SPIRITUALITÀ ED ESOTERISMO   |   Tempo di Lettura: 10 min

Nel silenzio dell'intimità, il rispetto della realtà

Nel silenzio dell'intimità, il rispetto della realtà

Scopri come comprendo e rispettare il modo in cui il mondo ti vede, il solo ascoltare è la tua sicurezza, scoprilo leggendo l'anteprima del libro di Eric Baret.

La Sicurezza vi ha smarriti

Il Corano

La sicurezza nella quale le anime si compiacciono si oppone all’mtimità di Dio. Questa vanità procura al servo il sentimento di benessere quando vi ci si lascia andare. Allora non sarà mai felice. In effetti la sicurezza distrugge la vita spirituale e rovina l’uomo che se ne compiace facendogli sprecare il suo tempo. E nel momento in cui quello ne fa ritorno suo malgrado, s’accorge che ha le mani vuote e non ha ottenuto niente.
Ibn Arabi, Il libro delle Teofanie

Le nostre riunioni non si situano in un contesto di spiritualità, d’insegnamento, di comprensione, perché tutti questi elementi fanno parte delle vie progressive. Gli avvenimenti della vita sono la via, che appare e scompare nello stesso istante. Non c’è nessuno spazio per un ottenimento, per un’appropriazione. Nella misura in cui non mira ad alcuna risposta informativa, ogni domanda è benvenuta.

È possibile distinguere i momenti propizi per cambiare una situazione quando si pensa di poterla migliorare, o bisogna lasciar fare, lasciar venire senza agire? Potremmo discuterne?

Potete rendervi conto che agirla o rendersi disponibile alla situazione non è di vostra competenza. Talvolta avrete la capacità di ascoltare una situazione: vi ritroverete allora liberi d’agire o meno, la situazione sarà l’azione. Altre volte non potrete far altro che constatare la vostra carenza di ascolto, il commentario psicologico che si sovrappone alla situazione: pretendete di sapere cos’è meglio, questa pretesa è un’azione.

Non potete decidere di reagire o ascoltare. La vita non vi accorda una simile libertà. Constatate i momenti d’ascolto come i momenti di reazione.

L’idea di un’autonomia personale, che ci porterebbe ad agire o meno, non è altro che una favola.

Mi sono soffermato su una parola che usate spesso: “non realizzazione Si potrebbe dire che è possibile trascorrere la vita avendo successo nel fallire e che anche quella sarebbe una strada di realizzazione, in quanto tale non compimento lascia un gusto amaro e induce a porsi molte domande sul senso della vita?

Potete passare la vostra vita a immaginare di riuscire o fallire. Non è nient’altro che ideologia: non potete né farcela né fallire, di qualunque cosa si tratti. Un giorno sarete stanchi d’immaginare. In quell’istante le vostre riuscite e i vostri insuccessi immaginari, e anche i vostri fantasmi di successo e d’insuccesso futuri si elimineranno. Ecco l’adempimento, non ce n’è altro. È questo che bisogna che si installi in noi.

Nessuno spazio per un rimpianto, una speranza o un’amarezza: tutto questo è una forma di agitazione. Resti tranquillo, chiaro. La vita si svolge dentro di lei, non è lei a essere nella vita.

Se non c’è realizzazione, non c’è nemmeno evoluzione?

Non c’è evoluzione psicologica. Il vecchio non è di più che un bambino: è un’altra espressione della vita. Non è neanche qualcosa di meno quando perde la sua forza, la sua intelligenza, la sua memoria e la salute.

Quando un vecchio è disorientato, quando perde la memoria, è meno cosciente, no?

Coscienza in senso relativo, visto che non era cosciente. Si è immaginato di riuscire o fallire nelle situazioni, il che è incoscienza. Si è immaginato d’avere un nome, di decidere dei propri atti, si è immaginato tutta la propria vita. Non è certo perché si dimentica quest’immaginario che c’è un meno. Ritrova qualcosa di essenziale, senza memoria, senza appropriazione.

