SALUTE E BENESSERE

Nascere Sano, Sicuro e Naturale in Emilia Romagna

I benefici e la bellezza del parto naturale

I benefici e la bellezza del parto naturale

Film e telefilm propongono in continuazione scene di parto in cui urla strazianti e stress evocano un evento pericoloso e un dolore insopportabile. Questo vero e proprio bombardamento mediatico ha fatto perdere a molte donne la fiducia nelle proprie capacità fisiologiche e tutto ciò, unito a un eccesso di esami, controlli e interventi durante la gravidanza e il parto, non può fare altro che aumentare l’ansia e la relativa produzione continua di ormoni dello stress, che nella fase finale della gestazione ostacolano il processo naturale del travaglio.

Pur analizzando scrupolosamente le condizioni della puerpera, i parti assolutamente spontanei e senza complicazioni, superano tranquillamente il 50%. Bastano però piccole intromissioni nell’iter naturale della nascita per trasformare un parto fisiologico spontaneo in un vero e proprio intervento medicalizzato, innescando varie complicazioni. Tra le pratiche più diffuse nelle sale parto di tutto il Paese troviamo l’induzione del travaglio con la somministrazione di ormoni (come l'ossitocina), l'episiotomia (ovvero l’incisione del perineo per facilitare il parto), il taglio cesareo o l’anestesia epidurale.

Fortunatamente, grazie alla recente propensione verso la demedicalizzazione del parto, si tende nuovamente a riscoprire una fisiologica naturalità, alla ricerca di un legame intenso come prosecuzione di quello vissuto durante la gravidanza. Una delle prassi derivate da questa tendenza è, ad esempio, quella del “rooming in”, che consiste nel lasciare il bimbo appena nato con la mamma giorno e notte, anziché separarli subito dopo la nascita.

IL PARTO NATURALE

«Il miglior ostetrico è colui che è capace a starsene con le mani in tasca».
(Frederick Leboyer, ideatore del parto dolce)

Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il “parto veramente naturale” inizia spontaneamente (senza induzioni) e si mantiene tale durante tutte le tre fasi del travaglio, fino all’espulsione della placenta. Il parto avviene per via vaginale tra la trentasettesima e la quarantesima settimana compiuta di gravidanza e, dopo la nascita, mamma e bimbo sono in ottime condizioni fisiche.

L’OMS fornisce anche indicazioni utili sulla posizione da adottare durante il travaglio e il parto:

«Non è raccomandabile che la donna gravida sia posta nella posizione sdraiata sulla schiena durante travaglio e parto. Il camminare durante il travaglio dovrebbe essere incoraggiato ed ogni donna deve decidere liberamente la posizione da adottare durante il parto».

Per farti un’idea di quali siano le posizioni più naturali occorre osservare quelle donne che, con l’avvicinarsi della nascita del proprio bambino, agiscono guidate dal proprio istinto e non dal tipico pudore indotto dai condizionamenti della cultura occidentale.

Ancora oggi le donne appartenenti alle società tradizionali di tutto il mondo, e quindi libere da l'obblighi e imposizioni culturali, partoriscono in posizione verticale o accovacciata.

Il parto naturale, infatti, non avviene in posizione distesa (detta anche “posizione litotomica”), bensì in posizione verticale, accovacciata o seduta, come svariate prove hanno dimostrato e come tra l’altro si è riscontrato nelle raffigurazioni di scene di parto già in epoca egizia.

Le posizioni più comuni e spontanee per il travaglio sono quindi:

  • in piedi;
  • a sedere;
  • in ginocchio o in posizione accovacciata;
  • a quattro zampe.

Talvolta per mantenere queste posizioni può essere necessario l’aiuto di un’ostetrica, l’abbraccio del proprio compagno o l’utilizzo di un qualsiasi supporto a cui appoggiarsi.

