mi affido a lui quando non so più cosa fare.

In qualsiasi situazione della vita - non importa dove o quando - il respiro mi offre la possibilità di focalizzare la mia attenzione su di lui e di liberarmi dal flusso incontrollato dei pensieri, dalla radio perennemente accesa nella mia testa, dalla conseguente ossessione di giudicare e valutare ogni cosa, dalla ricerca patologica di un vantaggio e dalla difesa automatica da presunte negatività. Il respiro sembra dirmi: non continuare a occuparti di questo flusso di pensieri sempre uguale, occupati di me.

Quando camminiamo in maniera consapevole dovremmo sempre mantenerci in contatto con il respiro. Il che non significa valutarlo come più o meno positivo, o analizzarlo e confrontarlo con quello del giorno precedente o infine modificarlo - significa limitarsi a percepirlo: per esempio nel movimento dell’addome e delle spalle, nel naso, nella bocca, nel collo, nella trachea e in altre zone del corpo. Alcune forme di meditazione camminata sono direttamente collegate al respiro nel momento in cui indirizziamo i nostri passi secondo il ritmo dell’inspirazione e dell’espirazione; altre forme invece non lo sono. Tuttavia nel contesto del cammino meditativo dovremmo sempre instaurare e conservare questo contatto con il respiro.

Se la mente è in contatto con il respiro siamo di nuovo in grado di avvertire l’unità di corpo e mente, che sovente dimentichiamo. A volte la nostra mente sembra rendersi indipendente dal corpo. Possiamo essere monopolizzati a tal punto dall’attività dell’intelletto da accantonare o perfino trascurare esigenze basilari del nostro corpo. Se questo accade momentaneamente perché vogliamo portare a termine un lavoro urgente, non è un problema. Capita però che “dimentichiamo” il corpo perché siamo troppo coinvolti da miriadi di assurdità che ci fluiscono nel cervello in maniera incontrollata, o perché siamo “assorti nei pensieri” tanto da sottovalutare il fatto che questi pensieri involontari generano perennemente emozioni e quindi un umore di fondo. Anzi, generano addirittura l’immagine che abbiamo di noi stessi, il nostro “ego”, così da farci credere di essere quello! Quindi affidiamo il potere su di noi a un flusso incontrollato di pensieri sempre uguali che molte volte non sono neanche nostri, perché li abbiamo involontariamente acquisiti dai genitori o da altri individui.

Il respiro è un compagno benevolo e infinitamente paziente che vive con noi le nostre azioni, non ci giudica e ci offre sempre in maniera amichevole e rispettosa di imboccare l’altra via: la via che conduce alla consapevolezza e alla libertà dalla dittatura del flusso incontrollato dei pensieri. 

Questo testo è estratto dal libro "Meditazione Camminata - Passo dopo Passo".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

Ti è piaciuto questo articolo? Rimani in contatto con noi!

Procedendo con l'invio dei dati:

Lascia un commento su questo articolo

Caricamento in Corso...