È bene osservare come la vista d’un vecchio che diviene senile ci colpisce. Perché è così difficile? Cosa mi spaventa? Vengo messo in discussione. Mi accorgo che sarò come lui e che non sarà possibile più pretendere - pretendere i miei successi, i miei fallimenti. Sono obbligato ad abdicare alla vita che mi è cara, all’identificazione che mi è cara con me stesso. Questo è ciò che mi crea dolore.

Lasciamo il vecchio libero dalle nostre proiezioni, dalle nostre paure. Il vecchio va benissimo; siamo noi ad aver paura. Un salmone in fin di vita non è qualcosa di meno di quando è nel suo splendore. La degenerazione, su un certo piano, fa parte del nostro processo biologico. C’è altrettanta bellezza in chi muore e in chi nasce.

Se non c'è compimento, a cosa mi serve la mia coscienza?

La coscienza non vi serve a niente. Non è un oggetto finalizzato a stimolarvi psicologicamente. Non è una macchina rossa, un marito o un cane. Non esiste per servire: è la vostra emozione fondamentale, vi spinge a ricercarvi costantemente attraverso le situazioni.

“Coscienza”: questo termine è frainteso. In Oriente si parla di “coscienza senza oggetto”. Non c’è da “essere coscienti”.

La coscienza di quelle persone che vogliono morire “coscientemente” non ha alcuna importanza. Ciò che si realizza al momento della morte è di tutt’altro ordine. Morire coscientemente dipende dalla capacità funzionale del suo cervello. Se riceve una manganellata sul cranio, non morirà coscientemente e non le mancherà niente.

La coscienza di qualcosa è una coscienza funzionale. E come una gamba per camminare. Non ha sostanza alcuna, è una funzione. La Coscienza è altro.

Se finisco per trovarmi in accordo alla coscienza, posso raggiungere l’essenza?

Cercate per un momento d’essere in disaccordo con la vostra coscienza. Che altro potreste essere se non la vostra coscienza? Non siete una zebra rossa posta all’esterno della coscienza, per mettervi d’accordo con essa. Questa coscienza siete voi stessi nel momento in cui cessate di cercare qualunque cosa, quando smettete di pretendere di avere il potere d’essere d’accordo o in disaccordo. Nel vostro silenzio, tra due pensieri, due percezioni, nel sonno profondo e per tutto il tempo, perché il tempo appare nella coscienza, la vostra vita è in accordo perfetto con la coscienza.

Sopprimete tutto il commentario ideologico sulla vostra vita.

Il vostro sapere della vostra vita vi impedisce di vedere come questa sia perfetta. Niente è da cambiare. La vostra vita cambia, è la vita. Non dovete mettervi d’accordo con niente di particolare. Altrimenti finirete per sentirvi sempre in disaccordo.

Voler essere in accordo è una paura. Paura di che? La causa della paura è immaginaria. A un dato momento si cessa di tremare. Quel che si presenta è accordo. Quando non lo qualifico più come positivo o negativo, riuscita o fallimento, quel che si presenta non è che me stesso, la mia risonanza: c’è vero e proprio accordo. Non è accordo d’un soggetto nei confronti di un oggetto, è un accordo unitario, senza separazione. Accordo col suo corpo quando soffre o funziona, con la vita per ciò che le offre. Senza richiesta di compiere, di ricevere qualunque cosa.

Ascoltare è straordinario

Questo trascende ciò che si ascolta. L’accordo profondo della vita consiste nell’ascoltare.

Essere un istante senza richiesta, senz’attesa, è la cosa più semplice che ci sia. Ciò vi lega a tutti gli esseri, a tutti i mondi. In questo c’è una simbiosi.

Se cercate di mettervi in accordo con qualunque cosa, vi mettete in accordo con un’ideologia: se siete musulmani vi accordate con la charia o la vostra tarika, se siete buddhista vi accordate col Safigha o il Dharma; se siete ateo rispettate i vostri concetti. Questo accordarsi ha poco valore.