I vantaggi derivanti dal parto in posizione verticale sono innumerevoli:

  • la forza di gravità favorisce le contrazioni uterine e le spinte della partoriente;
  • le contrazioni uterine sono più frequenti e regolari;
  • la dilatazione della cervice è maggiore, grazie alla possibilità di muovere il bacino liberamente;
  • nell’intervallo tra le contrazioni la donna si rilassa meglio;
  • la pressione nella fase di riposo e tra le contrazioni è maggiore;
  • il primo e il secondo stadio del travaglio possono risultare più brevi;
  • queste posizioni risultano meno dolorose;
  • si riscontrano minori anomalie nei tracciati cardiografici e l’assenza di compressione dei grossi vasi sanguigni (aorta e vena cava) da parte dell’utero.

Il cammino compiuto dalle donne per riappropriarsi del momento del parto è un percorso fisico perché riguarda il corpo, psichico perché invita a tornare ad ascoltare le proprie emozioni, e spirituale, che riconosce la trascendenza e l’energia nella nascita. Naturalmente, perché ogni donna abbia la possibilità di intraprendere questo percorso, è necessario che il cambiamento coinvolga anche chi assiste la partoriente: si tratterebbe quindi di destrutturare un sistema medico focalizzato sulla stimolazione e la forzatura di un processo del tutto naturale e di costituire una nuova professionalità medica in grado di accompagnare, accudire e sostenere la madre.

Questo percorso ha avuto inizio negli anni Ottanta, con le esperienze e gli studi di alcuni medici e ostetriche, tra i quali ricordiamo Frederick Leboyer, Sheila Kitzinger e Michel Odent che, in più parti del mondo, hanno dato eco all’importanza di nascere “naturalmente ”. In Olanda si sono formate anche ostetriche italiane che, come Marta Campiotti, promuoveranno il parto nell’intimità della propria casa piuttosto che in corsia d’ospedale. Inoltre, si è iniziata a recuperare la presenza importante del papà, che torna a rendersi veramente conto di cosa voglia dire mettere al mondo un figlio.

Nel 1985 l’educatrice perinatale Piera Maghella fonda a Modena il MIPA (Movimento Internazionale Parto Attivo), associazione che riconosce la centralità della donna, del bambino, della coppia con le proprie competenze e bisogni, nonché il diritto di avere un parto umanizzato sia a casa che in ospedale.

Negli anni Novanta cresce l’interesse della stampa, delle associazioni di donne, dei politici intorno alle tematiche legate all’assistenza a domicilio: molte ostetriche sono invitate a convegni, incontri nazionali e internazionali, e in Parlamento per discutere una proposta di legge sulla nascita.

LE LINEE GUIDA PER LA NASCITA NATURALE

Nel 1996 l’OMS arriva quindi alla stesura delle prime Linee Guida internazionali sulla nascita naturale e in Italia nascono le prime Case Maternità.

In Italia esistono già ben trentadue gruppi di ostetriche domiciliari e nello stesso anno Verena Schmid fonda a Firenze, insieme ad alcune ostetriche, la Scuola Eiementale di Arte Ostetrica.

Negli anni 2000 il parto in casa è solo una possibilità e non tutte le donne lo desiderano. Affinché ogni donna torni a riappropriarsi del momento del parto è fondamentale diffondere il concetto secondo cui ognuna di loro ha diritto all’informazione, all’ascolto e alla libertà di scelta. A questo scopo, sul territorio emiliano-romagnolo sono disponibili ostetriche che si occupano di parto naturale e fisiologico come libere professioniste, e che lavorano secondo il principio della “continuità dell’assistenza” occupandosi della salute di mamma e bambino dai primi mesi di gravidanza fino al primo anno di vita del bambino.

L’11 maggio 2015 anche Medicina 33, tradizionalissima trasmissione di medicina di «Rai 2», ha ritenuto importante fare un bel servizio sul parto in casa, raccontando l’esperienza di una coppia e delle ostetriche dell’Associazione “La Mia Ostetrica” di Firenze che ne avrebbero seguito il parto.

IL PARTO VAGINALE MEDICALIZZATO

Si può definire medicalizzato un parto che avviene con l’aiuto di stimolazioni esterne, sia farmacologiche che fisiche, o interventi chirurgici invasivi.

