ALIMENTAZIONE   |   Tempo di Lettura: 6 min

Non Puoi Vivere Solo di Vegetali

Veganismo Non è una Dieta - Anteprima del libro di Stefano Momentè

Non puoi vivere solo di vegetali

“Non ho dubbio che appartenga al destino della razza umana, nel suo graduale miglioramento, smettere di mangiare animali, allo stesso modo che le tribù selvagge hanno smesso di mangiarsi l’un l’altra quando vennero in contatto con le più civili. ‘Non puoi vivere solo di alimenti vegetali, perché non forniscono nulla con cui farci le ossa, mi dice un agricoltore.

E così lui dedica religiosamente una parte della giornata a rifornire il suo sistema con la materia prima delle ossa. Camminando e parlando dietro i suoi buoi, che, con ossa piene di vegetali, spingono lui e il suo ingombrante aratro, quale che sia l’ostacolo”.

Henry David Thoreau, (1817-1862) FILOSOFO, SCRITTORE E POETA STATUNITENSE

Noi abbiamo già capito

“Forse nella parte più remota della nostra mente abbiamo già capito, senza necessità di spiegazioni scientifiche, che qualcosa di terribilmente sbagliato sta accadendo. Il nostro sostentamento viene dalla miseria. Sappiamo che se qualcuno si offre di farci vedere un film su come si produce la nostra carne, sarà un film dell’orrore. Noi sappiamo più di quanto vogliamo ammettere, nascondendolo nei luoghi più oscuri della nostra memoria. Quando mangiamo carne d’allevamento, mangiamo carne di animali torturati. Sempre più spesso, questa carne torturata sta diventando la nostra”.

— Jonathan Safran Foer, Eating Animals

I cibi animali

Un vegan elimina dalla propria dieta tutti i cibi di origine animale. La carne, prima di tutto, ma non solo. Rifiuta tutto quello che deriva dallo sfruttamento degli animali: oltre a carne e pesce, anche latte, uova, miele, gelatine e additivi animali. La maggior parte dei prodotti animali proviene da allevamenti intensivi, fonti di morte e indicibile sofferenza. Ma anche quelli allevati in modo apparentemente più compassionevole, per esempio negli allevamenti biologici, finiscono poi per essere ammazzati.

Su tutta l'estensione della terra, questa gli ripugna

“È un motivo superficiale e falso sostenere che, da quando l’uomo ha acquisito il gusto per la carne, dovrebbe essergli consentito mangiarla. In primo luogo, perché la natura non gli ha fornito la carne già cotta, e poi perché molto tempo passò prima che si utilizzasse il fuoco. [...] La natura, allora, avrebbe potuto fornire all’uomo solo carne vivente e cruda, e sappiamo che su tutta l’estensione della terra questa gli ripugna”.

— Jean Antoine Gleizès (1773-1843), Thalysie

Amare gli animali, mangiare gli animali

Dire di amare gli animali e mangiarli rientra nell’ambito psicologico di ciò che nel 1957 Leon Festinger definì dissonanza cognitiva. La più nota versione di dissonanza cognitiva è espressa nella favola di Fedro, La volpe e l’uva, nella quale la dissonanza fra il desiderio dell’uva e l’incapacità di arrivarvi, conduce la volpe alla conclusione che “tanto l’uva è acerba”. È dissonanza cognitiva anche, per esempio, quando qualcuno disprezza esplicitamente i ladri, ma compra un oggetto a un prezzo troppo basso per non intuire che sia di provenienza illecita. Secondo Festinger, per ridurre questa contraddizione lo stesso individuo potrà o smettere di disprezzare i ladri (modificando quindi l’atteggiamento), o non acquistare l’oggetto proposto (modificando quindi il comportamento). Lo stesso avviene nei confronti degli animali.

Un italiano mangia in media 90 chili di carne all’anno, con un aumento del 200% dal 1960 a oggi, ma può arrivare a spendere migliaia di euro l’anno per le cure del proprio animale domestico. Ci prendiamo cura degli animali, li proteggiamo, li tuteliamo e tuttavia li mangiamo con altrettanta veemenza.

Sul paradosso della carne ha pubblicato un interessante studio il dottor Steve Loughnan, dell’Università di Melbourne. Nelle sue ricerche riporta i risultati di alcuni esperimenti realizzati per comprendere le complesse strategie psicologiche che gli individui mettono in atto per mangiare carne, nonostante le paradossali affermazioni a favore degli animali.

Una contraddizione risolvibile? Secondo i ricercatori solo in due modi.

Il primo è quello di non consumare carne e diventare quindi vegetariani o meglio ancora vegani. Il secondo è quello di abbassare il livello dei diritti attribuiti agli animali: uccidere un animale è sicuramente meno problematico se pensi che non abbia gli stessi diritti dell’uomo. Un processo possibile perché i carnivori credono che gli animali non abbiano la stessa capacità dell’uomo di percepire complessi stati emotivi e cognitivi.

I vegetariani, al contrario, attribuiscono una ricca vita emotiva e complessi stati mentali agli animali, riconoscimenti che li inducono a rigettare l’idea di ucciderli per consumarne la carne. In questa prospettiva metacognitiva, gli animali sono esseri senzienti, in grado di provare piacere e dolore, per cui vanno loro accordati diritti morali esattamente come agli esseri umani. In alcuni esperimenti descritti da Loughnan, si spiega che i carnivori risolvono la questione facilmente, passando dal dispiacere dell’uccisione di milioni di animali al piacere di mangiare la carne cotta, modificando le loro credenze. In un esperimento, soggetti che avevano precedentemente mangiato carne, nel test successivo, apparentemente non legato al primo, dichiaravano che gli animali avessero meno diritti degli uomini.

In un altro esperimento, prima di scegliere se mangiare carne bovina o frullato di banana, i soggetti dovevano rispondere a un questionario sui diritti morali della mucca. Chi rispondeva negativamente alle domande preferiva mangiare carne e sentiva meno sensi di colpa.

Verrà il tempo

“Mia madre, che andava in città, mi condusse con sé e mi fece passare, come per caso, dal cortile di una macelleria. Vidi degli uomini con le braccia nude, insanguinate, che atterravano un bove; altri che sgozzavano dei vitelli e dei montoni, e ne squartavano le membra ancora palpitanti: rivoli di sangue fumavano qua e là per terra. Preso da una profonda pietà, mista a orrore, chiesi di passare oltre al più presto e l’idea di quelle scene orribili e disgustose, necessari preliminari di uno di quei piatti di carne che vedevo serviti a tavola, mi fece prendere in disgusto la nutrizione animale e i macellai in orrore.

Mia madre era convinta, e io ho la stessa convinzione, che uccidere gli animali per nutrirsi della loro carne e del loro sangue, sia una delle infermità della razza umana, una delle maledizioni scagliate sull’uomo, sia per il suo fallo, sia per l’ostinazione della sua perversità. Ella credeva, e io lo credo come lei, che quelle abitudini di durezza di cuore verso i più mansueti animali, compagni nostri, aiuti e fratelli di lavoro, e persino di affezioni quaggiù; quelle immolazioni, quegli appetiti di sangue, quella vista di carni palpitanti siano fatti per abbrutire e indurire gli istinti del cuore.

Verrà il tempo in cui gli uomini aborriranno il consumo di carne come noi ora aborriamo i cannibali”.

— Alphonse Marie Louis de Prat de Lamartine (1790-1869) POETA, SCRITTORE, STORICO E POLITICO FRANCESE

Questo testo è estratto dal libro "Veganismo Non è una Dieta".

Data di Pubblicazione: 2 ottobre 2017

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