Bisogna mettersi in accordo con quel che si presenta nell’istante. Ma questo non potete farlo. Si tratta d’una grazia che vi chiama e che a ogni istante rifiutate perché volete essere in accordo con l’istante successivo. Occorre vedere il meccanismo.

L’emozione che sorge in me, è con quella che devo essere in accordo. Non c’è niente altro.

Va bene che si sia noi stessi senza aspettativa, ma allora le sollecitazioni provenienti dall’esterno?

Bisogna amarle. E normale che il vostro cane attenda il pasto, che vostro marito, vostro figlio, vostro padre, il vostro capo, il vostro impiegato s’aspettino qualcosa. Ma voi vi accorgerete che non siete là per rispondere alle attese altrui. Ci siete, eventualmente, per stimolare la non aspettativa nella vostra cerchia. Qualche volta l’ambiente sarà soddisfatto, qualche volta sarà deluso: è necessario aver rispetto di questo, c’è bisogno di entrambe le cose. Vostro figlio ha bisogno che l’appaghiate e che lo deludiate: la sua maturità dipende da entrambi, dal sì e dal no. Il vostro amato ha bisogno della stessa cosa, e anche il vostro dromedario.

Non c’è da incolparsi. Non esistete per rispondere alle attese del vostro vicino. C’è sempre un vicino che vi troverà troppo alto, un altro che vi troverà basso. Rispettate ciascuno. Ad alcuni sembrerete simpatico, ad altri antipatico: hanno tutti ragione; a seconda del loro stato affettivo, vi vedono in un modo o nell’altro.

A un dato momento non vi nutrite più della proiezione del vostro vicino. Lo rispettate nel suo odio come nel suo amore. E una proiezione, egli non parla che a se stesso. Comprendete intimamente perché, quando vi vede, prova un tale odio da aver voglia di strozzarvi o un tale amore da saltarvi addosso. Non può fare altrimenti.

È come quando i cani vogliono mordervi o leccarvi. Voi non siete lì per insegnare al cane che vuole mordervi che non va fatto, né per spiegare a quello che vi lecca che sta proiettando una sicurezza su di voi e che farebbe meglio a trovarla in se stesso. Rispettate il cane che vede in voi questa sicurezza e vi lecca, così come quello che vuole sgozzarvi per paura. Agite in funzione della situazione. Per rispetto.

Se non avete problemi nei confronti di voi stessi, non ne avrete alcuno verso la società. La società è limpida, perfetta, salvo quando la si vive nell’attesa, nell’intenzione. In tal caso c’è conflitto.

Finché si vuole che l’ambiente sia diverso, resta l’insoddisfazione. Che mio marito diventi esattamente ciò che desidero da lui, il giorno seguente mancherà lo stesso qualcos’altro. Quel che chiedo a mio marito, al mio cammello, è me stesso. Non può darmelo nessun cammello. Nell’istante in cui non mi aspetto niente da nessuno, e nemmeno da me stesso, mi accorgo che ascoltare è la mia sicurezza, il mio godimento, la mia soddisfazione. Non ho più bisogno che mi si ascolti, mi si ami o detesti; comprendo, rispetto il modo in cui il mondo mi vede: ha le sue ragioni.

L’ambiente non crea alcun scontro psicologico. Se suscita in me una benché minima difficoltà, vuol dire che porto una forma di giudizio: tomo a me stesso. Invece di vivere la realtà, penso che l’ambiente debba esser diverso. L’ambiente è quel che è. Non essere in accordo con la realtà significa avere un problema: non con la realtà, ma con se stessi.

Guardare chiaramente dentro di sé. Accorgersi che il proprio marito, il proprio capo, il cane non posson fare altro che provare quel che provano, agire come agiscono. In questo rispetto, quest’amore della realtà, reintegro la disponibilità.

Data di Pubblicazione: 20 gennaio 2020

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