Tra le stimolazioni farmacologiche più impiegate troviamo l’anestesia epidurale (un intervento di tipo analgesico che allevia il dolore nella parte inferiore del corpo) e la somministrazione di ossitocina, un ormone che accelera le contrazioni dell’utero necessarie a dare il via al travaglio. In alcuni casi, per facilitare la fuoriuscita del feto, viene impiegata la manovra di Kristeller, che consiste nell’appoggiare l’avambraccio sulla parte più alta dell’utero, esercitando una forte pressione verso il basso in occasione di ogni contrazione, dalla dilatazione completa della cervice fino all’espulsione della testa del bimbo. Questa pratica, vietata in molti Paesi, può causare però diversi effetti collaterali, tra i quali vaste lacerazioni alla vagina, danni alla vescica urinaria, contusioni alle pareti addominali e uterine, danni ai legamenti uterini e prolasso uterino.

IL PARTO DA SDRAIATA

Un parto medicalizzato avviene prevalentemente in posizione distesa sul dorso.

Pare che questa posizione sia nata come ima moda delle classi ricche del tardo Medioevo, che non volevano più partorire in piedi come la plebe.

Tuttavia, il primo esempio riscontrabile di donna in travaglio in posizione supina risale al 1663 e riguarda un’amante di Luigi XIV di Francia. La scelta di partorire in posizione sdraiata non fu della donna ma del re, che desiderava assistere alla nascita.

Al secolo XVI invece risale l’invenzione del forcipe, che ha poi contribuito al dilagare della posizione orizzontale durante il parto. Tornando al XVII secolo, nel 1668 per la precisione, fu pubblicato un trattato di ostetricia che raccomandava la posizione sdraiata sulla schiena (litotomica) durante il travaglio. Questa posizione non fu scelta per il bene della madre e del neonato, ma per la comodità di medici e ostetrici che prediligevano l’uso del forcipe e potevano cosi esercitare un maggiore controllo sul nascituro. Di conseguenza possiamo affermare che la posizione da sdraiata si è diffusa come pratica comune durante il parto da quando l’ostetricia è stata medicalizzata (da circa quattro secoli). Tuttavia è proprio questa posizione orizzontale che, costringendo l’osso sacro a contatto con il rigido lettino, riduce sensibilmente la sua mobilità la quale, invece, in questa situazione necessita della più grande libertà possibile.

CONSEGUENZE E PERICOLI DELL’ANESTESIA EPIDURALE

Quanto all’utilizzo di farmaci durante il parto, come quelli iniettati tramite epidurale, in una conferenza del 1984 Lorenzo Braibanti riporta questa esperienza personale avuta con l’anestesista italo-americano J.J. Bonica, che ha introdotto per primo l’anestesia epidurale nel travaglio:

«Nel 1976 venne in Italia a propagandare l’anestesia epidurale e mi ricordo bene quando lui disse: “Mi strapperei i capelli pensando che ci sono ancora delle donne italiane che partoriscono con dolore, mentre da me le donne partoriscono completamente senza dolore grazie all’epidurale”. A di stanza di circa due anni Bonica ritornò in Europa e fece il giro di tutte le città in cui era passato, raccomandando di non usare più il metodo “indolore” da lui indicato per il travaglio del parto, anzitutto perché era aumentato in maniera non accettabile il bisogno di forcipi e ventose e del taglio cesareo, e poi perché si erano constatati dei danni cerebrali nei bambini».

Anche il taglio cesareo rientra a pieno titolo tra gli interventi invasivi e prevede il ricorso alla chirurgia: il parto, infatti, non avviene per via vaginale ma tramite un’incisione praticata qualche centimetro sopra il pube, dalla quale il feto viene estratto direttamente dalla pancia della mamma. L’anestesia parziale è il metodo più diffuso per il cesareo programmato, ma in casi urgenti può essere anche fatto sotto anestesia generale (o totale).

Questo testo è estratto dal libro "Nascere Sano, Sicuro e Naturale in Emilia Romagna".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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